Già più di mezzo secolo fa
Che
l’odierno disordine della curia romana sia frutto di intrighi
tipicamente italiani, con attori anch’essi italiani, è opinione
diffusa tra i gerarchi della Chiesa di altre nazioni.
Ma
non è un’opinione nuova. Nella lettera riprodotta qui sotto, che è
del 1958, un cardinale scrive: “Più volte mi è avvenuto di
ascoltare all’estero l’accusa ‘de l’italianisation de
l’Eglise’”.
Ed
è più antica di quanto si pensi anche la volontà di eleggere un
papa non italiano, come si evince da questa stessa lettera.
Era
appena morto Pio XII. E nell’imminenza del conclave, questo
cardinale, un italiano, esorta gli altri porporati a votare un papa
straniero.
E
ne elenca i motivi. Tra l’altro, già parecchi anni prima Pio XII
aveva segnato una svolta radicale, internazionalizzando il collegio
cardinalizio come mai era avvenuto in precedenza.
Nel
concistoro del 18 febbraio 1946 Pio XII aveva creato 32 nuovi
cardinali. E di questi gli italiani erano solo 4.
Nel
concistoro del 12 gennaio 1953 ne aveva creati altri 24, di cui gli
italiani erano 10.
Di
conseguenza, per la prima volta nella storia, nel conclave del 1958 i
cardinali stranieri erano più del doppio degli italiani, 37 contro
18.
Alla
fine l’eletto fu l’italiano Angelo Giuseppe Roncalli. Ma il suo
più serio antagonista fu l’armeno Gregorio Pietro Agagianian,
persona di notevole autorevolezza, che anni dopo Paolo VI incluse tra
i quattro moderatori del Concilio Vaticano II.
A
raccomandare ai cardinali di eleggere papa Agagianian, nella lettera
qui riprodotta, fu il cardinale Celso Costantini (nella foto), grande
tempra di missionario e per alcuni anni delegato apostolico in Cina.
La
lettera è tratta dal volume di Bruno Fabio Pighin, “Il ritratto
segreto del Cardinale Celso Costantini in 10.000 lettere dal 1892 al
1958″, Venezia, Marcianum Press, 2012, pagine 650, euro 50. Ed è
stata ripubblicata da “L’Osservatore Romano” del 9-10 luglio
2012.
*
“PER
L’ELEZIONE AL SUPREMO PONTIFICATO PROPONGO…”
All’Ill.mo
e Rev.mo Cardinale Aloisi Masella, Camerlengo di S. Romana Chiesa,
sede vacante.
Per
gravi ragioni di salute essendo impossibilitato di partecipare alle
Congregazioni Generali degli Em.mi Sig. Cardinali, mi faccio un
dovere di manifestare umilmente, ma sinceramente, il mio pensiero
circa la nomina del futuro Sommo Pontefice.
Pio
XII, di santa e grande memoria, ha dato con un atto dei più solenni
del proprio pontificato, un carattere internazionale al S. Collegio
dei Cardinali. E ciò per l’esigenza fondamentale della S. Chiesa,
una e cattolica.
L’internazionalizzazione
del S. Collegio costituisce una chiara costruzione “de iure et de
facto”.
Presentemente
il S. Collegio chiamato a nominare il Successore di Pio XII è
composto da 55 Cardinali: 37 stranieri e 18 italiani.
Da
questa condizione di diritto e di fatto, che rispecchia il carattere
essenziale della S. Chiesa, deriva naturalmente la conseguenza di
nominare al Sommo Soglio un Cardinale non italiano.
(Dirò,
tra parentesi, che più volte mi è avvenuto di ascoltare all’estero
l’accusa “de l’italianisation de l’Eglise”).
Altro
fatto importantissimo. La Chiesa è essenzialmente missionaria, ma
dopo quasi 2000 anni essa ha raccolto grosso modo solo mezzo miliardo
di cattolici.
La
Chiesa cattolica, venerabili Confratelli Cardinali, rappresenta una
minoranza. Quando nascono 5 bambini, 4 vengono alla luce fuori della
Chiesa cattolica. Occorre riprendere in pieno il mandato missionario
di Cristo.
Il
diplomatico Panikkar, rappresentante della Cina [in realtà
dell’India - ndr] a Parigi, ha scritto un libro documentato in cui
parla del fallimento della Chiesa cattolica nell’India e
nell’Estremo Oriente. Infatti, malgrado l’immenso e meritorio
lavoro dei missionari, noi non contiamo che 10-13 milioni di
cattolici sulla massa di circa un miliardo di pagani. Si era
adoperato il metodo della “tabula rasa” usato specialmente per
l’America del Sud. Abbiamo cercato di diffondere un colonialismo
religioso estero, non la Chiesa con la sua naturale e nativa
Gerarchia.
Gli
ultimi Papi hanno levato la voce (”Maximum illud” di Benedetto
XV, “Rerum Ecclesiae” di Pio XI, “Evangelii praecones” di Pio
XII) sulla impellente riforma missionaria. Ora non resta che dare
espressione alle loro apostoliche direttive.
Tutto
ciò premesso io credo anche di poter indicare il Candidato che
risponde alle esigenze improrogabili del nostro tempo, cioè il Card.
Pietro XV Agagianian.
Egli
è per la Sua formazione profondamente romano, certo non è meno
romano di ciascun altro membro del S. Collegio.
È
squisitamente missionario, con una preparazione teorica e pratica
quale difficilmente si può trovare in un altro Cardinale.
È
poliglotta, di maniere accoglienti, venerato e amato da tutti; ed è
in un’età vigorosa.
Di
più egli rappresenta il vincolo S. di unione tra la Chiesa latina e
la Chiesa orientale. Non ci dobbiamo dimenticare questo fatto
provvidenziale preparato dal grande animo ap. di Pio XII.
Perciò,
concludendo, il mio voto: per l’elezione al Supremo Pontificato
propongo il Card. Pietro XV Agagianian, “salvo meliori consilio”
delle Eminenze V. Rev.me.
Celso
Card. Costantini
Roma,
12 ottobre 1958
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compagni di merende?-
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