Anche perché il faro, la luce a cui ispirarsi oggi come e se non più di ieri, restano quei valori non negoziabili che anche in politica, secondo il punto di vista della Chiesa, non possono essere disattesi. La priorità, insomma, non è tanto formare una nuova aggregazione confessionale, un partito di cattolici tout-court insomma, quanto lavorare per costruire una presenza di cattolici in politica che abbia come fondamento il rispetto di questi stessi princìpi.
Va letto così l’ultimo intervento ufficiale della Conferenza episcopale italiana sul terreno sempre infuocato della presenza dei cattolici in politica: l’editoriale che lo scorso 15 agosto monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ha dedicato su Avvenire proprio al tema dei cattolici in politica. Cinque giorni dopo quell’omelia del cardinale Angelo Bagnasco – a Genova il 10 agosto, per la festa di San Lorenzo – interpretata da molti media come la volontà del capo della Cei di aprire definitivamente il cantiere per la formazione di un nuovo partito cattolico, Crociata, ovviamente non senza il consenso di Bagnasco e oggi più di prima in sintonia coi desiderata della segreteria di Stato vaticana, nell’editoriale che ogni festa dell’Assunta segna uno spartiacque importante in vista dell’apertura del nuovo anno sociale, ha ricalibrato il tiro smorzando gli entusiasmi: occorre lavorare anzitutto «a quei princìpi e a quei valori costitutivi del senso autentico della persona», il resto viene dopo. Prima i valori, dunque, loro difesa e promozione. Perché senza i valori ogni sforzo è vano.
Casini, Pisanu e Fini si erano da poco incontrati. Sullo sfondo c’era l’ipotesi di un dopo Monti con Monti ancora presente. Ma non è questa la strada che sembra volere ora battezzare la Cei. Anche perché sul punto più delicato, i valori – la difesa della vita, la famiglia fondata sul matrimonio eccetera – Casini non ha ancora dato le garanzie sperate. È vero: la linea dell’Udc sui valori è fedele a quella della Cei, ma quanto lo potrà essere con alleanze a sinistra?
Domande dalle risposte ancora inevase, soprattutto per una leadership, quella attuale della Cei, che ha un cuore che batte più per il centro destra che per altro.
Il mondo cattolico sembra oggi adeguarsi all’attendismo dei vertici della Chiesa. Al Meeting di Rimini di Comunione e liberazione c’è oggi ospite d’onore il premier Mario Monti. Un invito istituzionale, che sembra mostrare la volontà di Cielle di non scoprirsi e anche, in qualche modo, di porre un freno al collateralismo di questi anni con il Pdl e Silvio Berlusconi. Certo, non tutti concordano. Molti dei 173 parlamentari firmatari del virulento documento contro i matrimoni gay dei giorni scorsi vorrebbero i cattolici, e in particolare Cielle, più schierato, parte attiva di quella ricostruzione del centro destra all’interno di un regime di sostanziale bipolarismo. Un centro destra liberale e cattolico insieme. Ma all’interno del movimento fondato da don Luigi Giussani, per ora, vige l’attendismo, una linea più prudente ed istituzionale.
Ma non c’è solo Rimini. Ci sono anche Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio, il segretario Cisl Raffaele Bonanni, il leader delle Acli Andrea Olivero e Lorenzo Dellai, oggi presidente della Provincia di Trento, che in queste ore ripartono da Trento ricordando Alcide De Gasperi. Riccardi ha spiegato di non voler entrare in prima persona in una Cosa Bianca ma insieme ha detto che «il centro non può che fare bene al Paese» portando «istanza moderata e coesiva». Che tradotto significa che lui, e con lui tanti altri, sono pronti a scaricare la rifondazione del Pdl mossa da cattolici liberali più vicini al centro destra, in nome di un qualcosa di diverso, un centro che sappia agglomerare le anime più moderate che guardano a sinistra. Ma anche Riccardi, Bonanni e Olivero, come Cielle e molti di coloro che quasi un anno fa diedero vita al raduno di sigle cattoliche a Todi, viaggiano col freno a mano tirato: prima attendere, poi, semmai, agire. «A Trento – ha detto non a caso Olivero – non nascerà nessun nuovo soggetto politico. Anche perché questo non è il compito né delle Acli né della Cisl». Che cosa accadrà, dunque? «Vogliamo dare un segnale ai cattolici italiani o quanto meno a quella parte di cattolici italiani che guarda alla grande storia del cattolicesimo democratico e sociale e che in qualche modo rischia di non avere rappresentanza e, quindi, la possibilità di far giocare la loro grande tradizione, specificatamente la fecondità di un pensiero politico all’interno di un Paese che ne ha un grande bisogno, un disperato bisogno».
Insomma poco di nuovo sotto il sole. O, quantomeno, poco di esplosivo. Molta prudenza e tanto attendismo. E per ora, nessun partito.
Pubblicato sul Giornale domenica 19 agosto 2012
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