ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 26 settembre 2012

Il suo nome è James Vatibonds


Vatileaks, il processo al maggiordomo
Gendarme in Vaticano
Gendarme in Vaticano

Paolo Gabriele alla sbarra dal 29 settembre per il furto dei documenti riservati. Sarà l’appuntamento vaticano più seguito dai media nel 2012

Quello che si apre alle 9.30 di sabato 29 settembre in Vaticano, il processo per furto aggravato che vede imputato l’aiutante di camera Paolo Gabriele, reo confesso di aver sottratto dalla scrivania della segreteria papale i documenti di vatileaks finiti nel libro di Gianluigi Nuzzi, sarà l’appuntamento d’Oltretevere più seguito dai media internazionali in questo 2012. Più del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, che si aprirà dopo una settimana, durerà dal 7 al 28 ottobre probabilmente porterà a una temporanea sospensione del processo nel caso questo non sia già terminato.
Il 26 luglio scorso a Castel Gandolfo si era tenuta una riunione presieduta da Benedetto XVI, alla quale hanno partecipato, oltre ai tre cardinali della commissione d’inchiesta sui vatileaks (Julián Herranz, Salvatore De Giorgi e Josef Tomko), il promotore di giustizia Nicola Picardi, il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet, il responsabile delle indagini, generale Domenico Giani.

La decisione presa era stata quella di arrivare presto alla sentenza di rinvio a giudizio per il solo furto aggravato nei confronti di Gabriele e per favoreggiamento nei confronti del tecnico informatico della Segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti, facendo invece proseguire la delicata inchiesta sulle altre più gravi ipotesi di reato, come ad esempio l’attentato alla sicurezza dello Stato. E sull’eventuale rete di collegamenti e complicità che ha reso possibile vatileaks.

Di per sé, dunque, il processo che inizia sabato potrebbe essere breve, trattandosi di un’accusa già ampiamente comprovata, nonché corroborata dalla confessione dello stesso imputato. La durata dipenderà dalle strategie degli avvocati della difesa e da quanti e quali testimoni verranno chiamati in aula: i loro nomi sono indicati nella sentenza di rinvio a giudizio con delle lettere dell’alfabeto, ma diventeranno pubblici in caso dovessero ripetere la loro testimonianza al processo.

 Paolo Gabriele è stato arrestato il 23 maggio dopo che nella sua abitazione erano state trovate delle copie di documenti provenienti dall’appartamento papale, un assegno intestato a Benedetto XVI (non incassato e in realtà ben difficilmente incassabile), una pepita che era stata donata al Papa e una cinquecentina dell’Eneide tradotta da Annibal Caro del valore di circa mille euro. L’aiutante di camera ha trascorso quasi due mesi nella piccola cella che si trova nella sede della Gendarmeria, e dal 21 luglio scorso ha ottenuto la libertà provvisoria nel suo appartamento, a pochi metri di distanza in linea d’aria dalla cella dov’era stato rinchiuso. 

Al magistrato vaticano il maggiordomo ha raccontato di aver voluto provocare uno «shock mediatico» e di essersi sentito ispirato dallo Spirito Santo: avrebbe fotocopiato e quindi consegnato i documenti a Nuzzi (ma non al «Fatto Quotidiano», che pure ne ha pubblicati) pensando di «aiutare» il Papa, il quale a suo dire non era bene informato su ciò che accadeva attorno a lui. Ha detto di essersi fatto intervistare – camuffato – durante una puntata della trasmissione «Gli Intoccabili» condotta dallo stesso Nuzzi. Il giornalista di La7 nelle scorse settimane ha mandato in onda il video originale di quell’intervista, senza più il camuffamento della voce. Nel corso di quell’apparizione, Paolo Gabriele disse che i «corvi» in Vaticano erano una ventina. L’aiutante di camera, durante la prigionia, ha scritto una lettera al Pontefice chiedendo perdono per ciò che ha fatto.

Fuori e dentro il Vaticano sono in pochi a credere che vatileaks sia una vicenda che si esaurisce con il maggiordomo pontificio. Domenica 15 luglio, il sito web del quotidiano tedesco «Die Welt» pubblicava un ampio articolo di Paul Badde – giornalista notoriamente stimato nell’appartamento papale – nel quale si ipotizzava che l’azione del maggiordomo fosse stata in qualche modo ispirata dall’ex governante di Ratzinger, la professoressa Ingrid Stampa, che lavora in Segreteria di Stato ed è coinvolta nell’editing dei libri del Pontefice; dall’ex segretario del Pontefice, Josef Clemens e dal cardinale Paolo Sardi. Secondo l’articolo di «Die Welt» vatileaks sarebbe nato nel clima di tensioni e di incomprensioni tra queste persone e il segretario particolare del Papa, don Georg Gänswein. Quest’ultimo è a sua volta finito nel mirino delle critiche per la gestione delle carte papali.


Alla «bomba» di «Die Welt» non era seguita alcuna smentita, né del Vaticano, né dei diretti interessati. Una doppia, inedita e categorica smentita è arrivata invece otto giorni dopo, quando la storia di Badde è stata ripresa e rilanciata dal quotidiano italiano «Repubblica». Prima il portavoce Federico Lombardi, poi la stessa Segreteria di Stato, hanno seccamente negato il coinvolgimento delle tre personalità indicate dal quotidiano tedesco. Nonostante ciò, alcune delle persone più vicine al Papa ribadiscono che l’accesso all’appartamento pontificio per il vescovo Clemens e per la professoressa Stampa avrebbe subito delle restrizioni.

Al processo Paolo Gabriele sarà difeso soltanto da uno dei due avvocati che avevano iniziato a seguire il caso lo scorso maggio, Cristiana Arrù. L’altro avvocato, Carlo Fusco, amico personale da lunga data dell’ex maggiordomo papale, ha abbandonato la difesa per divergenze sulle strategie da seguire in vista del processo. Agli atti dell’inchiesta ci sono alcune pagine secretate, rimaste tali anche per la difesa, che probabilmente riguardano le ipotesi di reato per le quali prosegue l’indagine. Si ipotizza un processo di breve durata, ma i tempi dipenderanno da come i legali del maggiordomo e di Sciarpelletti imposteranno la loro difesa, di fronte al Tribunale e all’accusa che sarà portata avanti dal promotore di giustizia Picardi.

Il presidente del Tribunale vaticano che giudicherà Gabriele e il cittadino italiano Sciarpelletti (la posizione di quest’ultimo è molto meno grave e la sua imputazione è dovuta sostanzialmente alle versioni diverse fornite agli investigatori nel corso dei primi interrogatori) è un giurista noto e stimato fuori e dentro il Vaticano, Giuseppe Dalla Torre. Sarà affiancato da altri due giudici, Paolo Papanti Pellettier, e l’aggiunto Venerando Marano. Gabriele rischia una condanna che va da uno a otto anni di carcere. Diversi commentatori hanno affermato che Benedetto XVI, al termine del processo e dell’inchiesta, potrebbe concedergli la grazia.

Andrea TornielliCitta' del Vaticano
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/vatileaks-vaticano-vatican-paolo-gabriele-18424/

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.