C’è
un grande turbamento in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò
che è in questione è la fede. Capita che escano libri in cui la fede è
in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si
trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo
talvolta il Vangelo della fine dei tempi, e constato che emergono oggi
alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine dei tempi? Questo
non lo sapremo mai. Occorre sempre tenersi pronti, ma tutto ciò può
durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il
mondo cattolico, è che al suo interno sembra talvolta prevalere un
pensiero di tipo non cattolico; e può avvenire che questo pensiero non
cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma
esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che
sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia. (S.S. Paolo VI, 7 settembre 1977)
A
volte ci si è adoperati perché la presenza dei cristiani nel sociale,
nella politica o nell’economia risultasse più incisiva, e forse non ci
si è altrettanto preoccupati della solidità della loro fede. (S.S. Benedetto XVI, 25 novembre 2011)
Ciò che manca in questo momento al cattolicesimo[NB: non dice ai cattolici, dice al cattolicesimo, ndr] è la coerenza. (S.S. Paolo VI)
Oggi c’è la scienza…la santità…ma manca il criterio!(Don
Secondo Pierpaoli, la più bella e controcorrente figura sacerdotale
locale nel postconcilio, cultore del Catechismo di San Pio X)
* * *
Parte l’Anno della fede,
indetto dal Santo Padre Benedetto XVI, e anche domenica scorsa,
celebrando la festa patronale della chiesetta da noi attualmente in uso
(intitolata appunto alla Madonna del Rosario), non abbiamo mancato di
pregare perché esso porti buoni frutti, perché porti un frutto che
rimanga, secondo l’intenzione del Santo Padre (e della Madonna di
Fatima, che mise in guardia dalla mancata conservazione del Dogma della fede:
da cui “sottotraccia”, nel solito modo “velato”, l’ha plausibilmente
mutuata). E noi, anche in lieta ottemperanza all’invito alle
Associazioni e Movimenti ecclesiali della Nota con indicazioni pastorali per l’Anno della fede
a promuovere specifiche iniziative, dopo aver offerto su questa rivista
un articolo preparatorio in tema – cui rimandiamo per un opportuno
ripasso: http://www.cattolicitradizionalistimarche.blogspot.it/2012/04/meditazioni-quaresimali-nello-spirito.html –
e dopo aver già da tempo iniziato a pregare per tale evento, esprimiamo
con questo articolo il nostro attuale pensiero e stato d’animo a
riguardo. Esso consta di due elementi.
* * *
Di
per sé, ce ne rallegriamo vivamente. Come non rallegrarsi del fatto che
la fede, la fede cattolica, l’unica vera fede, quella che oggi spesso è
la meno richiamata delle istanze, il più assente e deprezzato dei temi
(nel mondo ma, aihnoi, in parte anche nella Chiesa), in qualche modo
viene “posta sul lucerniere”?
E come non rallegrarsi nel leggere, nel Motu proprio “Porta fidei”
e nella Nota allegata, quanto segue? La «fede […] nella sua integrità»
(e «in tutto il suo splendore»); «la fede […] è l’assenso […] a tutta la
verità che Dio ha rivelato». «Esiste un profondo legame tra la fede ed i
suoi contenuti» dottrinali, e lodevolmente in questi due documenti sono
presenti ripetuti richiami ai «contenuti della fede». «Araldi della
fede»! Ci vogliono «sussidi divulgativi dal carattere apologetico».
«Ogni Vescovo potrà dedicare una Lettera pastorale al tema della fede».
«Si invitano i Vescovi ad organizzare, specialmente nel periodo
quaresimale, celebrazioni penitenziali in cui chiedere perdono a Dio,
anche e specialmente per i peccati contro la fede». La «confessione e
[…] approfondimento della dottrina cattolica»; «la fede di sempre»,
«ognuno senta forte l’esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle
generazioni future la fede di sempre». «La vocazione cristiana “è per
sua natura anche vocazione all’apostolato”»; ci vuole «un nuovo slancio
della sua trasmissione alle giovani generazioni». C’è oggi «una profonda
crisi di fede che ha toccato molte persone»: «gravi difficoltà del
tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua
retta interpretazione»; «persecuzioni del mondo», «afflizioni e […]
difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori». Ci vuole
«un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del
mondo». La vita nuova cristiana c’è «grazie alla fede»: è «la “porta
della fede” […] che introduce alla vita di comunione con Dio e permette
l’ingresso nella sua Chiesa». E «la fede diventa un nuovo criterio di
intelligenza e azione che cambia tutta la vita dell’uomo». Bisogna
«ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede», secondo «Mt 28,19».
Dunque, «che questo Anno susciti in ogni credente [speriamo nel senso tradizionale di cattolico e non in quello corrente di non ateo, ndr] l’aspirazione a confessare
la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e
speranza». «Non a caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad
imparare a memoria il Credo»: «sono le parole su cui è costruita
con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è
Cristo Signore». «La conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per
dare il proprio assenso […] La conoscenza della fede introduce
alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio»: c’è una «unità
profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro
assenso». «Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto
privato». Accettiamo l’insieme di tutte le verità di fede,
appunto il deposito della fede, «perché garante della sua verità è Dio
stesso che si rivela» (e viene citato, cosa oggi tutt’altro che
scontata, il Concilio Vaticano I). Si ricorda anche che la «prima
comunità [era] raccolta intorno all’insegnamento degli Apostoli»; «la
carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del
dubbio»; che «nessuno diventi pigro nella fede»! Si ricordano anche
punti tanto importanti quanto oggi così spesso passati sotto silenzio,
quali la «salvezza delle anime» e il «potere del maligno»; e l’Anno
della fede viene affidato alla Madonna, beata per la Sua fede.
Certo,
come ripetiamo spesso, non c’è da correre troppo a entusiasmarsi per la
prima cosa buona che si vede o si sente: una tale attitudine, purtroppo
frequente, non tiene in alcuna considerazione la natura
contraddittoria, intrinsecamente ambigua e anguillesca del modernismo
(cfr. S.Pio X, Enc. Pascendi). Modernismo che oggi inquina così
largamente –a vari gradi – l’ambiente ecclesiale, il mondo cattolico.
Sicché è questa un’attitudine che non di rado lascia pensare che non si
voglia saperne della dura (ed extra-ordinaria) realtà ecclesiale; lascia
pensare che, drogasticamente, la si voglia assolutamente evadere. Ciò
non toglie – la realtà essendo articolata – che alcune di quelle parole,
di quelle note, sono oggi piuttosto inconsuete (soprattutto presenti
insieme in maniera così massiccia): ed esse comunque un po’
risuoneranno.
* * *
Il limite, purtroppo rilevante, è il solito della svolta condivisa,
“tranquilla”, soft, allergica alle rotture (che, certo, non sono una
passeggiata, come talvolta ricordiamo a qualche “estremista della
domenica”): la malattia attuale è troppo grave perché si possa curarla
soltanto “in positivo”. Senza quel “bastone del Pastore”, ricordate?
Che, enunziato, chiede di essere anche applicato; che comporta la
condanna netta e concreta degli errori e la liberazione concreta dai
condizionamenti di cui parla il Terzo Segreto di Fatima. Nella
consapevolezza del fatto che le mezze misure, i provvedimenti a metà, da
un lato possono forse frenare il disastro, ed eventualmente, intanto
che le cose si decantano (così sperano alcuni), preparare un po’ il
terreno; ma dall’altro generalmente, se non si va avanti, sono seguite
dal riflusso: e intanto più che altro illudono.
La stessa concomitanza dell’Anno della fede con l’anniversario del Concilio Vaticano II e del nuovo, “centrista” Catechismo della Chiesa Cattolicaconsentirà
– temiamo – a ciascuna persona delle due principali aree ecclesiali di
continuare agevolmente nella propria linea: gli uni diranno che il senso
implicito è quello di sottrarre al progressismo cattolico, e anche a
quelli che sono fuori della Chiesa, la comoda copertura di un Concilio.
Contestualizzandolo storicamente, accompagnandolo con la luce dei
precedenti Concili, e facendo fare un passo indietro, rispetto al
post-concilio (che talvolta hanno anche detto essere andato troppo in
là) e “tornandone ai testi”, vale a dire liberando la Chiesa dalla marea
dello Spirito del Concilio, del Paraconcilio e dell’Ideologia
Conciliare (che sono andati appunto oltre i testi dell’ultimo Concilio,
testi che talvolta i progressisti hanno anche detto essere stati di
compromesso: un compromesso allora utile per creare il terreno, ma oggi
la loro prospettiva, la nuova frontiera è il “Vaticano III” prospettato
dal card. Martini e già materialmente creato sul terreno della realtà).
L’altro partito continuerà imperterrito a dire che si tratta,
semplicemente, di celebrare il Concilio (intendendo ideologicamente con
questa parolina magica tutto il nuovo corso ecclesiale e tutti i suoi
frutti: il Concilio in senso stretto, il postconcilio “ufficiale”, il
postconcilio “abusivo”, il postconcilio indefinito, e chi più ne ha più
ne metta), il Concilio il Concilio il Concilio: e in questa mistica del
Concilio, spalleggiata dai poteri mondani, tenderanno a metterlo, quello
che doveva essere un «più modesto […] Concilio pastorale», persino nel
Deposito della fede! Oggetto passe-partout– il “Concilio largo” –
di una tendenziale nuova religione. Sicché anche quel “passo indietro”,
quel “riequilibrio”, quanto riuscirà nella realtà? In questi ultimi
anni abbiamo visto, e più di una volta, un eloquente meccanismo: la
partenza nella buona direzione, almeno in parte; poi gli ululati dei
lupi (anche in pubblico, figuriamoci in privato); e il tornare indietro
su una linea vistosamente continuista, alle solite note. Sicché bisogna
prendere atto sia di quegli interessanti conati, che sono un fatto e un
fatto anche incoraggiante, sia della loro insufficienza, che è parimenti
un fatto e un fatto che dà seriamente da pensare. Sicché l’alternativa è
tra il salto di qualità e il “girare intorno a un piro”.
Il
male è così radicale, così profondo, così modernisticamente sfuggente,
che la stessa nozione corrente di fede richiederebbe una chiara,
massiccia, capillare messa a punto: perché anche nel mondo cattolico
l’idea corrente di fede non è quella del Giuramento antimodernista e
dell’Atto di fede, di adesione – sull’Autorità di Dio rivelante – al
buon Deposito delle verità rivelate, ma quella, meramente fiduciale e
nel suo immanentismo gnostico svincolata dall’oggetto dottrinale, di
Lutero.
Purtroppo
il male, che riguardando la nozione di fede è appunto troppo radicale
per essere tollerato, non è estirpato neppure nei documenti romani su un
tale evento. Anche per via del condizionamento costituito dal continuo,
strabordante patteggiamento tra le varie correnti (alla politicante) e
“sensibilità” (alla protestante). Infatti, se ci rallegriamo di lodare
l’intenzione, il senso generale del fatto (il ritorno alla fede, un
riconoscimento della crisi della fede, l’affermazione che la fede è
essenziale, è fondamentale, l’esaltazione della fede), e di per sè le
affermazioni buone ricordate, pregando e sperando d’altra parte che
attirino dal Cielo la grazia che può diminuire il male e far rifiorire
il deserto, non ci rallegriamo certo di leggere, nella summenzionata
Nota allegata , la seguente frase (ci limitiamo a questa, perché qui la
cosa è molto chiara): «avrà luogo una solenne celebrazione ecumenica
[poteva mancare? Anche qui che si tratta direttamente della fede!, ndr]
per riaffermare la fede in Cristo da parte di tutti i battezzati».
Eppure, il medesimo testo quattro pagine prima ricordava, richiamando la
costante e perenne verità cattolica, che «la fede come affidamento
personale al Signore e la fede che professiamo nel Credo sono
inscindibili, si richiamano e si esigono a vicenda»: com’è dunque
possibile, come si possono dunque prospettare delle comuni professioni
di fede con i cosiddetti ortodossi (per limitarci ai più vicini,
figurarsi gli altri cristiani acattolici), che del Credo non accettano,
oltre all’unità ed unicità della Chiesa, il Filioque? Sotto il
profilo oggettivo (l’unico di cui possiamo dire), è vera o falsa la
sedicente «fede in Cristo» degli acattolici, che rifiutano la vera
Chiesa di Cristo e la pura e integra dottrina rivelata da Cristo? A
questa domanda c’è già la risposta, non nostra ma di S. Ambrogio (che
poi, certo, facciamo nostra, con tutte le generazioni cattoliche dagli
Apostoli agli scorsi decenni): «Anche gli eretici sembrano avere Cristo
con sé; nessuno rinnega il Nome di Cristo, ma rinnega Cristo chi non
professa tutto quanto è proprio di Cristo». Dunque si tratta meramente
del modo secondo cui è pastoralmente opportuno presentare oggi l’immutabile verità, o la dottrina stessa ne è toccata, consentendo di rientrare dalla finestra a quell’idea adogmatica della fede appena fatta uscire dalla porta?
P.S.
Davanti alla gravità prioritaria di tali questioni, che non dovrebbero
consentire fette di prosciutto davanti agli occhi ed evasioni varie,
cosa dire di certi cattolici benpensanti che anziché organizzarsi
concretamente per la buona battaglia – perché Dio, che certo interverrà,
vuole anche la cooperazione degli uomini – preferiscono un turismo
inconcludente, ad esempio su Internet?
11 ottobre 2012
Maria SS. Madre di Dio
Circolo “Cattolici per la Tradizione”
www.cattolicitradizionalistimarche.org
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