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giovedì 8 novembre 2012

Pissi pissi, bau,bau dall'entourage dei bertoniani

Quel gesto del Papa per Paolo Gabriele
Vaticano
VATICANO

Antonio Socci rivela: «Benedetto XVI rispose alla lettera di scuse inviando al maggiordomo un libro dei salmi con la sua firma autografa»


Benedetto XVI avrebbe perdonato il suo maggiordomo Paolo Gabriele, reo confesso – e condannato con sentenza definitiva – per il furto dei documenti riservati finiti nelle pagine del libro di Gianluigi Nuzzi. Lo rivela Antonio Socci, giornalista e scrittore, sul quotidiano «Libero» di oggi.
 Dopo aver ricordato la lettera di scuse che l’aiutante di camera inviò a Ratzinger attraverso i tre cardinali che stavano indagando sui vatileaks, Socci scrive: «Quando il segretario della commissione cardinalizia, padre Martiniani, ha consegnato al Papa la lettera autografa di Gabriele che si diceva consapevole di averlo offeso e aver mancato alla sua fiducia e per questo gli chiedeva perdono, Benedetto XVI ha risposto inviando a Gabriele un libro dei salmi (che lui aveva citato nella lettera). Il libro che reca la firma autografa del Papa con la sua benedizione apostolica indirizzata personalmente a Gabriele e il sigillo della segreteria particolare del Pontefice, è stato portato direttamente da Castel Gandolfo, dove risiedeva il Papa in quei giorni, nelle mani di Gabriele (il Pontefice si è inoltre preoccupato della situazione della famiglia)».

 «Tutto questo – continua l’autore dell’articolo– era la premessa per la grazia che si attendeva dopo il verdetto». Per Socci, il gesto dell’invio del libro autografato va interpretato come un segno concreto perdono papale. Mentre la mancata concessione della grazia, che molti si attendevano dopo la sentenza divenuta definitiva, sarebbe dovuta - secondo il giornalista di «Libero»  - più a una volontà della Segreteria di Stato che dello stesso Pontefice, in quando Gabriele non ha chiesto scusa alle altre persone danneggiate dalla divulgazione dei documenti, in particolare al primo collaboratore di Ratzinger, il cardinale Tarcisio Bertone.

Socci sottolinea a questo proposito la durezza del comunicato diffuso dalla Segreteria di Stato lo scorso 25 ottobre, nel giorno in cui Paolo Gabriele è tornato nelle celle della Gendarmeria vaticana dopo che la sentenza di condanna a un anno e mezzo di carcere è diventata definitiva. E si augura che alla fine prevalga «la bontà e la saggezza del Santo Padre». «Sarebbe – conclude – un esempio per il mondo. Padre Pio amava ripetere: “Dio vuole che la nostra miseria sia il trono della Sua misericordia”».

È comunque difficile immaginare che il comunicato del 25 ottobre non abbia ricevuto l’approvazione di Benedetto XVI, come pure è complesso supporre che non dipenda in primo luogo dalla volontà del Papa il mancato annuncio della grazia dopo la sentenza, dato che compete a lui e solo alla sua sovrana decisione l’eventuale concessione del perdono.

ANDREA TORNIELLI CITTÀ DEL VATICANO

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