Ci sarà poco da festeggiare sabato prossimo, festa dell'Immacolata concezione, per l'ordine religioso che in quella data solitamente festeggia: la congregazione, appunto, dei figli dell'Immacolata concezione. Il loro ospedale, l'Idi (Istituto Dermopatico dell'Immacolata), rischia il crac, alcuni maggiorenti sono indagati e le proteste dei 1800 dipendenti del gruppo che da quattro mesi non ricevono gli stipendi rischiano di investire il Vaticano.
Tracimando
in piazza San Pietro. Domenica scorsa, all'Angelus, alcuni
rappresentanti dei lavoratori hanno portato nel colonnato berniniano
striscioni per chiedere un aiuto al Papa. E per sabato prossimo
progettano una 'mobilitazione flash' sempre in piazza San Pietro,
sempre quando Benedetto XVI si affaccia dalla finestra del suo studio
per l'Angelus.
La Santa Sede segue da tempo, in silenzio, la crisi dell'Idi. Se diversi dicasteri sono interessati (dalla congregazione per i religiosi da cui dipendono i 'concezionisti' al pontificio consiglio della pastorale sanitaria), anche la segreteria di Stato è all'erta. Ma, sinora, senza intervenire.
La vicenda dell'istituto noto per le pomate per la pelle, del resto, ha qualche punto in comune con un incubo fin troppo recente del Vaticano, quello del San Raffaele. Quando l'ospedale fondato da don Luigi Verzè iniziò a barcollare, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ipotizzò che potesse essere lo Stato pontificio a rilevarlo, con un contributo finanziario, tra l'altro, dell'Istituto per le opere di religione (Ior). E mettendolo in rete con altri nosocomi cattolici (dalla Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo al Bambino Gesù di Roma) per formare un polo ospedaliero cattolico. L'idea - maturata prima che si scoprisse l'effettivo dimensione del buco di bilancio, prima che il braccio destro di Verzè, Mario Cal, si suicidasse, e prima che scattassero le manette per alcuni comprimari - fallì. L'iniziativa di Bertone fu osteggiata dentro e fuori il Vaticano. E la segreteria di Stato, per bocca di Giuseppe Profiti, uomo-chiave di Bertone in materia sanitaria, rinunciò all'offerta, vinta alla fine dall'imprenditore Giuseppe Rotelli. Non prima che si innescasse una divergenza tra Bertone e il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, perplesso sull'operazione, che fu all'origine del licenziamento di quest'ultimo.
La prudenza vaticana sull'Idi, ora, è motivato probabilmente dal ricordo del San Raffaele. Laddove il ruolo di 'don Verzè' sarebbe svolto da padre Franco Decaminada, prete-manager a lungo alla testa dell'Idi, nonché degli altri due ospedali della congregazione religiosa (San Carlo di Nancy e Villa Paola di Capranica nel Viterbese). L'inchiesta ha aperto molti interrogativi sulle abitudini finanziarie del sacerdote e del suo entourage, scoprendo dettagli ancora privi di risposta (un casale in Maremma un'impresa immobiliare, l'acquisizione di un centro per la produzione di farmaci anti-tumorali).
Una vicenda poco chiara, divenuta ancor meno chiara dopo che i concezionisti hanno esautorato, a novembre, il prefetto di garanzia, Vincenzo Boncoraglio. Il suo interim di direttore generale dell'Idi è passato a Mario Braga, ex dirigente del San Carlo di Nancy (anch'egli sotto inchiesta), affiancato da un nuovo vice direttore, Antonio Macciotta. Boncoraglio aveva esposto le sue idee in un'audizione al Senato e - lo ha raccontato il 'Corriere della sera' - aveva appena presentato uno studio per il rilancio dell'ospedale (pareggio di bilancio nel 2013 e 160 esuberi contro il doppio ipotizzato). In una lettera riservata ai dipendenti del 20 novembre ha espresso "disappunto" e "totale dissenso" per la decisione dei concezionisti. Non solo. I religiosi hanno informato i sindacati di aver presentato al tribunale di Roma domanda di 'concordato preventivo' per la 'provincia' italiana dei concezionisti. Una procedura che implicherebbe - fatto più unico che raro - il fallimento pilotato dell'intera branca italiana della congregazione religiosa, anziché il solo ospedale in difficoltà. E che, secondo i concezionisti, il Vaticano - fatto ancora più insolito - avrebbe autorizzato.
I nove ospedali religiosi dell'Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) di Roma dal Gemelli al Fatebenefratelli sull'isola Tiberina, intanto, sono sul piede di guerra per la 'spending review' del commissario straordinario alla salute della regione Lazio Enrico Bondi. Ieri anche i vertici dell'Idi hanno incontrato l'ex commissario Parmalat. Ma intanto i lavoratori dell'Idi sospettano che, al di là delle difficoltà economiche generali, i loro stipendi non vengano versati a causa delle malversazioni dei 'concezionisti': "Il motivo del mancato pagamento - scrivono i avoratori che puntano al 'flash mob' di sabato prossimo - risiede nel fatto che i religiosi avrebbero procurato un dissesto finanziario da circa 800 milioni di euro sul quale la procura di Roma e la Direzione distrettuale antimafia hanno aperto un'inchiesta con l'ipotesi di associazione a delinquere finalizzata all'appropriazione indebita e all'evasione tributaria. Tale inchiesta vede inquisite otto persone, tra cui tre religiosi". Uno spiraglio di speranza è venuta dall'incontro che il sindaco di Roma ha avuto venerdì scorso con il ministro della Salute Renato Balduzzi. "Oggi è stata sbloccata una prima parte dei fondi per il recupero delle prestazioni effettuate dall'Idi nel periodo 24 ottobre - 30 novembre 2012", ha detto Gianni Alemanno. Ma 1800 lavoratori sono senza stipendio da quattro mesi. E protestano issati sul tetto dell'Idi, nella cappella del San Carlo di Nancy. E, sabato prossimo, di nuovo, in piazza San Pietro.
TMNews - Virgilio
La Santa Sede segue da tempo, in silenzio, la crisi dell'Idi. Se diversi dicasteri sono interessati (dalla congregazione per i religiosi da cui dipendono i 'concezionisti' al pontificio consiglio della pastorale sanitaria), anche la segreteria di Stato è all'erta. Ma, sinora, senza intervenire.
La vicenda dell'istituto noto per le pomate per la pelle, del resto, ha qualche punto in comune con un incubo fin troppo recente del Vaticano, quello del San Raffaele. Quando l'ospedale fondato da don Luigi Verzè iniziò a barcollare, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ipotizzò che potesse essere lo Stato pontificio a rilevarlo, con un contributo finanziario, tra l'altro, dell'Istituto per le opere di religione (Ior). E mettendolo in rete con altri nosocomi cattolici (dalla Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo al Bambino Gesù di Roma) per formare un polo ospedaliero cattolico. L'idea - maturata prima che si scoprisse l'effettivo dimensione del buco di bilancio, prima che il braccio destro di Verzè, Mario Cal, si suicidasse, e prima che scattassero le manette per alcuni comprimari - fallì. L'iniziativa di Bertone fu osteggiata dentro e fuori il Vaticano. E la segreteria di Stato, per bocca di Giuseppe Profiti, uomo-chiave di Bertone in materia sanitaria, rinunciò all'offerta, vinta alla fine dall'imprenditore Giuseppe Rotelli. Non prima che si innescasse una divergenza tra Bertone e il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, perplesso sull'operazione, che fu all'origine del licenziamento di quest'ultimo.
La prudenza vaticana sull'Idi, ora, è motivato probabilmente dal ricordo del San Raffaele. Laddove il ruolo di 'don Verzè' sarebbe svolto da padre Franco Decaminada, prete-manager a lungo alla testa dell'Idi, nonché degli altri due ospedali della congregazione religiosa (San Carlo di Nancy e Villa Paola di Capranica nel Viterbese). L'inchiesta ha aperto molti interrogativi sulle abitudini finanziarie del sacerdote e del suo entourage, scoprendo dettagli ancora privi di risposta (un casale in Maremma un'impresa immobiliare, l'acquisizione di un centro per la produzione di farmaci anti-tumorali).
Una vicenda poco chiara, divenuta ancor meno chiara dopo che i concezionisti hanno esautorato, a novembre, il prefetto di garanzia, Vincenzo Boncoraglio. Il suo interim di direttore generale dell'Idi è passato a Mario Braga, ex dirigente del San Carlo di Nancy (anch'egli sotto inchiesta), affiancato da un nuovo vice direttore, Antonio Macciotta. Boncoraglio aveva esposto le sue idee in un'audizione al Senato e - lo ha raccontato il 'Corriere della sera' - aveva appena presentato uno studio per il rilancio dell'ospedale (pareggio di bilancio nel 2013 e 160 esuberi contro il doppio ipotizzato). In una lettera riservata ai dipendenti del 20 novembre ha espresso "disappunto" e "totale dissenso" per la decisione dei concezionisti. Non solo. I religiosi hanno informato i sindacati di aver presentato al tribunale di Roma domanda di 'concordato preventivo' per la 'provincia' italiana dei concezionisti. Una procedura che implicherebbe - fatto più unico che raro - il fallimento pilotato dell'intera branca italiana della congregazione religiosa, anziché il solo ospedale in difficoltà. E che, secondo i concezionisti, il Vaticano - fatto ancora più insolito - avrebbe autorizzato.
I nove ospedali religiosi dell'Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) di Roma dal Gemelli al Fatebenefratelli sull'isola Tiberina, intanto, sono sul piede di guerra per la 'spending review' del commissario straordinario alla salute della regione Lazio Enrico Bondi. Ieri anche i vertici dell'Idi hanno incontrato l'ex commissario Parmalat. Ma intanto i lavoratori dell'Idi sospettano che, al di là delle difficoltà economiche generali, i loro stipendi non vengano versati a causa delle malversazioni dei 'concezionisti': "Il motivo del mancato pagamento - scrivono i avoratori che puntano al 'flash mob' di sabato prossimo - risiede nel fatto che i religiosi avrebbero procurato un dissesto finanziario da circa 800 milioni di euro sul quale la procura di Roma e la Direzione distrettuale antimafia hanno aperto un'inchiesta con l'ipotesi di associazione a delinquere finalizzata all'appropriazione indebita e all'evasione tributaria. Tale inchiesta vede inquisite otto persone, tra cui tre religiosi". Uno spiraglio di speranza è venuta dall'incontro che il sindaco di Roma ha avuto venerdì scorso con il ministro della Salute Renato Balduzzi. "Oggi è stata sbloccata una prima parte dei fondi per il recupero delle prestazioni effettuate dall'Idi nel periodo 24 ottobre - 30 novembre 2012", ha detto Gianni Alemanno. Ma 1800 lavoratori sono senza stipendio da quattro mesi. E protestano issati sul tetto dell'Idi, nella cappella del San Carlo di Nancy. E, sabato prossimo, di nuovo, in piazza San Pietro.
TMNews - Virgilio
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.