Finché morte non ci separi
Bertone e Ratzinger, un sodalizio destinato a durare per tutto il pontificato
Tra Bertone e Ratzinger non mettere il dito. L’unione tra il Segretario di Stato di Sua Santità e il suo "amato" Papa è più forte che mai. Il cardinale Tarcisio Bertone, che il 12 febbraio compirà 79 anni, non ha nessuna intenzione di lasciare il suo ruolo di premier della Santa Sede. E Benedetto XVI, che il 16 aprile compirà 86 anni, non ha alcuna intenzione di privarsi del suo più stretto collaboratore nella guida della Chiesa universale.
Ascoltando l’intervento tenuto da Bertone alla presentazione romana del libro "La porta stretta" del cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, si è potuta toccare con mano la profonda comunione che continua a esistere tra Ratzinger e Bertone, anche dopo la chiusura della vicenda Vatileaks e l’ordinazione episcopale di monsignor Georg Gänswein, neo Prefetto della Casa Pontificia, non a caso seduto in prima fila ad ascoltare l’intervento del Segretario di Stato vaticano.
«La Chiesa che è in Italia - ha sottolineato Bertone - non può che porsi in riconoscente e filiale ascolto dell’insegnamento e dell’esempio che promana dalla Cattedra di Pietro e i riferimenti costanti nelle prolusioni del cardinale Bagnasco alla presenza e alla testimonianza apostolica del Santo Padre Benedetto XVI, sono l’espressione della genuina riconoscenza per quanto egli compie al servizio, sia della Chiesa Universale, sia in modo specifico delle Chiese particolari che sono in Italia, di cui il vescovo di Roma è Primate».
E in un altro passaggio, riprendendo quanto evidenziato da Bagnasco nella prefazione del suo volume, Bertone ha affermato che «i viaggi del Santo Padre Benedetto XVI, le Giornate Mondiali della Gioventù, le iniziative e le celebrazioni nel quadro dell’Anno Sacerdotale, l’istituzione del Pontificio Consiglio per Promozione della Nuova Evangelizzazione, l’iniziativa del “Cortile dei Gentili”, le lancinanti domande di governo, di giustizia e di misericordia suscitate dall’emersione di problematiche forti in ambito ecclesiale, e – sul versante civile – i punti di svolta che in una società democratica sono le elezioni, l’aggravarsi della crisi finanziaria e le sue conseguenze sul livello occupazionale, la tragedia del terremoto, sono l’occasione non per una riflessione astratta e solitaria, ma voce di una Chiesa che, a cominciare dai suoi pastori, è una Chiesa che ascolta, che è capace di vedere, incontrare, parlare, che sta con la gente e tra la gente, cercando di capire e di farsi capire».
Sintesi di fine pontificato? Bilancio di otto anni di governo? Sarà solo il tempo a dirlo. Quello che è evidente già oggi è che la Chiesa di Roma, nel momento in cui inizia il secondo mandato alla Casa Bianca di Barack Obama e alla vigilia delle elezioni politiche nel Paese di cui è Primate il Papa, si presenta compatta. La Cei e la Segreteria di Stato, Bagnasco e Bertone: una sola voce per dialogare con il governo che verrà senza temere l’accusa di ingerenza. La sintesi è la parola del Papa, la sua ansia per la nuova evangelizzazione di cui anche l’Italia sta scoprendo di avere bisogno. Non è certamente individuando i candidati cattolici (sarebbe utile capire anche il criterio a dir poco salomonico), come ha fatto qualche giorno fa il quotidiano della Cei "Avvenire", che si può indicare agli elettori che gravitano nella sfera ecclesiastica per chi votare. Molte volte, e la storia della giovane Repubblica Italiana lo insegna bene, il sostegno ai valori difesi e promossi dalla Chiesa di Roma è arrivato da ambienti e personalità non solo laici, ma molto spesso molto distanti dal cattolicesimo. Sarà così anche nel 2013?
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