Perù, Müller appoggia l’ ”università ribelle”?
Una lettera del prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede al cardinal Cipriani sosterrebbe la ribellione dell’ateneo e del rettore Rubio
Gerhard Ludwig Müller è dottore “honoris causa” presso l’ex Pontificia Università Cattolica del Perù (PUCP). Da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, era rimasto al margine del conflitto tra le autorità dell’istituzione, l’arcivescovo di Lima e la Santa Sede. Ma una sua lettera, scritta al cardinale Juan Luis Cipriani, è stata interpretata come una forma di sostegno alla ribellione dell’Ateneo contro il Papa.
Nella missiva Müller ha chiesto spiegazioni sulla decisione di non rinnovare il permesso ecclesiastico per insegnare nella PUCP ad alcuni professori del Dipartimento di Teologia dell’Università stessa. Una scelta, quella della revoca, comunicata dall’arcivescovo a dicembre e frutto del decreto emesso dal Vaticano lo scorso giugno con il quale si vietava l’uso dei titoli “Pontificia” e “Cattolica”.
Nonostante il contenuto sia riservato, la rivista “Caretas” ha svelato parte del testo della lettera. Il prefetto avrebbe scritto che l’università può continuare a offrire lezioni di teologia, fin quando la Santa Sede non avrà risolto del tutto il problema. Se questo è vero, si tratterebbe di un duro colpo nei confronti dell’arcivescovo di Lima che sta portando avanti una battaglia legale ed ecclesiastica per ribadire l’appartenenza dell’istituzione alla Chiesa.
La sola esistenza di questa lettera è stata interpretata in Perù come un incoraggiamento per il rettore Marcial Rubio e per i suoi collaboratori, che si sono rifiutati in diverse occasioni di riformare gli statuti dell’Ateneo per adeguarsi alla normativa vaticana sulle università cattoliche, la Costituzione Apostolica “Ex Corde Ecclesiae”.
Secondo il consigliere del vicerettorato dell’ex PUCP, Marco Sifuentes, la lettera ha messo Cipriani al “suo posto” a Cipriani. L’ha scritto su Twitter, dove altri utenti dichiaravano che Müller avrebbe strigliato il cardinale peruviano.
L’intervento del prefetto per la Dottrina della Fede è nato da una lamentela inviata a Roma dai professori ai quali era stata sospesa la facoltà di tenere lezioni. Secondo i docenti in questione tale misura è stata applicata per «motivazioni dottrinali».
Un’idea molto diffusa nell’ambito dell’ex PUCP, come confermerebbe un articolo pubblicato dall’ex rettore Salomón Lerner Febres lo scorso 13 gennaio sul quotidiano “La República”, nel quale ha definito la revoca dei permessi ai professori come una «decisione non in linea con lo spirito evangelico» e come «un modo per frenare la Teologia della Liberazione, che ha sviluppato nell’Ateneo Gustavo Gutiérrez».
Eper dimostrare la sua ipotesi, Lerner ha citato le parole pronunciate da Müller nel novembre 2008, durante una conferenza a Lima e nella quale aveva difeso come “ortodossa” la Teologia di Gutiérrez.
Ma Cipriani ha preso la sua decisione di revocare il mandato canonico ai professori, almeno formalmente, in virtù di un fatto obiettivo: una sanzione della Santa Sede contro l’Università, applicata tramite un decreto firmato sotto ordine pontificio. Un’azione che non ha bisogno di nessuna giustificazione e che appartiene alle facoltà dell’arcivescovo della capitale peruviana.
C’è un passato che lega a Gerhard Müller alla PUCP. A Roma ricordano bene i suoi viaggi di studio a Lima (ogni anno per più di 18 anni), quando era ancora arcivescovo di Ratisbona, e per i quali non avvisava neanche il vescovo locale. E anche la sua Laurea “honoris causa”, accettatata senza prendere in considerazione le raccomandazioni di Cipriani e di altre personalità.
Con questi precedenti, il sospetto che l’intervento di Müller nel caso dell’università “ribelle” possa essere strumentalizzato non è del tutto infondato. Timore rinforzato anche in vista della conferenza che pronuncerà il neo prefetto presso la Notre Dame University. Un ateneo che nel 2009 attirò non poche polemiche dal fronte tradizionalista quando concedette la Laurea “honoris causa” al presidente Barack Obama.
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