La Fede della Chiesa di Dio si riconosce diretta o indirettamente in una persona dalla sua professione pubblica, ma principalmente dalla sua intenzione fattiva di manifestarla nelle opere, specialmente se appartiene alla Chiesa docente.
In questi giorni si dovrebbe tornare a considerare le condizioni per l’elezione del Papa, anche da parte di quelli che costatano il fatto evidente che i «papi» eletti, da Giovanni 23º a Benedetto 16º, hanno introdotto un’altra fede, anche se cercando di mantenere, nel loro programma di radicale «aggiornamento», le apparenze di quella tradizionale.
L’ultimo della serie, nella sua artefatta mentalità, ha inventato perfino una bugiarda «ermeneutica della continuità»; era troppo anche per pensatori attaccati al presente Vaticano, come mons. Brunero Gherardini. Quando è troppo, è troppo!

Ultimamente si era arrivati a presentare pure una «nuova logica» per la trasformazione dottrinale della Chiesa che richiamava il filosofismo hegeliano della tesi, antitesi e sintesi, per arrivare a unire i contrari – nella stessa religione! Ciò può essere capito solo come dialettica per giustificare l’estrema operazione ecumenista manifestatasi ad Assisi.
Tra le tante opinioni che si sentono in questi giorni, tra quelli che hanno capito la rovina della presente lunga vacanza, si sente quella del vescovo Donald Sanborn, rettore del Seminario Most Holy Trinity in Brooksville, Florida, Stati Uniti d’America, che fa un paragone politico: se qualcuno è eletto presidente di un paese, ma con l’intenzione di cambiare la sua Costituzione, questo «eletto» non va considerato legittimo. Lo stesso sarebbe per un «eletto papa» che non avesse l’intenzione di continuare la conferma della Fede della Chiesa, come essa è stata istituita da Nostro Signore Gesù Cristo. (1)
L’ERRORE FATALE RIGUARDO AL CONCLAVE
Quello che viene denominato “non avere l’intenzione di fare il bene della Chiesa” è una circonlocuzione incredibile riguardo alla realtà; infatti gli eletti, da Giovanni 23 a Benedetto 16 – e qui non uso i numeri romani per non dare alcuna idea di continuità con i papi cattolici – hanno dimostrato ben più, cioè che hanno l’intenzione inversa: di cambiare da cima a fondo la «coscienza della Chiesa». Lo dicono loro stessi nei discorsi dal lontano 1958 ad oggi. Svanisce allora la condizione di avere la fede immutabile per essere eletti papa, poiché non ci sarebbe l’intenzione di continuarLa. Ma si può dire che non vi è il modo di verificare l’eresia nella loro opera�
evidente? (3) Sole se si fosse ciechi nella fede!
Per fare un esempio su un possibile futuro «papa conciliare» (che ora potrebbe essere di transizione), c’è il patriarca di Lisbona Policarpo, il cui «mandato episcopale» è appena scaduto, ma rinnovato per un anno; vecchio per essere vescovo ma buono per fare da papa! Lui è quello che tra tanti discorsi ecumenisti, tra cui del «futuro ecumenista di Dio» nel Santuario di Fatima, inserì pure l’apertura al sacerdozio femminile. Siamo davanti alle continue contraddizioni conciliari, ma quale la più spaventosa, che ora sta�
per ripetersi? Ammettere l’elezione legittima di tali chierici conciliari fautori non solo dell’intenzione di continuare, ma pure dilatare il Vaticano 2.
Così si avrebbe la «legale» perpetuazione dell’apostasia conciliare da impartire a tutto l’orbe. E ciò sarebbe appeso alla volontà dell’«eletto papa» di tornare alla vera Fede, che ha dimostrato con intenzioni, parole e atti di nemmeno stimarLa! Ciò sarebbe possibile solo se al conclave si attribuisse una valenza infallibile, assoluta, il che è assurdo, ma farebbe di questo una vera trappola, in forma di ragnatela.
Per la legge della Chiesa nessun conclave è assoluto poiché dipende dalla condizione ontologica della fede cattolica dell’eletto. Questa, dimostrandosi deviata già prima del conclave (è il caso della «fede pancristiana-ecumenista e libertaria del V2) fa con che l’elezione del suo portatore «è nulla, anche se ha avuto il voto unanime dei cardinali» (Bolla Cum ex apostolatus di Papa Paolo IV).
Per applicarla alla situazione presente di Benedetto 16º, si torni un po’ indietro sulle «vere intenzioni di Joseph Ratzinger» e la loro compatibilità con la fede della Chiesa.
Nell’archivio del Corriere della Sera si trova un po’ del percorso religioso dopo il Vaticano due di J. Ratzinger, seguendo due riviste. “L’esordio dell’allievo di Hans Küng su «Concilium», rivista progressista dove fu un protagonista. La Messa in latino? «Un rito ormai archeologico». Sulla «collegialità» dei vescovi, contrappeso del Papa, «le conferenze episcopali sembrano la via maestra per una concreta pluralità nell’ unità». «Dio, attraverso l’intero processo storico, non è mai stato dalla parte delle istituzioni, ma sempre dalla parte di chi soffre, dei perseguitati», affermava nel 1962, nel saggio «Libera espressione e obbedienza nella Chiesa». Ratzinger è un teologo intellettuale ostile a San Tommaso classico e cresciuto su Sant’Agostino, San Bonaventura e Origene (di cui a lungo ha  condiviso l’ipotesi dell’«inferno vuoto», la bontà di Cristo salva tutti).�
Chi prendeva queste posizioni così aperte, anticipando il cardinal Martini, sul primo volume della rivista Concilium, quaranta anni fa? Joseph Ratzinger. E attorno a questa trincea della teologia liberale al Vaticano due, Ratzinger raccoglie i «grandi saggi» della Chiesa cattolica progressista. Con Hans Küng, il domenicano fiammingo Edward Schillebeeckx, il gesuita Karl Rahner, che difende la libertà assoluta di ricerca spirituale. Per ricostruirne la tormentata biografia di fede e idee, dobbiamo rileggere l’evoluzione del giovane prelato tedesco da Concilium alla rivista austera Communio cui creerà nel 1972, e segna la sua svolta teologica, «deluso», scrive il suo biografo John Allen «dalla corsa postconciliare alla modernità». Se Concilium era il cenacolo dei «progressisti», Communio: Gesù Cristo Oggi e le Religioni, pubblicata in 15 paesi, diventa la tribuna dei «teologi conservatori della nuova teologia», come Hans Urs von Balthasar (1905-1988) e Henri de Lubac (1896-1992), la rivista «Communio» per «dare una risposta positiva alla crisi teologica e
culturale spuntata dopo il Vaticano due». Solo protagonista in entrambe le esperienze Ratzinger castigherà i compagni di gioventù «sono loro ad avere cambiato posizione, non io», contribuendo a togliere la cattedra all’università cattolica al mentore Hans Küng. Secondo l’ autobiografia di Ratzinger, «Pietre miliari, 1927-1977», il trauma risale al ‘68, quando alla facoltà di Tubinga vede manifestarsi una ideologia brutale e crudele. «Capii che per adempiere la volontà del Concilio occorreva resistere agli abusi della fede… in quei tempi chi voleva dirsi progressista perdeva credibilità. I critici parlano di cambiamento parallelo alla scalata al�
potere, la nomina a cardinale nel 1977 con Paolo 6º, la nomina a capo della Congregazione per la fede con Giovanni Paolo 2º, nel 1981. «Ma la frattura nel percorso di Ratzinger è troppo radicale per giustificarsi con il volantino del ’68 «la croce è un simbolo sadomasochista» o con le lusinghe romane. Come prete ordinato nel 1951, segue le nuove idee, e tra libri e tirate teologiche si può cogliere l’evoluzione del «perito» progressista al Vaticano due, dove arriva come peritus del cardinal Frings di Colonia. Fin dal primo giorno il prete sconosciuto sacerdote si presenta «capace» della controrelazione alle tesi della Curia approvate dal potente cardinal�
Ottaviani, a proposito di Rivelazione. Ratzinger ha solo 35 anni e davanti ai principi della chiesa, il futuro Paolo 6º, ancora cardinal Montini, Alfrink e Suenens, decani del nuovo cattolicesimo, e il potente cardinale Siri, rappresenta la scuola francese, affermando che la Chiesa deve ripartire dalle origini, dalla patristica. Montini impressionato concederà poi la porpora al brillante peritus. Nel 1969, quando la contestazione divide i ranghi conciliari, Karl Lehmann, futuro capo della Conferenza episcopale tedesca, fa il bilancio: i protagonisti dei Concilio Vaticano due sono «Rahner, Ratzinger, Küng e Schillebeeckx… capaci di liberare gli schemi prefissati nella regione aperta di una più grande libertà teologica».
In meno di un decennio – nota Allen – la corrente si scinde. Schillebeeckx verrà inquisito dall’ex Sant’Uffizio, Küng perde la cattedra, Ratzinger va a Roma. Il peritus della Ecclesia semper reformanda commina un anno di silenzio al teologo della liberazione latino americana Leonardo Boff, priva della licenza cattolica nel 1986 Charles Curran, della Catholic University of America, per le tesi sulla morale sessuale, e scomunica nel 1997 il reverendo dello Sri Lanka Tyssa Balasuriya, che contesta il peccato originale e l’Immacolata Concezione.
In tutto, la congregazione di Ratzinger eserciterà una dozzina di condanne. I «due Ratzinger» sono, a guardarne la biografia intellettuale, uno solo. La nuova chiesa deve maturare come «istituzione» capace di rinnovare la dottrina e la liturgia, senza  asservirsi all’approvazione del mondo e delle teologie di liberazione che perdono di vista lo spirito delle origini, che va oltre il suo presente magistero.
LE TRE POSIZIONI APPARSE NEL CORSO DEL VATICANO 2
È frequente pensare che in questo funesto conciliabolo si siano confrontate due forze opposte riguardo alla Dottrina cattolica, la liberale e modernista contro la tradizionalista rappresentata nel «Coetus Internationalis Patris».
In verità vi era una terza, inizialmente alleata ai liberali. Era quella del movimento del «ressourcement» per il ritorno alle origini del Cristianesimo.�
Beninteso, pure questa mirava a un universalismo ecumenista, ma per un’altra via, quella della sua scoperta (gnostica) nelle origini della Chiesa, ritorno alle sue sorgenti, magari anche prima. Per esempio, considerare gli Esseni come dei precursori, cui Gesù si sarebbe aggregato! Nel 1988 a New York, Ratzinger sintetizza i due tempi del suo pensiero parlando di «Chiesa viva… dove la Scrittura è Rivelazione… che noi dobbiamo percepire… non come meteora da cui prendere campioni per l’esame in laboratorio». La diffidenza per San Tommaso di Benedetto 16º riaffiora nel mondo postmoderno: non basta la ragione a salvarci. Ciò lo porta allo «scontro con il�
relativismo», ma senza accorgersi che non vi è maggior relativismo che quello ecumenista. Eppure, pensa così, con la conoscenza che va oltre la ragione, di rievangelizzare l’Europa che considera un deserto morale.
Ecco la terza posizione oggi prevalente su quella del modernismo, una più raffinata da promuovere in alta sede: L’idea era rievangelizzare tornando alle fonti e abbandonando il così detto neotomismo leonino a causa della «Aeterni Patris» di Leone XIII per ridare centralità al Tomismo. Ci voleva un altro tomismo più aperto alla modernità.
Ma non è solo questa parte del Magistero che vuole raggirare, c’è proprio la «Humani generis» di Papa Pio XII contro la «Nuova Teologia» di de Lubac, von Balthasar, Congar e compagni, tra cui lui stesso. Tutti sono divenuti cardinali, anche se erano quelli che Pio XII censurava dicendo: «essi abbracciano una specie di “irenismo” che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cerca solamente di ricacciare, con unità di forze, l’irrompente ateismo, ma anche di conciliare le opposte posizioni nel campo stesso dogmatico”… Per quanto riguarda la Teologia, certuni intendono ridurre al massimo il significato dei dogmi; liberare lo stesso dogma dal modo di esprimersi, già da tempo usato nella Chiesa, e dai concetti filosofici in vigore presso i dottori cattolici, per ritornare nell’esporre la dottrina cattolica, alle espressioni usate dalla Sacra Scrittura e dai Santi Padri. Essi così sperano che il dogma, spogliato degli elementi estrinseci, come essi dicono, alla divina rivelazione, possa venire con frutto paragonato alle opinioni dogmatiche di coloro che sono separati dalla Chiesa e in questo modo si possa pian piano arrivare all’assimilazione del dogma con le opinioni dei dissidenti. Inoltre, ridotta in tali condizioni la dottrina cattolica, pensano di aprire cosi la via attraverso la quale arrivare, dando soddisfazione alle odierne necessità, a poter esprimere i dogmi con le categorie della filosofia odierna, sia dell’immanentismo, sia�
dell’idealismo, sia dell’esistenzialismo o di qualsiasi altro sistema… ritengono non assurdo, ma del tutto necessario che la teologia, in�
conformità ai vari sistemi filosofici di cui essa nel corso dei tempi si serve come strumenti, sostituisca nuovi concetti agli antichi; cosicché in modi diversi, e sotto certi aspetti anche opposti, ma come essi dicono equivalenti, esponga al modo umano le medesime verità divine. Aggiungono poi che la storia dei dogmi consiste nell’esporre le varie forme di cui si è rivestita successivamente la verità rivelata, secondo le diverse dottrine e le diverse opinioni che sono sorte nel corso dei secoli… è chiaro che queste tendenze non solo conducono al relativismo dogmatico, ma di fatto già lo contengono; questo relativismo e poi fin troppo favorito dal disprezzo verso la dottrina tradizionale e verso i termini con cui essa si esprime.”
Sembra ironico che il «filosofo Ratzinger» dica di combattere il relativismo, quando le sue viscide iniziative ecumeniste ricalcano il colmo del relativismo conciliare, toccando il fondo il dogmatico… “Purtroppo questi amatori delle novità facilmente passano dal disprezzo della teologia scolastica allo spregio verso lo stesso Magistero della Chiesa che ha dato, con la sua autorità, una cosi notevole approvazione a quella teologia.
Questo Magistero viene da costoro fatto apparire come un impedimento al progresso e un ostacolo per la scienza”. Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse. Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle Encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero Supremo. Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, di cui valgono poi le parole: “Chi ascolta voi, ascolta me” (Luc. X, 16)”… falsamente parlano di un senso umano della Bibbia, sotto il quale sarebbe nascosto il senso divino, che è, come essi dichiarano, il solo infallibile. Nell’interpretazione della Sacra Scrittura essi non vogliono tener conto dell’analogia della fede e della tradizione della Chiesa; in modo che la dottrina dei Santi Padri e del Magistero dovrebbe essere misurata con quella della Sacra Scrittura, spiegata, però, dagli esegeti in modo puramente umano; e non piuttosto la Sacra Scrittura�
esposta secondo la mente della Chiesa, che da Cristo Signore è stata costituita custode e interprete di tutto il deposito delle verità rivelate…
Certuni non si ritengono legati alla dottrina che Noi abbiamo esposta in una Nostra Enciclica e che è fondata sulle fonti della Rivelazione, secondo cui il Corpo mistico di Cristo e la Chiesa cattolica romana sono una sola identica cosa… (no al «sussistere» conciliare) riducono ad una vana formula la necessità di appartenere alla vera Chiesa per ottenere l’eterna salute (no al connubio ecumenista). È noto che questi errori, ed altri del genere, serpeggiano in mezzo ad alcuni Nostri figli, tratti in inganno da uno zelo�
imprudente o da una scienza di falso conio; e a questi figli sono costretti a ripetere, con animo addolorato, verità notissime ed errori manifesti, indicando loro con ansietà i pericoli dell’errore… Oppongono, inoltre, che la filosofia perenne non è che la filosofia delle essenze immutabili, mentre la mentalità moderna deve interessarsi della “esistenza” dei singoli individui e della vita sempre in divenire. Però, mentre disprezzano questa filosofia, esaltano le altre, sia antiche che recenti, sia di popoli orientali che di quelli occidentali, in modo che sembrano voler insinuare che tutte le filosofie o opinioni, con l’aggiunta – se necessario – di qualche correzione o di qualche complemento, si possono conciliare con il dogma cattolico. Nessun cattolico può mettere in dubbio quanto tutto ciò sia falso, specialmente quando si tratti di sistemi come l’immanentismo, l’idealismo, il materialismo, sia storico che dialettico, o anche come l’esistenzialismo, quando esso professa l’ateismo o quando nega il valore del ragionamento nel campo della metafisica.”
Eppure, il Vaticano 2 di Ratzinger volle incorporare l’illuminismo rivoluzionario. Era la «terza via» per la mutazione della Chiesa ormai istallata e che ha eretto la «nuova chiesa conciliare ecumenista»!
Così, ogni nuovo conclave condizionato dall’errore fondamentale di una ricercata alienazione nella Fede della Tradizione, rende più irreversibile la rovina generale.
In prima linea della terza via che promuove un modernismo d’aspetto tradizionalista, sono dei cardinali come Scola e l’austriaco Christoph Schönborn. Ormai il lavoro portato avanti è fatto e Ratzinger può andare a riposo, naturalmente restando in Vaticano dove la sua presenza anche «in clausura» non potrà non pesare sul successore conciliare.
Ecco il delirio derivato dal disprezzo della Legge canonica, che fa prendere come inviati di Dio i contraffattori della Sua Dottrina.
Ebbene, il male dell’elezione di un altro «papa conciliare» per la «chiesa ecumenista» è inevitabile. Ma il vero male presente è che non vi sia l’unione dei fedeli rimasti per dichiarare alto e chiaro da ora che essi non possono rappresentare la Chiesa di Gesù Cristo nella continuità dei 240 Papi e 20 Concili ecumenici. Siamo ancora in tempo di unirci per testimoniarlo dai tetti per il bene delle anime. Al contrario, si può affermare già da ora che chi non testimonierà il pericolo, ma accoglierà un altro «papa conciliare» per implementare la nuova teologia gnostica-ecumenista, che disonora la Chiesa, sarà complice indiretto di quest’opera deleteria e meritevole della�
rovina dei suoi promotori.
NOTE:
(1)     Quando un eletto papa è illegittimo a causa della mancanza di fede, la non intenzione di non fare il bene della Chiesa è fatto conseguente. Perciò anche se putacaso adottasse finalmente la vera intenzione cattolica, non risulterebbe legittimi, assumendo formalmente una posizione che aveva solo materialmente, conforme vuole la «Tesi Cassiciacum», proposta nel tempo�
di Paolo 6º dall’accademico P. Guérard des Lauriers.
(2)     Si tratta di un concetto nuovo legato alla segreta intenzione soggettiva dell’eletto riguardo alla Fede, che non risulta nella Legge della Chiesa
(3)    Secondo la «tesi» menzionata, rimangono legittimi «possessori» della carica papale, anche se dimostrano di avere un’altra fede, che fonda un’altra chiesa! Rimangono papi in modo materiale. La loro elezione non sarebbe contestabile e dato che il potere pontificale è dato non dalla Chiesa, ma immediatamente da Dio stesso, sarebbe volontà divina che rimanessero su quella Sede, anche per insegnare gli errori ed eresie che questi stessi cattolici accusano da più di mezzo secolo. In tal modo tale conclave dovrebbe avere una assurda valenza assoluta!

L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele

http://www.agerecontra.it/public/pres30/?p=9752