ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 2 febbraio 2013

LETTERA APERTA ALL’ECC.MO MONS. DI NOIA.

Notando, di sfuggita, che non risulta essere stata colta l'occasione degli sbandierati colloqui per chiedere di conoscere le eventuali obiezioni non di inferiori ma del Superiore: il testo mancante del Segreto di Fatima
Eccellenza Reverendissima,

siamo un gruppo di fedeli cattolici di linea tradizionale, da tempo aderente all’antica liturgia gregoriana e ufficialmente riconosciuto dalla nostra Diocesi come aggregazione ecclesiale. Abbiamo letto con interesse la lettera che Vostra Eccellenza il mese scorso ha indirizzato al Superiore e ai membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X; lettera ormai di dominio pubblico, che tocca anche questioni più ampie rispetto a quella Società sacerdotale e ai fedeli che ad essa fanno riferimento. Nell’amore alla Chiesa e in spirito di servizio, desiderosi di cooperare al bene comune, ci permettiamo di sottoporLe cinque punti che – certo apprezzando il cuore pastorale di V.E. e vari elementi del testo, nonché articolatamente consapevoli che sono questioni complesse – ci lasciano delle perplessità.

1) Sulla risposta o meno della FSSPX al Preambolo, le parti dicono cose contraddittorie. Non diciamo sulla valutazione del contenuto, ma sul fatto stesso della risposta data o non data. Venendone fuori una pessima impressione. Infatti, V.E. dice: «la Santa Sede attende pazientemente una risposta ufficiale della Fraternità». Sennonché S.E. Mons. Fellay, nella sua omelia del 1° novembre, aveva detto: «Del resto non abbiamo bisogno di riconciliarci con la Chiesa di sempre, già ci siamo. E Roma dice: “Non abbiamo ancora ricevuto la risposta ufficiale”. Ma per tre volte ho risposto che non si poteva, che non saremmo andati su questa strada». Poco dopo, mons. Fellay afferma pubblicamente di avere l’impressione che la Commissione abbia maggior desiderio di riconciliazione della Fraternità. Cosa si deve pensare di questa doppia versione?

2) Il sostegno della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” alle “sue” Società sacerdotali, la solidità di quanto già riconosciuto caso per caso, è tale da essere incoraggiante? E non soltanto per la dirigenza della FSSPX (il cui attuale silenzio colpisce, dopo tanti pronunciamenti massicci e non di rado tra loro contraddittori): ma per gli ambienti “tradizionalisti” in genere. Oppure è incoraggiante a perseverare nel lasciar indefinita la situazione, dopo che l’affermazione di padre Lombardi sulla risposta al Preambolo entro qualche mese e non entro anni si è mostrata essere “le ultime parole famose”? E qui il pensiero va (per limitarci all’ultimo esempio) all’effetto devastante delle pressioni, quantomeno, all’Istituto del Buon Pastore (dove in non pochi alberga un non cedevole spirito identitario) nella direzione di un cambiamento delle sue specificità statutarie, sebbene riconosciute dalla Santa Sede nel vicino 2006; va alle pressioni, quantomeno, a far tacere su certi punti siti indipendenti di area IBP; va all’inspiegabile sostegno addotto – magari in parte come “millantato credito”, ma ancora non smentito – dal Superiore non rieletto abbé Laguerie, da parte di questa Commissione; va all’impressione (che soltanto i fatti potrebbero smentire) che la situazione dell’IBP venga lasciata in sospeso finché non sia certa la risposta della FSSPX.

3) Siamo convinti della reale presenza di eccessi di dibattito (soprattutto recentissima – peraltro incentivata dalle discussioni pattuite con la FSSPX – e soprattutto nel comodo mondo virtuale di Internet). Tuttavia, non ritiene V.E. che tali eccessi siano favoriti da eccessi di segno opposto: vale a dire, da ricorrenti ostilità alla trasparenza, su fatti di rilevanza ecclesiale, per i quali una “penna” notoriamente vicina al regnante Pontefice, anzi personalmente apprezzata dall’allora card. Ratzinger, ebbe modo di scrivere: «La Chiesa non è una specie di setta o di cosca che chieda a noi omertà»? Siamo anche convinti che talune questioni siano talvolta troppo esasperate, siano in un contesto purtroppo esasperato; ma di tale doloroso fenomeno non ha forse fatto il gioco l’ostilità, oltre che a una liturgia di un certo tipo, anche (e oggi ancor più) a una franchezza di un certo tipo? Tale sfavore, tali pressioni, tale mancato sostegno, non hanno forse favorito da una parte l’opportunismo, dall’altra proprio l’esasperazione, e talvolta persino entrambi questi opposti insieme?

4) Non ci è chiarissimo il passaggio in cui Ella richiama la FSSPX ad una «professione di fede incondizionata nella sua pienezza». Noi siamo sempre stati critici su talune attitudini della FSSPX: e l’abbiamo sempre detto, anche direttamente a loro, venendone malvisti; tuttavia, non sapevamo che quanto tale Fraternità è disponibile (talvolta) ad accettare soltanto condizionatamente fosse materia di fede. Notiamo talvolta degli inquietanti conati – soprattutto negli anni ’70, e di ritorno in questi ultimissimi anni – quasi a mettere il pastorale Concilio Vaticano II, e più ampiamente le novità “ufficiali”, nel Depositum fidei, nell’oggetto della fede. A dogmatizzarle: in contrasto anche con la Nota teologica che il Vaticano II medesimo diede ufficialmente di sé stesso quand’era ancora aperto. V.E. può risolvere questa ambiguità? 

5) La pregevole riflessione da ambo le parti è limitata, per la parte “ufficiale”, al citato brano del Santo Padre nella sua lettera ai Vescovi, sostanzialmente su certe vecchie chiusure verso il mondo della Messa antica? Oppure ha da essere tale, per giustizia, da non prescindere troppo astrattamente dall’attuale realtà? Realtà in cui spesso l’autorità di principio competente, di fatto non interviene! Talora affermando, almeno francamente, di non poter intervenire. Portiamo soltanto qualche esempio, ma esempi concreti. Uno è quello rappresentato dal card. Ratzinger nella famosa conferenza ai Vescovi del Cile dell’estate 1988, subito dopo la rottura di mons. Lefebvre e mons. De Castro Mayer: lo stesso Vescovo che prima aveva cacciato un insegnante irreprensibile soltanto per il suo parlare un po’ rustico, poi non fu in grado di allontanare un docente che negava apertamente delle verità di fede. È ciò normale? Ed è notevole che l’attuale Pontefice non abbia detto: quel Vescovo giudicò – avendone la competenza, che comunque nella Chiesa non è un potere assoluto – di non allontanare il docente; dice invece che non poté, che non fu in grado di allontanarlo. Non è una situazione che dà da pensare? Un altro esempio è una testimonianza personale. Uno di noi parlò al nostro Vescovo, in spirito di filiale franchezza, del fenomeno di una certa trascuratezza nell’assistenza religiosa ai moribondi. Questo punto così importante, così collegato alla salus animarum (la perdita dello zelo ordinato non è forse tra le cose che favoriscono lo zelo disordinato?); nel pensiero, più o meno implicito ma diffuso, che tanto tutti si salvano… E portò degli esempi sconcertanti: da parte, si noti, di cattolici “impegnati”! Parole testuali del Vescovo: «è vero che c’è della trascuratezza…». Non si tratta dunque del nostro giudizio, opposto a quello dell’Autorità competente: si tratta del giudizio (almeno materiale) dell’Autorità competente, per cui si riconosce che il problema c’è; opposto al fatto che però non è stata presa a riguardo alcuna misura. E perché? In altra circostanza, Monsignor Vescovo ha risposto adducendo la presenza di varie sensibilità, la necessità di tenere conto del parere (evidentemente sfavorevole) dei collaboratori… Impazienza? Per un verso, queste tentazioni “di contraccolpo” possono esserci. Forse qualcosa verrà fatto più avanti? Non lo escludiamo; ma quelli che, tra una «pazienza» che non è detto sia sempre conforme alla sana ragione, continuano intanto a morire in questa situazione di trascuratezza e pastoie? «E dopo quel che è fatto è fatto», ci diede atto il Vescovo, quella volta! E quindi? Terzo esempio (e qui ci fermiamo, perché la serie sarebbe ben lunga). Dei fedeli di nostra conoscenza, in un’altra zona, hanno segnalato per iscritto al loro Vescovo il caso di una persona che dava segni di probabile possessione diabolica, chiedendo indicazioni: non hanno ricevuto nessuna risposta. Un loro amico ha chiesto da adulto il Battesimo, e si è sentito porre la condizione sine qua non di fare preliminarmente un impegnativo corso per due anni. A fronte dell’amovibilità locale hanno chiesto a Roma se tale obbligo sia giusto: nessuna risposta. Hanno insistito, chiedendo nuovamente: nessuna risposta. Sono fatti. Tra discorsi talora un po’ accademici, sono fatti concreti. Non chiedono concreta risposta?

Saremo grati a V.E. se potrà aiutarci a risolvere tali incertezze; dubbi che forse non sono soltanto nostri, e comunque sono di rilevanza pubblica. Con le nostre povere preghiere, proni al bacio del Sacro Anello,


Circolo “Cattolici per la Tradizione”
Marche

Circolo “Cattolici per la Tradizione”, Corso Matteotti 1, 60033 Chiaravalle (AN)

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