ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 25 maggio 2013

Cosa loro


cei
L’italiano qua e là inciampa. Ma in questa trascrizione ufficiale, quindi col timbro dell’autore, c’è tutta la freschezza delle parole rivolte a braccio da papa Francesco ai vescovi italiani riuniti attorno a lui la sera del 23 maggio nella basilica di San Pietro:

“Ringrazio Vostra Eminenza per questo saluto e complimenti anche per il lavoro di questa assemblea. Grazie tante a tutti voi. Io sono sicuro che il lavoro è stato forte perché voi avete tanti compiti. Primo: la Chiesa in Italia – tutti – il dialogo con le istituzioni culturali, sociali, politiche, che è un compito vostro e non è facile. Anche il lavoro di fare forte le conferenze regionali, perché siano la voce di tutte le regioni, tanto diverse; e questo è bello. Anche il lavoro, io so che c’è una commissione per ridurre un po’ il numero delle diocesi tanto pesanti. Non è facile, ma c’è una commissione per questo. Andate avanti con fratellanza, la conferenza episcopale vada avanti con questo dialogo, come ho detto, con le istituzioni culturali, sociali, politiche. È cosa vostra. Avanti!”.
Due annotazioni. La prima è che con queste poche parole papa Francesco ha chiuso la contesa tra segreteria di Stato e conferenza episcopale sulla guida della politica della Chiesa in Italia. L’arbitro è lui e ha consegnato lo scettro ai vescovi: “È cosa vostra”.
La seconda riguarda la riduzione del numero delle diocesi, che in effetti in alcune regioni è esorbitante. Paolo VI e la CEI ci avevano provato negli anni Settanta, ma le resistenze furono tali e tante che il tentativo fu accantonato.
Oggi papa Francesco ci riprova. Addirittura parla di una “commissione” che sarebbe già all’opera, ma di cui gli stessi vescovi non sapevano niente. Un vero scoop.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/05/24/la-politica-e-cosa-vostra-il-papa-da-la-vittoria-alla-cei/

La scossa del Papa alla Cei

Il parlamentino della Cei
IL PARLAMENTINO DELLA CEI

Francesco ha tracciato l'identikit del buon vescovo. Ora tocca alla Chiesa italiana interrogarsi su che cosa significhi la novità del pontificato

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
  
La meditazione ai vescovi italiani riuniti in assemblea, che Francesco ha tenuto ieri sera in San Pietro, segna l'inizio di una nuova stagione rispetto agli ultimi venticinque anni di storia dei rapporti tra il Papa «primate d'Italia» e la sua Conferenza episcopale. Bergoglio non è entrato in alcuno dei temi trattati dall'assemblea, non ha parlato di questioni legate alle politica, non ha menzionato la questione antropologica né ha parlato dell'educazione, che i vescovi italiani hanno messo a tema per il decennio in corso. Con una meditazione «fatta prima a me e condivisa con voi», Francesco ha tracciato una sorta di identikit del vescovo, agli antipodi con la figura del burocrate, dell'intellettuale supponente, del manager tutto dedito all'organizzazione, preoccupato per le strutture e i piani pastorali. Ha richiamato tutti alla radicalità evangelica nel seguire Gesù. Un discorso che rappresenta bene il modo con cui Bergoglio ha fatto il vescovo a Buenos Aires e il cuore del suo messaggio in questi primi mesi di pontificato.
 
Lo stile del Papa, il suo voler trascorrere tanto tempo nel contatto con la gente, la sua predicazione semplice, profonda ed efficace, hanno fatto breccia in tantissimi fedeli e anche in chi non crede. Con il discorso ai vescovi questa scossa è diventata ancor più evidente anche per i pastori italiani, chiamati a essere sempre più vicini alle persone, a chi soffre, a chi ha bisogno di essere incoraggiato. Pastori con l'odore delle pecore, non funzionari, chierici di stato, ammalati di carrierismo o che cedono alle lusinghe del denaro. Si tratta di parole che possono essere considerate in sintonia con alcuni messaggi di Benedetto XVI, ma che dette nel primo appuntamento di fronte all'episcopato italiano, nel primo incontro fra il «primate d'Italia» e i suoi confratelli, assumono un significato davvero particolare.

 
All'inizio della celebrazione in San Pietro, rispondendo brevemente a braccio al saluto del cardinale Angelo Bagnasco, il Papa ha detto che ai vescovi spetta anche il compito del dialogo con le istituzioni culturali e politiche. Chiarendo così di ritenere competenza della CEI e non del Vaticano questi rapporti. Una precisazione che segna un cambiamento di rotta rispetto alla lettera inviata nel 2007 dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone al neo-presidente della CEI Bagnasco, con la quale il Vaticano rivendicava la cabina di regia per quei rapporti. Del resto basterebbe analizzare come Bergoglio ha fatto il vescovo in Argentina per comprendere come parlando sempre poco di politica abbia finito per essere considerato il capo dell'opposizione al governo perché continuava a parlare dell'esistenza dei poveri. Da quell'accenno del Papa ci si può aspettare che in futuro la Santa Sede resti più al di fuori delle vicende politiche nostrane e dunque che non si verifichino «endorsement» o «photo opportunity» elettorali come accaduto nel recente passato.
 
Ma anche se il Papa ha lasciato ai vescovi la competenza del dialogo con la politica, sarebbe un errore credere che allora Francesco, il suo stile e il suo messaggio non segnino una novità per l'episcopato italiano. Il discorso di ieri, scritto interamente dal Papa, è infatti emblematico per quanto riguarda le priorità. Tutt'altro che disincarnato o avulso dal contesto italiano: Bergoglio parlava alla CEI e ai fratelli vescovi italiani e ha indicato ciò che a lui sta più a cuore nel contesto del nostro Paese, attingendo le sue parole dalla tradizione. 
 
L'impressione è che l'episcopato italiano non abbia ancora messo a tema la novità del pontificato e le sue implicazioni. L'assemblea che si conclude a Roma è stata celebrata un po' sottotono, senza che ci si interrogasse su che cosa l'elezione di Francesco indichi alla Chiesa italiana e ai suoi pastori, quale eventuale cambiamenti suggerisca, anche rispetto alle strutture, alla burocrazia ecclesiale, all'uso delle risorse.

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