Sorrento, un prete si presenta alle elezioni comunali
Don Nicola De Maria si candida a Sant'Agnello: «Scelta lecita, se a favore del popolo». Ma la diocesi insorge.
Ha promesso che, se sarà eletto, garantirà un sussidio di 150 euro mensili a ciascun povero del paese. E che abolirà le strisce blu. E anche le feste patronali. Il vescovo Francesco Alfano, infastidito, gli ha comandato di ritirare la candidatura e di rimuovere volantini, brochure e manifesti con su scritto «votate per me» affissi perfino sui muri della parrocchia di San Biagio a Sant’Agnello, cittadina a due passi da Sorrento in fibrillazione per «la storia dell’arciprete che si è buttato in politica».
PRETE CANDIDATO. Al centro della diatriba è Nicola De Maria, 79 anni, presbitero che si è candidato con i cristiano-democratici alle imminenti elezioni amministrative.
L’8 maggio, due vicari episcopali gli hanno intimato di smetterla con i comizi sul sagrato e con «l’uso improprio del leggio, sottratto all’altare maggiore». Insomma, l’ordine dall’alto è di starsene tranquillo, a recitare omelie senza impicciarsi d’altro.
Per la diocesi «è il diritto canonico a non contemplare che un sacerdote si schieri in un partito». Ma don Nicola non ci sta: «La norma ecclesiastica», spiega a Lettera43.it, «dice che un prete può candidarsi, se lo fa per il bene del popolo».
DOMANDA. Che succede se un fedele che vota per i suoi rivali viene da lei a confessarsi?
RISPOSTA. Se in altre liste figurano suoi familiari, comprendo l’impedimento e prendo atto.
D. E l’assoluzione? La concede anche a chi dice che non voterà per lei?
R. Certo, ma con qualche penitenza in più.
D. Sta scherzando, vero?
R. Sì.
D. Perché si è candidato?
R. Vivo in una cella di tre metri per due, da cui esco solo per dir messa. Sono un isolato. Nel tempo, ho subìto tre sfratti dalle case di religiosi in cui abitavo.
D. Perché l’hanno mandata via?
R. Non so, cambiavano la serratura e buttavano i libri in strada.
D. Lei ha operato anche all’estero. Perché?
R. Ero avvilito per le incomprensioni, negli Anni ’80 me ne andai in Argentina con le comunità neocatecumenali.
D. E adesso?
R. Dopo le esortazioni di papa Francesco ai preti affinché si mescolino alla gente, ho deciso di impegnarmi in politica.
D. Che tipo di impegno promette?
R. Inizio i miei comizi recitando il Padre nostro e facendomi il segno della croce. Spero che ciò non dispiaccia al mio vescovo.
D. Perché, prima di candidarsi, non ha chiesto l’autorizzazione in Curia?
R. Il diritto canonico è chiaro: la mia scelta è lecita, se è fatta a favore del popolo.
D Sarà, ma lei è tenuto all’ubbidienza verso i superiori. O no?
R. Lei sa come mi definiscono?
D. Il prete dei clochard.
R. E sa anche perché?
D Sì, ma non mi ha risposto.
R. Con me, in canonica, vivono persone agli arresti domiciliari, e poveri, e disperati senza dimora. Li ospito, li nutro, li vesto, dico messa in loro presenza.
D. Ciò è ammirevole.
R. Anche la Curia, nelle sue case, ospita alcuni poveri. Ma solo per un po’, poi li caccia via.
D. Che vuol dire?
R. Che c’è una bella differenza tra me e la Curia.
D. Che cosa pensa del suo vescovo?
R. È abituato ad assumere decisioni da solo. Spesso, agisce contro la volontà dei preti.
D. Come mai i preti non protestano?
R. Hanno paura, perciò evitano di frequentarmi.
D. Ha scollato o no i manifesti dai muri della chiesa, come le è stato comandato?
R. Li ho tolti. E non farò più comizi sul sagrato.
D. Promesso?
R. Promesso. Però non ritiro la candidatura.
D. Ah.
R. Ho montato due altoparlanti sul tettuccio dell’automobile: i miei comizi saranno volanti, andrò nei rioni e nei condomini rispettando le regole.
D. È vero che agli elettori promette i soldi del Vaticano, che arriveranno se lei vincerà le elezioni?
R. Ho promesso un sussidio di 150 euro al mese per ciascun paesano povero.
D. Dove prenderà la somma necessaria?
R. Dal budget che il Comune eroga ogni anno per le feste patronali.
D. Ce l’ha con le feste patronali?
R. Sono troppe. Servono agli assessori per saziare le clientele a spese dei contribuenti.
D. E poi?
R. Dico basta alle strisce blu.
D. Si schiera con sosta selvaggia?
R. Gli ausiliari del traffico mi hanno inflitto quattro contravvenzioni che non meritavo. Debbo 300 euro a Equitalia.
D. Incontrerà, prima o poi, il suo vescovo?
R. Non credo.
D. Perché?
R. Loro hanno la coscienza non a posto.
D. Ma loro chi, scusi?
R. Quelli della Curia. E gli altri preti.
D. Lei esagera.
R. Quando nel 1993 tornai dall’Argentina, non vollero accettare neanche una fetta di torta da me offerta per festeggiare il rientro.
D. Pensa di riuscire a farsi eleggere?
R. Spero in un posticino, magari fra i banchi dell’opposizione.
RISPOSTA. Se in altre liste figurano suoi familiari, comprendo l’impedimento e prendo atto.
D. E l’assoluzione? La concede anche a chi dice che non voterà per lei?
R. Certo, ma con qualche penitenza in più.
D. Sta scherzando, vero?
R. Sì.
D. Perché si è candidato?
R. Vivo in una cella di tre metri per due, da cui esco solo per dir messa. Sono un isolato. Nel tempo, ho subìto tre sfratti dalle case di religiosi in cui abitavo.
D. Perché l’hanno mandata via?
R. Non so, cambiavano la serratura e buttavano i libri in strada.
D. Lei ha operato anche all’estero. Perché?
R. Ero avvilito per le incomprensioni, negli Anni ’80 me ne andai in Argentina con le comunità neocatecumenali.
D. E adesso?
R. Dopo le esortazioni di papa Francesco ai preti affinché si mescolino alla gente, ho deciso di impegnarmi in politica.
D. Che tipo di impegno promette?
R. Inizio i miei comizi recitando il Padre nostro e facendomi il segno della croce. Spero che ciò non dispiaccia al mio vescovo.
D. Perché, prima di candidarsi, non ha chiesto l’autorizzazione in Curia?
R. Il diritto canonico è chiaro: la mia scelta è lecita, se è fatta a favore del popolo.
D Sarà, ma lei è tenuto all’ubbidienza verso i superiori. O no?
R. Lei sa come mi definiscono?
D. Il prete dei clochard.
R. E sa anche perché?
D Sì, ma non mi ha risposto.
R. Con me, in canonica, vivono persone agli arresti domiciliari, e poveri, e disperati senza dimora. Li ospito, li nutro, li vesto, dico messa in loro presenza.
D. Ciò è ammirevole.
R. Anche la Curia, nelle sue case, ospita alcuni poveri. Ma solo per un po’, poi li caccia via.
D. Che vuol dire?
R. Che c’è una bella differenza tra me e la Curia.
D. Che cosa pensa del suo vescovo?
R. È abituato ad assumere decisioni da solo. Spesso, agisce contro la volontà dei preti.
D. Come mai i preti non protestano?
R. Hanno paura, perciò evitano di frequentarmi.
D. Ha scollato o no i manifesti dai muri della chiesa, come le è stato comandato?
R. Li ho tolti. E non farò più comizi sul sagrato.
D. Promesso?
R. Promesso. Però non ritiro la candidatura.
D. Ah.
R. Ho montato due altoparlanti sul tettuccio dell’automobile: i miei comizi saranno volanti, andrò nei rioni e nei condomini rispettando le regole.
D. È vero che agli elettori promette i soldi del Vaticano, che arriveranno se lei vincerà le elezioni?
R. Ho promesso un sussidio di 150 euro al mese per ciascun paesano povero.
D. Dove prenderà la somma necessaria?
R. Dal budget che il Comune eroga ogni anno per le feste patronali.
D. Ce l’ha con le feste patronali?
R. Sono troppe. Servono agli assessori per saziare le clientele a spese dei contribuenti.
D. E poi?
R. Dico basta alle strisce blu.
D. Si schiera con sosta selvaggia?
R. Gli ausiliari del traffico mi hanno inflitto quattro contravvenzioni che non meritavo. Debbo 300 euro a Equitalia.
D. Incontrerà, prima o poi, il suo vescovo?
R. Non credo.
D. Perché?
R. Loro hanno la coscienza non a posto.
D. Ma loro chi, scusi?
R. Quelli della Curia. E gli altri preti.
D. Lei esagera.
R. Quando nel 1993 tornai dall’Argentina, non vollero accettare neanche una fetta di torta da me offerta per festeggiare il rientro.
D. Pensa di riuscire a farsi eleggere?
R. Spero in un posticino, magari fra i banchi dell’opposizione.
di Enzo Ciaccio
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