In passato Camaldoli, Gargonza, Pontignano. Come se la serena spiritualità ispirasse maggior visione
Frati in certosa
Non c’è paese al mondo nel quale (dittature escluse) non ci siano momenti di incontro e di studio riservato per gruppi dirigenti di un partito o per compagini di governo. Sono periodiche occasioni di confronto senza linguaggi diplomatici e che mettono a punto programmi, progetti e prospettive. Ma, altrove, questo avviene intorno alle sedi istituzionali, nell’ambito o in vista di congressi decisivi, e comunque in luoghi deputati al convivere civile come hotel, centri culturali, seminari di studio oppure prestigiosi atenei.
Solo in Italia ricompare, quasi come un fiume carsico, la voglia di occupare i conventi. Quasi che la misteriosa e serena spiritualità che vi aleggia possa ispirare un “di più” di visione che è comunque connaturata all’arte della politica. E il ritiro convocato via twitter da Enrico Letta per i ventun ministri del suo esecutivo tra oggi e domani rientra in questa “eccezione” italiana.
L’abbazia sconsacrata di Spineto, trasformata da tempo in resort di classe, non ha nulla a che vedere con le storiche, severissime adunanze conventuali di impronta democristiana. In particolare con la prima, quando nel luglio del 1943, mentre infuriava ancora la guerra, si ritrovarono in un monastero i giovani cattolici per stilare quel “Codice di Camaldoli”, che sarà poi l’architrave programmatico della neonata Repubblica. L’eremo in provincia di Arezzo, dove una congregazione con regola di “ora et labora” più rigorosa dell’Ordine Benedettino a cui appartiene ha appena celebrato il suo primo millennio di storia, ha suscitato nel corso dei decenni altre suggestioni nel mondo della politica. E la componente cattolica del centro-sinistra a Camaldoli si era ritrovata spesso, a cavallo del 2000, con una serie di convegni sul rapporto tra ispirazione cristiana ed azione politica, ponendo le basi progettuali della Margherita.
Ma la via dei conventi in Toscana ha avuto altre tappe e altri protagonisti: come D’Alema che radunò i vertici del Pds alla Certosa di Pontignano nel ’95 oppure il governo Prodi che cercò “Dieci idee per l’Ulivo” , convocando intellettuali e politici e metà del suo primo governo all’Abbazia di Gargonza, nel marzo del 1997, poi replicata da Veltroni alla Gargonza 2 nel 2000.
Ma perché questa passione per conventi e abbazie? Intanto il clima, il paesaggio morbido di Toscana, il peso dei secoli e la inconfessata ambizione di “fare la storia”, o almeno un frammento nei luoghi che hanno resistito al tempo. E poi, ma questo è un tratto distintivo, se non un vizio, della ex sinistra dc, il bisogno di un “pensatoio” che trasmetta anche fisicamente un senso almeno pallido dell’eterno. Quasi che affidandosi anche al cielo, nell’aria dei monaci contemplativi, arrivi una scintilla in più, una idea possibile, una soluzione inaspettata. E tuttavia, pur provenendo da quella scuola dc, c’è una concessione ai tempi attuali: non tanto per la convocazione via twitter o quell’”Ognun paga per sé”, quanto piuttosto per l’immagine di “fare spogliatoio” che aggiunge (se non sovrasta) all’altra la divinità del calcio. Che il “ritiro” sia il sofferto modo di compattare i giocatori verso un traguardo collettivo come parte integrante del mestiere del pallone è una accertata necessità. Ma introduce un vincolo esemplificativo ancora più stringente: se non si “fa squadra”, una squadra non vince…. E forse il fervido milanista Enrico Letta tira a costruire una comunità e un collettivo che abbia successo sull’onda del mitico Milan di Arrigo Sacchi. In fondo… quel Presidente che benedice ce l’ha già…
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/letta-la-politica-in-convento#ixzz2T60yMswK
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