ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 16 maggio 2013

PER RAVASI URGE LA RICREAZIONE

SANTA SEDE ALLA BIENNALE: CONFERMATE LE ANTICIPAZIONI. PER RAVASI URGE LA RICREAZIONE.
Un perplesso Alberto Sordi alla Biennale del 1958 (" Anvedi che zozzeria! ")
di Francesco Colafemmina

Il Cardinal Ravasi ha presentato ieri il padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia. Nonostante i riferimenti - a onor del vero vaghi - del Cardinale a presunte "false anticipazioni", la presentazione è stata una conferma. Gli artisti sono 3, come anticipato dal sottoscritto al Corriere del Veneto: Studio Azzurro (il cui nome avevo completamente dimenticato quando ero al telefono con la giornalista del Corriere), Josef Koudelka e Lawrence Carroll.
Il Pontificio Consiglio della Cultura ha invece preferito evitare di spendere quasi 2 milioni di euro per acquistare la via crucis di Fontana, sebbene Sua Eminenza abbia chiarito la ragione per la quale Fontana sarebbe stato comunque appropriato per la prima partecipazione del Vaticano alla Biennale. Nel '58 - ha affermato Ravasi - vi fu il tentativo di organizzare una partecipazione della Santa Sede, e in quella occasione vennero esposte anche opere di grandi maestri, fra cui Fontana, ispirate a temi religiosi, anche se in altri padiglioni. 
Tolto Fontana (costo - ripeto - stimato già su questo blog in 2 milioni di euro), restano 800.000 euro. Anche in questo caso la nostra anticipazione è stata autentica e non falsa. E' il costo reso noto dell'esposizione, tanto per la trasparenza... Per concludere la questione costi, ieri il Bollettino della Santa Sede precisava "Criteri di sobrietà ed economicità hanno guidato la progettazione e l’allestimento del Padiglione, i cui costi sono totalmente sostenuti dagli Sponsors, particolarmente da ENI e Intesa SanPaolo". Faccio presente tuttavia che la "sobrietà ed economicità" non sono certo garantite dalla presenza di sponsor (parola latina da non usarsi al plurale come fosse un anglismo). Qui non si tratta di fare del "pauperismo" ideologico. Come ha detto bene Papa Francesco un conto è la povertà che nasce dal dono, dall'atto d'amore proprio del cristiano, un conto invece è il pauperismo ideologico, egoista. Ecco: spendere questi denari per una insulsa kermesse, per un vernissage mediocre, per una insignificante elucubrazione mentale di pochi individui che non vuole e non può dare frutto nella fede è un atto di egoismo, non certo d'amore per la Chiesa e per Gesù.

Ma passiamo al tema. In questo caso devo dire che la mia previsione di uno slittamento dell'architettura tematica dell'esposizione è stata brutalmente smentita. Inizialmente, infatti, Ravasi aveva annunciato che gli artisti avrebbero affrontato i primi 11 capitoli della Genesi. Pensavo che riducendosi gli artisti a 3 unità non sarebbe stato possibile adottare questa tematica. E invece, dopo la defezione tarda della Salcedo, gli assistenti del Cardinale (Micol Forti) hanno pensato bene di individuare una presunta linea tematica fra le opere di questi artisti. E per compiacere e non smentire i preventivi annunci del Cardinale si è fatto ricorso al tema della "Creazione, De-creazione e Ri-creazione". Inutile dire che l'ultimo tema è quello più evocativo: la ricreazione! Verrebbe voglia di azionare una campanella virtuale e invitare l'intero Pontificio Consiglio della Cultura ad avviare una lunga ricreazione - all'uopo sarebbe opportuno inviare qualche vagone di merendine in Via della Conciliazione -, ma purtroppo questo cammino verso "gli estuari del nulla" (cito Ravasi) più che indurre al riso credo finisca per stimolare il pianto.
"Il tema della Creazione si concentra sulla prima parte del racconto biblico, quando l’atto creativo prende forma, tramite la Parola, nel soffio dello Spirito, generando le dimensioni del tempo e dello spazio e ogni forma di vita, fino agli esseri umani. La De-creazione intende focalizzare l’attenzione sulla scelta dell’uomo di contrapporsi al progetto originario di Dio, attraverso forme di distruzione etica e materiale come il peccato originale e il primo omicidio (Caino e Abele), che ci permettono di riflettere sulla “disumanità dell’uomo”. La violenza e la disarmonia che ne scaturiscono innescano un nuovo avvio nella storia umana, che inizia con l’evento di punizione-purificazione del diluvio universale. Il momento del viaggio, della ricerca, della speranza, rappresentato nella narrazione biblica dalle figure di Noè e della sua famiglia e poi da Abramo e dalla sua discendenza, porta infine a disegnare una Nuova Umanità e una creazione rinnovata, dove un profondo e interiore mutamento restituisce senso e vitalità all’essere e all’esistere. Ognuno di questi aspetti ha costituito, chiaramente, soltanto un punto di partenza per gli artisti selezionati. Con essi si é stabilito un dialogo vitale, ricco ed elaborato, segno di una moderna e rinnovata committenza."
Colpisce la banalità con la quale ci si confronta con questi termini così affilati. Oltre al drammatico gioco mimetico che conduce gli artisti a farsi demiurghi, ad innalzarsi al livello di Dio con il proprio "atto creativo", ci sarebbe da soffermarsi su un punto centrale di questo ciclo fra creazione e ri-creazione. Non sono infatti Noé o Abramo (che - per inciso - compare solo nel dodicesimo capitolo della Genesi) a "fare nuove tutte le cose", bensì Gesù Cristo, grande assente in questa esibizione narcisistica di cultura mondana. E non è un caso. Con Gesù Cristo abbiamo l'ingresso nella storia dell'uomo non di un "Dio spray" come ha icasticamente affermato il Papa, ma di un "Dio persona". E questa Persona ha un volto da osservare, da amare, su cui piangere, da invocare. Un'arte priva di incontro, che si fa mera contemplazione ombelicale è pertanto quanto di più distante si possa concepire dal Cattolicesimo.

 Qui Ravasi e il suo entourage potrebbero obiettare quanto hanno chiaramente affermato nel corso della conferenza stampa di presentazione dell'evento:
"Noi nel padiglione - e lo voglio dire anche contro le anticipazioni - non presenteremo opere destinate alla liturgia, non è compito nostro per ora determinare, definire, canoni o opere che siano da trasferire tout cour nello spazio liturgico. In futuro questo potrà anche accadere."
Obiezione inficiata da quei "per ora", "in futuro" etc. Anche perché se lo scopo di Ravasi fosse un dialogo fine a se stesso, sarebbe incomprensibile la sua missione stessa di cristiano. Il cristiano non dialoga tanto per dialogare, egli annuncia Cristo e lo fa con le opere e con la parola. E invece Ravasi ha precisato:
"Vogliamo tentare un dialogo autentico fra la componente religiosa nell'interno dei suoi grandi simboli (...) con un'arte che ha una nuova drammatica espressiva, ha nuovi codici linguistici, ha nuove tipologie espressive."
E' evidente che ci troviamo dinanzi ad un tentativo di fusione fra questa arte nuova (che per Ravasi è la "contemporary art" e non l'arte contemporanea, ossia tutta l'arte concepita nella contemporaneità anche usando linguaggi ed espressività storicamente consolidate e oserei dire universali) e una forma incomprensibile di spiritualità cattolica.

Valga per Ravasi come per tutti i suoi seguaci il monito di Benedetto XVI, un monito chiaro inequivocabile al di là dei vili tentativi di accostamento di Papa Benedetto a questa iniziativa discutibile, a questo topolino partorito da una montagna di autoreferenzialità. 
"Incompatibile con le indicazioni bibliche è anzitutto quell'ibrido estetismo che esclude ogni funzione di servizio dell'arte e quindi riesce a vedere l'arte solo come avente scopo e criterio esclusivamente in se stessa. Questa presunzione, qualora venga applicata coerentemente, conduce necessariamente al rifiuto nichilistico di qualsiasi criterio e produce pertanto parodie nichilistiche dell'arte, ma non una nuova creatività. La filosofia che qui è all'opera nega la condizione creaturale dell'uomo e vorrebbe innalzarlo a puro creatore. Ma in questo modo lo conduce nella non-verità, nella contraddizione con la propria essenza; la non-verità, però, spinge sempre verso la dissoluzione della forza creativa. Abbiamo già sfiorato brevemente la problematica del concetto moderno di creatività, in cui è presente in forma condensata l'intero problema antropologico dell'epoca moderna. Nella svolta idealistica della filosofia lo spirito umano non è più considerato primariamente ricettivo - non riceve, ma è ormai solo produttivo. Secondo la radicalizzazione esistenzialistica di tale impostazione non vi è assolutamente nulla di sensato che preceda l'esistenza umana. L'uomo proviene da una fatticità priva di senso ed è altresì gettato in una libertà priva di senso. Così egli diventa puro creatore; la sua creatività diventa al contempo puro arbitrio e proprio per questo diventa vuota. Secondo la fede cristiana, però, appartiene all'essenza dell'uomo che egli provenga dall' 'arte' di Dio, che sia egli stesso una parte dell'arte di Dio e possa, in quanto percepisce le idee creatrici di Dio, pensarle e contemplarle insieme a Lui, tradurle nel visibile e nell'udibile. Se le cose stanno così, allora all'arte non è estraneo il servire; soltanto servendo l'Altissimo essa nasce come tale. [...] E' proprio questa la prova della vera creatività: che l'artista esca dalla ristretta cerchia esoterica e sappia configurare la sua intuizione in modo che anche gli altri - i molti - possano percepire ciò che egli ha percepito. Valgono sempre qui le tre condizioni dell'arte autentica menzionate nel Libro dell'Esodo: l'artista deve essere spinto dal suo cuore, deve avere intelligenza, vale a dire essere un esperto, e deve aver percepito ciò che il Signore stesso ha indicato." 
(Benedetto XVI, Opera Omnia, Vol. 11, pp.687-88.)
Parole chiare, essenziali, disarmanti che inchiodano gli artefici di questo padiglione della Santa Sede alle loro responsabilità. 

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