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Per l’elaborazione della sua città, Maritain inizia separando – dico separare e non semplicemente distinguere – il piano della città temporale dal piano della Chiesa o città spirituale. La città temporale non si sottomette, come esige la concezione tradizionale insegnata da Leone XIII nella Immortale Dei, alla Chiesa, ma si muove con principi interamente propri e indipendenti che cercano di soddisfare ugualmente le persone umane che la integrano, qualsiasi sia il loro credo o se manchi del tutto di un credo.
Per l’elaborazione della sua città, Maritain inizia separando – dico separare e non semplicemente distinguere – il piano della città temporale dal piano della Chiesa o città spirituale. La città temporale non si sottomette, come esige la concezione tradizionale insegnata da Leone XIII nella Immortale Dei, alla Chiesa, ma si muove con principi interamente propri e indipendenti che cercano di soddisfare ugualmente le persone umane che la integrano, qualsiasi sia il loro credo o se manchi del tutto di un credo.
Chi
non crede in Dio, insegna Maritain, o non professa il cristianesimo,
può, comunque, se crede nella dignità della persona umana, nella
giustizia, nella libertà, nell’amore verso il prossimo, cooperare alla
realizzazione di tale concezione della società (vitalmente cristiana) e
cooperare al bene comune, anche non sapendo arrivare ai primi principi
delle sue convinzioni pratiche o cercando di fondarle su principi
deficienti.
Nell’impostazione
di Maritain ci sono vari errori sommamente gravi. Il primo, qualificare
come cristiana una società che non riesce ad essere teista. Non riesce
ad essere teista perché la società, in quanto tale, non professa la
credenza in Dio. E non potrà confessarla, per non esercitare pressione
sui possibili atei che racchiuderebbe nel suo seno.
Il
secondo, alterare il concetto di cristiano. Per essere cristiano non
basta credere nella dignità della persona e in altri valori umani; c’è
bisogno di credere, con fede soprannaturale, nel mistero di Cristo e
della Chiesa. E una società cristiana è quella che nella propria
legislazione e nella sua vita vissuta accetta le norme della legge
naturale e della legge evangelica, sostenute dalla Chiesa.
Terzo,
sminuire lo sforzo dei cattolici che lavorano nella vita civica. I
cattolici che lavorano nella vita civica delle nostre città
scristianizzate non si devono accontentare di lavorare ad un ideale
puramente illuministico di una città fraterna o umanista, ma, seguendo
il comandamento espresso da Cristo, devono “prima cercare il regno di
Dio e la sua giustizia, perché il resto gli verrà dato in aggiunta” (Mt
6,33). I cattolici, se amano i loro fratelli smarriti, devono tendere
verso la città cattolica, perché soltanto questa è la soluzione ai
gravissimi problemi nei quali sono abboccate le società moderne.
Quarto,
il fatto che oggi nelle società prima totalmente cristiane ci sia
divisione di credi, non deve essere ostacolo perché si lavori per una
città conformata cattolicamente. La prudenza dovrà indicare il grado di
tolleranza che si dovrà adottare nei confronti dei diversi errori e
smarrimenti. Quel che non si dovrà ammettere è il consolidamento di una
città fraterna illuminista, dove tutti gli errori abbiano gli stessi
diritti della verità.
Quinto,
la città cattolica esige non solo che la società sia conformata ad una
concezione soprannaturale della vita, l’unica che merita di chiamarsi
effettivamente cristiana, ma che in modo, ma che in modo particolare il
potere pubblico si metta al servizio del regno di Dio. E’ un errore
sommamente grave insinuare, come fa Maritain, che il potere politico
debba restare neutro rispetto ai diritti di Dio. Precisamente la grande
dignità di cui è dotato il potere pubblico e l’efficacia che possiede
gli impongono di promuovere il bene comune della città, che non sarà
tale se non muoverà i cittadini verso il suo ultimo fine, Dio, che in
realtà è l’unico e assoluto bene comune.”
Tratto
da Concezione Cattolica della Politica di Padre Julio Meinvielle,
capitolo “La Città Fraternale” di Maritain, pag. 354-356
A cura di Federico
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