ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 28 giugno 2013

LA CACCIA ALLE STREGHE PARALIZZA IL VATICANO



Giacomo Galeazzi per La Stampa
cd30 monsignor franco camaldo

Camaldo

E' guerra di veleni per l'elenco di presunti pedofili nella Curia romana. La procura nega che vi siano indagati e il Vicariato smentisce le accuse di un ex sacerdote su un giro di minori adescati da prelati. Intanto rimbalzano in Vaticano i boatos sugli ecclesiastici chiamati in causa dai mass media.

Nei sacri palazzi, però, non trova conferma il trasferimento senza incarico nel comune d'origine di Lagonegro, in Basilicata, del decano dei cerimonieri pontifici, Franco Camaldo, che continua a svolgere il suo servizio alla congregazione per il Culto divino.
Recentemente la Santa Sede ha optato per la sospensione cautelativa di funzionari di dicasteri coinvolti in varie vicende in via di accertamento, mentre Camaldo prosegue nel proprio ufficio, segno che finora nulla è emerso sul suo conto.
Già in passato Camaldo, ex segretario del cardinale vicario Ugo Poletti, finì sotto i riflettori per casi giudiziari da cui poi non emersero sue responsabilità: era stato coinvolto a Potenza nell'inchiesta sugli affari di Vittorio Emanuele di Savoia e aveva partecipato a una spericolata operazione immobiliare per comprare nei Castelli romani la villa principesca appartenuta a Carlo Ponti e Sofia Loren ma era stato truffato e ad aveva dovuto chiedere un prestito da 280mila euro all'allora Gentiluomo di Sua Santità, Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici.
carlo ponti sophia lorenybo06 franco camaldo
Dopo le parole di papa Francesco sulla «lobby gay» in Vaticano, è massima l'attenzione a non creare equivoci. E così anche nomine di presuli curiali destinati a diocesi italiane vengono rinviate affinché non sembri una rimozione «punitiva».

  • http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-58481.htm

    Nunzio Scarano: il monsignore, lo Ior e quel viaggio da 20 milioni

    di   - 28/06/2013 - Cosa ci fanno insieme uno 007, un uomo di Dio e un broker?

    Nunzio Scarano: il monsignore, lo Ior e quel viaggio da 20 milioni<1/4>

    Nunzio Scarano: il monsignore, lo Ior e quel viaggio da 20 milioni
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    “La banca ci mette troppo tempo..” sarebbe stata questa la scusa che avrebbe fatto saltare l’operazione di trasporto di circa venti milioni di euro (inizialmente erano 40) dalla Svizzera a Roma. Era tutto pronto e finanziato, poi, per “dissidi interni” il piano tra un broker, uno 007 e una alto prelato è del tutto saltato. Questa mattina i militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza hanno arrestato monsignor Nunzio Scarano, chiamato monsignor 500 per la grande disponibilità di banconote da 500 euro, Giovanni Zito e Giovanni Carenzio. I tre sono indagati per corruzione per compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio e calunnia. Monsignor Scarano risulta indagato anche presso la procura di Salerno in merito a donazioni, ritenute false dalla Procura. L’operazione, stando ad indiscrezioni sulle indagini ancora in corso, rappresenterebbe un favore alla famiglia degli armatori napoletani D’Amico. Le indagini sono partite due anni fa.
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    NUNZIO SCARANO, L’UOMO DI DIO – E’ lui il punto nevralgico della storia: monsignor Scarano, sacerdote dal 1987. Prima di prendere i voti era funzionario della Deutsche Bank. E’ finito nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Salerno ad inizio giugno, con l’accusa di riciclaggio in un’inchiesta su presunte donazioni, ritenute fittizie dall’accusa. Secondo gli inquirenti, dietro le generosità ci sarebbe un giro di maxi riciclaggio. Il prelato – sempre secondo l’ipotesi investigativa – avrebbe contattato alcune decine di persone (56 gli indagati tra Salerno e provincia) e avrebbe chiesto a ognuno di loro la compilazione di un assegno circolare da 10mila euro, spiegando di dover ripianare i debiti di una società immobiliare titolare nel cuore di Salerno. Assegni, però, che sarebbero stati solo una partita di giro, dato che al momento della consegna i “donatori” avrebbero ricevuto l’equivalente della cifra versata in contanti. Scarano, sospeso cautelativamente dal Vaticano dal suo incarico nei giorni scorsi, ha sempre negato ogni addebito. Funzionario dell’Apsa, ente che gestisce i beni della Curia, prima della bufera ne era il responsabile della contabilità analitica.
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    I DUE – Giovanni Zito è invece un sotto ufficiale dei Carabinieri. All’epoca dei fatti lavorava all’Aisi, per la precisione al distaccamento Servizi di informazione e sicurezza presso la Farnesina. Una sorta di 007 interno che serve per eludere i controlli doganali nella fase clou del trasporto. Giovanni Carenzio è invece un broker internazionale che si dà da fare tra le Canarie e la Svizzera. Sui rotocalchi spagnoli è finito sotto indagine dalla magistratura delle Isole Canarie per reati di truffa e appropriazione indebita legati al suo lavoro.
    NUNZIO SCARANO, IL VIAGGIO PER GLI AMICI - Scarano e Carenzio si organizzano e sanciscono il “patto corruttivo” con Zito. In programma c’è un bel viaggetto. Il primo vuole i soldi in Italia, il secondo li “tiene” in un conto ad hoc in Svizzera, il terzo programma tutto il tragitto con tanto di scorta armata. Bisogna smuovere 40 milioni di euro, cifra che scenderà poi alla metà. Perché le difficoltà sono tante. E i soldi devono arrivare dritti dritti a casa del prelato. La discrezione è d’obbligo. Il finanziamento dell’operazione pure, così come i compensi. Zito va in malattia, noleggia un jet privato e con Carenzio vola a Locarno per ritirare la somma. L’aereo rimarrà per diversi giorni in aeroporto ma le cose non vanno come previsto. Dalle intercettazioni emerge che il viaggetto è tutto a favore degli Armatori D’Amico (flotta italiana al quarto posto in Ue), in particolare per conto degli armatori Paolo, Cesare e Maurizio, legati al monsignore. L’operazione salta, si deteriorano i rapporti tra i vari soggetti. Carenzio sembra che saboti tutto quanto. Per bruciare i tre cellulari ad hoc usati per il lavoro, scatta perfino una falsa telefonata minatoria. Da là in poi sarà la fine. Fatta a colpi di assegni bloccati e versamenti fatti, secondo la pista, per garantire la buona riuscita dell’azione.
    NUNZIO SCARANO E LO IOR – Scarano non è funzionario dello IOR, ma è titolare nell’istituto di due conti. Uno di questi è un fondo d’anziani, dove secondo gli inquirenti ci sono tracce di denaro versato dai D’Amico. Per regolare un suo affare privato e liquidare ai suoi soci una somma di circa 560 mila euro il Monsignore sarebbe andato allo Ior ritirando in contanti l’ingente somma. Come? A quanto pare tutto in una borsa, da Roma a Salerno. Per non far figurare questa cifra come sua ma come donazioni il prete avrebbe smezzato il tutto con bustarelle date ad una platea di fiduciari. Alla consegna però un assegno di ritorno permetteva da beneficiario a Scarano di sviare così l’occhio dell’Agenzia delle entrate. Torniamo all’operazione fallita. Zito, al suo ritorno da Roma ha preteso comunque un compenso. Così da Scarano riceve due assegni, il primo (incassato) di 400 mila euro ed il secondo di 200 mila euro. Quest’ultimo non sarà incassato, ma bloccato da una falsa denuncia di smarrimento presentata da Scarano stesso. Da qui il capo d’imputazione verso il Monsignore (e solo per lui) per calunnia.
    NUNZIO SCARANO, CI SARA’ DELL’ALTRO – Nell’ordinanza non si parla di tentativo di riciclaggio, questo perché gli inquirenti stanno ancora indagando in merito. Salerno nel mentre scambia informazioni con Roma. Dagli interrogatori il mosaico tra Ior e conti esteri sta assumendo sempre più facce. Sfacettatture che fanno tremare Roma e da cui, assicurano fonti investigative, scatteranno anche rogatorie internazionali, forse anche in Vaticano. Il militare Zito è finito a Santa Maria Capua Vetere, Scarano sta a Regina Coeli, Carenzio a Poggioreale. Le richieste di custodia sono state accolte dal gip della capitale, Barbara Callari. L’indagine – è stato ribadito – nasce come filone autonomo della più ampia inchiesta sullo Ior.

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    Lo Ior e il Vaticano sono di nuovo al centro di una clamorosa vicenda giudiziaria legata a traffici illeciti di denaro. L’arresto di monsignor Nunzio Scarano insieme ad altri due personaggi – il carabiniere, Giovanni Maria Zito (fra l’altro ex funzionario dei servizi segreti dell'Aisi), e un broker finanziario, Giovanni Carinzo – nell’ambito di un’indagine della Procura di Roma legata al filone dello Ior, ha destato immediato scalpore nell’opinione pubblica.
    E non poteva essere altrimenti, considerato che proprio la riforma dello Ior, la “banca” vaticana, è al centro di alcune importanti iniziative prese dal Papa. Non solo: l’istituto, i suoi problemi, il tentativo faticoso di condurlo sulla strada della trasparenza, le lotte interne al Vaticano e al sistema finanziario italiano e internazionale per controllarlo, sono di certo fra le cause non secondarie che hanno indotto Benedetto XVI alle dimissioni lo scorso febbraio.
    Quando il Papa tedesco ha affermato di non avere più le forze per gestire e affrontare i tanti problemi della Chiesa, fra questi una rilevanza di primo piano avevano gli scandali degli ultimi due anni, le dimissioni improvvise di Ettore Gotti Tedeschi – ex presidente dello Ior – la difficoltà a garantire insieme una governance efficace dell’istituto e una sua radicale riorganizzazione.
    C’è poi da considerare che quest’ultima vicenda – l’arresto di Scarano e degli altri indagati, il filone romano dell’inchiesta ma anche quello già attivo a Salerno per riciclaggio – mostrano altri limiti delle vicende interne della Santa Sede.
    Cominciamo dai fatti. Per prima cosa, capire chi è Monsignor Scarano. Come ha spiegato il portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi, era stato sospeso già da circa un mese, non era neanche più in Vaticano da quando era venuto alla luce il suo coinvolgimento nelle indagini di Salerno.
    Significativo è però il suo ruolo. Lavora presso l’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, il dicastero vaticano che si occupa di gestire i beni di proprietà della Santa Sede e di “fornire i fondi per la Curia romana”. Da qui si capisce che, oltre le mura leonine, non c’è solo lo Ior: troppi sono gli organismi molto simili a una banca che poi ufficialmente non lo sono. Scarano è responsabile della contabilità all’Apsa, ha 61 anni e in passato ha lavorato per importanti banche italiane e internazionali. Insomma è uno del ramo, ci sa fare.
    Va rilevato inoltre, come sottolineato da Linkiesta qualche giorno fa che l’Apsa non viene controllata dall’Aif, l’Autorità d’informazione finanziaria, cioè l’organismo di controllo finanziario interno dal Vaticano. A dirlo è Moneyval nel suo rapporto annuale, cioè l’istituzione del Consiglio d’Europa preposto alla verifica sulla normativa antiriciclaggio dei diversi Paesi. Lo stesso Moneyval rileva del resto che i poteri dell’Aif non sono ben delineati.
    Il quadro, come si vede, è complesso. E tuttavia emerge con chiarezza la difficoltà incontrata nei sacri palazzi nell’adeguare la Santa Sede agli standard internazionali. Poi è accaduto che in rapida successione nei giorni scorsi il Papa prima abbia nominato come prelato dello Ior un uomo di sua assoluta fiducia, monsignor Battista Ricca, quindi che abbia istituito una commissione straordinaria con il compito di verificare tutto quello che succede nello Ior ma anche di prospettare una nuova struttura dell’Istituto.
    Con quest’ultima mossa la Santa Sede ha giocato d’anticipo rispetto all’arresto di monsignor Scarano. Lo stesso Lombardi ha spiegato che il Papa e il Vaticano seguivano da tempo il caso in questione, e non a caso il monsignore era sospeso da prima. Non solo: padre Lombardi ha precisato anche che fino ad ora la Santa Sede «non ha ricevuto alcuna richiesta sulla questione dalle autorità italiane, ma conferma la sua disponibilità a una piena collaborazione». Insomma stavolta la strategia è stata quella del dialogo con le autorità italiane e di una reazione anche interna in direzione della pulizia.
    Dal 2012, poi, a capo della Procura di Roma c’è Giuseppe Pignatone, magistrato antimafia che non ama le luci della ribalta, cattolico, il quale ha mandato avanti le indagini sullo Ior senza clamori. La Procura, insomma, dopo decenni di scontri frontali con il Vaticano, sembra aver deciso di seguire una strada diversa, approfittando anche del cambiamento di clima avvenuto con l’elezione di Francesco.
    In sostanza, l’opera in favore della trasparenza condotta dal Papa, è diventata un elemento di confronto importante anche per le autorità italiane. Altre ricadute – da questo punto di vista – potrebbero esserci anche nei rapporti con la Banca d’Italia; quest’ultima già dall’inizio del 2013 ha riavviato dei rapporti costruttivi con le autorità di controllo del Vaticano. Ultimo particolare non secondario: proprio nel giorno dell’arresto di Scarano il Papa ha incontrato Carl Anderson, segretario del board laico che governa lo Ior e presidente della potente organizzazione dei Cavalieri di Colombo che in quanto a potenza finanziaria non scherzano. In questo quadro, infine, forse si arriverà a una ridefinizione delle relazioni fra Italia e Santa Sede, magari prima sul piano informale che su quello concordatario, ma di certo le cose sono in movimento. 


    Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/ior-arresti#ixzz2XWoOIJ1s

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