Ringrazio chi mi ha segnalato questo video. Mi limito solo a
sottolineare che lo stile sbrigativo, liturgicamente parlando, di Papa
Francesco deriva non solo dai suoi limiti fisici (cui va tutta la nostra
comprensione, nonostante mai ci si sia presi la briga di sottolinearli
ufficialmente - forse si preferisce lasciare la loro interpretazione ai
singoli?) che, gli impedirebbero di cantare e di restare a lungo in
ginocchio; ma anche, nel caso specifico, dalla sua volontà di agire al
di fuori della Basilica Vaticana non come Papa ma come Vescovo di Roma.
Ecco quindi che quando il Papa va in giro per Roma usa la ferula di Scorzelli e canta e celebra in italiano. Forse è edotto in merito alle mellonerie su quella ferula che la vorrebbero espressione di una "curvatio episcopale"? Varrebbe la pena ricordare tuttavia che per Scorzelli quella "curvatio" voleva rappresentare un arco la cui freccia (Cristo) viene lanciata nel cielo (fantasie splatter di un mediocre artista!).
Ecco quindi che quando il Papa va in giro per Roma usa la ferula di Scorzelli e canta e celebra in italiano. Forse è edotto in merito alle mellonerie su quella ferula che la vorrebbero espressione di una "curvatio episcopale"? Varrebbe la pena ricordare tuttavia che per Scorzelli quella "curvatio" voleva rappresentare un arco la cui freccia (Cristo) viene lanciata nel cielo (fantasie splatter di un mediocre artista!).
In ogni caso grazie a questo video (checché ne dicano i presunti
"tradizionalisti non ostili al Papa", ossia gli adepti del
cerchiobottismo buxiano) potrete verificare che la cosiddetta "riforma
della riforma", o il cosiddetto "rinascimento benedettiano" e via
dicendo, sono da considerarsi mere rêveries del passato, probabilmente
morte e sepolte nel giro di due mesi. E' onestà intellettuale
ammetterlo, senza protestare e senza dover essere ostili verso nessuno.
Dispiace e addolora. Punto.
E aggiungo, dispiace e addolora non per qualche puntiglio individualista, per un insano attaccamento a cose perdute, ma per la Chiesa, per quella Chiesa che crede ancora una volta di poter generare masse e consenso nella confusione e nell'ambiguità priva di autorità, attraverso una vaga accoglienza che non plasma il cattolico, ma tuttalpiù il "cristiano", magari "fai da te". E lascia la strada spianata a tutti coloro che - indipendentemente dalle buone intenzioni del Sommo Pontefice - questa volta animati dalla volontà di plasmare la storia della Chiesa individualisticamente (perché vogliono ri-fondare o rivoluzionare la Chiesa e dunque non partono dalla tradizione che è impersonale ma da se stessi), hanno combattuto Benedetto XVI, non hanno messo in pratica le sue esortazioni e adesso temono solo di perdere con Francesco qualche privilegio e il potere materiale. L'auctoritas però s'è dileguata nel frattempo.
Assieme all'auctoritas s'è dileguata tuttavia anche quella dimensione minoritaria, non trionfalistica o superba, di un papato incentrato sulla liturgia e la teologia. Perché non vi è nulla di più antimondano e di inadeguato rispetto all'epoca attuale di una liturgia senza tempo, di una teologia che non sia mera pastorale ma architettura razionale della fede. Quanto più florido sarebbe l'esempio di Papa Francesco se le sue parole semplici, la sua battaglia contro il carrierismo, la ricchezza e la mondanità, fossero affiancate dalla medesima sensibilità liturgica benedettiana, se le omelie semplici e stringate fossero unite ad ampi e solenni quadri teologici pronunciati magari stando assiso sulla cattedra e con la mitria in capo. Non è formalismo, ma interesse per la sostanza che le forme interpretano e sostengono. E d'altra parte se quelle forme fossero state semplici involucri non si comprende perché Francesco avrebbe dovuto farne a meno.
E aggiungo, dispiace e addolora non per qualche puntiglio individualista, per un insano attaccamento a cose perdute, ma per la Chiesa, per quella Chiesa che crede ancora una volta di poter generare masse e consenso nella confusione e nell'ambiguità priva di autorità, attraverso una vaga accoglienza che non plasma il cattolico, ma tuttalpiù il "cristiano", magari "fai da te". E lascia la strada spianata a tutti coloro che - indipendentemente dalle buone intenzioni del Sommo Pontefice - questa volta animati dalla volontà di plasmare la storia della Chiesa individualisticamente (perché vogliono ri-fondare o rivoluzionare la Chiesa e dunque non partono dalla tradizione che è impersonale ma da se stessi), hanno combattuto Benedetto XVI, non hanno messo in pratica le sue esortazioni e adesso temono solo di perdere con Francesco qualche privilegio e il potere materiale. L'auctoritas però s'è dileguata nel frattempo.
Assieme all'auctoritas s'è dileguata tuttavia anche quella dimensione minoritaria, non trionfalistica o superba, di un papato incentrato sulla liturgia e la teologia. Perché non vi è nulla di più antimondano e di inadeguato rispetto all'epoca attuale di una liturgia senza tempo, di una teologia che non sia mera pastorale ma architettura razionale della fede. Quanto più florido sarebbe l'esempio di Papa Francesco se le sue parole semplici, la sua battaglia contro il carrierismo, la ricchezza e la mondanità, fossero affiancate dalla medesima sensibilità liturgica benedettiana, se le omelie semplici e stringate fossero unite ad ampi e solenni quadri teologici pronunciati magari stando assiso sulla cattedra e con la mitria in capo. Non è formalismo, ma interesse per la sostanza che le forme interpretano e sostengono. E d'altra parte se quelle forme fossero state semplici involucri non si comprende perché Francesco avrebbe dovuto farne a meno.
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