ENZO BIANCHI "araldo di una sciocca retorica che relativizza il dogma cattolico e dogmatizza la “fede nell’uomo”: distoglie i cristiani dall’Assoluto vero e impone loro il falso Assoluto dell’umanesimo ateo.
Monsignor Antonio Livi
Lo scorso 25 giugno ha tenuto una meravigliosa conferenza a Roma in cui ha parlato, come sempre, con chiarezza e coraggio delle difficoltà e dei rischi che oggi incontra il fedele "Il relativismo attenta alla fede cattolica, sia dall’esterno, con la propaganda dell’ateismo (e del secolarismo e con la polemica antidogmatica (in Italia ne sono alfieri Gianni Vattimo, Paolo Flores d’Arcais, Giulio Giorello,Piergiorgio Odifreddi; in America, Richard Rorty);sia all’interno, con l’imposizione (anche dall’alto: vedi cardinal Ravasi sull’Osservatore romano) di una teoria eretica circa la fede, la quale non richiederebbe alcuna certezza, ma anzi l’umiltà di non avere certezze da offrire agli altri (con il pretesto che ciò significherebbe mancare di rispetto verso chi non crede, presentandosi come superiori o migliori). Araldo di questa sciocca retorica sui media (sia laicisti che cattolici) è Enzo Bianchi, che relativizza il dogma cattolico e dogmatizza la “fede nell’uomo”:distoglie i cristiani dall’Assoluto vero e impone loro il falso Assoluto dell’umanesimo ateo."
conferenza del 25 Giugno 2013 Roma
L’essenza del cristianesimo è il dogma.
L’essenza del cristianesimo è il dogma, ossia la
formalizzazione della verità rivelata attraverso l’intervento normativo (lex
credendi) e pastorale (lex orandi, lex operandi) del magistero ecclesiastico,
intervento che nella storia della Chiesa non è mai mancato. Anche ai nostri
giorni, ogni cattolico giustamente desideroso di sapere che cosa veramente si
deve credere per essere autentici Christifideles può conoscere facilmente i
termini essenziali del dogma, che si trovano esposti in forma divulgativa ma rigorosa
nel Catechismo della Chiesa Cattolica, voluto dal beato papa Giovanni Paolo II.
Senza dogma non ci sarebbe più alcun
riferimento preciso e pubblico a quella che è giustamente chiamata “la
fede della Chiesa”. Senza dogma non si saprebbe a quale oggettiva “fides quae
creditur” si riferisca la soggettiva “fides qua creditur”: ognuno, infatti,
penserebbe di credere alla verità salvifica donataci con la Parola di Dio, ma
in realtà si tratterebbe soltanto di credenze basate, non già su solidi motivi
teologici, ma su scelte sentimentali e quindi incomunicabili e irresponsabili,
tanto se sono individuali quanto se sono di gruppo. Oggi il maggior nemico del
dogma – e quindi del cristianesimo – è l’ideologia del relativismo, nata e
sviluppatasi in ambito protestantico (dopo Lutero) ma penetrata sempre più
profondamente nella vita e nella prassi della Chiesa cattolica. La prima
vittima del relativismo, all’interno della Chiesa, è la teologia, che cessa di
compiere la sua funzione propria, che è appunto l’interpretazione scientifica
del dogma (vedi Antonio Livi, Vera e falsa teologia, Casa Editrice Leonardo da
Vinci, Roma 2012). Già nel 1950 il papa Pio XII avvertiva i fedeli, con
l’enciclica Humani generis, che la
teologia cattolica rischiava di subire l’influsso del relativismo, ingenerando
quello che egli denominava «relativismo dogmatico», dal quale deriva il
relativismo nel campo morale» (cfr Acta Apostolicae Sedis, 42 [1950], pp.
566-567). Da allora a oggi la degenerazione della teologia ha assunto aspetti ancora più deleteri, malgrado le direttive
dottrinali emanate dal concilio ecumenico Vaticano II con la costituzione
dogmatica Dei Verbum e con il decreto
Optatam totius (1965), e poi da Giovanni Paolo II con l’enciclica Fides et
ratio (1998).
Che senso ha parlare di “dittatura del relativismo”.
Essendo il relativismo essenzialmente una insieme di
falsità, esso non può insinuarsi
nelle menti dei cattolici per via di autentica
persuasione razionale: è penetrato e continua
a penetrare per via di seduzione
sofistica e soprattutto di imposizione violenta, operata
attraverso il potere
mediatico e finanziario, ossia attraverso la politica come è praticata
dai
regimi sostanzialmente dittatoriali. Per questo parlo di “dittatura del
relativismo”.
L’espressione «dittatura del relativismo» è del card. Joseph
Ratzinger, che la utilizzò
nell’omelia durante la Messa pro eligendo Romano
Pontifice; si trattò di in un importante
discorso dal carattere programmatico,
in quanto pronunciato nell’imminenza della sua
elezione al soglio pontifico
(2005). Poi l’espressione è restata una costante nel magistero
di Benedetto
XVI, e oggi (2013), quando il timone della Barca di Pietro è passato nelle mani
di papa Francesco, tutti nella Chiesa debbono farsi carico dell’eredità che il
grande papa
tedesco ci ha lasciato. Tutti debbono rendersi conto che il
relativismo, con la sua pervasività
mediatica e la sua effettiva dittatura
istituzionale, legislativa e
burocratica, è il maggior attentato
alla verità cattolica, che per
questo e per tanti altri motivi necessita di una efficace difesa
scientifica.
Anche un intellettuale come Marcello Veneziani, che rifiuta
l’etichetta di “filosofo cattolico”,
ha osservato giustamente come sia
inevitabile che l’abolizione teoretica delle norme
fondamentali del diritto
naturale (operata dal relativismo a favore del positivismo giuridico)
porti
alla tirannia di chi detiene il potere nelle società moderne, come avviene in
Italia soprattutto
con il potere giudiziario: «Quando cadono i principi
fondamentali di una civiltà, quando si
respinge ogni verità oggettiva, e non
c'è più una morale condivisa, una religione rispettata,
un comune amor patrio a
cui rispondere, allora l'unico criterio supremo che stabilisce i confini
del
bene e del male e le relative sanzioni è la Legge. In teoria, la legge è un
argine al male.
Ma in una società relativista che non crede più in niente, chi
amministra la Legge, chi decide
e sentenzia in suo nome, dispone di un potere
assoluto, irrevocabile e autonomo che spaventa.
Risponde solo a se stesso, in
quanto è la stessa magistratura a interpretare la legge.
L'unica differenza che
c'è tra il potere dei magistrati e il potere degli ayatollah è che questi
decidono e agiscono nel nome di una religione millenaria, radicata e largamente
condivisa
dal popolo su cui esercitano la loro autorità. I magistrati, invece,
sono la voce e il bastone
di una setta che dispone del monopolio della forza,
cioè il potere di revocare libertà, diritti
e proprietà secondo la loro
indiscutibile interpretazione della Legge. I confini tra le prove
e gli indizi
vengono superati a loro illimitata discrezione, e così quelli tra testimoni e
imputati,
se i primi non confermano i dettami del magistrato; le garanzie e i
diritti elementari non contano
rispetto ai loro responsi sovrani e non contano
nemmeno gli effetti pubblici, politici, economici,
che essi producono con le
loro sciagurate sentenze. Possono sfasciare imprese e perfino
economie
nazionali, governi, alleanze, partiti, famiglie e persone. È possibile, ad esempio,
che l'uso delle intercettazioni sia lecito in alcuni casi e illecito in altri,
sono loro a stabilire i
confini, così le intercettazioni a volte sono la base
su cui fondare i processi e le gogne
mediatiche, a volte sono esse stesse il
capo d'accusa in altri processi.
L'arbitrio nel nome della Legge è il peggiore
degli arbitri perché è ammantato di oggettività
e di obbligatorietà, non è
sottoposto a nessun vincolo se non la legge da loro stessi interpretata
e
amministrata. Talvolta il dispotismo giudiziario viene esteso ad altri enti,
come le agenzie
delle entrate quando possono usare poteri enormi in materia di
controllo, sanzione, pignoramenti
e interessi di mora. Gli effetti anche in
quel caso sono devastanti. […] Se in una società
incarognita e nichilista come
la nostra che ha perso i confini del bene e del male, dove tutto
è soggettivo e
ognuno si stabilisce le regole di vita, dai a qualcuno un potere smisurato,
l'abuso di potere è pressoché inevitabile» (in Il giornale, 24 giugno 2013, p.
12).
Difendersi dall’irrazionalità antiteistica con la
razionalità teocentrica
Il relativismo attenta alla fede cattolica, sia
dall’esterno, con la propaganda dell’ateismo
(e del secolarismo e con la
polemica antidogmatica (in Italia ne sono alfieri Gianni Vattimo,
Paolo Flores
d’Arcais, Giulio Giorello, Piergiorgio Odifreddi; in America, Richard Rorty) ;
sia all’interno, con l’imposizione (anche dall’alto: vedi cardinal Ravasi
sull’Osservatore romano)
di una teoria eretica circa la fede, la quale non
richiederebbe alcuna certezza, ma anzi
l’umiltà di non avere certezze da
offrire agli altri (con il pretesto che ciò significherebbe
mancare di rispetto
verso chi non crede, presentandosi come superiori o migliori).
Araldo di questa
sciocca retorica sui media (sia laicisti che cattolici) è Enzo Bianchi,
che
relativizza il dogma cattolico e dogmatizza la “fede nell’uomo”: distoglie i
cristiani
dall’Assoluto vero e impone loro il falso Assoluto dell’umanesimo
ateo.
Ora, la difesa scientifica della verità cattolica (obiettivo
dell’Unione da me fondata)
richiede di smentire sistematicamente le pretese di
ragione, di razionalità e di ragionevolezza
del relativismo. La razionalità sta
tutta dalla parte della verità cattolica: sia perché è dimostrabile
e
dimostrato che essa è razionalmente credibile (cfr Razionalità della fede nella
rivelazione,
Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2010), sia anche perché
l’accettazione dei misteri
rivelati, ossia la fede dei credenti in Cristo,
poggia su ragioni personali che hanno tutte il crisma
della piena razionalità,
anche se appartengono alla coscienza del singolo. I credenti hanno
dunque il
diritto e il dovere di proclamare la dottrina rivelata da Dio come
assolutamente vera,
anzi come l’unica verità che salva. Ma tutto ciò comporta
che ci siano anche delle verità naturali,
con carattere assoluto, che rendono
possibile comprendere e accettare la rivelazione divina:
sono quelle verità che
Tommaso d’Aquino ha chiamato «praeambula fidei». Esse coincidono
con quelle
evidenze naturali, innegabili, che io chiamo, con un termine moderno, il “senso
comune”. Esse consentono di individuare nella conoscenza umana una gerarchia,
una struttura
consequenziale, per cui una verità presuppone un’altra come sua
condizione di possibilità,
fino ad arrivare, appunto, alle verità originarie
del senso comune. Contro di esse, nessuna
tesi può essere presa per vera ma è
da considerarsi falsa; senza di esse, una tesi può essere
solo ipotetica, ossia
è da considerarsi come mera opinione soggettiva o di gruppo.
L’opinione, questa
sì, è il campo del relativo. Ma il relativo non annulla l’assoluto, anzi,
lo
presuppone. Ecco allora fissare le leggi fondamentali della logica aletica.
Ora, dunque,
la logica aletica fa comprendere che le certezze del senso comune
e i primi principi sono
di fatto alla base del pensiero umano, e quindi sono la
premessa, almeno implicita, di ogni tesi,
di ogni affermazione, di ogni
ragionamento. Ma la volontà di negare l’evidenza può portare a
negare che ci
sia una verità assoluta in qualche ambito della conoscenza umana.
Di qui la
contraddittorietà intrinseca a ogni forma di relativismo. Nega ciò che afferma
e
afferma ciò che nega in ogni momento del ragionamento. Nega che si possa
sostenere
e annunciare una verità assoluta riguardo a Dio (che è l’Assoluto), e
allo stesso tempo sostiene
con
l’assolutezza tipica del fanatismo politico e religioso tesi ideologiche
di per sé opinabili.
Ma la contraddizione sta proprio nell’affermazione
assoluta della relatività (storica, economica,
culturale) di ogni pretesa di
verità, il che costituisce logicamente un self-denying principle.
Così la
logica aletica viene confermata dalla logica pragmatica. Ad esempio, il beato
papa
Giovanni Paolo II, nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace
dell’anno 2002, diceva:
«Chi uccide con atti terroristici coltiva sentimenti di
disprezzo verso l'umanità, manifestando
disperazione nei confronti della vita e
del futuro : tutto, in questa prospettiva, può essere odiato
e distrutto. Il
terrorista ritiene che la verità in cui crede o la sofferenza patita siano
talmente
assolute da legittimarlo a reagire distruggendo anche vite umane
innocenti» (§ 6-8).
http://www.fidesetratio.it/conferenza-del-25-giugno-2013-roma-.html
http://bosecuriose.it/index.html
http://bosecuriose.it/index.html
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