IL SANTONE PERDE
L’ENNESIMA STUPENDA OCCASIONE PER STAR ZITTO
«Quanto
prima - lo sappiamo da buone fonti - si procederà da parte della Fraternità san
Pio X a nuove ordinazioni episcopali». Il falso annuncio è di Enzo Bianchi, il
monaco onnipresente sui mass media, che ha fatto del suo monastero di Bose il
quartier generale della comunicazione tuttologa del modernismo più sfrenato,
più ecumenico, più interreligioso; ha fatto della sua “cella monastica”
l’Agenzia Stampa del cristianesimo progressista più “aperto”, più “aggiornato”,
più “dialogante”…
Questa volta, per farsi scudo della menzogna pronunciata,
dichiara di essere stato informato da «buone fonti»; ma quali sarebbero?
Ci dispiace per la sua Agenzia Stampa non attendibile, ma è
che certo che non esiste nessun programma, «quanto prima», di nuovi vescovi da
parte della FSSPX.
Punto due: Enzo Bianchi, non si sa a quale titolo e di chi
si faccia portavoce, parla di una fantomatica «rottura definitiva tra chiesa
cattolica e i seguaci di Marcel Lefebvre» e lo fa sull’a-cattolica testata «La
Repubblica» dell’8 luglio 2013. Sostiene che «quasi in silenzio» e «senza
che i media ne dessero notizia», esclusa l’ “ecumenica” «La Repubblica», si è
consumata tale rottura. Bianchi mantiene il silenzio sulla crisi della Chiesa,
sull’ignoranza religiosa delle persone, sul relativismo che egli, come molti
altri, non solo abbraccia, ma diffonde, e tace sui frutti del Concilio Vaticano
II. Dalla lettura dell’articolo si evince chiaramente che a turbare i suoi
sonni sono essenzialmente due elementi, da qualsiasi parte essi arrivino, Fraternità
San Pio X o non Fraternità, ovvero la critica al Vaticano II e la
contrapposizione della Santa Messa tridentina con la Messa nuova.
Punto tre: l’autore non è storicamente informato, egli parla
di «scisma», una maligna favola per coloro che posseggono l’idiosincrasia della
rettitudine nella Fede, quella trasmessa dal Salvatore ai suoi Apostoli e che
ha percorso i secoli, fino ad arrivare al confine delle moderne filosofie e
moderne teologie. Siamo, perciò, di fronte ad un’altra menzogna. La FSSXP non si
è mai divisa dalla Chiesa, che è l’unica ragione della sua esistenza e la ama
così tanto da non volerla vedere profanare da nessun’idea contraria a sé
stessa. Altra falsità: essa non trovò affatto «comprensione in Paolo VI che nel
1970 approvò la Fraternità sacerdotale di san Pio X sulla quale il cardinale
Gagnon diede un giudizio elogiativo, soprattutto in merito alla formazione di
nuovi preti che apparivano fin d'allora numerosi»; venne riconosciuta da Santa
Madre Chiesa il 1° novembre 1970 attraverso il Vescovo di Friburgo, Monsignor
Françoise Charrière, che approvò canonicamente gli Statuti.
Punto quattro: in questo articolo si parla del dolore della
Chiesa causato dalla FSSPX, ma neanche un accenno a quello patito dalla
Fraternità: da 43 anni i suoi sacerdoti soffrono per la Sposa di Cristo, che
vorrebbero rifulgesse nella verità manifesta, che aspirano al Regno Sociale di
Gesù Cristo, che patiscono indicibilmente per non poter celebrare nelle chiese
diocesane; soffrono per vedere svilita la Fede, la Liturgia, la dottrina, il
catechismo… soffrono per gli errori che “maestri” e “profeti” alla Enzo Bianchi
seminano senza pudore e soffrono per le anime che si perdono.
Il Santo Padre Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione
dell’opinione pubblica sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX)
revocando, il 21 gennaio 2009, il decreto di scomunica latae sententiae ai
quattro Vescovi consacrati nel 1988 dal Monsignore definito, a suo tempo,
«ribelle». A distanza di 50 anni dal primo Concilio pastorale della storia, non
c’è più soltanto la voce di Monsignor Lefebvre e dei suoi figli ad esaminare i
problemi provocati da alcuni documenti del Concilio Vaticano II, ma anche
quella di teologi, intellettuali, professori, storici, scrittori, giornalisti,
che dimostrano, in maniera ormai acclarata, che l’ultimo Concilio ha creato dei
problemi, e finché non saranno risolti la Fede cattolica non si risolleverà.
Tuttavia anche al tempo della denuncia del Vescovo francese c’erano altri che
reclamavano, e fra tutti vogliamo ricordare Don Divo Barsotti, vero monaco
cattolico che dalla sua cella mistica visse con speranza i lavori conciliari,
poi comprese e desolanti furono le sue amare conclusioni:
«La Chiesa da decenni parla di pace e non la può assicurare,
non parla più dell’inferno e l’umanità vi affonda senza gorgoglio. Non si parla
del peccato, non si denuncia l’errore. A che cosa si riduce il magistero? Mai
la Chiesa ha parlato tanto come in questi ultimi anni, mai la sua parola è
stata così priva di efficacia. “Nel mio nome scacceranno i demoni ...”. Com’è
possibile scacciarli se non si crede più alla loro presenza? E i demoni hanno
invaso la terra. La televisione, la droga, l’aborto, la menzogna e soprattutto
la negazione di Dio: le tenebre sono discese sopra la terra. […]. Forse la
crisi non sarà superata finché, in vera umiltà, i vescovi non vorranno
riconoscere la presunzione che li ha ispirati e guidati in questi ultimi
decenni e soprattutto nel Concilio e nel dopo-Concilio. Essi, certo, rimangono
i “doctores fidei”, ma proprio questo è il loro peccato: non hanno
voluto definire la verità, non hanno voluto condannare l’errore e hanno preteso
di “rinnovare” la Chiesa quasi che il “loro” Concilio potesse essere il nuovo
fondamento di tutto».
La “ribellione” della FSSPX non era poi così bizzarra… la
caparbietà del suo fondatore non era affatto infantile: l’aspirazione era ed è
quella di trasmettere il patrimonio che la Chiesa ha custodito e tramandato in
quasi duemila anni di storia. La volontà era ed è quella di formare sacerdoti
secondo i canoni della Tradizione. Ma Enzo Bianchi (e chi come lui) ha paura,
perché la Tradizione è uno specchio che riflette l’immagine reale e non
deformata di che cosa sia la verità cattolica.
Punto cinque: «Benedetto XVI ha scelto come interlocutore
della chiesa cattolica il tradizionalismo, pecora perduta e uscita dall’ovile»:
perduta? Uscita dall’ovile? Queste affermazioni non poggiano su alcun
fondamento, né dottrinale, né teologico, né giuridico, né ecclesiologico.
Benedetto XVI ha compiuto un percorso impegnativo: da teologo personale del
Cardinale Frings al Concilio Vaticano II, dopo la rivoluzione culturale del
1968, ha compreso che la Chiesa si era fatta troppo progressista e aveva perso
tesori lungo la strada della ribellione al passato. Nella sua autobiografia
egli ha parole durissime contro la rivoluzione liturgica operata con il Novus
Ordo preparato da monsignor Annibale Bugnini e approvato da Paolo VI.
Ecco che arrivò il Motu proprio Summorum Pontificum del
2007 a liberalizzare la Messa di sempre, quella che crea tanti problemi ad Enzo
Bianchi e a tanti vescovi. Il Vetus Ordo non era mai stato
abrogato, eppure nessuno poteva più celebrarlo, chi lo faceva era considerato
un reietto, uno “scismatico”, un “lefebvriano”…
Proprio Benedetto XVI, con il famoso discorso alla Curia
romana del 22 dicembre 2005, aprì di fatto il dibattito sul Concilio Vaticano
II, che ha prodotto, in questi otto anni, libri, articoli, conferenze che Enzo
Bianchi non digerisce, ma dai quali nessuno può più prescindere, ecco che sente
l’esigenza di esternare la sua preoccupazione.
Il Signore, a differenza di molti altri, non è certo
insensibile ai sacerdoti della FSSPX, che per amor Suo e della sua Chiesa
portano la divisa per manifestare visibilmente l’appartenenza a Lui, celebrano
coram Deo, vivono di preghiera, di grande povertà, di rinunce, di
sacrifici, di santificazione; non è certo indifferente a sacerdoti che ancora
recitano ogni giorno il santo Rosario; leggono ancora il breviario; ancora stanno
nel confessionale ad assolvere le anime; ancora fanno catechismo e guidano gli
esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola; ancora sostengono la famiglia
numerosa e parlano di Dio, di Gesù, della Madonna, dei santi; ancora utilizzano
un linguaggio cattolico e non liberale alla Ferrante Aporti, l’abate, sostenuto
dalla Massoneria, che già nel XIX secolo toglieva dall’educazione alla gioventù
dogmi e dottrina per trasformare il Cristianesimo in una religione del
sentimento: alle sue lezioni, infatti, san Giovanni Bosco, che in un primo
tempo vi andò come uditore, non ci mise più piede. Aporti, amico dei
Protestanti, smetterà poi di celebrare la Santa Messa.
Punto sei: Bianchi afferma che la «riforma conciliare» è
stata «ormai accolta e praticata in tutta la Chiesa, contestata da meno del 5
per mille dei fedeli cattolici». È dunque la quantità che fa la differenza? Non
sarebbe di questa opinione san Vincenzo di Lèrins, il quale nel suoCommonitorium non
ammette nessuna dottrina di nuovo conio, come è evidenziato in Tim 6, 20-21;
ciò non per eliminare tutte le possibilità di progresso nella Fede, ma perché
essa possa crescere (cap. XXIII) alla maniera del grano e della ghianda, a
patto che sia nello stesso senso, «eodem sensu ac sententia». Errore e
verità per san Vincenzo erano incompatibili, in primis l’errore
di non contraddizione: se la Chiesa ha sempre sostenuto una certa dottrina
perché bisognerebbe seguirne un’altra? Con il Vaticano II non si è più
condannato nessun errore e «pastorale» ha significato, in molti casi,
«adattamento politico» alle diverse circostanze e mondane esigenze. Il dialogo
si è spesso trasformato in accomodamento ad oltranza; così, purtroppo, oggi
esistono parroci che permettono preghiere musulmane in chiesa, oppure si fanno
pellegrinaggi “cattolici”, fra le cui visite sono previste le moschee o,
ancora, ci sono parroci che organizzano corsi di yoga…
Sant’Atanasio, sant’Ilario di Poitiers, sant’Eusebio di
Vercelli non guardarono alla quantità dei cattolici, ma alla qualità della Fede;
presero atto che l’Arianesimo era un’impostazione erronea che degenerava la
Chiesa della Tradizione e la loro linea, dopo due secoli di confronti e
scontri, di persecuzioni ed offese, vinse. Vinse perché la Verità è per sua
natura destinata a trionfare e la Chiesa è, per sua natura, detentrice e
custode della Verità portata dall’unico Salvatore, Gesù Cristo, Figlio di Dio.
La religione cattolica è logica, coerente, ragionevole, tollerante, benigna,
amorevole. Tornano alla mente le parole del grande teologo Réginald
Garrigou-Lagrange: «La Chiesa è ferma nei principi perché crede, è duttile
nelle applicazioni perché ama; i nemici della Chiesa sono duttili nei principi,
perché non credono, e rigidi nelle applicazioni, perché non amano».
Punto sette: Bianchi parla di «magistero parallelo». Altro
falso storico, non è mai esistito un magistero della FSSPX, il suo magistero è
quello della Chiesa e laddove non riscontra più ciò che si è sempre detto e ciò
che si è sempre indicato lo denuncia, senza ipocrisie, senza opportunismi, per
il bene della stessa Chiesa e della salvezza delle anime. D’altrode la «Salus
animarum» è il fine stesso della Chiesa.
Punto otto: l’autore dell’articolo de «La Repubblica»,
giacobina per antonomasia (Liberté, Égalité, Fraternité), sostiene che
«l’ecumenismo richiede opera di unità sempre e con tutti», dunque non dovrebbe
creare problemi la FSSPX. Invece è sempre una spina nel fianco, fin dalla sua
nascita. Un piccolo gregge che è cresciuto e che continua ad evangelizzare non
solo con i suoi priorati, ma con le sue missioni, le sue scuole, le sue
università.
In molti speravano che con la scomparsa del Vescovo, che era
stato Delegato Apostolico di tutta l’Africa Francofona per volontà di Pio XII,
la sua creatura si sarebbe dispersa, dunque sarebbe stata decretata la fine di
quell’avventura “balorda”, che aveva dato alla luce un «Seminario
selvaggio»… Un giorno Monsignor Lefebvre disse: «Se quest’opera è di Dio
rimarrà, altrimenti si spegnerà». La FSSPX non solo vive, ma è in continuo e
progressivo sviluppo, non solo è presente, ma sempre più sacerdoti, soprattutto
giovani, si interessano, e con loro anche vescovi, sparsi nel mondo, vogliono
approfondire e capire il messaggio di questa Fraternità internazionale,
di questa realtà coerente e non relativista. Di lei si sono interessati tutti i
Sommi Pontefici e sotto il pontificato di Papa Ratzinger si sono tenuti
importanti colloqui dottrinali con la Santa Sede. La Fraternità, dal canto suo,
desidera stare vicino al Papa con la Santa Messa, nella preghiera e
nell’apporto teologico, legato prevalentemente a san Tommaso d’Aquino e non a
Karl Rahner, a Congar o de Lubac…, responsabili di fuorvianti pronunciamenti e
di creative asserzioni che hanno portato molti uomini di Chiesa ad abbracciare
il mondo, allontanandosi dal soprannaturale.
Punto nove: «Quello che invece è urgente è che nella chiesa
cattolica non ci siano incertezze sul concilio e sulla riforma liturgica.
Perché a causa dell’incertezza sovente la celebrazione eucaristica, che dev’essere
luogo di comunione, è diventata in questi ultimi anni luogo di divisione e di
contrapposizione nelle stesse comunità». Si è chiesto Enzo Bianchi perché
queste incertezze resistono e persistono sul Concilio e sulla riforma
liturgica? Si è chiesto perché la Santa Messa antica è causa di divisione e
contrapposizione? Perché la FSSPX veniva perseguitata per questa Messa, che non
è mai stata vietata, ma c’era chi faceva in modo che lo fosse? Perché essa dà
tanto disturbo ed è così ostacolata e boicottata? Rispondere a queste domande
significa rispondere ad un’altra domanda, regina di queste: che cosa significa
avere Fede in senso oggettivo e non soggettivo?
Punto dieci: La
dichiarazione letta dal Vescovo Monsignor Bernard Fellay il 27 giugno 2013,
nel 25° delle consacrazioni episcopali, è semplicemente la constatazione che i
problemi, purtroppo, all’interno della Chiesa, non si sono risolti e che
l’amore per la Chiesa, da parte della FSSPX, continua ad essere forte e
incorruttibile.
Bianchi sostiene che la divisione che provoca la Messa
antica «è il grande peccato, questo è lo sfregio al sacramento della comunione
della chiesa in Cristo». Eppure Cristo ha detto: «Non crediate che io sia
venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada!»
(Matteo 10,34).
Sin dalla sua fondazione il Monastero di Bose promuove un
intenso dialogo ecumenico fra le differenti chiese e denominazioni cristiane,
per tale ragione nel programma ufficiale della comunità non c’è la Santa Messa,
perché causa di divisione con i Protestanti, infatti è dominante l’incontro con
la Parola. La Messa, alla presenza dei soli cattolici, viene celebrata soltanto
due volte la settimana, compresa la domenica. Il rispetto umano, in questa
realtà che crede di non commettere il «grande peccato», ha sorpassato di gran
lunga il rispetto verso la Trinità.
di Cristina Siccardi
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