Ecco cosa pensano i veri teologi di Vito Mancuso
Il noto teologo mediatico -temendo di
parlare di Dio, di Gesù Cristo e del suo messaggio evangelico-, ha
infatti spiegato che l’uomo dovrebbe scegliere il bene al posto del
male, anche se quest’ultimo talora risulta più conveniente,
semplicemente in nome dell’etica (laica), cioè «la
logica della relazione armoniosa che abita l’organismo a livello fisico e
che lo fa essere in salute, l’armonia tra le componenti subatomiche che
compongono gli atomi, tra gli atomi che compongono le molecole, e così
sempre più su, passando per cellule, tessuti, organi, sistemi, fino
all’insieme dell’organismo», secondo la sua definizione.
E qualunque cosa ciò voglia dire, la conseguenza è che «il segreto della vita in tutte le sue dimensioni è l’equilibrio, e l’etica non è altro che l’equilibrio esercitato tra persone responsabili».
Basta rispettate delle regole sociali per essere felici e trovare il
segreto della vita, altro che i comandamenti di quel Messia
mediorientale! In un altro suo scritto recente spiegava con un ennesimo abuso teo-panteista che il senso della vita, la meta è «fare di noi stessi un giardino». Sarà contento il WWF!
La domanda sorge spontanea:
se l’autorità e la reputazione di un intellettuale la si valuta anche
nella stima che i diretti colleghi provano nei suoi confronti, cosa ne pensano i teologi, quelli veri e autorevoli, di Vito Mancuso? Ecco qui una bella carrellata di opinioni:
Mons. Piero Coda, presidente dell’Associazione Teologica Italiana,
docente di teologia dogmatica alla Pontificia Università Lateranense,
membro del Consiglio Scientifico dell’Enciclopedia Italiana nonché
professore e primo relatore della tesi di Vito Mancuso, ha preso le
distanze dal suo ex allievo nel libro “Dio crede in te” (Rizzoli 2009): «Mancuso tende a sottovalutare
la portata universale dell’evento di Gesù. Dice di rifarsi alla
tradizione metafisica dell’evento cristologico e parla di una teologia
universale: ma l’universalità, dal punto di vista della fede, è radicata
nella singolarità dell’evento di Gesù Cristo. In sostanza, il progetto
di Mancuso di una rifondazione metafisica della fede consentanea alla
ragione contro le timidezze e i formalismi della teologia postconciliare è più un’intenzione che un risultato». Rispetto alla coesistenza del male e di Dio, di cui parla in alcuni libri, «Mancuso non riesce a cogliere la logica, senz’altro profonda e persino misteriosa», che lega i due assunti. «D’altra parte, ciò che gli manca è guardare al focus che li illumina: Gesù Crocifisso e Risorto».
Il teologo Bruno Forte, anche lui professore di Mancuso presso la Facoltà Teologica “San Tommaso d’Aquino”, ha scritto un articolo su “L’Osservatore Romano” nel febbraio 2008 dopo aver letto un suo libro, dicendo: «ha suscitato in me un senso di profondo disagio e alcune forti obiezioni, che avanzo nello spirito di quel servizio alla Verità, cui tutti siamo chiamati». Il suo pensiero è «una “gnosi” di ritorno, presentata nella forma di un linguaggio rassicurante e consolatorio, da cui molti oggi si sentono attratti».
Il teologo e filosofo Antonio Livi,
docente di Filosofia della conscenza all’università Gregoriana e
professore emerito della Pontificia Università Lateranense, nonché
allievo del filosofo Étienne Gilson, ha questa opinione di Vito Mancuso: «Premetto
una cosa: rispetto Giuliano Ferrara, che è un “ateo devoto”, Marcello
Pera che è ateo ma rispetta il cristianesimo. Rispetto Paolo Flores
D’Arcais, che è un anticattolico viscerale, e anche l’antireligioso
Piergiorgio Odifreddi. Ma se uno si presenta come teologo cattolico deve stare a certe regole, logiche ed epistemolgiche». Mancuso «è considerato un teologo, ma il contenuto e l’impianto del suo testo contraddicono la natura della teologia. Tratta con scandalosa superficialità temi che meriterebbero ben altro rispetto, commettendo diversi notevoli svarioni», ha scritto. Nell’articolo “Mancuso, il falso teologo”, del novembre 2011, ha scritto inoltre: «Mancuso
parla e scrive di teologia, e i suoi libri hanno avuto in Italia una
vasta e chiaramente interessata eco nei mass media di orientamento
laicistico: evidentemente, alla cultura anti-cattolica non può che far piacere
che un autore che si proclama cattolico e teologo demolisca uno per uno
tutti i dogmi della fede cattolica (era già successo anni or sono con i
libri di Hans Küng) [...]. E’ questo modo di affrontare gli argomenti
della fede cristiana che non consente di considerare Mancuso un teologo», non accorgendosi che «la sua teoria ripropone, senza sostanziali novità speculative, la vecchia eresia pelagiana [...]. Quello di Mancuso è genuino panteismo (anche se teoreticamente inconsistente)». E in conclusione: «Insomma, la pseudo-teologia di Mancuso piace ai miscredenti
perché porta acqua al mulino della polemica contro la Chiesa e
ripropone (proprio come aveva fatto in precedenza Hans Küng con la sua
Welthetik) il progetto massonico di una religione universale “laica”
senza gerarchia e senza dogmi, quella religione che alla fine del
Settecento era stata teorizzata dal massone Gotthold Ephraim Lessing con
Nathan der Weise».
Un altro suo collega, Angelo Busetto teologo presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, nell’aprile 2013 ha spiegato che Mancuso è «un
autore che si definisce e si fa definire ‘teologo’ [...]. Qualche tempo
fa avevo letto con una certa simpatia qualche suo intervento, nel
tentativo di riconoscergli lo sforzo di avvicinare la teologia ai
problemi dell’uomo d’oggi. Ormai però mi sembra di vederlo imbarcato con
l’equipaggio di chi si fa servo dei luoghi comuni ampiamente propagandati sui mass-media».
Padre Gian Paolo Salvini, gesuita e direttore della prestigiosa “La Civiltà Cattolica”, ha esposto brevemente il suo pensiero su Mancuso nel gennaio 2008: «stiamo
preparando un articolo sul libro di Mancuso. Un articolo per la verità
molto critico, credo che su molti punti quanto egli scrive non sia compatibile
con la fede cattolica. Ma il libro e il linguaggio sono seducenti anche
perché parlano di cose che interessano alla gente. Lui poi è molto
amabile e cortese, anche personalmente. Il suo linguaggio è molto
evanescente e immaginifico, per cui spesso non si capisce che cosa voglia dire».
Un altro suo collega, il famoso teologo Enzo Bianchi, amareggiato nel vedersi citato a sproposito nel libro scritto con Corrado Augias, ha commentato: «le risoluzioni che propone Mancuso si collocano nello spazio della gnosi in cui la storia è di per sé storia di salvezza e in cui non c’è da parte di Dio né rivelazione né grazia».
Padre Giovanni Cavalcoli, docente emerito della Facoltà Teologica di Bologna, ha spiegato nel marzo 2013 che «Mancuso rappresenta l’ala secolarista tendenzialmente atea
del modernismo, di carattere popolare e sovversivo, che, come sappiamo,
si affianca all’altra ala più intellettuale e legata agli ambienti
della cultura e della gerarchia cattolica, la quale affetta una forma di
spiritualismo raffinato che in fondo non è che riesumazione della
tradizione gnostico-idealistica tedesca». Nel 2010 ha invece smontato punto per punto il libro di Mancuso intitolato “L’origine e l’immortalità dell’anima”.
Il suo vecchio amico e collega, l’affermato teologo Gianni Baget Bozzo, gli ha domandato nel 2008: «Caro Vito, che senso ha chiamarsi ancora teologo, se non per pura commercializzazione del prodotto, quando si ha una così bassa concezione della teologia?».
Il teologo gesuita Giovanni Cucci,
docente di Filosofia e Psicologia all’Istituto “Aloisianum” di Padova e
presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, ha scritto di
Mancuso nel 2010 stroncando il libro “La vita autentica”: «Mettendo a confronto le varie parti del libro, il meno che si possa dire è che la conduzione del discorso risulta molto ambigua ed equivoca, per non dire contraddittoria.
In fin dei conti, per Mancuso, Dio è necessario o no ai fini del
discorso sull’autenticità? Le risposte che giungono dal libro non
consentono di stabilirlo, poiché si afferma in una pagina quanto viene
negato alla pagina successiva. La prospettiva di un orizzonte
impersonale non risulta soltanto insostenibile in sede filosofica.
Resterebbe da chiedersi come Mancuso, escludendo dal suo discorso la
possibilità di Dio, possa ancora presentarsi come un teologo cristiano, e su che cosa verta a questo punto l’indagine della sua disciplina, ammesso che le parole conservino ancora un senso».
Pietro De Marco,
sociologo della religione presso l’Istituto Superiore di scienze
Religiose e di Storia della Chiesa presso la Facoltà di Lettere di
Firenze, nel febbraio 2010 ha scritto: «il linguaggio di Mancuso è disarmante, non lo accetterei nella tesina di uno studente». Il suo «monismo energetico, disperante nella sua dogmaticità, può certamente apparire frutto di un tardo, sfilacciato New Age». «Da anni, leggendo Mancuso», ha continuato De Petro, «sono
diviso tra lo stupore per una cultura, filosofica e teologica,
approssimativa ed esibita, e la riflessione sul suo successo. Che Augias
abbia catturato Mancuso in un libro a due, che si vende molto, e che se
lo porti dietro in un inesausto calendario di incontri, ha una sua
logica. Mancuso produce, infatti, più danni nella religiosità comune e
cattolica che la cultura ottocentesca del giornalista de “la
Repubblica”. Dopo Adriano Prosperi, e altri, la coppia Mancuso-Augias
garantisce una solida continuità di polemica anticattolica».
Don Agostino Clerici, sacerdote, giornalista ed editorialista del “Corriere di Como”, ha sottolineato nel maggio 2012 che nei libri di Mancuso, nel «modo di procedere che vorrebbe essere logico e quasi sistematico si insinuano frequentemente degli scivoloni clamorosi,
quasi del lapsus che sembrano dettati solo da un’acredine, da una
polemica, non di rado astiosa, nei confronti della struttura
ecclesiastica». Dopo aver segnalato alcuni di questi errori, ha concluso: «il
successo dei libri di Mancuso si basa sull’attacco alla Chiesa
autoritaria e dogmatica suffragato da incursioni nell’attualità. Troppo poco.
Io continuo a nutrire simpatia nelle forza emotiva che lo spinge a
scrivere, ma mi attendo che il nuovo linguaggio serva a dire le verità
della fede cristiana, non a smantellarle».
Il teologo Stefano Biavaschi, docente e collaboratore con la Cattedra di Teologia dell’Università Cattolica, nel gennaio 2013 ha commentato: «Che un uomo, ordinatosi sacerdote, possa gettare la tonaca alle ortiche solo un anno dopo,
sono fatti suoi (per modo di dire, perché ogni fatto è di tutti, specie
se sei un uomo di chiesa). Ma che poi lo stesso uomo pretenda di dare lezioni al Papa, appare un po’ eccessivo. Eppure è quello che Vito Mancuso fa tutti i giorni con i suoi scritti». E, dopo aver sottolineato numerosi errori nei libri di Mancuso, ha affermato: «rimane dunque l’amara impressione che si voglia generare confusione tra i credenti. Tesi che ingannano molti, perché poi sono pochi quelli che vanno a verificare davvero le fonti».
Il gesuita Corrado Marucci, professore di esegesi biblica al Pontificio Istituto Orientale, ha scritto su “La Civiltà Cattolica”: «Mancuso dice di voler essere un pensatore cattolico, un figlio della Chiesa. È perciò assai strano che egli non faccia alcun riferimento
alla metodologia dell’esegesi biblica e a quella propria della teologia
cattolica. L’assenza quasi totale di una teologia biblica e della
recente letteratura teologica non italiana, oltre all’assunzione più o
meno esplicita di numerose premesse filosoficamente erronee o perlomeno
fantasiose, conduce Mancuso a negare o perlomeno svuotare di significato
circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica. A fronte di una
relativa povertà di dati autenticamente teologici, la
tecnica di accumulare citazioni da tutto lo scibile umano, oltre al
rischio di distorcerne il senso reale ai propri fini poiché esse fanno
parte di assetti logici a volte del tutto diversi, non corrisponde affatto
alla metodologia teologica tradizionale. Non è facile elencare tutte le
matrici che Mancuso alterna e assomma nel corso dell’esposizione
(platonismo, razionalismo gnostico, scientismo, eclettismo e così via):
quello che comunque domina è il razionalismo convinto
che di realtà di cui non si ha alcuna percezione sensibile o decisamente
soprannaturali si possa discettare in analogia con le scienze
fisico-biologiche. Nel contesto di notevolissima confusione sulla
religione e la Chiesa tipica della cultura mediatica contemporanea, ci
sembra che contribuisca ad aumentare tale confusione.
L’Autore dichiara la sua disponibilità ad essere corretto: ma ciò, dato
lo stile non sistematico e velleitario delle sue affermazioni, non è
facile, poiché si può confutare soltanto ciò che è organicamente
formulato al di dentro di un preciso assetto epistemologico».
Segnaliamo infine altre stroncature del pensiero mancusiano arrivate da intellettuali, scrittori e filosofi come Costanzo Preve, Alfonso Berardinelli, Marcello Veneziani, Fabio Luppino, Francesco Lamendola, Antonio Socci, Francesco Agnoli ecc.
La redazione
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