Le critiche del cardinale Dolan. Bertone in pensione a settembre
I CARDINALI nelle congregazioni generali prima del conclave gli hanno dato un mandato chiaro: sfoltire i dicasteri vaticani, rilanciare il dialogo tra le conferenze episcopali e la Santa sede, garantire la trasparenza in Curia romana. A cinque mesi dalla sua elezione Francesco non dimentica le richieste del sacro collegio, ma, convinto della priorità di testimoniare e rimettere al centro della vita ecclesiale il Vangelo per raggiungere «le periferie dell’esistenza», procede senza fretta. Di commissione in commissione — da ultimo ha creato quella sulle amministrazioni economiche della Santa sede —, il papa attende di incontrare, ai primi di ottobre, il gruppo di otto cardinali che lui stesso ha incaricato di studiare la riforma della Curia. Solo allora la svolta entrerà nel vivo.
TROPPO tardi? Tra i più impazienti c’è l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, molto stimato da Benedetto XVI, che lo volle relatore all’ultimo sinodo dei vescovi, e tra gli elettori di Bergoglio, più in chiave anti-italiana che altro. Di recente, in un’intervista al liberal National catholic reporter, il porporato ha criticato il tergiversare del pontefice nel governo della Chiesa: «Noi cardinali volevamo anche qualcuno con buone capacità manageriali e di leadership. Fino a oggi ciò non si è visto molto». Quindi, pur apprezzando l’attenzione verso i poveri di Francesco, Dolan ha sfoderato quello che sembra un ultimatum: «Mi aspetto che dopo la pausa estiva si concretizzi qualche segnale in più in merito al cambiamento nella gestione». Dietro l’insofferenza dell’arcivescovo si cela un certo mal di pancia per il basso profilo con cui Francesco respinge l’aborto e difende la famiglia tradizionale. Non a caso due battaglie imprescindibili per l’ala destra del popolo di Dio.
DALLE mure leonine trapelano comunque indiscreazioni sullo spoil system al vaglio del papa. Difficilmente saranno confermati al vertice dei dicasteri vaticani cardinali italiani come Mauro Piacenza (Clero) e Fernando Filoni (Propaganda fide). Anche i ministri finanziari Giuseppe Versaldi (Prefettura degli affari economici) e Domenico Calcagno (Apsa) sono dati con le valigie pronte. Le mancate riconferme sarebbero il segnale della volontà di Francesco di intercettare la richiesta, emersa in preconclave, di una Curia meno italiana. Allo studio del papa ci sarebbe anche l’ipotesi di raddoppiare i capi della Segreteria di Stato: un moderator Curiae per il coordinamento degli organismi romani e un segretario di Stato per i rapporti con le cancellerie del mondo. Si tratterebbe di un ridimensionamento dell’ufficio di segretario di Stato che ora governa l’intera segreteria e funge da pontefice in seconda. Un ruolo ben assolto, sotto Ratzinger, da Tarcisio Bertone, dato in uscita a settembre, nonostante il salesiano paventi un’agenda fitta di appuntamenti.
Articolo pubblicato sul Qn (Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione), edizione del 18 agosto 2013
I CARDINALI nelle congregazioni generali prima del conclave gli hanno dato un mandato chiaro: sfoltire i dicasteri vaticani, rilanciare il dialogo tra le conferenze episcopali e la Santa sede, garantire la trasparenza in Curia romana. A cinque mesi dalla sua elezione Francesco non dimentica le richieste del sacro collegio, ma, convinto della priorità di testimoniare e rimettere al centro della vita ecclesiale il Vangelo per raggiungere «le periferie dell’esistenza», procede senza fretta. Di commissione in commissione — da ultimo ha creato quella sulle amministrazioni economiche della Santa sede —, il papa attende di incontrare, ai primi di ottobre, il gruppo di otto cardinali che lui stesso ha incaricato di studiare la riforma della Curia. Solo allora la svolta entrerà nel vivo.
TROPPO tardi? Tra i più impazienti c’è l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, molto stimato da Benedetto XVI, che lo volle relatore all’ultimo sinodo dei vescovi, e tra gli elettori di Bergoglio, più in chiave anti-italiana che altro. Di recente, in un’intervista al liberal National catholic reporter, il porporato ha criticato il tergiversare del pontefice nel governo della Chiesa: «Noi cardinali volevamo anche qualcuno con buone capacità manageriali e di leadership. Fino a oggi ciò non si è visto molto». Quindi, pur apprezzando l’attenzione verso i poveri di Francesco, Dolan ha sfoderato quello che sembra un ultimatum: «Mi aspetto che dopo la pausa estiva si concretizzi qualche segnale in più in merito al cambiamento nella gestione». Dietro l’insofferenza dell’arcivescovo si cela un certo mal di pancia per il basso profilo con cui Francesco respinge l’aborto e difende la famiglia tradizionale. Non a caso due battaglie imprescindibili per l’ala destra del popolo di Dio.
DALLE mure leonine trapelano comunque indiscreazioni sullo spoil system al vaglio del papa. Difficilmente saranno confermati al vertice dei dicasteri vaticani cardinali italiani come Mauro Piacenza (Clero) e Fernando Filoni (Propaganda fide). Anche i ministri finanziari Giuseppe Versaldi (Prefettura degli affari economici) e Domenico Calcagno (Apsa) sono dati con le valigie pronte. Le mancate riconferme sarebbero il segnale della volontà di Francesco di intercettare la richiesta, emersa in preconclave, di una Curia meno italiana. Allo studio del papa ci sarebbe anche l’ipotesi di raddoppiare i capi della Segreteria di Stato: un moderator Curiae per il coordinamento degli organismi romani e un segretario di Stato per i rapporti con le cancellerie del mondo. Si tratterebbe di un ridimensionamento dell’ufficio di segretario di Stato che ora governa l’intera segreteria e funge da pontefice in seconda. Un ruolo ben assolto, sotto Ratzinger, da Tarcisio Bertone, dato in uscita a settembre, nonostante il salesiano paventi un’agenda fitta di appuntamenti.
Articolo pubblicato sul Qn (Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione), edizione del 18 agosto 2013
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