Papa Francesco e valori non negoziabili: nulla di nuovo sotto il sole
Per
l’ennesima volta, dichiarazioni di Papa Francesco sono state lette come
una sua “apertura” a divorziati e copie gay. Ormai è un mantra: Papa
Francesco apre di qua, apre di là; apre a questo e a quello; apre a
Scalfari e agli imam; apre ai risposati e alle merendine in Vaticano; e
via così. Insomma, più che un Pontefice parrebbe il telecomando di un
cancello automatico, a sentire e leggere quel che commentatori
tutt’altro che imparziali riportano a margine delle parole del Papa.
Ormai, insomma, sarebbe fatta: dopo l’intervista a “La Civiltà cattolica”
del 19 agosto, manca un suggello ufficiale, una bella Enciclica sul
matrimonio plurimo e successivo o sui rapporti tra sessi identici,
magari scritta a quattro mani, anzi no, corretta da Eugenio Scalfari e
la vecchia e morta morale della Chiesa e tutte le chiacchiere sul
matrimonio come Sacramento saranno gettate alle ortiche. Del resto, se
Francesco ha aperto, poi qualcuno dovrà entrare e qualcun altro dovrà
uscire.
Se Francesco ha aperto. Ma forse non lo ha fatto, neppure in queste ultime esternazioni, con buona pace di chi non vede l’ora e si sta… aprendo addosso dall’impazienza.
Doverosa
premessa: non mi propongo di affrontare integralmente l’intervista
rilasciata da Bergoglio alla Civiltà cattolica (testo qui
http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/intervista-papa-civilta-cattolica.aspx
), quanto piuttosto di puntualizzare su famiglia ed omosessuali, i due
profili che, ovviamente, hanno maggiormente suscitato l’interesse dei
commentatori ma anche degli intervistatori, preciso però – anche se par
superfluo – che l’intervista va letta nel suo complesso, per aver piena
contezza della visione del Pontefice.
Prima
di venire a questi temi, però, permettetemi di evidenziare un passo che
rivela un ampio scorcio della personalità del Papa. Scrive Padre
Spadaro “il Papa mi aveva
parlato della sua grande difficoltà a rilasciare interviste. Mi aveva
detto che preferisce pensare più che dare risposte di getto in
interviste sul momento. Sente che le risposte giuste gli vengono dopo
aver dato la prima risposta: «non ho riconosciuto me stesso quando sul
volo di ritorno da Rio de Janeiro ho risposto ai giornalisti che mi
facevano le domande», mi dice”. Lo stesso Francesco prende atto che
in certi momenti le risposte andrebbero maggiormente soppesate,
soprattutto quando si affronta una stampa che tutt’altro che amica o
scevra da pregiudizi e preconcetti. Già questa è prova di quanto il Papa
profonda tutte le proprie energie con umiltà e spirito critico per fare
quel che egli ritiene sia il bene della Sposa di Cristo.
Ma veniamo a famiglia ed omosessualità, ed alle presunte aperture che sarebbero scaturite nelle dichiarazioni de quibus.
Come accade ormai di prassi, nel leggere le parole del Pontefice e dei
prelati i mass media e la cultura dominante sono pervicacemente
determinati a dare alle parole non il significato che gli appartiene nel
contesto del Magistero cattolico, ma a svellerle ed a leggerle secondo
categorie e modalità propriamente profane. Questo richiede certo la
massima chiarezza in chi parla, onde trasmettere esattamente il
messaggio che si vuol dare, ma chiama anche chi ascolta o legge alla
massima onestà intellettuale.
Parlare di “aperture”
è di per sé capzioso perché la Chiesa non è mai stata chiusa a
divorziati, omosessuali, conviventi: ad essi ha infatti sempre offerto
con la massima sollecitudine la Verità, nella pastorale e nel Magistero.
Chi chiede alla Chiesa di “aprirsi” già nel lessico dà della Sposa di Cristo un’immagine fuorviante, ingannevole, poiché Ella parla sempre in primis ai peccatori, mostrandogli loro la via della conversione a Dio, che tutti vuole salvi: “Che
ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà
forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?
Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella
più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre
vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli” (Mt 18, 12–14).
Ora, proprio nel passo più delicato dell’intervista, in risposta alla domanda di Padre Spadaro, il quale fa “riferimento
al fatto che ci sono cristiani che vivono in situazioni non regolari
per la Chiesa o comunque in situazioni complesse, cristiani che, in un
modo o nell’altro, vivono ferite aperte. Penso a divorziati risposati,
coppie omosessuali, altre situazioni difficili”, il Papa esordisce dicendo: “Dobbiamo
annunciare il Vangelo su ogni strada, predicando la buona notizia del
Regno e curando, anche con la nostra predicazione, ogni tipo di malattia
e di ferita”.
Appare
chiaro che Francesco pone come premessa e motivazione dell’accostarsi
alle situazioni dei divorziati e degli omosessuali l’annuncio del
Vangelo, dunque non una generica “compassione”
o il sostegno umano. Su questa premessa si possono e si devono leggere
le parole successive e da tale prassi è esentato il solo Eugenio
Scalfari che di certo avrebbe scritto di altro e di meglio (secondo lui,
ovviamente). Lo stesso Francesco richiama le parole che pronunciò a suo
tempo nella nota “intervista sull’aereo”, ribadendo: “Durante
il volo di ritorno da Rio de Janeiro ho detto che, se una persona
omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno
per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quel che dice il Catechismo”. Il Papa dunque si rifà espressamente al Catechismo, alla retta semantica delle parole “buona volontà” ed essere “in cerca di Dio”, e le ribadisce pure alla “Civiltà Cattolica”.
Ben più critiche, ma non mette conto trattarne in questa sede, le successive parole, relative alla “opinione della Chiesa” ed alla “ingerenza spirituale nella vita personale”, espressioni non felicissime.
Continua Bergoglio, rispondendo ad una quaestio rethorica sulla approvazione o condanna di Dio degli omosessuali: “Bisogna
sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo.
Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a
partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia.
Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la
cosa più giusta”: per Francesco è chiaro e letterale che la
condizione di ciascuno è solo un punto di partenza, sul quale fondare
l’accompagnamento alla conversione ed alla vita di Fede. Non a caso egli
richiama immediatamente dopo l’istituto della Confessione, perché è lì,
per il Papa, che c’è l’unione forse più intima tra il Sacerdote ed il
fedele, in cui il penitente confessa i propri peccati, li condanna ed il
Ministro se può lo assolve e lo riaccoglie nella Chiesa e gli dà
comunque indicazioni su come proseguire il cammino.
Francesco
sembra parlare spesso – verrebbe da dire sempre, a mio modestissimo
avviso – più ai Sacerdoti che ai fedeli, è ai Preti che pare rivolgersi,
per spiegare loro come portare il Vangelo, anche agli ultimi, ai poveri
nello spirito. Questo a volte, forse, porta a dar per scontati concetti
che invece non sono così immediati, prestando il fianco a quella
interpretazione distorta e preconcetta cui facevo cenno supra. Peraltro, Sacerdoti draconiani non se ne vedono molti in giro, ma questo è un altro discorso.
Prosegue il Pontefice “Penso
anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un
matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è
risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa
enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita
cristiana. Che cosa fa il confessore?”. Queste parole, di per sé
considerate, paiono davvero giustificare la scelta della donna che è sì
pentita dell’aborto ma non certo di essersi risposata, essendo ella anzi
“serena”, quasi che il
nuovo matrimonio fosse stata una via salvifica dal precedente
fallimento. Ora, dato il continuo richiamo del Papa al Catechismo, è
presumibile che egli quando parla di “risposata”
faccia riferimento ad un precedente annullamento rotale, non sollevando
così il nuovo matrimonio alcun problema sul punto; oppure – ed è
questa, a mio giudizio, la lettura più fondata – Francesco vuol porre
l’accento sull’atteggiamento che deve tenere il confessore, che non può
assolverla ma deve saperla – ecco – accompagnare a partire dalla sua
condizione; “accompagnare” alla Verità, però, come lo stesso Papa poco prima ha detto. Sarà dunque sulla bocca e nel cuore del Prete quella “cosa più giusta”, ispirata dallo Spirito Santo, detta con misericordia, ma sempre nell’annuncio del Vangelo.
Ciò è del resto conforme al Magistero; è conforme a quanto, ad esempio, si legge al punto 84 dell’Enciclica Familiaris Consortio: “La Chiesa
con ferma fiducia crede che, anche quanti si sono allontanati dal
comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono, potranno
ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno
perseverato nella preghiera, nella grazia e nella carità”. La
Chiesa quindi, nell’auspicare la salvezza anche del divorziato risposato
– con cinque figli o con nessuno – è tutt’altro che “chiusa”,
ma pone a fondamento della salvezza la conversione, a sua volta fondata
sulla perseveranza nella preghiera, nella penitenza e nella carità. Il
divorziato risposato non si salva, se non cambia vita, ed il Papa guarda
non solo al peccatore, ma al Sacerdote che con questi si confronta e
che deve guidare sul cammino della conversione. Non va dimenticato che
la stessa Familiaris Consortio, sempre al punto 84, esordisce definendo il fenomeno dei divorziati risposati “una piaga”.
Neppure
il successivo passaggio di Bergoglio, quello che tanto ha fatto gridare
allo scandalo per una pretesa abiura dei principi non negoziabili,
appare più di tanto sovversivo, anzi nella sostanza non lo è per nulla.
Dice il Papa: “Non possiamo
insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e
uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho
parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma
quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della
Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è
necessario parlarne in continuazione”. Francesco riconosce di non
aver parlato molto di temi cruciali come aborto, matrimonio omosessuale e
contraccezione, ma successivamente chiarisce il perché. Egli ribadisce
che la posizione della Chiesa è chiara, e che è “figlio della Chiesa”,
ergo non c’è alcuna intenzione di mettere in discussione la dottrina su
quei temi; piuttosto c’è la volontà di mutare approccio, di non farne
le punte di diamante della pastorale ma all’inverso di tenerle sullo
sfondo, come conseguenze necessarie di una pastorale di accoglienza e
conversione che poi deve, però, portare ad abbracciare anche quelle
indicazioni morali. “La proposta
evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa
proposta che poi vengono le conseguenze morali”. Francesco ne fa una questione di priorità nell’annuncio, ma non sul piano morale.
Ora,
questo approccio, nell’odierna realtà, con le pressioni sempre più
pesante per la legalizzazione dell’eutanasia, del matrimonio tra maschi o
tra femmine, delle adozioni a due maschi o a due femmine, la famiglia
che in molti Paesi ha ceduto di schianto, i milioni di concepiti
distrutti ogni anno solo in Europa tra aborto e fecondazione artificiale
non è forse il primo che ci verrebbe in mente, ma al di là di queste
perplessità è fuori dubbio che la Dottrina in materia di aborto,
contraccezione, omosessualità, matrimonio non venga minimamente
scalfita. Ancora una volta rivolgendosi ai Sacerdoti, Bergoglio
aggiunge: “Dico questo anche
pensando alla predicazione e ai contenuti della nostra predicazione. Una
bella omelia, una vera omelia, deve cominciare con il primo annuncio,
con l’annuncio della salvezza. Non c’è niente di più solido, profondo e
sicuro di questo annuncio. Poi si deve fare una catechesi. Infine si può
tirare anche una conseguenza morale”. E’ il modus procedendi che
cambia, ma non il fondamento morale: la Chiesa, secondo Bergoglio, non
deve rinunciare all’annuncio anche dei profili più duri delle tematiche
vita e famiglia, ma deve saper portare il messaggio come parte e logica
conseguenza della testimonianza dell’Amore di Dio.
Tanto ciò è vero, che il 20 settembre – il giorno dopo l’intervista a “La Civiltà cattolica”,
il Pontefice, nel ricevere i rappresentanti della Federazione
internazionale delle Associazioni Mediche Cattoliche ha chiesto un sì “deciso e senza tentennamenti alla vita”, denunciando “Una diffusa mentalità dell’utile», la cosiddetta «cultura dello scarto”, che “oggi
schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo:
richiede di eliminare esseri umani, soprattutto se fisicamente o
socialmente più deboli”. «Ogni
bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il
volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di
nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. E ogni
anziano… anche se infermo o alla fine dei suoi giorni, porta in sé il
volto di Cristo. Non si possono scartare, come ci propone la cultura
dello scarto! Non si possono scartare!». Energicamente quindi il
Papa ha ribadito i principi non negoziabili, con vigore ha ribadito la
necessità della tutela integrale della Vita.
Non solo. Rivolgendosi ai ginecologi, ai ginecologi, il Papa ha ricordato che, “alla luce della fede e della ragione”, «la maternità (va riconosciuta) come
missione fondamentale della donna, sia nei Paesi poveri dove il parto è
ancora rischioso per la vita, sia in quelli più benestanti dove spesso
la maternità non è adeguatamente considerata e promossa”. Con ciò, Bergoglio non solo ribadisce la tutela integrale della vita umana, ma indicando alla donna la maternità come “missione fondamentale”
riprende il ruolo e la figura femminili nel cattolicesimo, e sottolinea
il nesso inestricabile tra maternità, donna e famiglia.
Nessun
cedimento, quindi, su aborto, contraccezione, omosessualità o divorzio,
contrariamente a quello che – ancora una volta – i mass media ci
propinano. Francesco è un Pontefice molto meno semplice di quanto
sembri, e le sue esternazioni a volte lasciano un senso di incompiuto,
come se oltre la apparente chiarezza restasse qualcosa di indefinito.
Come se non avesse risposto a tutte le domande, forse perché – ripeto –
parla molto più spessori Sacerdoti ed ai Sacerdoti che ai fedeli. Ma
sulla vita, sulla famiglia e sulla sessualità questo Papa continua a
parlare e rispondere forte e chiaro, e la tanto temuta o auspicata
rivoluzione in subiecta materia non è ancora arrivata. E non è alle viste.
Massimo Micaletti
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