Dalla Lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari. Come è bello piacere al mondo
Non
scrivo queste righe per coloro che odiano Cristo, la Chiesa e i
cristiani. Neanche per coloro che pur dicendosi cristiani, sono in
realtà dediti alla trasformazione della Chiesa secondo il gusto
della modernità anticristiana e quindi sono suoi traditori.
E
nemmeno per i semplicioni, per i quali tutto va bene sempre e
comunque.
Le
scrivo, con la morte nel cuore, per tutti i “buoni”, che sono
tanti; per tutti coloro che ogni giorno si sforzano di non vedere
quanto sta accadendo, e lo fanno per amore della Chiesa e di Cristo.
Lo scrivo per coloro che si aggrappano a una frase buona e le danno
grande risalto, per nascondere tutte le affermazioni pessime, che pur
ci sono quasi ogni giorno; lo scrivo per loro, perché capisco il
dolore. Ma la Verità viene prima di ogni altra cosa e mentire –
anche a se stessi, anche con fini buoni – non è mai bene, non
porta ad alcun bene. E, soprattutto, non può durare a lungo. Quando
il martellamento è continuo, quasi quotidiano, allora occorre
svegliarsi, guardare in faccia alla realtà, prepararsi a quanto deve
ancora avvenire e infallibilmente avverrà.
Non
serve più dire che i giornali sono in mala fede e distorcono i
messaggi: questo si sa, da sempre, ma è proprio questo il punto: se
si sa, e da sempre, ogni volta che si offre loro occasione di
“lavoro”, vuol dire che lo si fa apposta; soprattutto se questo
avviene quasi ogni giorno. Ma, soprattutto, per quanto i giornali
possano essere in mala fede e strumentalizzare certe affermazioni, se
certe affermazioni sono poi state veramente dette, e sono state dette
esattamente con quelle parole che i giornali riportano, ebbene,
allora occorre aprire gli occhi, occorre guardare in faccia alla dura
realtà, e non ci si può continuare a nascondere dietro alla male
fede dei giornalisti, che fanno il loro mestiere e rispondono alla
propria ideologia.
La
situazione è drammatica, è inutile continuare a fingere.
Sorvoliamo
sul “vescovo di Roma”.
Sorvoliamo
sull’abbandono degli appartamenti pontifici, lasciando così
intendere che chi vi abitava prima non era all’altezza del proprio
ruolo perché in balia dei mostri che lo attorniavano.
Sorvoliamo
sulla scelta di alcuni collaboratori a dir poco equivoci e
inadeguati, che dimostra che la presunzione di saperne più degli
altri è del tutto ingiustificata.
Sorvoliamo
sulle telefonate a destra e manca.
Sorvoliamo
sul fatto di concedere interviste ad Eugenio Scalfari e a Repubblica.
Sorvoliamo
– con immensa fatica – sulla coscienza individuale come arbitro
ultimo del nostro destino eterno (affermazione talmente
teologicamente e dottrinalmente orribile in sé che diventa quasi
impossibile scriverne a riguardo, in quanto le conseguenze che se ne
potrebbero trarre sarebbero devastanti, al punto tale che è meglio
tacere).
Sorvoliamo
– con ancor più immensa fatica – sulla messa in secondo o terzo
piano dell’impegno di milioni di persone in difesa della famiglia,
della morale naturale e della vita e questo proprio mentre nel mondo
e in Italia l’omosessualismo avanza senza pietà alcuna e mentre da
decenni decine di milioni di esseri umani vengono sventrati nel
grembo delle madri con la connivenza delle autorità “civili”.
Sorvoliamo
anche sulla scomunica – rigorosamente “silenziosa” – a un
solo prete (sebbene ovviamente giustissima in sé), come se fosse
l’unico eretico e cialtrone nel clero odierno, come se non ve ne
fossero altri migliaia come lui e peggio di lui, e in tutti i livelli
e ranghi.
Sorvoliamo
poi anche su quanto sta accadendo al fondatore dei Francescani
dell’Immacolata… e a riguardo… “Magna res est tacere”.
Sorvoliamo
su questo e molto altro che si potrebbe ancora dire, nonostante i
pochi mesi dall’elezione, nonostante sia stato definito il “papa
della tenerezza” e abbia preso il nome di Francesco.
Sorvoliamo
anche su un’affermazione pateticamente ridicola come la
seguente: “I più gravi dei mali che affliggono il mondo in questi
anni sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui
vengono lasciati i vecchi”: ridicola ovviamente non per i due
gravissimi problemi in sé, ma per la prima parte dell’affermazione,
ridicola al punto tale che verrebbe da chiedersi: “ma dove abita?
In quale mondo?”.
Ma
affermare che: “Il proselitismo è una solenne sciocchezza. Bisogna
conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci
circonda”, questo supera ogni limite di decenza spirituale e
intellettuale. Di decenza cristiana.
Cosa
sono morti a fare tutti quei cristiani che in ogni tempo e luogo
hanno sacrificato i propri beni, la propria libertà, i propri
affetti, la propria giovinezza, la propria vita, per andare a portare
Cristo a tutte le popolazioni del mondo che non Lo conoscevano? Come
giudicare i benedettini massacrati nelle foreste dell’Europa
centrale, o i francescani scuoiati nei deserti abitati dai musulmani,
o i domenicani uccisi nel Nuovo Mondo, o i gesuiti crocifissi in
Giappone o inviati in Paraguay, o anche nelle terre dei protestanti?
Come
giudicare un numero immenso di persone che hanno posto la conversione
del prossimo a Cristo prima di ogni altro bene, compreso il proprio?
Come
giudicarli? Come persone assurde vittime di una “solenne
sciocchezza”?
Semplice:
con la parole di Cristo stesso: “ANDATE IN TUTTO IL MONDO E
PREDICATE IL VANGELO AD OGNI CREATURA. CHI CREDERÀ E SARÀ
BATTEZZATO SARÀ SALVO, MA CHI NON CREDERÀ SARÀ CONDANNATO” (Mc.,
16, 15-16).
Non
si tratta di “conoscersi, ascoltarsi, far crescere la conoscenza”.
Si tratta di convertire per la salvezza dell’anima delle persone.
Si
tratta di ricordare che alla fine della vita di ciascuno di noi vi
sarà un giudizio divino che avrà portata eterna, e che non si
baserà sulla nostra coscienza individuale, ma: 1) sulla fede che
avremo avuto; 2) sulle opere – buone o cattive – che avremo e non
avremo compiuto, in pensieri, parole opere e omissioni.
Si
tratta di ricordare che tale Aurelio Agostino, vescovo, dottore,
Padre e Santo della Chiesa, ebbe un giorno a dire: “Animam
salvasti, animam praeservasti”: vale a dire che lo scopo supremo
della nostra vita è la nostra salvezza eterna, la quale si ottiene
certo anzitutto rendendo gloria a Dio, ma poi anche vivendo al
servizio dell’apostolato delle anime così come di carità verso i
bisogni terreni del prossimo.
Si
tratta di ricordare che il più grande male dei nostri giorni non è
la disoccupazione giovanile o l’abbandono degli anziani. La più
grande tragedia è la perdita della Fede e il tradimento della Chiesa
nel mondo europeo ed occidentale, da cui nascono tutti mali, compresi
la disoccupazione giovanile e l’abbandono degli anziani, perché
quando si tradisce Cristo le conseguenze devastanti si risentono su
tutti i piani, compresi quelli economici e sociali. Che però vengono
di gran lunga dopo quelli spirituali, morali e anche politici. Perché
come l’anima è più importante del corpo, come lo spirito è più
importante della materia, così la Fede, la Chiesa, il Vero, il
Buono, il Giusto e il Bello sono più importanti dei problemi
economico-sociali.
E
se proprio vogliamo trovare la seconda categoria di male odierno,
questa è senz’altro individuabile nella distruzione della morale
naturale, della famiglia tradizionale e nella guerra alla vita,
specie al suo inizio e ora anche alla sua fine, come Giovanni Paolo
II e Benedetto XVI hanno ribadito decine e decine di volte.
Si
tratta di ricordare, a tutti, nessuno escluso, che occorre essere in
questo mondo, ma non di questo mondo, perché il principe di questo
mondo è il Nemico del Signore dell’universo e della Regina del
creato.
Si
tratta di ricominciare dai fondamentali. E quando gli invitati
ufficiali disertano perché sono distratti dal mondo, allora bisogna
ricorrere ai ciechi, agli storpi, agli ultimi.
La
situazione è ormai drammatica. Anzi, tragica: perché Eugenio
Scalfari ha trovato il suo Papa.
di Faramir
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