ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 6 ottobre 2013

Scalfari e i primi venerdì del mese...




Non mi importa che Scalfari continui a dire che non gliene importa di Dio, che lui all’anima non crede, che… tutte le parole con cui vuole difendere la sua posizione.
Mi importa che il Papa Francesco tenti, con sovrana libertà, di aprire le porte del suo proprio cuore e del cuore dell’altro a una misura più grande, ad orizzonti più veri.
Certo, quello che corre il Papa nel dialogo con Scalfari è un bel rischio: del giornalista si può dire che «ne sa una più del diavolo», e che conosce bene il suo mestiere, e che sa portare dalla sua parte le affermazioni più diverse. Abbiamo visto che ne è della «verità non assoluta», o di quell’amore a Gesù che è iniziato «quando ha abbandonato la fede della Chiesa»…
C’è però un ma, un punto che anche dall’ateo più incallito e smaliziato non potrà essere sopraffatto. Ha detto lo stesso Scalfari: «Sono stato educato da una madre molto cattolica. A 12 anni vinsi addirittura una gara di catechismo tra tutte le parrocchie di Roma ed ebbi un premio dal Vicariato. Mi comunicavo il primo venerdì di ogni mese, insomma praticavo la liturgia e credevo.» E io ne sono certo: il Signore è fedele alle sue promesse. A santa Margherita Maria Alacoque Gesù ha fatto questa promessa: «A tutti quelli che, per nove mesi consecutivi, si comunicheranno al primo venerdì d'ogni mese, io prometto la grazia della perseveranza finale: essi non morranno in mia disgrazia, ma riceveranno i Santi Sacramenti (se necessari) ed il mio Cuore sarà loro sicuro asilo in quel momento estremo.»
Potrà spiacere a Scalfari questo ricordo, potrà spiacere ai tanti Giona che fuggono irati di fronte alla misericordia di Dio per i Niniviti (che non sanno distinguere la destra dalla sinistra), potrà spiacere a tutti coloro che si sono strappate le vesti per le conversioni «tardive» di tanti miscredenti, però penso che questa, e solo questa, sia la ragione per cui Papa Francesco ha intessuto questo suo strano dialogo con Scalfari.
Non è la sua presunta cultura, non sono le sue provocazioni, non è neppure il desiderio dei credenti che questo giornalista cambi mentalità (e sarebbe una grande impresa per un «intellettuale dilettante» come lui), ma solo il desiderio della salvezza, quel desiderio che ha spinto il Papa a inviarci presso le periferie dell’umanità, le periferie della distanza da Dio, dalla verità e – anche – dalla umanità.

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