di Ludovico Russomando
L’
Osservatore Romano di mercoledì 2 ottobre, festa degli Angeli Custodi, ha riportato interamente l’intervista che il fondatore di
Repubblica,
Eugenio Scalfari, ha fatto a Papa Francesco (pp. 4-5). L’intervista si è
tenuta presso la residenza vaticana di Santa Marta, martedì 24
settembre. Visto che le polemiche intorno ad alcuni passaggi non sono
ancora cessate (cf. Gnocchi-Palmaro,
Questo papa non ci piace, Il
Foglio, del 9 ottobre 2013), vi torniamo sopra volentieri, con la
convinzione che attendere alcuni giorni per redigere un articolo di
fondo è la cosa migliore per cercare di non essere coinvolto dal calore
delle polemiche.
Oggettivamente
varie affermazioni del Pontefice hanno destato molta perplessità nel
popolo di Dio e tra gli intellettuali cattolici (come Marco Bongi, Francesco Colafemmina, Pietro De Marco, Mattia Rossi e altri), e grande gioia negli ambienti laici e anticlericali,
a partire dall’entusiasmo dello stesso ateo Scalfari che
nell’intervista in questione dichiara Bergoglio “un Papa
rivoluzionario”. E poi, in conclusione, esprime questo auspicio: “Questo
è Papa Francesco. Se la Chiesa diventerà come lui la pensa e la vuole
sarà cambiata un’epoca”. Questa intervista poi si aggiunge alla lettera
che il Papa ha scritto allo stesso Scalfari (pubblicata sull’ORdel 12 settembre 2013) e alla lunga intervista rilasciata a Padre Spadaro, direttore della rivista gesuita La Civiltà Cattolica (si trova nel quaderno n. 3918, alle pp. 449-477).
Per
valutare se si tratta di sviste o di corrette interpretazioni circa le
parole del Papa, ci permettiamo umilmente di fare delle chiose ai
passaggi più forti e “rivoluzionari” delle risposte papali. Non è che
si voglia correggere il Papa, ma esprimere delle sentite perplessità,
cosa che l’apertura mentale di Bergoglio non saprà certo rimproverarci.
Secondo
il Papa “i più gravi dei mali che affliggono il mondo in questi anni
sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono
lasciati i vecchi”. E ancora, poco dopo: “Questo, secondo me, è il
problema più urgente che la Chiesa ha di fronte a sé”. Al contrario del Pontefice la pensa il Concilio Vaticano II che, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes,
insegna che “l’ateismo [di cui proprio Scalfari è un esponente di
punta] va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo” (n. 19). Il Concilio aggiunge: “Perfino la civiltà moderna,
non per se stessa ma in quanto troppo irretita nella realtà terrena,
può rendere spesso più difficile l’accesso a Dio” (n. 19, corsivo mio).
Ma questo passaggio appare in netto contrasto con quanto affermerà più
avanti il Papa dicendo che “Il Vaticano II, ispirato da Papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna” (corsivi miei). Ma allora, vista l’identificazione praticamente totale tra civiltà moderna e cultura moderna, i due Pontefici italiani avrebbero reso più difficile “l’accesso a Dio”. Ma
siamo proprio sicuri che i Papi che fecero il Concilio volevano “aprire
alla cultura moderna”, come dice Bergoglio? Mi pare lecito dubitarne,
almeno se riferito alla cultura moderna presa in blocco.
Il
Papa inizia con l’ironia e dice: “Qualcuno dei miei collaboratori che
la conosce mi ha detto che lei tenterà di convertirmi”. E Scalfari:
“Anche i miei amici pensano che sia Lei a volermi convertire”. Il Papa:
“Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna
conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci
circonda […]. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la
cerchia dei pensieri”. San Josemaria Escrivà de Balaguer (1902-1975), fondatore dell’Opus Dei (canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002) ha scritto invece parole opposte sul proselitismo. Vediamole. “Proselitismo.
E’ il segno certo dell’autentico zelo”; “La preghiera è il mezzo più
efficace di proselitismo”; “Quell’ansia di proselitismo che ti divora le
viscere è segno certo della tua dedizione” (cf. Cammino,
pensieri nn. 793, 800 e 810). I curatori dell’opera più nota di
Sant’Escrivà scrivono che “Cammino fu pubblicato per la prima volta nel
1934, col titolo Considerazioni spirituali; nel 1939, la seconda edizione aumentata apparve con il titolo attuale e definitivo” (Cammino,
ed. Ares, 2006, con imprimatur del 1992, p. 13). Il libro è stato letto
da “milioni di persone” (p. 13) e stimato da tutti i Pontefici da Pio
XII a Benedetto XVI. Secondo l’Osservatore Romano di un tempo, Camminorappresenta “qualcosa di più di un capolavoro” (OR, 24.3.1950, cit. a p. 18). Ma un capolavoro può contenere l’esaltazione di una tendenza o di un modus operandi – il proselitismo, appunto – che è “una solenne sciocchezza” ?
Come conciliare poi il concetto espresso dal Papa (“Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri”) con tante affermazione del Decreto conciliare Ad gentes che insegna così: “la Chiesa […] si sforza di portare l’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini”
(n. 1, corsivo mio), non esclusi dunque i giornalisti atei; “è pertanto
compito dei loro successori [degli Apostoli cioè dei Vescovi] svolgere
quest’opera [ovvero l’evangelizzazione] in maniera continuativa” (n. 1, corsivo mio); tale mandato missionario è definito come “uno e immutabile” (n. 6); “i
divulgatori del Vangelo, andando nel mondo intero, svolgono il compito
di predicare il Vangelo e di fondare la Chiesa in mezzo a popoli che
ancora non credono in Cristo” (n. 6); e il Catechismo promulgato da Giovanni Paolo II:
“Benché Dio, attraverso vie a lui note, possa portare gli uomini che
senza loro colpa ignorano il Vangelo, alla fede, senza la quale è
impossibile piacergli, è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa, ed insieme sacro diritto, evangelizzare tutti gli uomini” (CCC 848).
Di
seguito Scalfari chiede al Pontefice: “Santità, esiste una visione del
Bene unica? E chi la stabilisce?”. Il Papa dà una risposta equivoca che
pare contraddire la condanna del relativismo etico ripetuta tante volte
dai suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Dice: “Ciascuno
di noi ha una sua visione del Bene e del Male. Noi dobbiamo incitarlo a
procedere verso quello che lui pensa sia il Bene”. Ora che gli uomini
abbiano una visione molte volte personale e autonoma del Bene e del
Male, è un fatto. Ma che dobbiamo confermarli in questa loro visione,
questo lo nego totalmente sulla base dell’insegnamento magisteriale
degli ultimi due secoli. Citiamo le encicliche di Giovanni Paolo II, Fides et ratio, Veritatis splendor, ed Evangelium vitae. E il Catechismo della Chiesa cattolica
che insegna in tanti numeri l’esistenza di errori nella fede e nella
morale, errori verso cui dobbiamo cercare non di incitare i fratelli, ma
cercare come possiamo di allontanarveli (cf. CCC 38, 250, 286, 844,
856, etc. ). Per evitare di essere frainteso, Papa Francesco
ribadisce il concetto poco dopo: “E qui lo ripeto. Ciascuno ha una sua
idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e
combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per
migliorare il mondo”. Ma basterebbe davvero? Agli integralisti islamici
che preparano un attentato contro gli infedeli, bisogna dire che quel
che fanno non è certo il Bene, oppure che cerchino di combattere il Male
come loro lo concepiscono? Ma allora perché Giovanni Paolo II ha
comminato la scomunica a tutti coloro che personalmente hanno delle
responsabilità negli aborti (Evangelium vitae e CJC) e non
ha detto loro di seguire la propria idea del Bene e del Male? Vedere
una continuità tra queste espressioni e il Magistero cattolico
tradizionale ci pare impossibile. L’affermazione è grave e certo vorremmo essere noi in errore: ma chi ci dirà cosa è Bene e cosa è Male?
Papa
Bergoglio ammette serenamente che si possono criticare i Capi della
Chiesa, che secondo lui spesso sono “narcisi, lusingati e malamente
eccitati dai loro cortigiani”. A questo punto viene da ridere quando
alcuni vogliono difendere il Papa dalle critiche: lo difendono da se
stesso in realtà, visto che lui per primo muove critiche ai suoi
predecessori, mostrando la legittimità di una lettura critica della
storia della Chiesa. Un importante sociologo, a proposito degli scambi epistolari Bergoglio-Scalfari, difende il Papa e attacca Repubblica:
ma questo è un pessimo servizio al Papa, il quale non critica
minimamente il più anticristiano dei quotidiani italiani. D’altronde, il
Papa dice che “spesso la Chiesa come istituzione è stata dominata dal
temporalismo e molti membri e alti esponenti cattolici hanno ancora
questo modo di sentire”. Dunque le critiche alla Chiesa istituzione sono legittime anche per l’oggi.
Il
Papa dice pure che, quando incontra un “clericale”, diventa
“anticlericale di botto”. Addirittura “il clericalismo non dovrebbe aver
niente a che fare con il cristianesimo”. Ma clericalismo viene da
clero, di cui può essere una distorsione: si vuole forse, a termine, un cristianesimo senza clero come le chiese della Riforma?
Si
citano poi i santi preferiti dal Papa come s. Agostino, s. Francesco,
s. Ignazio, ma Bergoglio li nomina purtroppo come fanno gli storici
laici, senza il riferimento alla s. (santità). La cosa incoraggerà l’uso di de-santificare i santi e ridurli nei testi di storia e di religione a persone ordinarie: Agostino, Francesco, Ignazio. Peccato.
Poco
prima della conclusione il Papa dice letteralmente che “non esiste un
Dio cattolico, esiste Dio”. Ora è vero che Dio è al di sopra della
religione vera, cioè il cristianesimo, ma questa religione vera, a
differenza delle altre, è stata fondata da Dio in persona, altrimenti
non esisterebbe affatto. Dio è il fondatore della religione cattolica sì
o no? E poi è stato un immane dono all’umanità la fondazione del
cristianesimo oppure no? Sembrerebbe di no, visto che secondo il
Papa, dopo la predicazione di Gesù sull’amore del prossimo, “l’egoismo è
aumentato e l’amore verso gli altri è diminuito”. Ma il giudizio non
rischia di essere superficiale se si riferisce all’insieme della storia
della Chiesa? Si pensi all’opera di migliaia e migliaia di santi della
cattolicità, ai martiri, alle istituzioni ecclesiastiche, alle opere di
carità, agli ospedali, e al resto.
Abbiamo letto e stimato l’enciclica Lumen fidei, ma
non riusciamo con tutta la buona volontà del mondo a dare uguale
giudizio per la Lettera del Papa a Scalfari, per l’intervista del Papa a
Civiltà Cattolica, né per questa intervista, in cui vi sono passaggi non chiari, non univoci, e neppure del tutto compatibili con il Magistero comune della Chiesa.
http://www.campariedemaistre.com/2013/10/lintervista-di-papa-francesco-ad.html
Scalfari stia attento, il Papa gesuita dissimula meglio di lui
Quando il Papa dice a Scalfari che il proselitismo è una sciocchezza, mente sapendo di mentire, gioca con lui, esprime un todo modo per realizzare l’evangelizzazione con i mezzi, abbastanza vari, e sinuosi, tipici dell’ordine religioso di appartenenza. Scalfari deve tenere a mente, nelle prossime conversazioni con il Papa, che è per natura difficile sapere che cosa pensi un gesuita, com’è universalmente noto, e che i Reverendi Padri sono i principi della dissimulazione onesta. Favre è anche molte altre cose che assomigliano a Francesco come una goccia d’acqua e che fanno tutta la differenza tra lui e il Papa emerito o il predecessore polacco in via di santificazione.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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http://www.ilfoglio.it/soloqui/20179
Presentato il Cortile dei Gentili di Berlino. Mons. Zollitsch: "Indagine sul vescovo di Limburg"
Esperienze di libertà, con e senza Dio. Questo il tema della tappa tedesca, Berlino dal 26 al 28 novembre prossimo, del Cortile dei Gentili, la struttura del Pontificio Consiglio della Cultura voluta da Benedetto XVI per il dialogo con i non credenti. L’evento è stato presentato oggi in Sala Stampa Vaticana dal presidente della Conferenza Episcopale Tedesca mons. Robert Zollitsch che ha anche rilasciato una dichiarazione sul caso del vescovo di Limburg, accusato dai fedeli di spese eccessive per la costruzione del centro diocesano. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Dopo Parigi, Stoccolma, Barcellona tocca ad un’altra città che si confronta con la secolarizzazione: Berlino. Credenti e non credenti dialogheranno sul tema della libertà nella metropoli che di libertà ha fatto esperienze particolari già prima della Caduta del Muro e della Rivoluzione pacifica del 1989, come ricordato da mons. Robert Zollitsch:
"Es geht um die Tiefe des ethischen Humanismus..."
Il presidente dei vescovi tedeschi ha elencato le tematiche attorno a cui si snoderà il dialogo: l’umanesimo etico, la grandezza della fede in Dio, la libertà dell’arte e della bellezza, la grazia e la dignità della natura umana e della devozione. Una la domanda di partenza:
"Ist Gott Grund und Bestimmung menschlicher Freiheit oder ihr größter Feind und Gegner?..."
È Dio fondamento e destinazione della libertà dell’uomo o il suo più grande nemico e avversario? Ovvero: la fede in Dio riduce la libertà o la rende possibile? A partire da questa domanda si tenterà la risposta di un umanesimo etico capace di oltrepassare i pregiudizi storici tra atei e credenti.
"Schon lange stehen sich nicht mehr einfachhin klare Fronten von Atheisten und Glaubenden gegenüber, in deren Begegnung…"
“Da molto tempo – ha detto mons. Zollitsch - atei e credenti non si trovano più su fronti contrapposti. Ora si tratta di cessare di raccontare falsità gli uni sugli altri, di comprendere meglio le vite degli altri, i gesti e la realizzazione delle loro libertà”.
A La Charitè, uno degli ospedali più famosi in Europa si affronterà il rapporto scienza-etica. Anche qui una domanda: l’uomo è creatura creativa di Dio o designer di se stesso? Quindi il rapporto fede-arte, religione sul palcoscenico: tra rispetto, blasfemia e libertà artistica, sarà trattato nel’incontro in programma al Deutsches Theater di Berlino. AlBode Museum invece la suggestiva rappresentazione del dialogo tra credenti e non attraverso due processioni di giovani che trovano un punto di incontro. L’obbiettivo del Cortile è stato così sintetizzato da mons. Zollitsch:
"Dem „Vorhof der Völker“ geht es darum…"
Il Cortile dei Gentili vuol mostrare la ricchezza e la profondità della fede cattolica, esprimere stima per le posizioni dei non credenti, ma anche vedere nella fede le tracce dell’incredulità. In attesa di Berlino, come riferito da padre Laurent Mazas, già si lavora ai prossimi Cortili: in Repubblica Ceca, a Washington nel mese di Aprile, e di nuovo a Roma dove ci si interrogherà su solidarietà etica laica e religiosa. Interrogato sul "Cortile dei giornalisti" a cui ha fatto seguito l’intervista concessa da Papa Francesco ad Eugenio Scalfari, il direttore della Sala Stampa Vaticana padre Federico Lombardi ha ribadito:
"Il senso del dialogo - come è stato riportato da Scalfari - è approvato e quindi sostanzialmente fedele".
A conclusione della conferenza stampa mons. Zollitsh ha rilasciato una dichiarazione in merito al caso del vescovo di Limburg, Franz-Peter Tebartz-van Elst, accusato dai fedeli di spese eccessive. Il presidente dei vescovi tedeschi spiega di voler far luce su questa vicenda rapidamente e informa di aver scritto al Papa con il quale parlerà personalmente; confermata l’esistenza di una commissione di esperti interni ed esterni, incaricata di indagare sul caso contestato a mons. Tebartz van Elst. Al termine dei lavori, il cui inizio è previsto questa settimana, verrà pubblicato un rapporto.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/10/14/Presentato%20il%20Cortile%20dei%20Gentili%20di%20Berlino.%20Mons.%20Zollitsch:/it1-737149
del sito Radio Vaticana
00:40Di nuovo: umiliazione del arcivescovo LéonardBarbarella
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