Il caso della bambina di tre anni dal tribunale dei minori di Bologna affidata temporaneamente a due omosessuali che convivono, ha inevitabilmente suscitato un po’ di clamore.
In verità ce n’è motivo, ma in quanto alla meraviglia, questa veramente meraviglia!Il nostro povero paese cattolico, ridotto a ben più che un “bordello”, come lamentava Dante già 700 anni fa, è avviato ormai su una china inarrestabile che ci condurrà a ben profondi precipizii. Nessuna meraviglia dunque se gli organi giudiziarii, coadiuvati dal competente personale assegnato ai laicissimi “servizi sociali”, assumono decisioni che sconcertano molti cattolici, da un lato, e compiacciono molti acattolici e anticattolici, dall’altro.
La realtà che viviamo è esattamente connotata dal rifiuto degli insegnamenti cattolici, e cioè degli insegnamenti di Nostro Signore, realizzato con parole e con comportamenti anche da un numero sempre crescente di “cattolici nominali”.
Nessuna meraviglia, dunque, se la cosiddetta “società civile” affida, per esempio, una bambina ad una coppia di omosessuali. Cosa c’è di strano?
Anzi, se qualcuno pensa ancora, nel 3000, che forse gli omosessuali non sono persone normali, ma persone leggermente diverse dalla maggior parte dei componenti la nostra società, farà bene ad aggiornarsi e a prendere atto che il “diverso” è proprio lui.
D’altronde, a quanto si legge sugli organi di informazione, questo di Bologna non è il primo caso in Italia, ce ne sono già tanti e tutti propedeutici al prossimo civilissimo obiettivo: il diritto all’adozione di minori da parte degli omosessuali, preceduto o accompagnato dall’altro loro sacrosanto diritto: quello di sposarsi.
Questo capovolgimento della realtà naturale è talmente diffuso e accettato che la bambina in questione, si legge, sarebbe stata affidata agli omosessuali col consenso della madre.
Quindi, chi si meraviglia è davvero un prevenuto, uno fuori dal mondo e un sicuro candidato alle patrie galere. Che stia accorto, il malcapitato!
Ovviamente ci si sarebbe aspettato che gli uomini di Chiesa, più o meno silenti di fronte alla deriva degenerativa e sulfurea della cosiddetta “società civile”, questa volta, anche una tantum, dato il clamore, alzassero qualche flebile voce, se non altro per avanzare qualche distinguo. Perfino quei cattolici che avrebbero voluto ascoltare il tuonare dei vescovi e avrebbero voluto vedere i fulmini scagliati dal Papa si sarebbero accontentati, un po’ col naso turato, di una lapidaria dichiarazione di un qualche portavoce curiale o diocesano.
E invece no, tutti devono accontentarsi delle dichiarazioni di un vescovo, in questo caso proprio in quel di Bologna, che con fare forbito e con consumata malizia, rilascia una sorta di nulla osta a siffatte vicende.
È il caso di tale Giovanni Silvagni, Vescovo Vicario del Cardinale Carlo Caffarra, Ordinario dell’Arcidiocesi di Bologna.
Interpellato in merito al caso in questione, questi se ne esce dicendo (Corriere di Bologna, 16 novembre 2013):
Come si può capire facilmente da queste affermazioni, ci troviamo al cospetto di parole che solo un moderno vescovo cattolico poteva pronunciare: parole da cui emerge con chiarezza l’assenza dell’insegnamento di Cristo e della volontà di Dio.
Potremmo commentare parola per parola queste affermazioni, ma ci basta sottolineare il candore di “due persone di cui non conosciamo nulla” preceduto da “Non credo che il giudice abbia affidato la bimba a quelle persone perché omosessuali”.
È così che parlano i nuovi preti della nuova Chiesa conciliare: affermano una cosa per sconfessarla subito con un’altra. Schizofrenia? No, coerenza nella sudditanza al mondo, continua e palese dimostrazione di amore per la falsità e l’ipocrisia umane.
E Dio? Beh! Dio è misericordioso e tenero con i peccatori, quindi perché preoccuparsi di Dio?
Quando, il 4 marzo 2012, la Basilica di San Petronio, sempre a Bologna, ospitò i funerali del cantante Dalla, furono espresse non poche perplessità sia per la celebrazione del funerale, sia per l’orazione funebre pronunciata dal “compagno” di Dalla, termine “compagno” che non indicava la loro appartenenza allo sesso partito politico di sinistra, ma la condivisione dello stesso letto.
Anche in quella occasione lo stesso Silvagni, già vicario del Card. Caffarra, si esibì in una profonda disquisizione dottrinal-sociologica, affermando cose così:
Può sembrare ripetitivo, ma come poteva parlare un nuovo prete della nuova Chiesa conciliare?
Quando afferma che “la Chiesa non giudica l’uomo, semmai il peccato”, il nostro Silvagni mente sapendo di mentire, e mente da vescovo, quindi ancor più gravemente. Detta così sembra che egli, in confessionale, si limiti a gridare contro il peccato, lasciando senza assoluzione il peccatore… perché non lo giudica. Sarebbe come dire che la cacciata dal Paradiso Terrestre di Adamo sarebbe una clamorosa corbelleria propalata da duemila anni da quei furbacchioni di preti, perché in effetti allora venne cacciato il peccato, ma non il peccatore, perché la Chiesa, al pari di Dio, non giudica l’uomo!
Eppure, questi preti ci credono a queste cose che dicono, perché in effetti in loro è rimasto molto poco di cattolico, quel poco che basta per sembrare di esserlo. Ed è per questo che il Silvagni può rimanere ammirato per la “straordinaria sensibilità” manifestata dal “compagno” di Dalla, che avrebbe fatto “Un discorso profondo, che proveniva dal cuore”.
Il dramma è tutto per i cattolici che sono affidati alla cura di questi pastori: a causa di questi, molti di loro hanno più possibilità di piombare all’Inferno piuttosto che di ascendere in Paradiso… loro malgrado.
E dire che stiamo parlando dell’Arcidiocesi di Bologna, dove non tutto va per storto, a riprova del fatto che ormai, a cinquant’anni dal Vaticano II, nella Chiesa il profano si mischia paurosamente al sacro e l’errore si confonde disastrosamente con la verità.
Non si meraviglino certi amici cattolici, perché alla marea melmosa del Vaticano II ormai non sfugge quasi più niente e nessuno, si può possedere tutta la buona volontà del mondo, ma accettare il Vaticano II e le sue conseguenze, significa rimanere invischiati nella melma montante della degenerazione della dottrina e della morale: alla giustificazione del vizio farà seguito la sua normalizzazione, alla comprensione per l’immoralità farà seguito la normalizzazione delle “famiglie allargate”, alla tenerezza per le povere donne bistrattate nella Chiesa farà seguito l’ordinazione femminile, il tutto debitamente condito di opportuni richiami tradizionali, perché le pillole sembrino meno amare e tanti cattolici in buona fede finiscano col convincersi che si può rimanere fedeli agli insegnamenti e alla dottrina cattoliche pur contravvenendo qua e là ad esse.
D’altronde, quando oggi ascoltiamo le parole di papa Bergoglio, che sull’argomento mena vanto di non voler giudicare alcuno perché non può giudicarlo, … perché lui è nessuno… si capisce facilmente come il pesce puzzi dalla testa e come sia poi difficile puntare il dito contro un vescovo qualsiasi.
E noi, che siamo davvero nessuno, nello scrivere queste righe mossi da un certo pregiudizio cattolico duro a morire, riconosciamo volentieri che non possiamo giudicare nessuno e quindi non giudichiamo l’uomo Silvagni, ce ne guarderemmo bene, ma il suo peccato di violazione dei comandamenti di Nostro Signore, quello sì, quello lo giudichiamo e lo condanniamo, quel peccato che ogni vero cattolico riconosce e fugge in forza del Battesimo, quel peccato che va additato e condannato se veramente ognuno di noi mira a perseguire la salvezza della propria anima.
In verità ce n’è motivo, ma in quanto alla meraviglia, questa veramente meraviglia!Il nostro povero paese cattolico, ridotto a ben più che un “bordello”, come lamentava Dante già 700 anni fa, è avviato ormai su una china inarrestabile che ci condurrà a ben profondi precipizii. Nessuna meraviglia dunque se gli organi giudiziarii, coadiuvati dal competente personale assegnato ai laicissimi “servizi sociali”, assumono decisioni che sconcertano molti cattolici, da un lato, e compiacciono molti acattolici e anticattolici, dall’altro.
La realtà che viviamo è esattamente connotata dal rifiuto degli insegnamenti cattolici, e cioè degli insegnamenti di Nostro Signore, realizzato con parole e con comportamenti anche da un numero sempre crescente di “cattolici nominali”.
Nessuna meraviglia, dunque, se la cosiddetta “società civile” affida, per esempio, una bambina ad una coppia di omosessuali. Cosa c’è di strano?
Anzi, se qualcuno pensa ancora, nel 3000, che forse gli omosessuali non sono persone normali, ma persone leggermente diverse dalla maggior parte dei componenti la nostra società, farà bene ad aggiornarsi e a prendere atto che il “diverso” è proprio lui.
D’altronde, a quanto si legge sugli organi di informazione, questo di Bologna non è il primo caso in Italia, ce ne sono già tanti e tutti propedeutici al prossimo civilissimo obiettivo: il diritto all’adozione di minori da parte degli omosessuali, preceduto o accompagnato dall’altro loro sacrosanto diritto: quello di sposarsi.
Questo capovolgimento della realtà naturale è talmente diffuso e accettato che la bambina in questione, si legge, sarebbe stata affidata agli omosessuali col consenso della madre.
Quindi, chi si meraviglia è davvero un prevenuto, uno fuori dal mondo e un sicuro candidato alle patrie galere. Che stia accorto, il malcapitato!
Ovviamente ci si sarebbe aspettato che gli uomini di Chiesa, più o meno silenti di fronte alla deriva degenerativa e sulfurea della cosiddetta “società civile”, questa volta, anche una tantum, dato il clamore, alzassero qualche flebile voce, se non altro per avanzare qualche distinguo. Perfino quei cattolici che avrebbero voluto ascoltare il tuonare dei vescovi e avrebbero voluto vedere i fulmini scagliati dal Papa si sarebbero accontentati, un po’ col naso turato, di una lapidaria dichiarazione di un qualche portavoce curiale o diocesano.
E invece no, tutti devono accontentarsi delle dichiarazioni di un vescovo, in questo caso proprio in quel di Bologna, che con fare forbito e con consumata malizia, rilascia una sorta di nulla osta a siffatte vicende.
È il caso di tale Giovanni Silvagni, Vescovo Vicario del Cardinale Carlo Caffarra, Ordinario dell’Arcidiocesi di Bologna.
Interpellato in merito al caso in questione, questi se ne esce dicendo (Corriere di Bologna, 16 novembre 2013):
“Dico che bisogna pensare al bene della bambina e alle motivazioni che hanno spinto i giudici a ritenere opportuno il suo affidamento a quella coppia piuttosto che a un’altra. Non credo che il giudice abbia affidato la bimba a quelle persone perché omosessuali, ma solo per fare il bene del minore”.
“Davanti ai casi concreti, ritengo che sia necessario pensare alle persone concrete”.
“qui stiamo parlando di quella bambina e di due persone di cui non conosciamo nulla. Non usiamo questo caso come una bandiera in un senso piuttosto che in un altro. Pensiamo al bene di questa bambina”.
Come si può capire facilmente da queste affermazioni, ci troviamo al cospetto di parole che solo un moderno vescovo cattolico poteva pronunciare: parole da cui emerge con chiarezza l’assenza dell’insegnamento di Cristo e della volontà di Dio.
Potremmo commentare parola per parola queste affermazioni, ma ci basta sottolineare il candore di “due persone di cui non conosciamo nulla” preceduto da “Non credo che il giudice abbia affidato la bimba a quelle persone perché omosessuali”.
È così che parlano i nuovi preti della nuova Chiesa conciliare: affermano una cosa per sconfessarla subito con un’altra. Schizofrenia? No, coerenza nella sudditanza al mondo, continua e palese dimostrazione di amore per la falsità e l’ipocrisia umane.
E Dio? Beh! Dio è misericordioso e tenero con i peccatori, quindi perché preoccuparsi di Dio?
Quando, il 4 marzo 2012, la Basilica di San Petronio, sempre a Bologna, ospitò i funerali del cantante Dalla, furono espresse non poche perplessità sia per la celebrazione del funerale, sia per l’orazione funebre pronunciata dal “compagno” di Dalla, termine “compagno” che non indicava la loro appartenenza allo sesso partito politico di sinistra, ma la condivisione dello stesso letto.
Anche in quella occasione lo stesso Silvagni, già vicario del Card. Caffarra, si esibì in una profonda disquisizione dottrinal-sociologica, affermando cose così:
“Marco [il “compagno” di Dalla] ha dimostrato straordinaria sensibilità nello scegliere le parole più adatte. Un discorso profondo, che proveniva dal cuore, ha detto quello che sentiva e che forse solo lui, visto lo stretto rapporto con Dalla, poteva percepire, … La sua è stata davvero una bella testimonianza”. … “a me e alla Chiesa non interessa certo il genere di rapporto che univa Alemanno e Dalla, noi li abbiamo accolti entrambi nella cerimonia. Il resto, credo, debba essere lasciato alla riservatezza. … Per il resto io non entro nella loro sfera personale che tale deve rimanere. Loro non hanno voluto esternarla e noi, la Chiesa, ci limitiamo a rispettare questa decisione”. (Quotidiano Nazionale, 6 marzo 2012).
“Non è stata la celebrazione di un funerale di un omosessuale, ma il funerale di un uomo … La Chiesa ai funerali prega per il defunto e per la sua salvezza eterna, lo fa per tutti, perché tutti siamo peccatori, e tutti possiamo avere un funerale. Ma la Chiesa non giudica l’uomo, semmai il peccato.” (Il Resto del Carlino, 5 marzo 2012).
Può sembrare ripetitivo, ma come poteva parlare un nuovo prete della nuova Chiesa conciliare?
Quando afferma che “la Chiesa non giudica l’uomo, semmai il peccato”, il nostro Silvagni mente sapendo di mentire, e mente da vescovo, quindi ancor più gravemente. Detta così sembra che egli, in confessionale, si limiti a gridare contro il peccato, lasciando senza assoluzione il peccatore… perché non lo giudica. Sarebbe come dire che la cacciata dal Paradiso Terrestre di Adamo sarebbe una clamorosa corbelleria propalata da duemila anni da quei furbacchioni di preti, perché in effetti allora venne cacciato il peccato, ma non il peccatore, perché la Chiesa, al pari di Dio, non giudica l’uomo!
Eppure, questi preti ci credono a queste cose che dicono, perché in effetti in loro è rimasto molto poco di cattolico, quel poco che basta per sembrare di esserlo. Ed è per questo che il Silvagni può rimanere ammirato per la “straordinaria sensibilità” manifestata dal “compagno” di Dalla, che avrebbe fatto “Un discorso profondo, che proveniva dal cuore”.
Il dramma è tutto per i cattolici che sono affidati alla cura di questi pastori: a causa di questi, molti di loro hanno più possibilità di piombare all’Inferno piuttosto che di ascendere in Paradiso… loro malgrado.
E dire che stiamo parlando dell’Arcidiocesi di Bologna, dove non tutto va per storto, a riprova del fatto che ormai, a cinquant’anni dal Vaticano II, nella Chiesa il profano si mischia paurosamente al sacro e l’errore si confonde disastrosamente con la verità.
Non si meraviglino certi amici cattolici, perché alla marea melmosa del Vaticano II ormai non sfugge quasi più niente e nessuno, si può possedere tutta la buona volontà del mondo, ma accettare il Vaticano II e le sue conseguenze, significa rimanere invischiati nella melma montante della degenerazione della dottrina e della morale: alla giustificazione del vizio farà seguito la sua normalizzazione, alla comprensione per l’immoralità farà seguito la normalizzazione delle “famiglie allargate”, alla tenerezza per le povere donne bistrattate nella Chiesa farà seguito l’ordinazione femminile, il tutto debitamente condito di opportuni richiami tradizionali, perché le pillole sembrino meno amare e tanti cattolici in buona fede finiscano col convincersi che si può rimanere fedeli agli insegnamenti e alla dottrina cattoliche pur contravvenendo qua e là ad esse.
D’altronde, quando oggi ascoltiamo le parole di papa Bergoglio, che sull’argomento mena vanto di non voler giudicare alcuno perché non può giudicarlo, … perché lui è nessuno… si capisce facilmente come il pesce puzzi dalla testa e come sia poi difficile puntare il dito contro un vescovo qualsiasi.
E noi, che siamo davvero nessuno, nello scrivere queste righe mossi da un certo pregiudizio cattolico duro a morire, riconosciamo volentieri che non possiamo giudicare nessuno e quindi non giudichiamo l’uomo Silvagni, ce ne guarderemmo bene, ma il suo peccato di violazione dei comandamenti di Nostro Signore, quello sì, quello lo giudichiamo e lo condanniamo, quel peccato che ogni vero cattolico riconosce e fugge in forza del Battesimo, quel peccato che va additato e condannato se veramente ognuno di noi mira a perseguire la salvezza della propria anima.
di Belvecchio
Se l’Avvenire non condanna le linee guida dell’OMS sulla sessualità…
Lettera aperta al giornale Avvenire
Leggo con autentico sconcerto il commento tanto benevolo e
conciliante di Avvenire al documento dell’OMS che pretende di educare i
nostri bambini alla introduzione precoce a tutte le aberrazioni
pansessualiste imposteci a marce forzate da uno strapotere totalitario.
Ci voleva proprio l’”esperto” con la sua predica laica per individuare e
sottolineare, in un simile concentrato di enormità, vari aspetti
positivi. E tendere così la mano ai nuovi mostri.
Dagli 0 ai 4 anni il documento in questione prevede il diritto
dell’educando “di indagare la propria nudità e il proprio corpo”, con il
correlativo dovere dei docenti di “informarlo sul piacere e sul
godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla
masturbazione precoce infantile”; appena più avanti, dai 9 anni, il
discente andrebbe messo in grado di “decidere in modo responsabile se
avere o non avere esperienze sessuali”, con tutto il corredo di
informazioni e competenze necessarie per districarsi tra le “differenti
tipologie di contraccettivi” e per comprendere il “loro uso”. E poi
avanti, in una avanzata travolgente di “prevenzione di gravidanze
indesiderate”, pillole del giorno dopo, “diritto di aborto” (sic!),
fecondazione artificiale, maternità surrogate. Sì, perchè anche le
coppie omosessuali hanno diritto ad avere dei figli, e infatti: se dagli
0 anni ai 4 anni bisogna spiegare al pargolo che egli vanta “il diritto
di scoprire la sua identità di genere”, dopo i 4 anni si deve renderlo
edotto “sull’amicizia e sull’amore tra persone dello stesso sesso” e
sulle varie tipologie di famiglia, perché si generi in lui una
“favorevole disposizione verso l’uguaglianza di genere nei rapporti
interpersonali e nella scelta del partner”.
Di fronte a tutto questo, e a ben di più, Avvenire e il dottor
Tortalli quale collaboratore della CEI (!!!!) ci dicono che non è
proprio tutto da buttare, che rapinare i bambini della loro innocenza e i
loro genitori del diritto di educarli, in fondo, fino a un certo punto
va pure bene.
Basta non esagerare.
Complimenti davvero.
Elisabetta Frezza
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