CI METTERAI LA TESTA
( se non rammendi una smagliatura si formerà in buco così grande dove entrerà la testa)
Giustamente il direttore della Nuova Bussola Quotidiana ha espresso su queste pagine (La Nuova Bussola Quotidiana - n.d.r.) con
molta chiarezza tutte le sue perplessità di fronte a una strana
posizione che nel mondo cattolico italiano va facendosi strada in
materia di unioni gay.
Si tratta di una nuova dottrina
che si può riassumere nello slogan: no al matrimonio tra omosessuali, ma
sì al riconoscimento dei diritti civili e di forme di unioni
diversamente denominate.
I CATTOLICI E QUEL BUCHINO NELLA DIGA
Ora, la faccenda è di notevole portata, quando si pensi che a sostenere questa posizione sono, fra gli altri, mons. Vincenzo Paglia, mons. Piero Marini, il quotidiano della CEI Avvenire, il portavoce della sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, il filosofo del diritto e presidente dell’Unione Giuristi cattolici Francesco D’Agostino.
Fino a qualche decennio fa,
quando fra i cattolici qualcuno sbandava e la sparava grossa, ce la si
cavava dicendo: beh, è una posizione isolata, è una voce stonata fuori
dal coro. Succedeva così con i teologi ribelli, le comunità di base, i
preti operai, i frate mitra, i cattocomunisti del regime sandinista, i
moralisti dell’università di Nimega, eccetera eccetera. Adesso il quadro
si è fatto più complicato, e di fronte alla presa di posizione che
caldeggia forme di riconoscimento delle unioni diverse dal matrimonio,
nessuno può più cavarsela dicendo che si tratta di sparate solitarie.
Anzi: i solitari rischiano di diventare quelli che a tali posizioni
aperturiste provano a opporsi.
Qui assistiamo a un fenomeno
organico: dopo aver sostenuto per decenni che non c’era alcun bisogno di
legiferare per tutelare le persone omosessuali o eterosessuali
conviventi more uxorio – ragioni riassunte in modo cristallino da
Gianfranco Amato – tutt’a un tratto il mondo cattolico italiano
ufficiale fa marcia indietro, e scopre che invece la tutela ci vuole, e
che bisogna fare una legge in materia.
Era giusta la posizione
precedente, o quella attuale? Il principio di non contraddizione
impedisce di ammettere che siano entrambe vere, poiché sono
intrinsecamente alternative e contraddittorie fra loro. Per quale
ragione Avvenire e i giuristi di area cattolica prima liquidavano i Dico
del Governo dei “cattolici” Prodi-Bindi come un mostro inaccettabile, e
adesso invece invocano soluzioni giuridiche che ripercorrono quella
strada? Che cosa è successo? Semplice: sta per essere girata una nuova
puntata della telenovela cattolica dedicata al cosiddetto male minore.
Da una decina d’anni, la dottrina
del male minore si è impossessata come un demone di importanti fette
del mondo cattolico. In base a questa strategia, i cattolici in politica
- e gli organi di informazione e formazione che li spalleggiano – non
devono più “limitarsi” (sic) ad affermare i principi non negoziabili
opponendosi alle iniziative legislative che li negano, ma devono
assumere l’iniziativa legislativa promuovendo leggi che affermano quei
principi solo in parte, ma che impediscono l’approvazione di leggi
peggiori.
La madre di tutte le battaglie
per il male minore è stata quella sulla fecondazione artificiale: gli
esponenti dell’ex Pci – sinceramente non mi ricordo se all’epoca si
chiamassero Pds, Ds, o Pd – promossero una legge che avrebbe legalizzato
i bambini in provetta ammettendo sia la fivet omologa che quella
eterologa, e adottando una linea estremamente permissiva. A quel punto, i
cattolici produssero un documento che definiva “buona” una legge che
avesse vietato la fecondazione artificiale eterologa. Tra i promotori
principali di quel manifesto si segnalò il professor Antonio Maria
Baggio, lo stesso intellettuale cattolico che l’altro giorno ha salutato
la nomina di Emma Bonino a ministro degli Esteri dicendo: “Vorrei
sottolineare, per esempio, l’inserimento della signora Bonino nel
governo, posta in un luogo come gli Esteri, che lei ha sempre vissuto in
chiave soprattutto di diritti umani e di diritti dei popoli piuttosto
che di rapporti tra gli Stati. Anche questa, vorrei sottolineare, è una
scelta che a me sembra positiva».
La conseguenza operativa di quel
manifesto fu la legge 40 del 2004, che fu presentata dai mass media come
“la legge cattolica sulla fecondazione artificiale”, e culturalmente
divenne anche sul piano morale “la via cattolica alla provetta”.
Sappiamo che la legge da allora è oggetto di un’operazione di
smantellamento giudiziario, al quale il mondo cattolico si oppone con
particolare tenacia. Al punto che la fivet omologa viene presentata come
buona, e quella eterologa come cattiva. Con il fenomeno legge 40 si
compiva una svolta epocale nel modus operandi del mondo cattolico: si
accettava di lavorare a favore di leggi di compromesso, allo scopo di
limitare i danni, rinunciando a combattere sul piano giuridico,
politico, culturale, morale e teologico per proclamare la verità tutta
intera su una questione cruciale di rilevanza pubblica. Non a caso la
legge 40 fotografava la prassi clinica in atto all’ospedale “cattolico”
San Raffaele, il cui comitato etico sosteneva già nel 1996 che la fivet
omologa senza embrioni soprannumerari fosse conforme alla dottrina
cattolica sulla procreazione. Tesi smentita – anche se non pubblicamente
– dalla Congregazione per la dottrina della fede.
Una seconda puntata di quella
telenovela venne girata nell’autunno del 2008, quando, sotto la spinta
del caso Englaro - che avrebbe avuto il suo tragico epilogo nel
febbraio del 2009 – il presidente della Conferenza Episcopale cardinale
Angelo Bagnasco decise un altro cambiamento di rotta: sì al testamento
biologico, ribattezzato Dichiarazioni anticipate di trattamento, le
famose Dat. Ogni studioso di bioetica sa che gli autori cattolici sono
sempre stati contrari all’uso di questo strumento. Quindi anche in
questo caso si assisteva allo sdoganamento politico e giuridico di una
soluzione – quella delle Dat – che fino a pochi giorni prima di quel
discorso della Cei era totalmente osteggiato dal mondo cattolico. La
legge fu sostenuta con furore dagli ambienti cattolici ufficiali, ma non
passò a causa della crisi del Governo Berlusconi. Anche in questo caso,
il risultato è stato che il testamento biologico viene presentato nel
mondo cattolico come uno strumento buono, auspicabile, e perfino
necessario.
Il caso della giravolta
dottrinale sulle unioni gay si può comprendere solo dentro a questo
scenario. Anche in questo caso, i cattolici temono – e hanno ragione –
che la massa di deputati del Pd, di Sel, dei grillini, insieme a
spezzoni dei laici del Pdl e di Scelta Civica, votino una legge sui gay
del tutto simile a quella francese. Ed ecco il “colpo di genio”:
prendere l’iniziativa, promuovendo una legge che riconosca alcuni
diritti civili, che permetta anche di regolamentare le unioni fra
persone dello stesso sesso, rimuovendo l’aspetto sessuale-affettivo del
legame, e permettendo a chiunque – quindi anche ai gay – di beneficiare
di tale normativa. In questo modo – pensano questi autorevoli cattolici –
eviteremo che si usi a sproposito il termine matrimonio, e impediremo
le adozioni da parte di persone conviventi dello stesso sesso.
Come si vede, la logica è sempre
la stessa: la linea del Piave morale non è più tracciata da principi
invalicabili proclamati anche con l’azione politica e giuridica. Non ci
si assesta più su posizioni intransigenti, del tipo: no al divorzio, no
all’aborto, no ai bambini in provetta, no all’eutanasia, no al
riconoscimento dell’omosessualità come valore che genera uno status
giuridico. Per carità, queste posizioni non sono apertamente negate.
Semplicemente, scompaiono dal dibattito pubblico. Il politico di
riferimento, al quale i cattolici hanno appaltato i temi eticamente
sensibili, su questi principi tace. E diventa molto loquace nel
sostenere le soluzioni di compromesso – ovviamente lodate come punto di
equilibrio alto e civile – che verranno sostenute in sede parlamentare.
Dunque la linea del Piave morale per i cattolici si sposta
continuamente: in un certo momento coincide con il rifiuto dei matrimoni
gay; in un momento successivo, arrivate le nozze gay, coincide con il
rifiuto delle adozioni per i gay; in un momento ancora successivo,
giunte le adozioni, il politico cattolico sposta la trincea al punto in
cui si richiede che i gay siano conviventi da almeno cinque anni, e
facciano la raccolta differenziata correttamente e allevino un cucciolo
di cane da almeno tre. E così via.
Insomma: al mondo cattolico sta
accadendo quello che succede, da sempre, ai partiti politici, in special
modo di sinistra: la “linea” del comitato centrale sostituisce e si
mangia la dottrina ideologica, modificandola in continuazione. Per il
militante del Pci italiano, nel 1956 i carri armati sovietici in
Ungheria vanno bene, nel 1968 quelli a Praga vanno già meno bene; nel
1978 i carri armati in Polonia non vanno più bene; nel 2013 il militante
ex comunista dichiara: “quali carri armati?”
Ovviamente, con riferimento alla
Chiesa cattolica non stiamo parlando di una ideologia, ma di una
dottrina divinamente ispirata, fondata sulla Tradizione e sulla Sacra
Scrittura. Il nostro è solo un ragionamento analogico, per capirci.
Questa è la ragione per cui il cattolico – peggio se è un intellettuale,
o un giornalista, o perfino un politico – che oggi insista a
testimoniare pubblicamente la non negoziabilità di certi principi,
finisce in fuorigioco, fa la fine del classico giapponese che combatte
nell’isola del Pacifico una guerra che non c’è più.
Ma almeno, uno potrebbe chiedere,
questa “dottrina del male minore” porta davvero dei risultati? Sì: il
disastro. Quando ero bambino, mio padre mi ripeteva spesso l’apologo
della diga. Per quanto grande e robusta possa essere una diga – mi
diceva – se in quel cemento armato si apre un piccolo forellino, e
l’acqua comincia a passarci attraverso, è solo questione di tempo, e
prima o poi la diga viene giù tutta quanta. Ecco, la dottrina del male
minore ignora che ogni concessione fatta pubblicamente al male e alla
menzogna è un buco nella diga della verità. Prima o poi, tutto è
travolto dalla logica, distruttiva, del compromesso.
Mario Palmaro (Fonte: LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA)
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