Da Malachia alla beata Emmerick, le nefaste profezie sul Papato
“Fra i volatili terrete in abominio questi, che non dovrete mangiare, perché ripugnanti: l’aquila, l’ossìfraga e l’aquila di mare”, recita il Levitico. Non c’è il gabbiano, ma il genere è più o meno quello. La Bibbia mette in guardia da quegli uccellacci: sono impuri, deplorevoli. Abramo fu costretto a scacciarli mentre si calavano sulle prede sacrificate a suggello dell’alleanza con Dio. Presagio nefasto, segno che la sua discendenza sarebbe stata perseguitata. E dopotutto, come diceva san Paolo, la discendza di Abramo è quella cristiana. Qualcuno in piazza San Pietro, domenica al termine dell’Angelus, ha ricordato questi episodi, mentre guardava il gabbiano attaccare la povera colomba.
Inseguirla, sbranarla, divorarla. Scena raccapricciante che assumeva tinte ancor più fosche se si considerava che insieme al gabbiano reale c’era pure un’enorme cornacchia nera – immediato e scontato il collegamento con i corvi (umani, però) che azzopparono il pontificato ratzingeriano – intenta a dare la caccia ai poveri volatili appena liberati dal Papa. Niente di strano, tranquillizzano laicamente e con un sorriso divertito gli etologi: non avete mai visto un gabbiano reale che stordisce, colpisce e mangia un piccione in un parco, una piazzetta o più semplicemente sul tetto del palazzo di fronte al vostro? Accade continuamente, soprattutto quando il gabbiano affamato non ne può più di rovistare tra i rifiuti lasciati in mezzo alla strada e di pesce fresco in giro non ce n’è neanche l’ombra. Ecco, la colomba è nient’altro che un piccione, cambia solo la livrea, ma la sostanza è quella. Ha pure lo stesso nome latino, columba livia.
Tutto vero, ma se l’attacco avviene in piazza San Pietro, se la colomba a essere colpita e finita a colpi di becco è quella poco prima liberata dal Papa, a pensar male ci vuole poco. Per i celti, il gabbiano annunciava la tempesta incombente, l’arrivo di qualcosa di spaventoso, tormentato, oscuro. Così, qualcuno non propriamente in sintonia con il magistero di Papa Francesco ha subito visto in quel rapido inseguimento tra volatili il compimento della profezia di san Malachia, con Francesco ultimo Papa prima della fine dei tempi; ha ricordato le profezie della beata Emmerick sulla distruzione della chiesa quando a Roma ci sarebbero stati due pontefici. Tutto torna, dopotutto: il fulmine che colpisce la cupola di San Pietro il giorno in cui Benedetto XVI rinuncia al ministero petrino, la folgore che danneggia la mano del Cristo Redentore sul Corcovado una settimana fa, e ora corvidi e gabbiani che divorano le colombe papali. E quel gabbiano – che è uno degli attributi di sant’Ambrogio –, mica sarà lo stesso che se ne stava appollaiato sul comignolo della Sistina per ore intere, aspettando la fumata bianca? Non ci sarà un significato nascosto anche qui? Notavano poi acuti osservatori presi dall’angoscia e convinti di aver intravisto i contorni ancora sfumati del mysterium iniquitatis, che questa è la prima volta che le colombe scappano dal Palazzo apostolico: di solito rientravano nella casa del Papa. Giovanni Paolo II rideva mentre i volatili si appoggiavano sullo zucchetto: “Lo spirito santo sotto forma di colomba – i Vangeli ricordano che quando Gesù fu battezzato, lo spirito divino discese su di lui nella forma di una colomba – controlla che il Papa faccia tutto bene”, diceva mentre con la mano tentava di liberarsi dalla presenza del volatile. E così anche con Benedetto XVI. Pure l’anno scorso un gabbiano si diede alla caccia della colomba liberata da Ratzinger, ma questa riuscì a salvarsi nascondendosi dietro la serranda della finestra della camera da letto del Papa. Aperta, visto che il Papa in quel palazzo c’abitava ancora.
Forse, per evitare di scomodare san Giovanni e l’Apocalisse con tanto di trombe e sigilli pronti ad annunciare la fine di tutto, sarebbe bastato tenere aperta la finestra accanto a quella dello studio papale. La sciagurata colomba si sarebbe salvata, nonostante rapaci deplorevoli e impuri pronti a sbranarla.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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2. A ROMA 40MILA GABBIANI, È ALLARME: "TROPPI RIFIUTI. UN PERICOLO ANCHE PER L'UOMO"
Cecilia Gentile per "La Repubblica - Roma"
Domenica la colomba lanciata da papa Francesco ghermita e predata da un gabbiano e un corvo sopra gli occhi di migliaia di fedeli in piazza San Pietro. E ieri subito le polemiche dell'Enpa, l'ente nazionale protezione animali che chiede al pontefice di interrompere il rito del lancio. Il fatto è che ormai Roma è invasa dai gabbiani reali e dalle cornacchie. Questi enormi volatili hanno scelto la capitale non più come luogo di passaggio, ma per nidificare.
malagrotta rifiuti discarica
ROMA INVASA DAGLI STORNI
FULCO PRATESIhttp://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-70822.htm
1 - GLI UCCELLI DI HITCHCOCK A SAN PIETRO
Mariarosa Mancuso per "Il Foglio"
GABBIANOMariarosa Mancuso per "Il Foglio"
E' la natura, quella che fa spettacolo nei documentari sugli animali: il leone insegue la gazzella e la sbrana, il pesce grosso divora il pesce piccolo, il predatore acchiappa la preda (con molta ammirazione per la supervista che rende la caccia possibile a grande distanza). Nella versione di Orson Welles (il film era "Rapporto confidenziale") è lo scorpione che - "è nella mia natura" - punge la rana anche dopo aver patteggiato un accordo di non aggressione per attraversare il fiume.
E' la natura, a cui il volo pacifista della colomba bianca risulta indifferente quanto l'aggressione del corbaccio nero. Per il gabbiano, poi, è il momento della verità, ottimo per spazzar via finalmente il "Gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach: mai abbiamo capito come mai l'antipatico pennuto sia stato trasfigurato in un maestro spirituale, tutto abnegazione e sacrificio di sé.
E' la natura. Non un cattivo presagio da cavalcare temendo le ricadute sull'Ucraina, sulla pace nel mondo, sul papato di Francesco. Deplorando la finestra che era chiusa e non ha dato rifugio alle due colombelle, come accaduto in passato, oppure la bandiera arcobaleno che in piazza San Pietro non a tutti piace. A noi ha ricordato "Mars Attacks!", il film di Tim Burton sui marziani, anno 1996.
IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO
Mandano messaggi d'amicizia, si fingono pacifici, ma appena un hippie accampato per riceverli fa svolazzare una candida colomba gliela inceneriscono con il raggio laser. Si passa alla fase due, guerra senza quartiere. Finché i marziani vengono sconfitti con le note di una canzone country. Siccome nessuno impara mai niente, i terrestri sopravvissuti ai marziani - tutte brave persone, i politici sono i primi a morire - gioiscono nella natura con i cerbiattini.
E naturalmente non hanno messo in conto neppure un leone affamato. Alfred Hitchcock, che i finali li sapeva girare un po' meglio, lascia gli uccelli appollaiati ovunque a Bodega Bay (non volle neppure la scritta "The End", il film termina con un fotogramma nero). Gabbiani e corvi, neanche a farlo apposta, stanno sui fili elettrici, sui tetti delle case, sullo steccato, nel giardinetto ben curato, mentre Tippi Hedren, Rod Taylor e Jessica Tandy cercano di salire in macchina e lasciare la cittadina.
IL PAPA LIBERA DUE COLOMBE E UNA VIENE MANGIATA DA UN GABBIANO
Fa ancora paura, perché è subito evidente che gli uccelli attaccano gli umani, e hanno il vizietto di cavare gli occhi. Ed è altrettanto evidente che il regista non ha nessuna intenzione di spiegarci come mai i pennuti abbiano improvvisamente cambiato comportamento. Libertà di interpretazione per lo spettatore, a garanzia di un terrore che dura nel tempo. E che ha trasformato un raccontino di Daphne Du Maurier nell'immagine del male: qualcosa che non si annuncia e resiste alle spiegazioni facili.
Durerà ahimè anche l'istantanea (per i cultori esiste anche il video) della colomba aggredita dal gabbiano, che si moltiplicherà invece come portatrice di messaggi. Oltre alla pace vieppiù in pericolo, c'è il turbamento dell'equilibrio ecologico, come se prede e predatori non esistessero, appunto, in natura. I seguaci di Nostradamus avranno la loro profezia bella e pronta all'uso.
Discarica di Malagrotta
Gli artisti ne fanno un'icona, trovandosi il lavoro egregiamente sbrigato. Deploreremo e commenteremo, qualcuno si ricorderà della fotografia del fulmine che aveva colpito San Pietro la sera delle dimissioni di Papa Benedetto XVI. Tutto, tranne rassegnarsi al fatto che la natura non è un luogo armonioso e pacificato come in un film con gli allegri coniglietti di Walt Disney.
2. A ROMA 40MILA GABBIANI, È ALLARME: "TROPPI RIFIUTI. UN PERICOLO ANCHE PER L'UOMO"
Cecilia Gentile per "La Repubblica - Roma"
Domenica la colomba lanciata da papa Francesco ghermita e predata da un gabbiano e un corvo sopra gli occhi di migliaia di fedeli in piazza San Pietro. E ieri subito le polemiche dell'Enpa, l'ente nazionale protezione animali che chiede al pontefice di interrompere il rito del lancio. Il fatto è che ormai Roma è invasa dai gabbiani reali e dalle cornacchie. Questi enormi volatili hanno scelto la capitale non più come luogo di passaggio, ma per nidificare.
Quale habitat migliore della nostra città, che per decenni ha assicurato succulenti pasti al "ristorante Malagrotta" e continua ad offrire cibo a volontà dai cassonetti ridondanti di rifiuti? "I gabbiani - avvisa Bruno Cignini, zoologo e direttore del dipartimento Ambiente del Comune - si riproducono a ritmi esponenziali: da ogni coppia nascono almeno due piccoli, e ormai siamo a 40mila esemplari".
Alfred Hitchcock
"Altro che cercare di impedire al Papa di lanciare colombe dalla finestra di piazza San Pietro - ribatte all'Enpa il deputato Pd, Michele Anzaldi - Il caso del volatile simbolo della pace finito vittima di gabbiani e corvi è l'ennesima conferma che il problema dei gabbiani a Roma sta assumendo dimensioni enormi, e peggiorerà con la chiusura definitiva della discarica di Malagrotta".
Lo scenario disegnato da Anzaldi per l'immediato futuro è agghiacciante: "Ci saranno migliaia di gabbiani che si riverseranno inevitabilmente sulla capitale. L'ecosistema cittadino verrà stravolto, gli stessi romani saranno in pericolo". Secondo Cignini il rischio c'è, eccome: "Nel periodo della riproduzione, tra aprile e luglio, i gabbiani diventano violenti e attaccano le persone che si avvicinano per difendere le uova. Gli uccelli più piccoli, come i passeri, i pettirossi, gli scriccioli, stanno sparendo dalla città, predati dai gabbiani".
Alfred Hitchcock
E dire che tutto è iniziato nel 1973, quando Fulco Pratesi portò allo zoo una gabbianella zoppa trovata nell'isola di Giannutri. La gabbianella richiamò un gabbiano di passaggio che scese ad accoppiarsi. Da allora i gabbiani presero a nidificare: prima nel recinto degli elefanti, poi sulla roccia delle tigri, infine hanno invaso il centro storico. Il Comune ha cominciato a pensarli come un problema, esattamente come gli storni.
Ma per gabbiani e cornacchie non esistono ultrasuoni che riproducano urla di terrore per allontanarli. "Bisogna controllare le nascite, impedire loro di nidificare - riprende Cignini - a Trieste hanno adottato il sistema di togliere le uova dal nido. Qui gli animalisti sono contrari e c'è una legge, la 157, che li protegge come specie selvatica. È un bel problema...".
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