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sabato 11 gennaio 2014

Un altro infelice

Riflessioni dopo il commento di Introvigne su Palmaro

Noi tutti stiamo soffrendo la imposizione dello stravolgimento della legge naturale e divina da forze che la Chiesa, per il suo divino mandato e quindi per la sua stessa ragion d’essere, dovrebbe combattere fino al martirio, come è avvenuto nei secoli e come tuttora avviene in tante parti del mondo. Ma la Chiesa, proprio là da dove dovrebbe irradiare la propria luce per guidare anche nel buio della storia, si confonde con i suoi nemici e abbandona il gregge in balia dei lupi.
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pptrlfllMassimo Introvigne, nella sua replica all’intervento di Mario Palmaro su “La Nuova Bussola”, individua inopinatamente due contraddittori invece di uno: se avesse letto il commento di Giuliano Ferrara alla omelia tenuta da Bergoglio per la canonizzazione di Favre, si sarebbe accorto infatti che il direttore del Foglio non lesina certo un forte entusiasmo per il “gesuitismo cinquecentesco”, esteso a quello à la carte del Vescovo di Roma.

Di fronte alla critica serrata di Mario Palmaro per la direzione impressa alla Chiesa nell’ultimo anno, Introvigne fornisce subito la chiave di lettura della teologia di Bergoglio, che ricalcherebbe esattamente quella ignaziana: lo scopo fondamentale dell’uomo, quello per cui è stato creato, è rendere gloria a Dio. Come si rende gloria a Dio? Salvando la propria anima e aiutando gli altri a salvare la loro. A questo punto il buon cristiano si chiede cosa deve fare per salvarsi l’anima. La risposta è perentoria: rendendo gloria a Dio.
Un po’ come la storia del re che, seduto sul sofà, diceva al suo scudiero: “raccontami una storia” e lo scudiero cominciò: “c’era una volta un re, seduto sul sofà, che diceva al suo scudiero: raccontami una storia….”.
Dunque il problema è quello della storia, cioè della Salvezza. Non definendo il contenuto di questa, affermare che “tutto il resto è mezzo allo scopo, compresa la morale, sia individuale che sociale” significa abolire qualunque criterio di valutazione e di orientamento delle azioni umane.
Mentre rimaniamo sospesi nel vuoto di questo dubbio capitale, Introvigne non trova di meglio che andare a spasso tra giansenisti e gesuiti, tra Pascal e l’incolpevole Del Noce, passando per il sempreverde Martini, fino ad arruolare nel machiavellico disegno – che  appunto vuole sottomettere ad una imprecisata salvezza ogni esigenza morale – persino gli ignari Pio X e Benedetto XVI, il cui pensiero, tanto lucidamente espresso proprio nel famoso discorso ai Bernardins, viene impunemente contraffatto.
Della salvezza delle anime continuiamo a non sapere nulla, ma improvvisamente ci viene offerto un interessante spunto di comprensione: fondamentale per essa è il successo mediatico del papato. Il Vicario di Cristo non si può permettere di calare il proprio share irritando il pensiero televisivo dominante coll’affrontare temi “divisivi”, che vanno lasciati al “discernimento” creativo dei vescovi. Un eventuale invito a Sanremo, per esempio, rischierebbe di essere compromesso.
Del resto – dice Introvigne – “le strategie non sono né vere né false: sono giuste o sbagliate”. Nessuno ha mai così icasticamente espresso il pensiero del segretario fiorentino. Così come, va riconosciuto, nessun interprete era riuscito finora a immedesimarsi tanto bene nel pensiero di Bergoglio.
A questo punto, però, vale la pena di ricordare a Introvigne che le parole che segnano le realtà decisive per la vita dell’uomo non possono essere svuotate dei loro imprescindibili significati, magari paludandole con suggestioni erudite.
La gloria di un Dio vicino all’uomo com’è il Dio di Gesù Cristo non può non passare per l’obbedienza alla Sua volontà: una volontà che non può non essere diretta al bene dell’uomo.
Noi non adoriamo una dea Kalì, per la cui gloria l’uomo viene annientato, ma Dio Padre che ci indica la strada del bene. La legge di Dio è preordinata al bene dell’uomo, come singolo e come comunità. E la Chiesa ha avuto da sempre il compito di guidare verso la vita buona che, sola, è strumento di salvezza.
Noi tutti stiamo soffrendo la imposizione dello stravolgimento della legge naturale e divina da forze che la Chiesa, per il suo divino mandato e quindi per la sua stessa ragion d’essere, dovrebbe combattere fino al martirio, come è avvenuto nei secoli e come tuttora avviene in tante parti del mondo. Ma la Chiesa, proprio là da dove dovrebbe irradiare la propria luce per guidare anche nel buio della storia, si confonde con i suoi nemici e abbandona il gregge in balia dei lupi.
Mentre il papato raccoglie il consenso, una intera società si sta dissolvendo tragicamente, incapace di comprendere a quale destino vengono condannati i propri figli. Non vediamo in nessun modo, in tutto questo, nè la gloria di Dio nè la salvezza delle anime.
di Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani
http://www.riscossacristiana.it/riflessioni-dopo-il-commento-di-introvigne-su-palmaro-di-elisabetta-frezza-patrizia-fermani/

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