6 febbraio 2014
Prova dell’esistenza di Dio è l’esistenza della chiesa, unica istituzione capace di sopravvivere al fuoco di duemila anni di storia. Prova dell’esistenza del diavolo è l’esistenza dell’Onu. Satana in ebraico significa Accusatore e l’Onu, ansioso di ricordare la propria esistenza, oggi accusa la chiesa delle peggiori malefatte. Il comitato Onu sui diritti dell’infanzia usa i bambini violentati da alcuni preti che hanno tradito Cristo per violentare la chiesa di Cristo, intimandole di benedire aborto e sodomia. I comitati non prevarranno contro di essa, chiaro, purtroppo però i comitati e gli altri organismi onusiani prevalgono ogni anno sul contribuente italiano nella misura di 130 milioni di dollari e passa. Non capisco perché si parla di abolizione delle province, che comunque qualche strada la asfaltano, e non di questi comitati, che la strada la fanno perdere. Quindi prego per l’istituzione di un comitato non-Onu sui diritti del contribuente violati dai comitati Onu.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
Caschi blu contro il Vaticano?
Accuse di pedofilia alla chiesa, arriva un rapporto dell'Onu di una durezza senza precedenti
La commissione Onu per i diritti dei minori ha diffuso oggi un rapporto in cui contesta la condotta del Vaticano in materia di pedofilia che nei toni ha ben pochi precedenti. L'atto d'accusa è pesante: la Santa Sede non ha riconosciuto la portata dei crimini commessi, non ha adottato le misure necessarie ad affrontare i casi di abusi sessuali su bambini e a proteggere i minori, ha adottato politiche e pratiche che hanno portato alla prosecuzione degli abusi e all'impunità dei colpevoli.
Ecco perché, si legge ancora nel rapporto, il Vaticano dovrebbe rimuovere immediatamente e consegnare alle autorità competenti i responsabili di quegli atti, affinché siano sottoposti alla giustizia civile. Tra le richieste della commissione, anche quella di aprire gli archivi in cui sono registrati i nomi anche di coloro che hanno coperto tali crimini. Il punto più contestato riguarda le misure attuate dalla Santa Sede, che ha "spostato di parrocchia in parrocchia" i responsabili degli abusi. Inoltre – si legge ancora – "a causa di un codice del silenzio imposto su tutti i membri del clero sotto la pena della scomunica, i casi di abuso sono stati anche difficilmente riferiti alle autorità giudiziarie nei Paesi in cui sono stati commessi".
© - FOGLIO QUOTIDIANO
L'attacco è frontale, durissimo. Un j’accuse pesante come un macigno, che il Comitato Onu per i diritti del fanciullo, dopo l’audizione del 14 gennaio scorso, scaglia nel suo documento conclusivo contro la Santa Sede, addebitandole il fatto che continuerebbe a violare la Convenzione sui diritti dell’infanzia, e criticando il Vaticano anche per le sue posizioni su omosessualità, contraccezione e aborto.
Un documento che la Santa Sede, nel prenderne atto e assicurando che «le osservazioni sui propri Rapporti... saranno sottoposte a minuziosi studi ed esami nel pieno rispetto della Convenzione», nella sostanza respinge al mittente, mentre esprime «rincrescimento» nel «vedere in alcuni punti delle Osservazioni Conclusive un tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa».
In effetti il documento in questione, una volta assorbito l’impatto dei toni usati, appare del tutto surreale – se non cialtrone – e tale da far nascere più di un sospetto. Come per esempio quelli di cui si è fatto interprete monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente vaticano presso gli Uffici Onu a Ginevra (fu lui il 14 gennaio a presentare i Rapporti della Santa Sede alla Commissione): «Sembra quasi – osserva rispondendo alla Radio Vaticana sul testo diffuso ieri – che fosse già stato preparato prima dell’incontro del Comitato con la delegazione della Santa Sede, che ha dato in dettaglio risposte precise su vari punti, che non sono state poi riportate in questo documento conclusivo o almeno non sembrano essere state prese in seria considerazione»; o quando aggiunge che «probabilmente delle Organizzazioni non governative - che hanno interessi sull’omosessualità, sul matrimonio gay e su altre questioni - hanno certamente avuto le loro osservazioni da presentare e in qualche modo hanno rafforzato una linea ideologica».
In effetti, nel leggere il testo rilasciato dal Comitato dell’Onu, questi sospetti - e anche altri, come vedremo – appaiono più che fondati. Al punto che ancora Tomasi, nella stessa intervista, osserva come «non si può in due minuti rispondere certamente a tutte le affermazioni fatte - alcune molto scorrette - nel documento conclusivo del Comitato». Ciò non toglie che «la Santa Sede risponderà, perché è un membro, uno Stato parte della Convenzione», che ha ratificato e dunque «intende osservare nello spirito e nella lettera... senza aggiunte ideologiche o imposizioni che esulano dalla Convenzione stessa». E, proprio a questo riguardo, cita per esempio come «la Convenzione sulla protezione dei bambini nel suo preambolo parla della difesa della vita e della protezione dei bambini prima e dopo la nascita; mentre la raccomandazione che viene fatta alla Santa Sede è quella di cambiare la sua posizione sulla questione dell’aborto! Certo – aggiunge Tomasi – quando un bambino è ucciso non ha più diritti! Allora questa mi pare una vera contraddizione con gli obiettivi fondamentali della Convenzione, che è quella di proteggere i bambini. Questo Comitato non ha fatto un buon servizio alle Nazioni Unite, cercando di introdurre e richiedere alla Santa Sede di cambiare il suo insegnamento non negoziabile».
Di simili contraddizioni il documento, in effetti, è pieno. Come di alcune incongruenze che, se non fossero sintomo di una (colpevole) superficialità, sarebbero quasi da ridere. Come quando ad esempio si sollecita la Santa Sede ad adeguare sul tema della protezione dell’infanzia il suo «Codice canonico» (sic) alle indicazioni della Convenzione, ignorando evidentemente due cose: la prima, che il Codice canonico si occupa di altro e, la seconda, che lo Stato della Città del Vaticano s’è dato una legislazione per contrastare la pedofilia che, se fosse presa a parametro per misurare le altre legislazioni in materia, metterebbe "fuori legge" praticamente tutto il resto del mondo.
Con la vigorosa scossa impressa da Benedetto XVI, oggi del resto il Vaticano affronta i casi di pedofilia nella Chiesa «con un’esigenza di trasparenza», ha affermato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, e la prova è che «nei prossimi giorni o settimane» dettaglierà il piano e «il funzionamento della commissione creata per prevenirli».
Lombardi, raggiunto a Madrid dove si provava per un incontro promosso dalla Conferenza episcopale spagnola, nel commentare il rapporto dell’Onu ha osservato che «molto spesso si sono fatte spiegazioni molto ideologiche o parziali e noi dobbiamo dettagliare quali sono i problemi, continuare a rispondere a questi attacchi, spiegare la posizione della Chiesa». Il portavoce ha poi sottolineato che il cambiamento «più positivo e significativo» introdotto dal papa Francesco è «essere riuscito a cambiare la percezione del messaggio della Chiesa», anche se «nella sostanza, il magistero della Chiesa ha continuità. Non c’è una grande rivoluzione».
Un documento che la Santa Sede, nel prenderne atto e assicurando che «le osservazioni sui propri Rapporti... saranno sottoposte a minuziosi studi ed esami nel pieno rispetto della Convenzione», nella sostanza respinge al mittente, mentre esprime «rincrescimento» nel «vedere in alcuni punti delle Osservazioni Conclusive un tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa».
In effetti il documento in questione, una volta assorbito l’impatto dei toni usati, appare del tutto surreale – se non cialtrone – e tale da far nascere più di un sospetto. Come per esempio quelli di cui si è fatto interprete monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente vaticano presso gli Uffici Onu a Ginevra (fu lui il 14 gennaio a presentare i Rapporti della Santa Sede alla Commissione): «Sembra quasi – osserva rispondendo alla Radio Vaticana sul testo diffuso ieri – che fosse già stato preparato prima dell’incontro del Comitato con la delegazione della Santa Sede, che ha dato in dettaglio risposte precise su vari punti, che non sono state poi riportate in questo documento conclusivo o almeno non sembrano essere state prese in seria considerazione»; o quando aggiunge che «probabilmente delle Organizzazioni non governative - che hanno interessi sull’omosessualità, sul matrimonio gay e su altre questioni - hanno certamente avuto le loro osservazioni da presentare e in qualche modo hanno rafforzato una linea ideologica».
In effetti, nel leggere il testo rilasciato dal Comitato dell’Onu, questi sospetti - e anche altri, come vedremo – appaiono più che fondati. Al punto che ancora Tomasi, nella stessa intervista, osserva come «non si può in due minuti rispondere certamente a tutte le affermazioni fatte - alcune molto scorrette - nel documento conclusivo del Comitato». Ciò non toglie che «la Santa Sede risponderà, perché è un membro, uno Stato parte della Convenzione», che ha ratificato e dunque «intende osservare nello spirito e nella lettera... senza aggiunte ideologiche o imposizioni che esulano dalla Convenzione stessa». E, proprio a questo riguardo, cita per esempio come «la Convenzione sulla protezione dei bambini nel suo preambolo parla della difesa della vita e della protezione dei bambini prima e dopo la nascita; mentre la raccomandazione che viene fatta alla Santa Sede è quella di cambiare la sua posizione sulla questione dell’aborto! Certo – aggiunge Tomasi – quando un bambino è ucciso non ha più diritti! Allora questa mi pare una vera contraddizione con gli obiettivi fondamentali della Convenzione, che è quella di proteggere i bambini. Questo Comitato non ha fatto un buon servizio alle Nazioni Unite, cercando di introdurre e richiedere alla Santa Sede di cambiare il suo insegnamento non negoziabile».
Di simili contraddizioni il documento, in effetti, è pieno. Come di alcune incongruenze che, se non fossero sintomo di una (colpevole) superficialità, sarebbero quasi da ridere. Come quando ad esempio si sollecita la Santa Sede ad adeguare sul tema della protezione dell’infanzia il suo «Codice canonico» (sic) alle indicazioni della Convenzione, ignorando evidentemente due cose: la prima, che il Codice canonico si occupa di altro e, la seconda, che lo Stato della Città del Vaticano s’è dato una legislazione per contrastare la pedofilia che, se fosse presa a parametro per misurare le altre legislazioni in materia, metterebbe "fuori legge" praticamente tutto il resto del mondo.
Con la vigorosa scossa impressa da Benedetto XVI, oggi del resto il Vaticano affronta i casi di pedofilia nella Chiesa «con un’esigenza di trasparenza», ha affermato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, e la prova è che «nei prossimi giorni o settimane» dettaglierà il piano e «il funzionamento della commissione creata per prevenirli».
Lombardi, raggiunto a Madrid dove si provava per un incontro promosso dalla Conferenza episcopale spagnola, nel commentare il rapporto dell’Onu ha osservato che «molto spesso si sono fatte spiegazioni molto ideologiche o parziali e noi dobbiamo dettagliare quali sono i problemi, continuare a rispondere a questi attacchi, spiegare la posizione della Chiesa». Il portavoce ha poi sottolineato che il cambiamento «più positivo e significativo» introdotto dal papa Francesco è «essere riuscito a cambiare la percezione del messaggio della Chiesa», anche se «nella sostanza, il magistero della Chiesa ha continuità. Non c’è una grande rivoluzione».
Salvatore Mazza
Coprono orrori e tiranni, si risparmino la predica
Le Nazioni Unite da sempre al centro di scandali. Nel comitato che accusa la Chiesa siedono Thailandia (e il turismo sessuale?) e Uganda (i bambini soldato?)- Gio, 06/02/2014 - 08:51
Fa apparire la Chiesa come un covo di orchi in agguato il rapporto del Comitato dell'Onu per i diritti dei Bambini quando parla della Chiesa cattolica e sostiene che essa ha «sistematicamente» adottato politiche che hanno permesso ai preti di violentare e molestare decine di migliaia di piccoli innocenti nel corso degli anni.
Le Nazioni Unite da sempre al centro di scandali. Nel comitato che accusa la Chiesa siedono Thailandia (e il turismo sessuale?) e Uganda (i bambini soldato?)- Gio, 06/02/2014 - 08:51
Fa apparire la Chiesa come un covo di orchi in agguato il rapporto del Comitato dell'Onu per i diritti dei Bambini quando parla della Chiesa cattolica e sostiene che essa ha «sistematicamente» adottato politiche che hanno permesso ai preti di violentare e molestare decine di migliaia di piccoli innocenti nel corso degli anni.
Il rapporto chiede di aprire i suoi archivi sui preti pedofili e sui preti che hanno nascosto i loro crimini e in qualche modo collega la richiesta all'atteggiamento della Chiesa verso gli omosessuali, l'aborto e la contraccezione.
CONTEN
Un linguaggio da Onu, un organismo sempre aggressivo e di parte finché questo va d'accordo con le sue maggioranze automatiche e le sue scelte ideologiche, senza mai curarsi se questi diritti siano applicati da chi presenta i documenti, vota le mozioni, sventola la bandiera dei diritti umani. Sarebbe molto difficile trovare traccia di rispetto per gli omosessuali nell'atteggiamento di tanti Paesi che fanno parte delle varie commissioni per i diritti umani, compresa questa, e che i gay li impiccano o li imprigionano. Difficile sarebbe anche trovare rispetto per il diritto delle bambine a essere lasciate in pace fino a età ragionevole, mentre vengono sposate sovente fra i 7 e i 10 anni.
È chiaro, l'Onu agisce sempre in nome dei diritti umani più fondamentali, ed è evidente che anche qui il tasto che tocca può, deve, commuovere e mobilitare chiunque abbia un minimo di buon senso: la violenza contro i bambini, specie la violenza sessuale che approfitta della loro innocenza e buona fede, è il crimine più immondo, e la Chiesa ne sa davvero qualcosa. Le vicende di abuso sessuale che hanno cominciato ad affiorare nei primi anni di questo millennio negli Stati Uniti, coinvolgono quasi tutti i Paesi in cui sorgano seminari e parrocchie, Canada, Irlanda, Australia, Norvergia.
C'è una ricerca fatta nel 2004 negli Stati Uniti che dimostra che fra il 1950 e il 2002 ci furono 10.667 vittime di abuso sessuale sotto i diciotto anni e i preti coinvolti furono il 4 per cento dei 109.694 che lavoravano negli Usa. Una cifra molto alta e spaventevole, ma contenibile e affrontabile nonostante le molte reticenze, certo colpevoli, della Chiesa. Perché, magari non rispondendo come si deve alla domanda crescente dell'opinione pibblica, la Chiesa ha tuttavia cercato di reagire. Per esempio Benedetto XVI fra 2011 e 2012 ha ridotto alla stato laicale quattrocento sacerdoti e ha cercato, secondo quello che suggeriscono le sue fonti, di aiutare il corso della giustizia. Oggi Papa Francesco insiste per la massima trasparenza. Fu Benedetto XVI ad affermare che aveva affrontato il tema con «eccessiva lentezza» e che lo scandalo dei preti pedofili «era stato gestito in pessima maniera».
Dunque, il comitato dell'Onu ha una verità storica su cui impiantare il proprio attacco. Ma c'è anche la sua storia, che appanna i suoi giudizi. Infatti sorge subito un dubbio sui tempi e i modi quando a condannare con tanta verve sono degli emeriti bugiardi. Infatti come fidarsi dei giudici della violenza contro i bambini quando nel Comitato siedono la Thailandia, la Siria, l'Uganda? In Thailandia, si valuta che siano 400mila i bambini sotto i sedici anni costretti ai noti traffici, spesso destinati al turismo sessuale. In Siria, il peggiore di tutti gli abusi nei confronti dei minori è la loro persecuzione pianificata, l'uccisione, il rapimento, la tortura, lo stupro, che i due contendenti usano per debilitare psicologicamente l'altra parte. L'Uganda poi, costringe alla guerra almeno 25mila bambini fra gli 11 e i 16 anni, armati gli uni contro gli altri, li obbliga a spararsi, a sbranarsi,come galli da combattimento.
Come può pensare che giusto il Vaticano, che certo ha le sue responsabilità, possa essere indicato al pubblico ludibrio in maniera tanto consistente quando 223 milioni di bambini sono vittime di abusi nel mondo, secondo i dati dell'Unicef, e l'Onu non intraprende nessuna azione che mitighi davvero questa situzione? Come si può immaginare che promani dalla cupola del Vaticano la maggiore causa della violenza sessuale, quando in tutto il mondo musulmano si pratica il matrimonio forzato fra adulti e bambine anche sotto gli otto anni?
In Marocco il clerico Mohammed ben Abderrahman Al Maghraoui ha emesso una fawta che dichiara lecito sposare una bambina di 9 anni. E ce ne sono altre che stabiliscono l'età anche molto prima. Dunque, se si vuole combattere la pedofilia, lo si faccia. Ma non si è mai visto che una commissione dell'Onu abbia questionato questa palese violazione dei diritti umani: eppure qui si tratta di salvare decine di milioni di bambine da un evidente abuso sessuale.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.