ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 14 marzo 2014

Novus ordo pecuniae?

Spoil system nella santa finanza vaticana

La sede dello Ior in Vaticano

Via prelati e banchieri italiani e largo a tecnici laici ed esperti di finanza internazionale. La riforma economica del Vaticano, in estrema sintesi, è questa, almeno per quel che riguarda la scelta degli uomini. A ciò si aggiunga qualche monsignore fedelissimo di papa Francesco nei posti di coordinamento e un gruppo di cardinali che condivide con il vescovo di Roma un obiettivo di fondo: disarcionare il potere e il sottopotere della Curia italocentrica. L’epoca del cardinale Tarcisio Bertone, appassionato di sanità e di politica italiana, si sta chiudendo, ma in realtà il tradizionale rapporto fra finanza bianca lombardo-veneta e Vaticano ha radici anche più antiche.

Tutto è mutato? Non proprio o non ancora, ma intanto il Papa per fare in fretta in materie come l’adeguamento alla legislazione antiriciclaggio, ha dovuto convocare un battaglione di multinazionali americane con propaggini europee che di fatto hanno preso il controllo delle istituzioni finanziarie della Santa Sede (Promontory Financial Group, Ernst & Young, McKinsey, KPMG,  PricewaterhouseCoopers) . La riforma è ancora in corso, per esempio non è ancora chiaro che cosa diventerà lo Ior: se una banca etica, una fondazione, o se verrà infine – ma è improbabile - abolito. L’istituto resta infatti ad oggi l’unico organismo vaticano con il potere di effettuare transazioni finanziarie, insomma senza lo Ior dai sacri palazzi non si può muovere un euro. La Banca d’Italia lo sa bene e in un passato non lontano ha stretto d’assedio l’organismo vaticano avvalendosi dell’inadempienza da parte  di quest’ultimo rispetto alle norme sull’antiriciclaggio e l’antiterrorismo.



Di recente, però, alcune cose sono cambiate. Intanto il Papa ha creato la Segreteria per l’economia – di fatto sullo stesso piano della Segreteria di Stato - con pieni poteri su programmazione, bilanci, risparmio, revisione dei conti di tutti gli organismi della Santa Sede. Lo guida un cardinale australiano, George Pell, che si avvale di un consiglio economico composto da cardinali e laici. A presiedere quest’ultimo c’è un altro cardinale, Reinhard Marx, (come Pell fa parte del G8, il gruppo ristretto di porporati che coadiuvano il Papa nel governo della Chiesa); è un tedesco con forti basi teologiche che contesta la globalizzazione economica – in linea con Bergoglio – ma che sa quanto conti la buona amministrazione. 



A capo dei laici troviamo Joseph Zahra, esperto di finanza di origini maltesi, già presidente della banca centrale dell’isola che negoziò anche l’ingresso di Malta nell’euro. Zahra da tempo frequenta i palazzi apostolici e il Papa lo aveva indicato pure, l’estate scorsa, a capo della commissione per la riforma delle strutture economiche vaticane. D’altro canto non sfugge che Malta ha alcune cose in comune con il Vaticano: il sovradimensionamento finanziario – accompagnato dal sospetto che le banche dell’isola funzionino da forziere per la finanza off-shore – e un difficile quanto indispensabile rapporto con l’Ue.



Nel ruolo di segretario del superministero dell’economia, troviamo un altro maltese, monsignor Alfred Xuereb, nientemeno che segretario personale del Papa. All’Aif – l’autorità di controllo vaticana creata in tempi recenti - c’è lo svizzero René Bruehlart, esperto di finanza e antiriciclaggio; alla presidenza dello Ior Ernst Von Freyberg, tedesco chiamato in extremis da Ratzinger e oggi ancora al suo posto. Ma soprattutto allo Ior opera da diversi mesi il personale del Promontory financial group che sta passando al setaccio ogni conto, sospetto o meno, in vista di una revisione ancora lungi dal concludersi. Nel frattempo Moneyval – l’organismo del Consiglio d’Europa che valuta le normative sulla trasparenza finanziaria – nel secondo rapporto sulla Santa Sede, ha quasi promosso il Vaticano facendo però alcune raccomandazioni: maggiori controlli interni, chiarezza sulla clientela dello Ior, personale più formato.



Il Papa, da parte sua, ha nominato uno dei suoi uomini più fidati a presiedere la commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior (guidato da un board laico), il cardinale Santos Abril y Castellò, diplomatico esperto e  già nunzio apostolico in Argentina. L’Apsa, il dicastero che amministra il ‘patrimonio della sede apostolica’, è diventato ufficialmente la banca centrale del Vaticano (ma appunto senza la facoltà di compiere transazioni). Si tratta dell’organismo dove svolgeva i suoi traffici il capo contabile monsignor Nunzio Scarano, finito poi sotto inchiesta con accuse legate al riciclaggio; ed è stata appunto la vicenda Scarano ad accelerare la riforma.  



Francesco Peloso



Quest’articolo è uscito su Pagina99
http://vaticantabloid.blogspot.com/2014/03/spoil-system-nella-santa-finanza.html

Ior l’ultima fuga di capitali 
di Marco Lillo e Valeria Pacelli
in “il Fatto Quotidiano” del 14 marzo 2014
Un investigatore sotto garanzia di anonimato la definisce così: “una delle più grandi operazioni di ripulitura del denaro nero”. Centinaia di milioni di euro depositati sui conti dell’Istituto Opere Religiose Ior, stanno uscendo in queste ore verso paesi esteri, anche a bassa fiscalità e con scarsa trasparenza come la Svizzera, senza che il Vaticano comunichi all’Italia i nomi dei correntisti (potenziali evasori se non peggio) né la destinazione. Lo Ior sta ripulendo la sua clientela intimandoa 1250 correntisti di lasciare la banca vaticana con una lettera di recesso unilaterale. Il vento di pulizia di Papa Bergoglio però si ferma alle mura leonine. Il Vaticano non ha intenzione di 
comunicare alle Dogane italiane i nomi degli ex correntisti che escono da Porta Sant’Anna con una valigia piena di banconote né hanno intenzione di comunicare dove finiscono i bonifici all’estero del saldo. Così i flussi in partenza dal conto Ior alla Jp Morgan di Francoforte (dove Ior ha trasferito la tesoreria da qualche anno) a un ipotetico paradiso fiscale, restano invisibili ai radar di Uif e Procura. Mentre i giornali strombazzano il nuovo corso dello Ior, il Vaticano pone una pietra tombale sui depositi accumulati nei decenni passati Oltretevere a un anno dall’elezione di Papa 
Francesco, e probabilmente all’insaputa del Pontefice. 
LA BANCA D’ITALIA e la Procura di Roma stanno cercando un sistema per intercettare questa fuga di capitali senza controllo. Le norme internazionali impongono la collaborazione tra le Autorità antiriciclaggio dei due Stati. L’Uif di Banca d’Italia ha chiesto all’Aif della Santa Sede, guidata dallo svizzero Renè Brulhart, di avere accesso ai nomi dei correntisti ‘cacciati’. L’atteggiamento dell’Aif è ambiguo. L’Autorità guidata da Brulhart insieme al fido vicedirettore Tommaso Di Ruzza, genero dell’ex Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, non nega a priori la sua 
collaborazione. Per esempio ha fornito il nominativo di un italiano con 8 milioni di euro. 
Ovviamente era un cittadino modello che aveva dichiarato tutto nel quadro RW della sua dichiarazione dei redditi. La sensazione di essere presi per il naso sta montando. Due settimane fa si è tenuto un incontro con il Procuratore Capo Giuseppe Pignatone, il procuratore aggiunto Nello Rossi e i vertici dell’Ufficio Informazione Finanziara della Banca d’Italia diretto da Claudio Clemente. I pm Nello Rossi e Stefano Fava da anni si occupano dello Ior e a seguito delle loro indagini a luglio 2013 si è dimesso il direttore Ior Paolo Cipriani, sostituito da Rolando Marranci. 
La società di provenienza di Marranci, l’americana Promontory è stata incaricata di effettuare lo screening sui conti Ior. Sulla base di alcuni criteri di rischio ha indicato quelli da chiudere. Il Vaticano però nega si tratti di soggetti ‘sospetti’. Nella lettera inviata a settembre ai correntisti dal presiente dello Ior Ernst Von Freyberg, la banca vaticana comunica che sono cambiate le “linee guida delle relazioni” e che gli unici conti ammessi sono quelli “di istituzioni cattoliche, ecclesiastici, dipendenti o ex dipendenti del Vaticano titolari di conti per stipendi e pensioni nonché diplomatici accreditati presso la Santa Sede”. Tutti gli altri fuori. Insomma la ragione del recesso 
non sarebbe il sospetto ma un cambiamento di politica aziendale. Per esempio i conti dell’ex Gentiluomo di Sua Santità Angelo Balducci o della Fondazione Cardinale Spellman sul cartellino del quale era apposto anche il nome di Giulio Andreotti, se per pura ipotesi astratta fossero ancora aperti, sarebbero da chiudere solo per questa regola generale. 
Dopo avere ricevuto la lettera in questi giorni centinaia di italiani stanno ritirando centinaia di milioni di euro dallo Ior nel cuore di Roma senza che il fisco, l’UIf e la Procura possano metterci il naso. Sono due le modalità offerte per ‘agevolare la chiusura’: la consegna in contanti nel torrione di Niccolò V o il bonifico sul conto indicato dal cliente. Nel primo caso dovrebbe essere il cliente a dichiarare alla Dogana italiana l’importo prelevato allo Ior in contante. Ma non lo fa quasi nessuno. 
Nel secondo caso è sufficiente chiedere allo Ior di bonificare la somma su un conto estero, magari in un paese che non collabora con le autorità italiane, per vedere sparire per sempre dai radar del fisco le ricchezze. I bonifici avvengono di fatto estero su estero. Non dal Vaticano ma dalla Germania. Purtroppo per le autorità italiane da qualche anno i soldi dello Ior non sono fisicamente nelle banche italiane ma presso la filiale di Francoforte della Jp Morgan. Se i conti ‘calderone’ della tesoreria Ior, all’interno dei quale sono confusi i sottoconti riferibili ai singoli correntisti dello Ior, 
fossero ancora accesi all’Unicredit, il fisco italiano potrebbe entrare in partita. Se, per ipotesi, dal suo conto Ior un evasore italiano trasferisse milioni di euro in Svizzera, il direttore dell’agenzia Unicredit segnalerebbe l’operazione sospetta all’Uif. In Germania non è detto che avvenga. La sensazione è che i buoi siano già usciti nel 2011-2012. 
A RIVEDERLA oggi la fuga dei soldi dello Ior che un tempo erano depositati nelle banche italiane, raccontata dal Fatto (‘Ior, fuga di capitali verso la Germania. Svuotati i conti italiani’, 6 settembre 2013) sembra la prima fase di una stangata. Non era una reazione stizzita per l’aumento dei controlli dei pm ma la prima mossa verso lo scacco finale: ripulire lo IOR nascondendo per sempre all’Italia gli intestatari dei conti. 
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201403/140314lillopacelli.pdf


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