«Non sono un superman, è offensivo dipingermi come una sorta di star», dice Papa Francesco nel corso dell'intervista rilasciata al direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli. Eppure il circo mediatico lo ha visto proprio come il favoloso eroe dei fumetti, l'eroe per eccellenza. A pagina 17 del nuovissimo settimanale della Mondadori “Il mio Papa”, primo esperimento in occidente di magazine interamente dedicato non solo al Papa, ma ad una persona, la foto di Bergoglio che vola come Nembo Kid si dice che fosse piaciuta anche al Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali.
Tanto che venne pubblicata proprio sull'account Twitter. Era un murales apparso a Borgo Pio a Roma, testimonianza anonima di arte metropolitana di ciò che ci si aspetta dal Papa. «Peccato che il Comune di Roma lo abbia fatto cancellare, per motivi di decoro ambientale», fa notare con una punta di stizza il nuovo rotocalco diretto da Aldo Vitali.
Superman o no, è sempre più Bergoglio mania. Un po' per marketing un po' per necessità in un mondo dove gli eroi sono scomparsi e restano solo i personaggi decadenti della Grande Bellezza. Bergoglio appare così all'umanità del terzo millennio come un Superman in grado di cambiare le sorti dell'umanità. Ma tutto questo ha un prezzo. Ed è lo stesso Pontefice a spiegarlo al direttore del quotidiano di via Solferino nell'intervista esclusiva pubblicata ieri a un anno dalla sua elezione: «Non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di Papa Francesco, come quando si dice che sono uscito di notte a dar da mangiare ai barboni in via Ottaviano. Non mi è mai venuto in mente». Sempre che la “Bergoglio's version” non venga smentita, ma questa volta i numerosi registratori posti sul tavolo da De Bortoli, fanno presupporre che un controllo redazionale ci sia stato, il Papa non ama essere trattato da star, non cerca la creazione del suo mito e nemmeno che sulla sua immagine si crei una sorta di culto della personalità. Infatti aggiunge: «Freud diceva che in ogni idealizzazione c'è un'aggressione. Io sono una persona normale: piango, rido, dormo tranquillo». Normalità disarmante, verrebbe da dire.
Eppure una normalità che sta creando per ovvie ragioni di marketing editoriale un mito involontario, ma globalizzato. L'esperimento del rotocalco ad personam è partito e se ci sarà successo editoriale tutto lascia pensare che si potrà creare un filone editoriale che prima non esisteva: un Papa pensiero a uso delle masse per farlo conoscerlo, ma con il rischio sempre recondito di idealizzarlo, come l'esempio del murales dimostra, per creare un magistero mediatico da sostituirsi agli obsoleti Acta Apostolicae sedis.
Esperimenti come questi, a cui si aggiunge, ci informa il rotocalco, la pubblicistica enorme e un imminente film con Pierfrancesco Favino sul Bergoglio contro la dittatura della junta militar, appaiono più come esperimenti editoriali che come strumenti di divulgazione religiosa all'interno dei quali leggere la modernità attraverso il Magistero della Chiesa e del Papa non viceversa. Un po' di gossip, la sua camera da letto, la sala da pranzo, molto colore, come l'indulgente ed esagerato servizio sul bambino vestito da Papa in miniatura a carnevale al grido di “mascheriamoci per il Papa”, qualche messaggio ben assestato come i servizi sui punti più importanti di questo primo anno: tra questi, la celebre valigia, la preghiera di Lampedusa e il battesimo alla bimba della coppia di non sposati che «per Francesco non è un problema».
Tutto appare scientificamente studiato per creare il mito a forza di icone, come la febbre che gli ha impedito di rinunciare alla celebrazione della festa della Madonna della fiducia, patrona del seminario maggiore di Roma. C'è anche addirittura il «vento che gioca con Francesco e la sua papalina vola via», dove la personificazione mitologica di Eolo si diverte a giocare con il Papa. A questo punto bisognerebbe chiedersi come si concili il bisogno di Francesco di mantenere un profilo normale con il bisogno vitale del circo mediatico di farlo diventare una star. Se persino il Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali aveva apprezzato l'immagine di Bergoglio Superman, da cui lui invece scopriamo oggi si sente offeso, conviene chiedersi quanto iniziative celebrative come questa giovino alla percezione reale di ciò che deve essere un Papa e di come vuole essere percepito lui in quanto persona e in quanto vicario di Cristo. Non che l'iniziativa editoriale uscita in edicola ieri sia l'unica.
Anche altri media si stanno lanciando sul genere “Cronaca Bergogliana”: basti pensare alla rubrica sul più seguito network radiofonico italiano, Rtl, “Buongiorno sono Francesco”, dove sembra che il Papa stia per intervenire in onda quando invece a intrattenersi con i conduttori è soltanto don Dario Viganò, direttore del centro televisivo vaticano. Certo, Bergoglio non ha chiesto di raccontare la sua vita attraverso i rotocalchi, ma proprio per questo, dato che lo sfruttamento dell'immagine è cosa seria e normata anche da leggi precise, il vero quesito è: quale filtro e controllo la Santa Sede ha esercitato su tali pubblicazioni che essendo a larga diffusione ci consegnano una fotografia idealizzata e a rischio distorsione del Magistero petrino? Bergoglio sa perfettamente che cosa voleva dire quando metteva in guardia dalla creazione della sua mitologia perchè è cresciuto nel barrio Flores di Buenos Aires negli anni '50. Lì e nelle avenide polverose della capitale portena, ad ogni crocicchio i bambini con la supervisione degli adulti creavano piccole edicole votive in memoria di Evita Peron, al motto di Evita significa,Peron cumple (Evita dà significato, Peron realizza). Quella stagione Bergoglio la conosce bene perchè fu proprio in quegli anni in cui il futuro Papa usciva dall'infanzia per entrare nell'adolescenza, che in Argentina iniziò a codificarsi il culto della personalità del generalejusticialista attraverso letture edificanti e agiografiche che venivano studiate nelle scuole dell'obbligo secondo la precisa strategia del peronismo per la quale “Mama me mima, Evita nos ama” (Mamma mi coccola, Evita ci ama). E la sensazione che si fosse di fronte alla creazione di un culto idolatrico della personalità per altri scopi era chiara a tutti. Anche al futuro Papa.
06-03-2014
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