ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 7 maggio 2014

Vatican attacks!

L’uomo di Bergoglio risponde a tono al plotone d’esecuzione Onu. Basterà?

S’era preparato, monsignor Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, all’interrogatorio del Comitato per il rispetto della Convenzione contro la tortura. Nessun dubbio del Vaticano sull’utilità della Convenzione, ma rifiuto di un confronto ideologico “basato su alcune asserzioni che alle volte le ong mettono in forma molto polemica e che sono poi usate come informazioni accurate, anche se qualche volta non lo sono”.
La Santa Sede non vuole che si ripeta quanto accaduto a febbraio con la pubblicazione del Rapporto stilato dalla Convenzione sui diritti del fanciullo che – dopo aver deplorato silenzi e coperture riguardo i casi di abusi sessuali su minori – intimava alla chiesa cattolica di rivedere le proprie posizioni su contraccezione, aborto, esclusività del sacerdozio maschile. Il tutto senza che dal Vaticano giungesse una risposta a tono: la Segreteria di stato, infatti, si limitò a reagire con una blanda nota diplomatica. L’atteggiamento dei membri del comitato ginevrino sulla tortura fa pensare che anche stavolta le conclusioni siano già scritte, benché il Rapporto sarà consegnato solamente il prossimo 23 maggio. Il presidente dell’organismo, il cileno Claudio Grossman, più volte è intervenuto per cercare di riequilibrare un dibattito che in più d’una occasione aveva assunto la forma di una sorta di plotone d’esecuzione, anche per il tentativo di alcuni membri (su tutti l’americana Felice Gaer, il georgiano George Tugushi e il cinese Kening Zhang) di portare la questione sul terreno insidioso relativo agli abusi sessuali e all’aborto, il cui divieto è stato definito dalla signora Gaer come una forma di tortura. “La chiesa – ha prontamente risposto mons. Tomasi – condanna ogni forma di tortura, inclusa la tortura dei bambini che non nascono a causa delle pratiche abortiste”. Quanto al tema degli abusi sessuali sui minori – altra chiara forma di tortura, ha detto il membro nepalese –, al di là delle sottigliezze giuridiche sulla definizione statuale della Santa Sede e del Vaticano, l’osservatore permanente ha respinto ogni addebito, sottolineando che dal 2004 al 2013, regnanti Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i preti ridotti allo stato laicale sono stati 848, mentre ad altri 2.572 sono state comminate pene di diversa entità, come la sospensione o il divieto di avere a che fare con bambini. E’ la prima volta che i numeri esatti dei provvedimenti adottati dalla Santa Sede vengono resi noti in forma ufficiale davanti a una commissione internazionale. E’ la prova che, a giudizio del diplomatico di stanza a Ginevra, la Santa Sede non ha attivato quella rete di copertura che nelle sedi internazionali le viene da sempre imputata. Sempre negli ultimi nove anni, ha osservato inoltre mons. Tomasi, sono state 3.420 le “accuse credibili” relative a casi di abusi sessuali ricevute dalla congregazione per la Dottrina della fede. Accuse alle quali è stata data una risposta adeguata dall’ex Sant’Uffizio. “La Santa Sede – aveva chiarito l’osservatore permanente – auspica che nell’applicazione della Convenzione a tutte le nuove appropriate situazioni queste rimangano nell’ambito della specifica area della medesima Convenzione”. Il pericolo, aggiungeva Tomasi, è che “il lavoro del Comitato sia non solo inefficace, ma perfino controproducente”.
Nel frattempo, e in attesa della relazione finale che si preannuncia ancora una volta dura nei contenuti, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sarà ricevuto in udienza dal Papa venerdì prossimo. Con lui varcherà le Mura leonine anche una trentina di personalità legate alle diverse agenzie dell’Onu. C’è attesa per le parole che Francesco pronuncerà nell’occasione, benché da più parti si preveda che il cuore del discorso papale riguarderà le sfide rappresentate dalla povertà e dai conflitti nelle diverse aree del pianeta.

La Santa Sede “torturatrice” che non ci sta e combatte

Ong e burocrati onusiani a Ginevra cercano un altro processo ai cattolici

Solo il 23 maggio si conosceranno le conclusioni dell’audizione dell’osservatore permanente del Vaticano presso le Nazioni Unite, monsignor Silvano Tomasi, chiamato tra ieri e oggi a difendere la Santa Sede di fronte al Comitato dell’Onu per la Convenzione contro la tortura (Cat). In molti – tra questi il quotidiano britannico  Guardian – si aspettano una replica di quel che accadde a  febbraio, quando il Comitato per la Convenzione per i diritti del fanciullo, al termine di un’audizione, rivolse accuse ridicole contro la chiesa cattolica: colpevole di essere cattolica, cioè di non promuovere contraccezione e aborto, di non introdurre la teoria del gender nelle sue scuole, di non prevedere il sacerdozio femminile. Anche la nuova audizione che si conclude oggi (e che, con il Vaticano, coinvolge altri sette stati, tra i quali la Guinea e la Thailandia) nell’intento dei burocrati e di alcune potenti ong alla corte dell’Onu dovrebbe trasformare elementi di dottrina e di pratica religiosa in colpe. In ballo c’è la solita pedofilia e c’è l’aborto, temi dei quali non c’è traccia nella Cat.  Ma si sa che ogni occasione è buona, per montare la gogna anti cattolica. Come si ricorderà, dopo la “condanna” di febbraio, il Foglio si fece promotore di una lettera a Papa Francesco firmata da migliaia di persone (tra gli altri, Alain Besançon, Roger Scruton, Giuliano Ferrara, Ilaria Occhini, Stanislaw Grygiel, Giancarlo Cesana). Vi si auspicava che la chiesa non subisse “il ricatto delle avanguardie fanatizzate del mondo secolare sulla questione dell’infanzia”, e si metteva l’accento su certe “tribune falsamente universaliste e falsamente umanitarie”, che “pretendono di smantellare lo spazio pubblico e privato dell’educazione cristiana a colpi di leggi neogiacobine e di pronunciamenti solenni”.

Ieri il Guardian riportava le dichiarazioni di ong che pretendono risarcimenti dal Vaticano per le vittime di abusi da parte del clero, affiancate a quelle dei professionisti del mondo dei cosiddetti “diritti riproduttivi”, che vorrebbero assimilare alla tortura i pretesi ostacoli alla contraccezione e all’aborto incarnati dalla dottrina cattolica.  A febbraio la risposta della Segreteria di stato vaticana era sembrata timida e sconcertata. Nei giorni scorsi, il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha invece messo preventivamente in chiaro in una nota che la Santa Sede ha aderito alla Convenzione contro la tortura per conto dello Stato della Città del Vaticano, e che quindi “la sua responsabilità giuridica per l’applicazione riguarda il territorio e le competenze dello Stato della Città del Vaticano”.

Lombardi ricorda che “il progresso di adeguamento alle esigenze della Convenzione compiuto nel campo normativo” è stato “molto rilevante”, e parla della “pressione esercitata sui Comitati e sull’opinione pubblica da ong fortemente caratterizzate e orientate ideologicamente per inserire anche nella discussione sulla tortura la questione degli abusi sessuali su minori, attinente invece piuttosto alla Convenzione sui diritti del fanciullo. Quanto ciò sia strumentale e forzato, appare evidente a chiunque non sia prevenuto”. Ma è soprattutto il combattivo e dettagliato documento che la Santa Sede ha presentato all’audizione, nel quale si replica punto per punto alle accuse del Comitato del Cat, a far capire che stavolta non sarà troppo facile far funzionare la gogna (lo pubblichiamo integralmente sul nostro sito, ilfoglio.it). All’accusa di provocare “torture fisiche e psicologiche” a causa della sua politica su contraccezione e aborto, la Santa Sede replica per esempio che il suo scopo è semmai “evitare come richiede la Convenzione che i bambini vengano torturati e uccisi prima di nascere. Per esempio in Canada tra il 2000 e il 2011,  622 bambini nati vivi dopo un aborto sono stati lasciati morire come pure 66 nel Regno Unito nel 2005”.


http://www.ilfoglio.it/soloqui/23159

848 i preti pedofili ridotti allo stato laicale dal Vaticano


07 - 05 - 2014Matteo Matzuzzi
848 i preti pedofili ridotti allo stato laicale dal Vaticano

Si è chiusa ieri a Ginevra la due giorni di audizioni della Santa Sede davanti al Comitato delle Nazioni Unite per la convenzione contro la Tortura. Dopo l’interrogatorio cui i membri hanno sottoposto il nunzio, mons. Silvano Tomasi, sarà steso un report, la cui diffusione è prevista per il prossimo 23 maggio. Stando alle premesse – cioè al fuoco incrociato di richieste di chiarimento da parte dei membri del Comitato – il risultato pare già essere scritto: una replica di quanto accaduto lo scorso febbraio con il durissimo Rapporto preparato dal Comitato per la Convenzione sui diritti del fanciullo.
“INGANNEVOLE EQUIPARARE ABUSI SESSUALI E TORTURA”
La posizione di Roma è chiara: come detto da Padre Federico Lombardi, equiparare le sofferenze e i traumi derivati dagli abusi sessuali sui minori a quelli inflitti con la tortura, vuol dire impostare la questione in modo chiaramente ingannevole e forzato per qualsiasi osservatore obiettivo”. Tomasi, lunedì intervenuto alla Radio Vaticana, ha ricordato che la questione va affrontata solo sulla base di un “dialogo costruttivo”, e non su “asserzioni polemiche”, altrimenti si rischia di rendere il tutto “un lavoro inefficace e controproducente”. Messaggio chiaramente indirizzato a quei membri del Comitato più agguerriti nei confronti della Santa Sede. Oltre all’esponente nepalese e a quello cinese, è dall’americana Felice Gaer che è giunta l’accusa più dura nei confronti della Santa Sede.
IL DOCUMENTO DI MONS. TOMASI
E’ lei che, come ricordava sul Corriere della Sera di ieri Maria Antonietta Calabrò, ha osservato che “lo Stato della Città del Vaticano è una suddivisione della Santa Sede, come il cantone di Ginevra è una suddivisione della Svizzera” e che quindi la Santa Sede è competente per tutti i preti del mondo. Non solo, ma la signora Gaer ha chiesto conto anche del comportamento del Vaticano circa l’aborto, il cui divieto assoluto “può causare sofferenze supplementari”. Un calderone, quello della tortura, dove è dunque finito di tutto. Questa volta, però, la Santa Sede non si è fatta trovare impreparata. Prima di entrare nell’aula dell’interrogatorio (diffuso in streaming), mons. Tomasi aveva provveduto a rendere noto un documento in cui erano contenute tutte le risposte del Vaticano alle accuse mosse dal Comitato.
TUTTI I NUMERI SUI PRETI SANZIONATI
Tra i punti più rilevanti del confronto, va segnalato il momento in cui l’osservatore permanente ha per la prima volta elencato il numero preciso dei sacerdoti coinvolti in casi di abusi sessuali sottoposti a provvedimenti disciplinari da parte della Santa Sede. Tra il 2004 e il 2013 sono stati 848 i preti ridotti allo stato laicale, mentre a 2.572 sono state comminate sanzioni meno drastiche. 3.420 i casi “credibili” segnalati alla Congregazione per la dottrina della fede. Picco massimo nel 2011, quando i ridotti allo stato laicale sono stati 143. Un quadro completo che ha portato alcuni esponenti del Comitato a ringraziare il Vaticano. Lo scorso febbraio, l’Associated Press rivelò che negli ultimi due anni del pontificato ratzingeriano i preti ridotti allo stato laicale erano stati 384. Cifra poi corretta dal direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi.

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