Le lotte interne della Chiesa: quando il priore querela i tradizionalisti
Attenti, il priore è nervoso e se si arrabbia son dolori, anzi querele.
Il priore del monastero di Bose Enzo Bianchi, nominato da Papa Francesco consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei Cristiani, pare allergico alle critiche al punto da aver dato mandato ai propri legali di querelare alcuni siti di informazione cattolica di stampo tradizionalista, ad iniziare dal ben noto “Riscossa Cristiana”.
Al priore non sono piaciute le critiche che hanno accompagnato la sua investitura, critiche del tutto prevedibili viste le posizioni alquanto discutibili che l’esimio Bianchi ha assunto nel corso degli anni.
Non serve essere tradizionalisti per non condividere il desiderio del priore di riformare il primato papale in favore della sinodalità; non bisogna per forza sentirsi seguaci di Marcel Lefebvre per considerare laChiesa cattolica l’unica Chiesa che discende direttamente da Gesù Cristo ed è in perfetta continuità con il magistero affidato a Pietro; non bisogna essere necessariamente degli accaniti conservatori per considerare “non negoziabili” i principi etici, per ritenere indiscutibili l’indissolubilità del matrimonio e la tutela della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale.
E la dottrina? Bisogna necessariamente essere eretici per sostenere che la Chiesa non può fare a meno della dottrina e che si può sostenere e difendere il primato della misericordia anche senza con questo fare a pezzi l’impianto dottrinale che regola la Chiesa da secoli? Ed infine, dobbiamo necessariamente essere amici di Gad Lerner, votare per Rosi Bindi,sostenere Romano Prodi al Quirinale per essere dei veri cristiani agli occhi del priore? Anzi dei “cattolici adulti” tanto per usare un termine tanto caro al professore di Bologna?
Enzo Bianchi dunque non ama le critiche, soprattutto quelle dei cattolici tradizionalisti che guardano con sospetto e diffidenza il nuovo corso di Bergoglio. Sbagliano? Probabilmente, ma perché se per anni, in tanti, anche nel mondo cattolico, hanno potuto criticare Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, oggi a qualcuno dovrebbe essere precluso il diritto di criticare Papa Francesco e il suo consultore per l’unità dei cristiani? Enzo Bianchi dunque si rivolge agli avvocati minacciando querele. Come ha giustamente evidenziato Alessandro Gnocchi, ma lui si sa è un indifendibile conservatore da tenere distante come la peste, il priore si rivolge agli organi dello stato laico, in questo caso la magistratura, affinché “tappi la bocca” alle voci critiche, dentro e fuori la Chiesa.
Un’istituzione aconfessionale viene quindi chiamata a pronunciarsi su questioni che hanno attinenza con la fede e con la coscienza degli individui, giudicando la legittimità di critiche incentrate unicamente su una diversa concezione di Chiesa.
Gnocchi teme che Bianchi utilizzi la magistratura italiana come una sorta di “tribunale dell’inquisizione” contro le voci tradizionaliste che non vogliono adeguarsi all’idea di una Chiesa appiattita sul partito radicale di massa e sui suoi dogmi relativisti. E se nei secoli passati le eresie venivano represse dai tribunali ecclesiastici accendendo i roghi nelle piazze, oggi si preferisce affidare il giudizio sull’eresia allo stato laico, sostituendo al “sacro fuoco”, il “sacro risarcimento” andando a colpire le saccocce del presunto eretico.
In nome dello Stato e non certo della Chiesa che a quanto pare preferisce delegare all’esterno la risoluzione di certe controversie di carattere dottrinale e morale. Perché la misericordia, la comprensione, il perdono, alla fine debbono valere per tutti quelli che, a vario titolo, hanno infranto la dottrina della Chiesa, ma non per gli indomiti conservatori che non accettano l’omologazione culturale e desiderano difendere e conservare la tradizione.
Per loro solo “randellate mediatiche” e azioni giudiziarie. Evviva l’unità dei cristiani!
Al priore non sono piaciute le critiche che hanno accompagnato la sua investitura, critiche del tutto prevedibili viste le posizioni alquanto discutibili che l’esimio Bianchi ha assunto nel corso degli anni.
Non serve essere tradizionalisti per non condividere il desiderio del priore di riformare il primato papale in favore della sinodalità; non bisogna per forza sentirsi seguaci di Marcel Lefebvre per considerare laChiesa cattolica l’unica Chiesa che discende direttamente da Gesù Cristo ed è in perfetta continuità con il magistero affidato a Pietro; non bisogna essere necessariamente degli accaniti conservatori per considerare “non negoziabili” i principi etici, per ritenere indiscutibili l’indissolubilità del matrimonio e la tutela della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale.
E la dottrina? Bisogna necessariamente essere eretici per sostenere che la Chiesa non può fare a meno della dottrina e che si può sostenere e difendere il primato della misericordia anche senza con questo fare a pezzi l’impianto dottrinale che regola la Chiesa da secoli? Ed infine, dobbiamo necessariamente essere amici di Gad Lerner, votare per Rosi Bindi,sostenere Romano Prodi al Quirinale per essere dei veri cristiani agli occhi del priore? Anzi dei “cattolici adulti” tanto per usare un termine tanto caro al professore di Bologna?
Enzo Bianchi dunque non ama le critiche, soprattutto quelle dei cattolici tradizionalisti che guardano con sospetto e diffidenza il nuovo corso di Bergoglio. Sbagliano? Probabilmente, ma perché se per anni, in tanti, anche nel mondo cattolico, hanno potuto criticare Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, oggi a qualcuno dovrebbe essere precluso il diritto di criticare Papa Francesco e il suo consultore per l’unità dei cristiani? Enzo Bianchi dunque si rivolge agli avvocati minacciando querele. Come ha giustamente evidenziato Alessandro Gnocchi, ma lui si sa è un indifendibile conservatore da tenere distante come la peste, il priore si rivolge agli organi dello stato laico, in questo caso la magistratura, affinché “tappi la bocca” alle voci critiche, dentro e fuori la Chiesa.
Un’istituzione aconfessionale viene quindi chiamata a pronunciarsi su questioni che hanno attinenza con la fede e con la coscienza degli individui, giudicando la legittimità di critiche incentrate unicamente su una diversa concezione di Chiesa.
Gnocchi teme che Bianchi utilizzi la magistratura italiana come una sorta di “tribunale dell’inquisizione” contro le voci tradizionaliste che non vogliono adeguarsi all’idea di una Chiesa appiattita sul partito radicale di massa e sui suoi dogmi relativisti. E se nei secoli passati le eresie venivano represse dai tribunali ecclesiastici accendendo i roghi nelle piazze, oggi si preferisce affidare il giudizio sull’eresia allo stato laico, sostituendo al “sacro fuoco”, il “sacro risarcimento” andando a colpire le saccocce del presunto eretico.
In nome dello Stato e non certo della Chiesa che a quanto pare preferisce delegare all’esterno la risoluzione di certe controversie di carattere dottrinale e morale. Perché la misericordia, la comprensione, il perdono, alla fine debbono valere per tutti quelli che, a vario titolo, hanno infranto la dottrina della Chiesa, ma non per gli indomiti conservatori che non accettano l’omologazione culturale e desiderano difendere e conservare la tradizione.
Per loro solo “randellate mediatiche” e azioni giudiziarie. Evviva l’unità dei cristiani!
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.