Chi intende riformare l'irreformabile
Assistiamo sgomenti, da tempo, a talune affermazioni con cui, capovolgendo e tradendo la Paola di Cristo, il card. Kasper si accinge, in qualità di “teologo” scelto da papa Bergoglio per il prossimo Sinodo straordinario (ottobre 2014) ad immettere una “nuova” dottrina sul tema del divorzio, e nella fattispecie, sul tema dei cristiani “divorziati/risposati”. Un Sinodo che, per tale tematica, si rende illegittimo in partenza perché intende esaminare una dottrina già definita.
Leggiamo infatti alcune dichiarazioni che si configurano quali palesi, consapevoli eresie perché non possiamo pensare che il card. Kasper non conosca quanto la dottrina e la Tradizione insegnano quando, coram populo, egli si permette di dire: “Non posso pensare ad una situazione in cui un essere umano è caduto in un buco senza via d'uscita [il matrimonio monogamico ed indissolubile]. Spesso egli non può tornare al primo matrimonio [che non è il “primo” ma l'unico così che il secondo, vivo l'altro coniuge, non è matrimonio ma concubinato]. Se questo è possibile, ci dovrebbe essere una riconciliazione con la moglie o con il marito, ma questo spesso non è possibile” e continua non solo ipotizzando, ma dando per certa l'assoluzione e l'ammissione dei cosiddetti divorziati risposati ai sacramenti.
Il card. Kasper si domanda: “Nel Credo diciamo di credere nel perdono dei peccati. Se ci fosse questa mancanza [divorzio + concubinato] e ci si è pentiti, l'assoluzione non è possibile? La mia domanda passa attraverso il sacramento della penitenza, attraverso il quale abbiamo accesso alla santa Comunione. Ma la penitenza è la cosa più importante: il pentimento per ciò che è andato storto, e un nuovo orientamento di vita”.
Come si può notare, in siffatte interrogazioni retoriche, il card. Kasper non parla affatto del proposito di non peccare più. Eppure nessun peccato, né veniale né mortale, può essere rimesso, neppure nel Sacramento della penitenza, senza il proposito di non rinnovare il peccato.
D'altronde che cos'è mai un “pentimento” che non racchiude in sé già la volontà di non più peccare (proposito implicito), ma, al contrario, si abbina al proposito esplicito di continuare a vivere in peccato? Il pentimento infatti riguarda non “ciò che è andato storto”, ma la trasgressione della Legge di Dio e l'offesa fatta alla Sua divina Maestà così che il “nuovo orientamento di vita” può consistere solo nel rimettersi in regola con la Legge divina, naturale e positiva, e non consiste certamente nel proseguire nel concubinato perché più soddisfacente del matrimonio fallito.
Eppure papa Bergoglio ha difeso gli spropositi del suo “teologo” contro quei cardinali che hanno doverosamente reagito in difesa della dottrina cattolica.
Il card. Kasper e il Papa hanno ilo dovere di attenersi alla dottrina eterna del Vangelo e difenderne l'integrità senza scendere a compromessi con quel mondo che Gesù maledisse per i suoi scandali (Mt. 15,7) e che San Giovanni proclama tutto immerso nel male (1Giov. 5,19) perché è l'insieme di coloro le cui massime e la cui vita si oppongono al Vangelo. C'è invece nelle intenzioni del prossimo Sinodo la voglia di accettare le sfide di questo mondo accogliendo in pieno le istanze dei divorziati che vivono in concubinato. Ma la formula “così fan tutti” non appartiene al Vangelo.
E sarebbe ora di smetterla con l'argomento delle sfide che il mondo lancia alla Chiesa e che la Chiesa pretende di voler raccogliere dacchè le vere sfide, anzi l'unica ed esclusiva sfida è quella che Cristo lancia al mondo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc. 9, 23).
Ma questo asciutto ed ineludibile invito si contrappone a quanto il card. Kasper dice a proposito della dottrina della Chiesa che prescrive ai divorziati risposti di astenersi dai rapporti sessuali per avere la comunione: “Vivere come fratello e sorella è un atto eroico, e l'eroismo non è per il cristiano medio”. Dunque, liberatoria, scioglimento del vincolo e tutti felici. Nel peccato.
Ma chi obbliga i cosiddetti “divorziati risposati” a vivere sotto lo stesso tetto nell'occasione prossima volontaria di peccato? Non sa il card. Kasper che per perdere la nota di pubblico peccatore e riacquistare il diritto ai Sacramenti non basta neppure l'accostarsi pubblicamente alla confessione ma si deve anche abbandonare l'occasione prossima di peccato?
Qui non siamo nel campo dell'eroismo, ma della semplice morale, che obbliga tutti ed è a tutti possibile perché Dio non comanda cose impossibili e vuole che gli si chieda aiuto nelle difficoltà.
Chi volesse trovare giustificazione al proprio peccato ha a disposizione il protestantesimo, il buddhismo, le varie sette più o meno religiose, non esclusa la massoneria, con cui indegni vescovi e sacerdoti concelebrano sacrileghe messe “nere”, e alle quali, spiece dirlo, ma lo diciamo, va tutta la simpatia di taluni uomini di Chiesa.
Il Verbo di Cristo è indeformabile e irreformabile “nunquam reformatum quia nunquam deformatum” e chi è mai un cardinale o, anche un Papa per cambiare un contenuto immodificabile?
Se Cristo ha detto in modo perentorio e senza equivoci: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei e se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio” (Mc. 10,11), chi può arrogarsi il potere di annullare la Sua parola di verità? Non appare, nella pericope, cenno alcuno a forme di pentimento che permettano di continuare nel peccato di adulterio, peccato che San Paolo bolla al pari della sodomia: “Non sapete che gli ingiusti non possederanno il regno di Dio? Attenti a non illudervi: né fornicatori, né idolatri, né adulteri...saranno eredi del regno di Dio” (1Cor. 6,9).
in conclusione: il Magistero predichi e insegni chiaramente, senza criptiche perifrasi così gradite al mondo, che esiste un'unica maniera per il divorziato non “risposato” ma concubino di tornare membro vivo della Chiesa: confessarsi con il fermo proposito di lasciare l'occasione prossima dim peccato perché, diversamente, sarà perpetrato, con il suo accesso ai sacramenti, un ulteriore gravissimo tradimento della parola di Cristo.
L.P.
(Quindicinale cattolico Sì Sì No No)
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