Parla il più noto sociologo delle religioni: "Il futuro della Chiesa è il Sud del mondo. Nel Ventunesimo secolo avremo pontefici africani e asiatici", dice. Prevede che il cattolicesimo crescerà per attrazione, e non per proselitismo. E sul sinodo di ottobre in Vaticano: "E' il primo passo verso un governo collegiale"
"Il futuro del papato, non soltanto della Chiesa, è il Sud del mondo. E di comunità in minoranza, non più identitarie ma disposte a crescere per attrazione e non per proselitismo. In tutto il ventunesimo secolo la voce della Chiesa cattolica sarà quella dell'America Latina, dell'Asia e dell'Africa. La svolta, con Francesco, è ormai definitiva". Ne è convinto Philip Jenkins, il più noto sociologo delle religioni contemporanee, lo studioso più qualificato al mondo nel rilevare gli andamenti demografici, geo-politici e spirituali delle religioni del nostro tempo. Dopo aver insegnato a lungo alla Penn State University in Pennsylvania, oggi Jenkins, di confessione episcopaliana, è docente di storia alla Baylor University (Texas) e fresco autore, per Editrice Missionaria Italiana, di "Chiesa globale. La nuova mappa".
Da un anno e mezzo è vescovo di Roma Jorge Mario Bergoglio. È un'eccezione o pensa che in futuro ci saranno altri Papi dal Sud del mondo?
"Parlo del Sud globale, piuttosto che dell'emisfero Sud. Entro il 2050 circa l'80 per cento di tutti i cattolici verranno dall'America Latina, dall'Africa e dall'Asia. Molti di questi, fra l'altro, già vivono in Europa e nel Nord America. Senza tenere conto che i paesi con più cattolici sono già oggi Brasile, Messico e Filippine. Entro il 2030 ci saranno più cattolici in Africa che in Europa. È quindi molto probabile che i futuri vescovi di Roma verranno da questi posti. Nel ventunesimo secolo credo vedremo diversi Papi africani e asiatici".
Nel 1920 lo scrittore cattolico anglo-francese Hilaire Belloc dichiarava con orgoglio che "l'Europa è la Fede, e la Fede è l'Europa". Sbagliava?
"In termini di numeri era nel giusto. Nel 1920, oltre l'80 per cento dei cattolici, ancora viveva in Europa o nel Nord America. Ma si sbagliava in termini culturali, perché ignorava le diverse eredità culturali degli stesi cristiani. Il cristianesimo è sempre stata una religione di tutti i popoli".
Parte della Chiesa europea sembra faticare a comprendere fino in fondo la svolta di Bergoglio, una Chiesa che si mette in ascolto del popolo, sempre in uscita... Perché?
"Non so dire con esattezza se sia per il suo background argentino o per il suo particolare carattere che lo porta a rifiutare tutti i titoli dignitari che noi solitamente associamo alla Chiesa e ai suoi alti uffici. Certamente i sacerdoti latino americani negli ultimi anni hanno mostrato un'opzione decisa per i poveri, una vicinanza e simpatia anzitutto per loro. E il Papa riflette in pieno questa tendenza".
L'8 ottobre Papa Francesco ha convocato il Sinodo dei vescovi sulla famiglia. Il Sinodo è stato preceduto da un questionario inviato a tutti i fedeli. È a suo avviso una prima tappa verso una Chiesa governata in modo più sinodale?
"La centralizzazione della Chiesa la si è avuta soltanto dal diciannovesimo secolo in poi. Prima le difficoltà di comunicazione non permettevano questa centralizzazione anche se i Papi faticavano a concepirsi fuori dai confini italiani. Ora mi sembra che vi sia un ritorno a schemi precedenti, la sinodalità infatti rimanda alla natura apostolica propria della Chiesa".
Oggi i cristiani soffrono persecuzioni in diversi paesi. C'è chi parla, nei paesi islamici, di una nuova guerra di religione, di conflitti insomma motivati dalla fede. È così?
"Cristiani e musulmani hanno vissuto fianco a fianco per secoli. Sebbene nei tempi recenti entrambe le religioni siano state cambiate dalle correnti della nuova globalizzazione. Nel caso dell'islam ci troviamo di fronte a nuove forme di estremismo radicale. Queste forme stanno divenendo popolari a causa del fatto che la stessa religione islamica ha in più parti fallito il suo tentativo di confrontarsi con la modernità. Soltanto il mondo islamico è rimasto indietro su questa strada. Le società cristiane, ebraiche, ma anche quelle legate all'induismo e al confucianesimo, sono fiorenti. Molti giovani musulmani sono così spinti a leggere questo fallimento in termini di una perdita del favore di Dio, e tentano di tornare all'immagine di un islam antico e puro. Le loro idee sono gioco forza religiose come anche politiche".
Papa Francesco sta impostando ovunque un dialogo basato sull'amicizia e sulla non ingerenza. In Corea ha detto che la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione.
"Credo che le linee guida possano essere differenti a seconda dei differenti paesi. Nella maggioranza delle regioni asiatiche i cristiani sono una minoranza, tra il 5 e il 10 per cento della popolazione (anche se in Corea sono di più) ed è dunque molto importante che non provochino scontri con la maggioranza delle fedi e delle ideologie. Devono vivere senza provocare. Possono vivere la propria fede soltanto con l'esempio della propria vita piuttosto che predicando la propria fede direttamente agli altri".
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