Premette, con un buttarsi avanti per non cadere indietro, col dire che il Sinodo dovrà mettere in primo piano le persone, le famiglie ferite e il loro cammino di fede, aggiungendo che la discussione futura non può essere incentrata solo sul tema “ammissione ai sacramenti dei cristiani divorziati e risposati” (in stato di peccato grave – nostra nota), ma non dice quali altri argomenti di pari gravità facciano parte del listino. Un tentativo, questo, di limitare ed attutire la fragorosa dirompenza di quanto sta per esplodere in termini dogmatici e morali.
Seguendo passo passo il dettato di papa Bergoglio, il cardinale cattoislamico testualmente afferma: “In attesa delle discussioni sinodali, penso (?) che l’ipotesi potrebbe essere accolta, però a precise (?!) condizioni che determinano una strada da percorrere”.
La cialtroneria di tali affermazioni è talmente evidente che non varrebbe la pena di starci a strologare sopra se non fosse la necessità di additare a pericolo quella ipocrita “ipotesi” che, con quel “potrebbe essere accolta”, diventa “tèsi” di fatto già approvata.
Ma ora è di moda parlare di “cammino”, di “strada” come se il camminare sia di per sé elemento positivo di redenzione o di purificazione. Camminare dove e verso dove, e su quale strada? E quali, poi, le precise condizioni che possano permettere la deroga dalla legge di Dio?
L’unica strada che il cristiano in oggetto può percorrere è quella a ritroso, quella del ritorno allo “status quo ante”, a quello stato coniugale originario che si è, con grave disobbedienza al comando di Cristo, lacerato. Altre strade non esistono dacché permarrà sempre il divieto dello stesso Cristo a pataccari rimedî, a gherminelle di pretesa pastorale che altro non fanno che divaricare l’orrido abisso in cui il fedele/infedele, accostandosi all’Eucaristìa in peccato mortale, precipita.
“Quicumque dimiserit uxorem suam et aliam duxerit, adulterium committit super eam. Et si uxor dimiserit virum suum et alii nupserit, moechatur” (Mc, 10, 11) – Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei. Se la moglie ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio.
Ci dicano il cattoislamico cardinal Tettamanzi, e tutti gli altri di eguale compagnìa, in qual modo si possa far finta di ignorare tali perentorie affermazioni, e quale altra strada possa percorrere un cristiano che si trovi nello stato di adulterio. Nessun’altra se non quella del ripristino dell’ordine originario.
Ma gli intelletti sottili del Vaticano II hanno scovato il grimaldello, il piede di porco, che consentirà loro di scardinare la regola divina: lo “spirito del tempo”, l’hegeliana truffa idealistica che sottomette Dio all’evoluzione della storia e alle necessità dell’uomo nel rispetto del “così fan tutti/e”di mozartiana memoria.
Il luciferino sillogismo è evidente:
A) premesso che il divorzio, espressione dello spirito dei tempi, è la pratica più estesa;B) dato l’intrinseco e necessario adattamento del dogma all’evoluzione della società;
C) ne consegue che anche la parola di Cristo debba adeguarsi a una visione pastorale evolutiva.
Ma siccome “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Lc. 21, 33), non sarà una velleitaria pezza del genere, un alzamiento sinodale, a prevalere sulla Legge divina, talché il responsabile di tale eversione, ne dovrà pagare le conseguenze, come la Vergine profetò a La Salette e a Fatima.C) ne consegue che anche la parola di Cristo debba adeguarsi a una visione pastorale evolutiva.
Cristiani divorziati/risposati: non abboccate all’esca pseudocompassionevole del modernismo masso/vaticano, ché, se l’uomo/papa Bergoglio, il cattoislamico cardinale Tettamanzi e la maggior parte dei padri sinodali vi autorizzeranno, in virtù di una peciosa e subdola “misericordia in ginocchio”, ad accostarvi all’Eucaristìa, ve lo proibisce severamente il comando di Dio.Disobbedite a costoro ed obbedite a Dio, come afferma il primo Vicario di Cristo (At. Ap. 5, 29). Non rendetevi complici e vittime, per opportunismo e per comodo, di questa opera sacrilega a cui Satana, da tempo, sta lavorando all’interno della Chiesa.
La vostra coscienza, anche se tenterete di persuadervi del contrario, ne porterà il peso con ciò che consegue in termini di salvezza, perché la strada da percorrere che vi sarà indicata è quella larga, facile, ampia e comoda che porta dritto dritto all’Inferno.
di L. P.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV969_L.-P._A_volte_ritornano.html
Sui divorziati Tettamanzi apre, Scola no
L'arcivescovo emerito favorevole alla comunione ai risposati, il successore invece resta contrario
L'arcivescovo emerito favorevole alla comunione ai risposati, il successore invece resta contrario
Comunione ai divorziati risposati sì o no? A costo di semplificare, questo dibattito è diventato il simbolo e un po' la porta d'accesso al Sinodo sulla famiglia voluto dal Papa. Posizioni diverse si confrontano nella Chiesa universale. E nella Chiesa milanese. L'arcivescovo, Angelo Scola, in partenza per Roma, ha affidato la sua sostanziale chiusura a un intervento su Il Regno (che si può leggere sul sito della Diocesi). Anche il suo predecessore, l'arcivescovo emerito Dionigi Tettamanzi, benché non sia membro del Sinodo, ha deciso di non tacere. In un libro («Il Vangelo della misericordia per le famiglie ferite», che uscirà il 15 ottobre per le edizioni San Paolo) ha illustrato perché è favorevole a concedere la Comunione ai divorziati risposati. Così, se Scola è più sulle posizioni del prefetto per la Congregazione della dottrina della fede, Gerhard Müller, Tettamanzi è vicino al cardinale Kasper, a cui il Papa ha affidato il documento base del Sinodo che si apre domani in Vaticano.
Le persone che hanno alle spalle un fallimento matrimoniale sono sempre state oggetto d'attenzione del cardinal Tettamanzi. Da vescovo di Milano, ha dedicato loro una lettera, «Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito», scritta nell'Epifania del 2008 per gli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione. Un testo accolto con entusiasmo da tanti fedeli non solo milanesi, presto diventato un punto di riferimento nella cura delle persone separate.
Adesso che il Sinodo entra nel vivo, Tettamanzi, da arcivescovo emerito, approfondisce ancora il tema con questo libro, in cui conclude che sì, a certe condizioni, lui è a favore. «Non è una misericordia divina che si svende a buon mercato», dice il vescovo Dionigi, perché impegna la vita con i suoi atteggiamenti e comportamenti. I sacramenti, argomenta, rivelano così la loro autentica fisionomia: «Sono un aiuto di grazia che Cristo continua a elargire a quanti credono in lui».
Anche il cardinale Scola, nel suo intervento, attinge all'esperienza da pastore: «Mi è capitato di poter riammettere alla comunione sacramentale divorziati risposati che hanno maturato una tale scelta», ovvero «l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi». In base alle indicazioni del magistero, senza avere rapporti sessuali è già possibile accostarsi alla Comunione anche per i divorziati risposati. Il cardinale Scola rimane sostanzialmente contrario a modificare la situazione attuale, ma sottolinea: «È importante evidenziare molto meglio come il non accesso ai sacramenti... non sia da considerarsi una punizione». E ancora: altre forme di partecipazione, come la Messa e la comunione spirituale «non sono palliativi».
Rieccoci al sì di Tettamanzi. «Se del sacramento si assume in modo rettamente privilegiato il significato di signum misericordiarum Dei (segno delle misericordie di Dio, ndr), diviene non solo pensabile ma anche in un certo senso plausibile l'ipotesi di una possibile ricezione dei sacramenti della penitenza e dell'eucaristia da parte anche dei fedeli divorziati risposati» scrive il cardinale. A patto che «si eviti assolutamente qualsiasi confusione sull'indissolubilità del matrimonio», «si esclude la celebrazione di nuove nozze sacramentali», «si assicura un ricuperato impegno di vita cristiana attraverso cammini di fede veri e seri». A guidare molto il cardinale nel suo ragionamento è sant'Ambrogio. Scrive tra l'altro il patrono di Milano: «Volete eliminare il motivo per cui si fa penitenza? Togli al pilota la speranza di arrivare alla meta ed egli vagherà incerto in mezzo ai flutti. Togli al lottatore la corona, e questi giacerà inerte allo stadio. Togli al pescatore la capacità di catturare i pesci: egli cessa di gettare le reti. Come può dunque chi patisce la fame nella sua anima pregare Dio con vero impegno, se dispera di ottenere il sacro cibo...».
Venghino signori, venghino! abbiamo eliminato x il momento ... 1° comandamento.......... 6°comandamento..... 9°comandamento.......peccati..... penitenza..... Gesù pietà di noi poveri peccatori in balia dei lupi travestiti da agnelli!!!
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