"Bergoglio non è Papa". La teoria-thriller di Socci agita il mondo cattolico
Nel nuovo libro, lo scrittore nega la validità dell'elezione di Francesco. Per questo il suo magistero è una delusione
Nel nuovo libro, lo scrittore nega la validità dell'elezione di Francesco. Per questo il suo magistero è una delusione
Una potente casa editrice. Caso letterario? Caso teologico? Caso ecclesiastico? Forse tutti e tre insieme, bingo. Oppure nessuno: a volte mettere troppa carne al fuoco serve a non cuocerla bene e a tenersi la fame.
Non è Francesco è l'indovinato titolo del nuovo saggio di Antonio Socci, da oggi in vendita per Mondadori. Prima ancora del suo sbarco nelle librerie ha scatenato un putiferio di polemiche e, assicura Libero che ne ha anticipato stralci per due giorni di fila, già «agita il Vaticano». Di sicuro fa discutere i vaticanisti e gli osservatori più attenti del nuovo papato. Ieri sul Foglio , solitamente critico con Francesco, il vicedirettore Maurizio Crippa ha seccamente stroncato la nuova opera di Socci, archiviandola alla voce «ciarpame senza pudore», già coniata per tutt'altre vicende. Ce n'è abbastanza per alimentare nuovi fiumi di parole. Trame di corvi e complotti nei sacri palazzi hanno predisposto quote crescenti di cattolici, devoti, militanti, prelati e papa-boys ad appassionarsi all'ultimo giallo sotto il cupolone. I polpettoni di Dan Brown hanno fatto il resto.
Antonio Socci ha scritto in passato libri memorabili, in particolare raccontando la vicenda di «un padre nella tempesta» dopo l'improvvisa malattia che cinque anni fa ha colpito sua figlia Caterina. Oltre che una testimonianza di provata fede, è certamente una delle intelligenze più colte e raffinate della scena cattolica contemporanea. Ma mischiando dottrina e fantascienza complottarda, teologia e atmosfere thriller, se procedono in splendida solitudine anche le intelligenze migliori rischiano di toppare. Già nel precedente I giorni della tempesta , Socci aveva sostenuto, ricorrendo alle rivelazione di Maria Valtorta, che la salma di San Pietro non si trovasse sotto la tomba in Basilica, ma nella periferia romana dove ipotizzava che un futuro Papa avrebbe trasferito la sua residenza per stare più vicino alla gente comune. Ora in questo nuovo lavoro condensa le convinzioni che lo accompagnano da prima delle clamorose dimissioni di Benedetto XVI che, gli va dato atto, aveva anticipato sulle pagine di Libero . Purtroppo Socci non si è mai rassegnato ad accettarle per ciò che erano: il riconoscimento che le «forze, per l'età avanzata ( ingravescente aetate ) non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino» (Benedetto XVI, 11 febbraio 2013 al termine del Concistoro). Ci ha intravisto sempre qualcos'altro e qualcosa di più che non si è mai ben capito cosa fosse. Forse, viziato da quel sospetto, Socci ha presto iniziato a prendere contropelo quasi tutto ciò che ha detto e fatto il successore di Ratzinger. A dire il vero, citando Elisabette Piqué, «una brava giornalista argentina», ha messo in discussione la validità stessa della elezione di Bergoglio al Soglio pontificio. Secondo la ricostruzione della Piqué contenuta in Francesco. Vita e rivoluzione , alla quinta votazione il cardinale scrutatore contò 116 foglietti anziché 115 come dovevano essere. «Sembra che, per errore, un porporato abbia deposto due foglietti nell'urna: uno con il nome del suo prescelto e uno in bianco, rimasto attaccato al primo». La votazione viene annullata «e si procede a una sesta votazione». Secondo Socci, che si appella all'articolo 69 del Regolamento per la elezione dei Papi, la votazione successiva doveva slittare al giorno dopo perché le votazioni possono essere solo quattro al giorno. E in una notte Bergoglio, che già nel Conclave dell'aprile 2005 risultò il secondo più votato dopo Ratzinger, avrebbe potuto essere giubilato. Così, appellandosi a queste norme, conclude «che l'elezione al papato di Bergoglio semplicemente non è mai esistita». Né più né meno.
E se l'elezione è nulla Bergoglio potrebbe «tornare nella pampa». Socci ne parla come di «una tentazione forse cresciuta di fronte agli enormi problemi di governo della Chiesa per i quali l'ex arcivescovo di Buenos Aires si scopre inadeguato, inadatto». Suffragata da una serie di lacune elencate dopo una breve premessa, la sentenza è senz'appello. «Ho sostenuto papa Francesco come potevo, per mesi, sulla stampa», scrive l'autore nel primo capitolo. Ma a un certo punto non ce l'ha più fatta. Troppe cose non lo convincono. A cominciare dal mancato «soccorso dei cristiani massacrati nel Califfato islamico del nord Iraq». Per proseguire con l'espressione «chi sono io per giudicare una persona» usata da Francesco per rispondere a chi lo interrogava in materia di rapporti e comportamenti omosessuali. Poi la consuetudine con Eugenio Scalfari, forse dimentico che anche Gesù si auto-invitava a casa di Zaccheo. Infine, la dichiarazione di Bergoglio di non voler «fare proselitismo», consapevole che il cristianesimo si comunica «per attrazione». Per tutto questo, Bergoglio non è Francesco. Non è Papa. Mentre lo è Benedetto XVI, che dopo le dimissioni non è tornato al precedente stato di cardinale. Il thriller apocalittico è servito. La realtà invece è nelle parole dello stesso Ratzinger che in una lettera autografa al teologo svizzero Hans Kung ha confidato: «Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un'amicizia di cuore a Papa Francesco. Io oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiera».
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http://www.ilgiornale.it/news/cultura/bergoglio-non-papa-teoria-thriller-socci-agita-mondo-1056678.html
Non è Francesco (di Antonio Socci) ed il Diritto canonico
IL FATTO.
È in
distribuzione in tutte le librerie il testo “Non è Francesco” di Antonio
Socci, giornalista e scrittore italiano, laureato in lettere moderne
(1983), con una carriera giornalistica che va da 30Giorni nella Chiesa e nel mondo, al Giornale, Libero, il Foglio, Panorama
e Rai. Apprendo dal web che dal 2004 è direttore – per conto della Rai –
della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia. Negli anni del
liceo milita negli ambienti della sinistra (fonte Wikipedia) per poi
approdare nel 1977 a Comunione e Liberazione. Senza nulla togliere alle sue doti di scrittore e di indiscusso intellettuale contemporaneo, da Comunione e Liberazione al giornalismo di punta ... il passo forse è breve (sic!).
Il testo
ha fatto discutere ancor prima della sua distribuzione con successiva
possibile lettura e vivamente spero che non produca ulteriori fratture
nel già devastato mondo della cosiddetta «Tradizione» (epiteto bizzarro,
per altro. O si è cattolici integrali o non si è cattolici, non essendo
il cattolicesimo una religione liberale o relativista).
CLAMOROSO.
Cosa c’è di clamoroso in questo scritto? Lo leggeremo. Nella mia città è arrivato stamane.
Socci parte da un racconto della giornalista argentina Elisabetta Piqué (libro simil apologetico Francesco. Vita e rivoluzione),
una sorta di biografa di J. M. Bergoglio, da cui si apprende che «Dopo
la votazione e prima della lettura dei foglietti, il cardinale
scrutatore, che per prima cosa mescola i foglietti deposti nell’urna, si
accorge che ce n’è uno in più: sono 116 e non 115 come dovrebbero
essere. Sembra che, per errore, un porporato abbia deposto due foglietti
nell’urna: uno con il nome del suo prescelto e uno in bianco, che era
rimasto attaccato al primo. Cose che succedono. Niente da fare, questa
votazione viene subito annullata, i foglietti verranno bruciati più
tardi senza essere stati visti, e si procede a una sesta votazione».
Secondo
Socci: «C’è solo un – per così dire – “piccolo” problema di cui nessuno
finora sembra essersi accorto: stando ai fatti riferiti dalla Piqué
[...] l’elezione di Bergoglio è nulla. Infatti l’articolo 69 della
Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che regola il
Conclave recita testualmente: “Qualora nello spoglio dei voti gli
Scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate
da un solo elettore, se esse portano lo stesso nome vanno conteggiate
per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due
voti sarà valido; tuttavia, in nessuno dei due casi viene annullata la
votazione”».
Prosegue:
«La prima violazione delle norme che si può intravedere è quindi l’aver
annullato una votazione che doveva essere ritenuta valida e scrutinata.
Ma come se non bastasse si può ravvisare una seconda violazione, perché
si è proceduto con una nuova votazione – la quinta di quel giorno
(proprio quella che ha eletto Bergoglio) – laddove la stessa
Costituzione apostolica prescrive invece che si debbano fare quattro
votazioni al giorno, due al mattino e due al pomeriggio (articolo 63).
Perché si tratterebbe di violazioni che comportano la nullità
dell’elezione? Perché l’articolo 76 della Universi Dominici Gregis
afferma: “Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto
nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni
qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che
intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non
conferisce alcun diritto alla persona eletta”».
COMMENTINO PRE-LETTURA APPROFONDITA.
Sostanzialmente
il testo, che ancora non ho potuto leggere (per questioni di tempo), si
presenta come un tentativo disperato di apologia di J. Ratzinger.
Bergoglio, così grossolano e smargiasso nella sua eresia pubblica e
notoria, non sarebbe dunque papa per i motivi elencati al paragrafetto
CLAMOROSO, ma lo sarebbe ancora J. Ratzinger, al dire di Socci, così
ortodosso e rigoroso.
Secondo il
CJC del 1917 can 188 § 4 (considerato per il Papato il can 108 §3),
l’ufficio di governare la Chiesa lo avrebbero perso molto prima i
sedenti del CV2 e del post concilio e questo per pubblica defezione
dalla fede. Di studi specifici ce ne sono in quantità industriale,
pertanto sarebbe superfluo rilanciarli qui. Certo è che una “chiesa”
oggettivamente liberale, relativista, irenista, pancristiana,
terzomondista, filo pederasta, noachita, novatrice, sensazionalista,
“carismatista”, ecc… non è la cattolica. Perde, difatti, le sue note
distintive, ovvero cattolicità, santità, apostolicità ed unità.
Frastagliata in una miriade di sette, guidate dai loro leader
carismatici, oggi definite organizzazioni, movimenti, ecc…
La
visibilità della Chiesa, tuttavia, è una «caratteristica» che deve avere
a prescindere. La Chiesa cattolica, difatti, NON resta priva di
visibilità se in un dato periodo storico, o per gravità di situazioni o
per altri vari motivi, i battezzati si disinteressano alla religione,
oppure sono male informati, plagiati, oppure diventano molto ignoranti
in materia, oppure rifiutano la religione stessa ed in numero massiccio,
ecc…. In questo caso possono al massimo essere o i pastori o i fedeli
(che sovente non conoscono neanche i dieci comandamenti) ad aver perso
la capacità di rilevare la visibilità della Chiesa, ma non certo può
dirsi che la Chiesa, stando così la situazione, perda la sua visibilità
(la visibilità è necessaria, per esempio, contro la proclamata
invisibilità delle sette protestanti dei primi tempi). Al massimo, in
casi gravi, diventa più difficile il discernimento del singolo. Sulla
visibilità della Chiesa, così come la Chiesa correttamente la insegna
(non come ne deformano oggi l’insegnamento in alcuni ambienti detti
“tradizionali”), ci si può documentare studiando, per esempio, Satis cognitum di Leone XIII, Dei Filius di Pio IX, ecc…
ELEZIONE NULLA.
Torniamo a
Socci. L’elezione di Bergoglio sarebbe dunque nulla, J. Ratzinger
sarebbe Papa pur avendo canonicamente rinunciato all’ufficio [PS: il
papato è conferito da Cristo al designato se sussistono i requisiti
previsti dalle Costituzioni (sesso maschile, età di ragione, sanità
mentale, battesimo, fede cattolica, ordine episcopale o intenzione a...
in caso di laico); il designato riceve la potestà di giurisdizione e la
media ai vescovi che ne necessitano. Il papato NON ha carattere
indelebile come l’ordirne episcopale]. Socci per sostenere la sua tesi
usa lo scritto della Piqué e la UDG (n° 63, 69 e 76) di K. Wojtyla. Preciso che esistono anche la De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani Pontificis 11/06/2007 e successivamente la Normas nonnullas 22/02/2013. Poco muta nella sostanza della Sede vacante (conclave, ecc...) e solo in alcuni N°.
IL NUMERO 68
Il n° 68 della Universi Dominici Gregis (K. Wojtyla sulla Sede vacante) ha come fonti Gregorio XV, Caeremoniale Romano ..., § Quartus actus Scrutinii ... san Pio X, Vacante Sede Apostolica, n. 70. Pio XII, Vacantis Apostolicae Sedis,
n. 81. Riguarda il conteggio ed il mescolamento delle schede: «Dopo che
tutti i Cardinali elettori avranno deposto la loro scheda nell’urna, il
primo Scrutatore l’agita più volte per mescolare le schede e, subito
dopo, l’ultimo Scrutatore procede al conteggio di esse, prendendole in
maniera visibile una ad una dall’urna e riponendole in un altro
recipiente vuoto, già preparato a tale scopo. Se il numero delle schede
non corrisponde al numero degli elettori, bisogna bruciarle tutte e
procedere subito ad una seconda votazione; se invece corrisponde al
numero degli elettori, segue lo spoglio così come appreso».
Abbiamo 3
casi: 1) numero schede = numero elettori; 2) numero schede < numero
elettori (è possibile poiché un Cardinale potrebbe recarsi in Cappella
ma decidere di non dare il suo voto. In questo caso non si può parlare
di scheda bianca, bensì di astensione dal diritto di designazione. La ratio legis
non è ovviamente riferita a questi casi, detti estremi. Se non ricordo
male, papa Gregorio XV volle il conteggio con verifica); 3) numero
schede > numero elettori.
Facciamo
attenzione al punto 3. Posto che Socci considera che K. Wojtyla fu papa,
lui deve usare il CJC del 1983 al can 173 § 3. Dice: «Se il numero dei
voti supera il numero degli elettori, nulla si è realizzato». Il testo
originale dice «numero electorum», pertanto si riferisce chiaramente NON
al numero degli elettori presenti, bensì al numero di quanti hanno dato
direttamente (o indirettamente, es. gli ammalati) il proprio voto. Si
comprende perché la Universi Dominici Gregis, diversamente da
ciò che è scritto nel CJC 1983, considera invalida l’elezione qualora i
voti raccolti sono di numero inferiore a quello degli elettori. Sempre
la UDG prevede (non specifica il momento) la bruciatura delle schede nel
caso in cui il numero delle stesse (rinvenute) non corrisponda al
numero dei votanti, siano esse o inferiori o superiori. Dice «schedulae
omnes comburendae sunt». La bruciatura delle schede deve sempre avvenire
comunque prima del secondo scrutinio (mattina o pomeriggio), questo per
consentire che il popolo comprenda tramite fumata nera.
Attenzione,
dunque, stando al racconto della Piqué: «Dopo la votazione e prima
della lettura dei foglietti, il cardinale scrutatore, che per prima cosa
mescola i foglietti deposti nell’urna, si accorge che ce n’è uno in
più: sono 116 e non 115 come dovrebbero essere. Sembra che, per errore,
un porporato abbia deposto due foglietti nell’urna: uno con il nome del
suo prescelto e uno in bianco, che era rimasto attaccato al primo. Cose
che succedono. Niente da fare, questa votazione viene subito annullata, i
foglietti verranno bruciati più tardi senza essere stati visti, e si
procede a una sesta votazione».
La
supposizione della Piqué («che era rimasto attaccato al primo») resta
una mera ipotesi non comprovabile. Difatti lei dice: «prima della
lettura dei foglietti, il cardinale scrutatore, che per prima cosa
mescola i foglietti deposti nell’urna, si accorge che ce n’è uno in
più». Effettivamente se il “cardinale” scrutatore ha PRIMA mescolato le
schede e POI si è accorto della incongruenza numerica, non si può avere
certezza che «il foglietto bianco, era rimasto attaccato al primo».
Dunque l’elezione è nulla (poiché semplicemente c'è una scheda in più).
Stando al
diritto canonico, muore evidentemente la prima obiezione di Socci: «La
prima violazione delle norme che si può intravedere è quindi l’aver
annullato una votazione che doveva essere ritenuta valida e scrutinata».
Per di più aggiungo che il diritto canonico si compone di elementi di
diritto divino ed elementi di diritto ecclesiastico. Il primo primeggia
sul secondo, il secondo NON può contraddire i precetti divini del primo.
Questo è un di più che volevo precisare.
I NUMERI 63 E 76.
La seconda
obiezione mossa da Socci, sinceramente più sensata, riguarda il n° 63
della UDG: «Qualora ciò avvenga già nel pomeriggio del primo giorno, si
avrà un solo scrutinio; nei giorni successivi, poi, se l’elezione non
s’è avuta al primo scrutinio, si dovranno tenere due votazioni sia al
mattino sia al pomeriggio». Fa seguire il n° 76: «Se l’elezione fosse
avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o
non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è
per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna
dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto
alla persona eletta».
Fino al
conclave che designò san Pio X, la regolamentazione prevedeva una
votazione al mattino ed una al pomeriggio; alle due votazione seguiva l’accessus (revisione del voto per “accesso” o cambio di voto). San Pio X, abolì l’accessus sostituendo tale operazione elettorale, prevedendo così la seconda votazione sia del mattino che del pomeriggio.
In questo
caso Socci non ha tutti i torti, difatti anche i più recenti e noti
commentatori sia del CJC che della UDG ritengono il n° 76 del documento
di Wojtyla molto vago (oserei dire pericoloso), come generica è
considerata parte della “costituzione”. In questo caso (si legge:
«l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida») ci troviamo in presenza
di una cosiddetta «legge irritante» (dichiara ipso facto nullo e
invalido un atto che non è conforme alla legge stessa). Questa legge
priva di valore l’atto giuridico stesso. In questo caso, avendo
esplicitamente scritto «invalida» riferendosi alla designazione, l’atto
non sarebbe sanabile dall’autorità preposta (davanti al diritto, l’atto
«nullo» è, invece, sanabile).
LEGGI IRRITANTI.
Stando al
n° 76 della UDG, la designazione sarebbe pertanto non avvenuta
(inesistente secondo diritto), tuttavia il CJC 1983 (che Socci
riconosce) al can 10 dice: «Sono da ritenersi irritanti o inabilitanti
solo quelle leggi con le quali si stabilisce espressamente che l’atto è
nullo o la persona è inabile».
Esempio:
«Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia
vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: […] §4 A fide
catholica publice defecerit» - «In virtù della rinuncia tacita ammessa
dallo stesso Diritto, diventano vacanti, ipso facto, e senza nessuna
dichiarazione, qualsivogliano offici, se il chierico […] §4 devia
pubblicamente dalla fede cattolica» (CJC 1917, can 188); per il
Pontefice alla luce del can 108 § 3: «Ex divina institutione sacra
hierarchia ratione ordinis constat Episcopis, presbyteris et ministris;
ratione iurisdictionis, pontificatu supremo et episcopatu subordinato;
ex Ecclesiae autem irnstitutione alii quoque gradus accessere» - «Per
divina istituzione, la sacra gerarchia (dei chierici) è composta, in
ragione dell’ordine, di vescovi, sacerdoti e ministri; in ragione della
giurisdizione del Pontificato supremo e dell’Episcopato subordinato».
Viene da
ridere studiando il CJC del 1983, dove soprattutto il can 108 § 3 non ha
alcuna corrispondenza, questo perché Wojtyla - e Montini prima di lui -
hanno ben pensato in qualche modo (ambiguo come loro solito) di
“unificare” potestà d’ordine e potestà di giurisdizione (per aprire alla
collegialità). Da questo abominio deriva anche l’attuale tendenza di
attribuire carattere indelebile al presunto pontificato di J. Ratzinger.
Secondo il teologo tedesco, difatti, la «separazione tra il ministero
come diritto e il ministero come rito» sarebbe «un’aggiunta postuma di
epoca medievale» (Cf. Apologia del Papato, EffediEffe 2014, p. 433, nota
543; Cf. J. Ratzinger, «Elementi di teologia fondamentale»,
Morcelliana, Brescia, 1986, pp. 147-150).
Torniamo a
Socci. Secondo il consenso unanime di tutti i commentatori della UDG e
dei canonisti contemporanei in generale, tale “costituzione” al n° 76
(legge ecclesiastica) non intende dichiarare “irritanti” tutte le
disposizioni in essa contenute ma, laddove non specificato
esplicitamente, dichiara tali solo quelle di diritto divino
(evidentemente è anche inutile dirlo) e quelle strettamente legate
all’elezione, «irritanti» la designazione stessa.
Per esempio Montini nella sua Romano Pontifici eligendo
(1975, AAS 67) al n° 77 dice: «Quodsi electio aliter celebrata fuerit,
quam uno e tribus modis, qui supra sunt dicit ( cf. nn. 63 sqq.), aut
non servatis condicionibus pro unoquoque illorum praescriptis, electio
eo ipso est nulla et invalida ( cf. n. 62) absque ulla declaratione, et
ita electo nullum ius tribuit». Si noti l’esplicito «… uno e tribus
modis, qui supra sunt dicti …». Egli si riferiva ai tre modi esistenti
per eleggere il papa.
Oggi
il metodo elettivo è per scrutinio, pertanto si ha invalidità e nullità
solo se si agisce mediante una forma differente da quella comandata.
Sebbene Wojtyla abbia usato l’espressione «electio aliter celebrata»,
siamo di fronte ad una genericità tale che è necessario seguire le
prescrizioni del CJC ed agire con buon senso, dunque l’elezione si
ritiene invalida (insanabile) e nulla, SOLO se non si rispettano le
condizioni LEGATE STRETTAMENTE agli atti elettivi.
ESEMPIO.
Per esempio, si può consultare la Vacante Sede Apostolica di san Pio X al n° 78, oppure la Vacantis Apostolicae Sedis
di Pio XII al n° 90 per capire cosa è «irritante» e cosa non lo è.
Leggiamo il n° 90 della VAS: «Quod si electio aliter celebrata fuerit,
quam in scrutinio per secreta schedularum suffragia duarum ex tribus
partibus Cardinalium in Conclavi praesentium, uno insuper addito
suffragio; vel per viam compromissi ab omnibus Cardinalibus similiter in
Conclavi praesentibus, nemine dissentiente, initi et ita ut nemo
seipsum elegerit; vel quasi per inspirationem, nullo praecedente de
persona speciali tractatu, omnium pariter Cardinalium praesentium in
Conclavi, communiter, nemine itidem dissentiente, per verbum "eligo"
intelligibili voce prolatum aut scripto, si voce non potuerit,
expressum; nulla sit et invalida eo ipso absque ulla declaratione, et
ita electo nullum ius tribuat» - «Se per caso l’elezione sia stata
effettuata diversamente da quanto di seguito indicato: nello scrutinio
tramite voti segreti, con schede, di due terzi dei Cardinali presenti in
Conclave, più un altro voto; per via di compromesso fatto ugualmente da
tutti i Cardinali presenti in Conclave, senza che nessuno dissenta, e
in modo tale che nessuno elegga se stesso; quasi per ispirazione, senza
che vi sia stato nessun precedente accordo circa la persona, ugualmente
di tutti i Cardinali presenti in Conclave, ordinariamente, senza che
parimenti nessuno dissenta, con la parola “eligo” espressa con voce
intelligibile o per iscritto: perciò stesso sia nulla ed invalida senza
alcuna dichiarazione e quindi non conferisca all’eletto nessun diritto».
CONCLUSIONE.
Quello che
sostengo è sì complesso ma è anche logico secondo il diritto, oltre che
considerato in maniera unanime condivisibile perché se, per esempio,
non venisse rispettato il n° 23 della UDG, oppure il 24, o il 28, o il
30, o il 31 e così via, assolutamente il n° 76 non troverebbe alcuna
applicazione.
Faccio i
miei migliori auguri a Socci per la sua recente pubblicazione, mi
complimento per la sua ricerca di risposte all'evidente eretico
lavoro svolto da Bergoglio (sebbene solo speculativo sul piano del
Diritto canonico) ed auspico che il suo scritto non funga da
catalizzatore ulteriore per vaneggiamenti filo-ratzingeriani, esistendo
anche una perfetta continuità di insegnamento fra il teologo tedesco e
lo show man argentino, soprattutto sul tema della comunione ai
fantomatici “risposati” (alias adulteri), come dimostro chiaramente e
senza artifizi alcuni in Apologia del Papato, nota 557 (dichiarazione all’aeroporto di Bresso (MI), B16 risponde a due psicologi).
Il giorno 1 ottobre Libero titolava: «“Non è Francesco”: Il libro di Socci sul Papa che agita il Vaticano».
Potete stare tranquilli, nessuno si agita in Vaticano; sanno il fatto
loro e si agitano solo se diminuisce l'8x1000 alla “chiesa” pancristiana
del CV2. Se Bergoglio non è papa, e secondo me non lo è - come non lo
sono (Papi in atto) da Roncalli in avanti - non lo si deve certo a
questo “vizio” rilevato da Socci, bensì alla loro notoria defezione (a
volte plateale, a volte dietro eleganza e sofismi) dalla fede cattolica
integrale. Che gli organi di stampa creino tanto clamore per questa
“ipotesi socciana” non mi meraviglia, essendo essi privi di qualsivoglia
competenza in materia di Diritto ecclesiastico, lo dimostrano nei
fatti.
Ringrazio conclave.name per gli ottimi spunti di riflessione.
CdP Ricciotti
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