ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 31 ottobre 2014

Un conto salato

  

L’INFERNO C’E’ ! di Don Giuseppe Tomaselli II PARTE


FATTI STORICI DOCUMENTATI CHE FANNO RIFLETTERE


UN GENERALE RUSSO

Gaston De Sègur ha pubblicato un libretto che parla dell'esi­stenza dell'inferno, su cui sono narrate le apparizioni di alcune anime dannate.

Riporto per intero l'episodio con le stesse parole dell'autore:

"Il fatto accadde a Mosca nel 1812, quasi nella mia stessa fa­miglia. Mio nonno materno, il conte Rostopchine, era allora go­vernatore militare a Mosca ed era in stretta amicizia col generale conte Orloff, uomo valoroso, ma empio.

Una sera, dopo cena, il conte Orloff cominciò a scherzare con un suo amico volteriano, il generale V., burlandosi della religione e in particolare dell'inferno.

- Ci sarà qualcosa - disse Orloff - dopo la morte?

- Se ci sarà qualcosa - disse il generale V. - chi di noi morirà per primo verrà ad avvisare l'altro. Restiamo d'accordo?

- Benissimo! - soggiunse Orloff, e si strinsero la mano in segno di promessa.

Circa un mese dopo, il generale V. ricevette l'ordine di partire da Mosca e di prendere una posizione importante con l'esercito russo per fermare Napoleone.

Tre settimane dopo, essendo uscito di mattina per esplorare la posizione del nemico, il generale V. fu colpito al ventre da una pallottola e cadde morto. Sull'istante si presentò a Dio.

Il conte Orloff era a Mosca e non sapeva nulla della fine di quel suo amico. Quella stessa mattina, mentre stava tranquilla­mente riposando, ormai sveglio da un po' di tempo, si aprirono ad un tratto le tendine del letto e comparve a due passi il generale V. morto da poco, ritto sulla persona, pallido, con la destra sul petto e così parlò: 'L'inferno c'è e io ci sono dentro!' e disparve.

Il conte si alzò dal letto e uscì di casa in veste da camera, con i capelli ancora spettinati, molto agitato, con gli occhi stralunati e pallido in volto.

Corse in casa di mio nonno, sconvolto e ansimante, per rac­contare l'accaduto.

Mio nonno si era alzato da poco e, meravigliato nel vedere a quell'ora e vestito in quel modo il conte Orloff, disse:

- Conte che cosa vi è capitato?.

- Mi sembra di impazzire per lo spavento! Ho visto poco fa il generale V.!

- Ma come? Il generale è già arrivato a Mosca?

- No! - rispose il conte gettandosi sul divano e tenendosi la te­sta tra le mani. - No, non è tornato, ed è questo appunto che mi spaventa! E subito, trafelato, gli raccontò l'apparizione in tutti i particolari.

Mio nonno cercò di calmarlo, dicendogli che poteva trattarsi di fantasia, o di un'allucinazione, o di un brutto sogno e aggiunse che non doveva considerare morto l'amico generale.

Dodici giorni dopo, un messo dell'esercito annunziava a mio nonno la morte del generale; le date coincidevano: la morte era avvenuta la mattina di quello stesso giorno in cui il conte Orloff se l'era visto comparire in camera."



UNA DONNA DI NAPOLI

Tutti sanno che la Chiesa, prima di elevare qualcuno agli onori degli altari e dichiararlo "Santo", esamina attentamente la sua vita e specialmente i fatti più strani e insoliti.

II seguente episodio fu inserito nei processi di canonizzazione di San Francesco di Girolamo, celebre missionario della Compa­gnia di Gesù, vissuto nel secolo scorso.

Un giorno questo sacerdote predicava a una gran folla in una piazza di Napoli.

Una donna di cattivi costumi, di nome Caterina, abitante in quella piazza, per distrarre l'uditorio durante la predica, dalla fi­nestra cominciò a fare schiamazzi e gesti spudorati.

II Santo dovette interrompere la predica perché la donna non la smetteva più, ma tutto fu inutile.

II giorno dopo il Santo ritornò a predicare sulla stessa piazza e, vedendo chiusa la finestra della donna disturbatrice, domandò co­sa fosse capitato. Gli fu risposto: "È morta questa notte improvvi­samente". La mano di Dio l'aveva colpita.

"Andiamo a vederla", disse il Santo. Accompagnato da altri entrò nella camera e vide il cadavere di quella povera donna di­steso. II Signore, che talvolta glorifica i suoi Santi anche con i mi­racoli, gli ispirò di richiamare in vita la defunta.

San Francesco di Girolamo guardò con orrore il cadavere e poi con voce solenne disse: "Caterina, alla presenza di queste perso­ne, in nome di Dio, dimmi dove sei!".

Per la potenza del Signore si aprirono gli occhi di quel cadave­re e le sue labbra si mossero convulse: "All'inferno!... Io sono per sempre all'inferno!".



UN EPISODIO CAPITATO A ROMA

A Roma, nel 1873, verso la metà di agosto, una delle povere ragazze che vendevano il loro corpo in una casa di tolleranza si ferì a una mano. II male, che a prima vista sembrava leggero, ina­spettatamente si aggravò, tanto che quella povera donna fu tra­sportata urgentemente all'ospedale, dove morì poco dopo.

In quel preciso momento, una ragazza che praticava lo stesso "mestiere" nella stessa casa, e che non poteva sapere ciò che sta­va avvenendo alla sua "collega" finita all'ospedale, cominciò a urlare con grida disperate, tanto che le sue compagne si sveglia­rono impaurite.

Per le grida si svegliarono anche alcuni abitanti del quartiere e ne nacque uno scompiglio tale che intervenne la questura. Cos'era successo? La compagna morta all'ospedale le era ap­parsa, circondata di fiamme, e le aveva detto: "Io sono dannata! E se non vuoi finire anche tu dove sono finita io, esci subito da questo luogo di infamia e ritorna a Dio!".

Nulla poté calmare l'agitazione di quella ragazza, tanto che, appena spuntata l'alba, se ne partì lasciando tutte le altre nello stupore, specialmente non appena giunse la notizia della morte della compagna avvenuta poche ore prima all'ospedale.

Poco dopo, la padrona di quel luogo infame, che era una gari­baldina esaltata, si ammalò gravemente e, ben ricordando l'appa­rizione della ragazza dannata, si convertì e chiese un sacerdote per poter ricevere i santi Sacramenti.

L'autorità ecclesiastica incaricò della cosa un degno sacerdote, Mons. Sirolli, che era il parroco di San Salvatore in Lauro. Questi richiese all'inferma, alla presenza di più testimoni, di ritrattare tutte le sue bestemmie contro il Sommo Pontefice e di esprimere il proposito fermo di mettere fine all'infame lavoro che aveva fatto fino allora.

Quella povera donna morì, pentita, con i conforti religiosi. Tutta Roma conobbe ben presto i particolari di questo fatto. Gli incalliti nel male, com'era prevedibile, si burlarono dell'accaduto; i buoni, invece, ne approfittarono per diventare migliori.



UNA NOBILE SIGNORA DI LONDRA

Viveva a Londra, nel 1848, una vedova di ventinove anni, ric­ca e molto corrotta. Tra gli uomini che frequentavano la sua casa, c'era un giovane lord di condotta notoriamente libertina.

Una notte quella donna era a letto e stava leggendo un roman­zo per conciliare il sonno.

Appena spense la candela per addormentarsi, si accorse che una luce strana, proveniente dalla porta, si diffondeva nella came­ra e cresceva sempre più.

Non riuscendo a spiegarsi il fenomeno, meravigliata spalancò gli occhi. La porta della camera si aprì lentamente ed apparve il giovane lord, che era stato tante volte complice dei suoi peccati.

Prima che essa potesse proferire parola, il giovane le fu vicino, l'afferrò per il polso e disse: "C'è un inferno, dove si brucia!".

La paura e il dolore che quella povera donna sentì al polso fu­rono così forti che svenne all'istante.

Dopo circa mezz'ora, ripresasi, chiamò la cameriera la quale, entrando nella stanza, sentì un forte odore di bruciato e constatò che la signora aveva al polso una scottatura così profonda da la­sciar vedere l'osso e con la forma della mano di un uomo. Notò anche che, a partire dalla porta, sul tappeto c'erano le impronte dei passi di un uomo e che il tessuto era bruciato da una parte all'altra.

II giorno seguente la signora seppe che la stessa notte quel gio­vane lord era morto.

Questo episodio è narrato da Gaston De Sègur che così com­menta: "Non so se quella donna si sia convertita; so però che vive ancora. Per coprire agli sguardi della gente le tracce della sua scottatura, sul polso sinistro porta una larga fascia d'oro in forma di braccialetto che non toglie mai e per questo particolare viene chiamata la signora del braccialetto".
http://intuajustitia.blogspot.it/2014/10/linferno-ce-di-don-giuseppe-tomaselli.html

Duomo, ecco la scultura di Tony Cragg


1 / 8
Slide Show
Lo scultore britannico Tony Cragg è arrivato in Duomo venerdì 31 ottobre per assistere alla collocazione della sua scultura, ispirata alla Madonnina, all’interno della Cattedrale. L’opera in marmo bianco, alta circa tre metri, sarà inaugurata il 4 novembre (Fotogramma)
http://milano.corriere.it/foto-gallery/cronaca/14_ottobre_31/duomo-ecco-scultura-tony-cragg-b6da23e0-6100-11e4-938d-44e9b2056a93.shtml

 L'INFERNO C'E' III PARTE




RACCONTA UN ARCIVESCOVO...

Mons. Antonio Pierozzi, Arcivescovo di Firenze, famoso per la sua pietà e dottrina, nei suoi scritti narra un fatto, verificatosi ai suoi tempi, verso la metà del XV secolo, che seminò grande sgo­mento nell'Italia settentrionale.

All'età di diciassette anni, un ragazzo aveva tenuto nascosto in Confessione un peccato grave che non osava confessare per ver­gogna. Nonostante questo si accostava alla Comunione, ovvia­mente in modo sacrilego.

Tormentato sempre più dal rimorso, invece di mettersi in gra­zia di Dio, cercava di supplire facendo grandi penitenze. Alla fine decise di farsi frate. "Là - pensava - confesserò i miei sacrilegi e farò penitenza di tutte le mie colpe".

Purtroppo, il demonio della vergogna riuscì anche là a non far­gli confessare con sincerità i suoi peccati e così trascorsero tre an­ni in continui sacrilegi. Neanche sul letto di morte ebbe il corag­gio di confessare le sue gravi colpe.

I suoi confratelli credettero che fosse morto da santo, perciò il cadavere del giovane frate fu portato in processione nella chiesa del convento, dove rimase esposto fino al giorno dopo.

AI mattino, uno dei frati, che era andato a suonare la campana, tutto a un tratto si vide comparire davanti il morto circondato da catene roventi e da fiamme.

Quel povero frate cadde in ginocchio spaventato. II terrore rag­giunse il culmine quando sentì: "Non pregate per me, perché so­no all'inferno!"... e gli raccontò la triste storia dei sacrilegi.

Poi sparì lasciando un odore ripugnante che si sparse per tutto il convento.

I superiori fecero portare via il cadavere senza i funerali.



UN PROFESSORE DI PARIGI

Sant'Alfonso Maria De' Liguori, Vescovo e Dottore della Chie­sa, e quindi particolarmente degno di fede, riporta il seguente epi­sodio.

Quando l'università di Parigi si trovava nel periodo di maggior splendore, uno dei suoi più celebri professori morì improvvisa­mente. Nessuno si sarebbe immaginato la sua terribile sorte, tanto meno il Vescovo di Parigi, suo intimo amico, che pregava ogni giorno in suffragio di quell'anima.

Una notte, mentre pregava per il defunto, se lo vide apparire davanti in forma incandescente, col volto disperato. II Vescovo, compreso che l'amico era dannato, gli rivolse alcune domande; gli chiese tra l'altro: "All'inferno ti ricordi ancora delle scienze per le quali eri così famoso in vita?".

"Che scienze... che scienze! In compagnia dei demoni abbia­mo ben altro a cui pensare! Questi spiriti malvagi non ci danno un momento di tregua e ci impediscono di pensare a qualunque altra cosa che non siano le nostre colpe e le nostre pene. Queste sono già tremende e spaventose, ma i demoni ce le inaspriscono in modo da alimentare in noi una continua disperazione!"



LA DISPERAZIONE E I DOLORI SOFFERTI DAI DANNATI



IL DOLORE PIU’ ATROCE: LA PENA DEL DANNO

Provata l'esistenza dell'inferno con gli argomenti della ragione, con quelli della Rivelazione divina e con episodi documentati, consideriamo ora in che cosa consista essenzialmente la pena di chi cade nel baratro infernale.

Gesù chiama gli abissi eterni: "luogo di tormento" (Lc 16, 28). Molte sono le pene sofferte dai dannati all'inferno, ma la prin­cipale è quella del danno, che San Tommaso d'Aquino definisce: “privazione del Sommo Bene”, cioè di Dio.

Noi siamo fatti per Dio (da Lui veniamo e a Lui andiamo), ma finché siamo in questa vita possiamo anche non dar alcuna im­portanza a Dio e tamponare, con la presenza delle creature, il vuoto lasciato in noi dall'assenza del Creatore.

Finché è qui sulla terra, l'uomo può stordirsi con delle piccole gioie terrene; può vivere, come purtroppo fanno tanti che ignora­no il loro Creatore, saziando il cuore con l'amore a una persona, o godendo della ricchezza, o assecondando altre passioni, anche le più disordinate, ma in ogni caso, anche qui sulla terra, senza Dio l'uomo non può trovare la vera e piena felicità, perché la ve­ra felicità è solo Dio.

Ma appena un'anima entra nell'eternità, avendo lasciato nel mondo tutto ciò che aveva ed amava e conoscendo Dio così co­m'è, nella sua infinita bellezza e perfezione, si sente fortemente attratta ad unirsi a Lui, più che il ferro verso una potente calamita. Riconosce allora che l'unico oggetto del vero amore è il Sommo Bene, Dio, l'Onnipotente.

Ma se un'anima disgraziatamente lascia questa terra in uno sta­to di inimicizia verso Dio, si sentirà respinta dal Creatore: "Via, lontano da me, maledetta, nel fuoco eterno, preparato per il dia­volo e per i suoi angeli!" (Mt 25, 41).

Aver conosciuto il Supremo Amore... sentire il bisogno im­pellente di amarlo e di essere riamati da Lui... e sentirsene re­spinti... per tutta l'eternità, questo è il primo e più atroce tor­mento per tutti i dannati.



AMORE IMPEDITO

Chi non conosce la potenza dell'amore umano e gli eccessi a cui può giungere quando sorge qualche ostacolo?

Visitavo l'ospedale Santa Marta di Catania; vidi sulla soglia di un camerone una donna in lacrime; era inconsolabile.

Povera madre! Stava morendo suo figlio. Mi sono soffermato con lei per dirle una parola di conforto ed ho saputo...

Quel ragazzo amava sinceramente una ragazza e voleva spo­sarla, ma non era da questa corrisposto. Davanti a questo ostacolo insuperabile, pensando di non poter più vivere senza l'amore di quella donna e non volendo che sposasse qualcun altro, giunse al colmo della follia: diede diverse coltellate alla ragazza e poi tentò il suicidio.

Quei due ragazzi spirarono nello stesso ospedale a poche ore di distanza.

Che cos'è l'amore umano in confronto all'Amore divino...? Che cosa non farebbe un'anima dannata pur di arrivare a pos­sedere Dio...?!?

Pensando che per tutta l'eternità non potrà amarlo, vorrebbe non essere mai esistita o sprofondare nel nulla, se fosse possibile, ma essendo questo impossibile sprofonda nella disperazione.

Ognuno può farsi una sia pur debole idea della pena di un dannato che si separa da Dio, pensando a ciò che prova il cuore umano alla perdita di una persona cara: la sposa alla morte dello sposo, la madre alla morte di un figlio, i figli alla morte dei loro genitori...

Ma queste pene, che sulla terra sono le sofferenze più grandi tra tutte quelle che possono straziare il cuore umano, sono ben poca cosa davanti alla pena disperata dei dannati.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.