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lunedì 17 novembre 2014

Da “inappuntabile chierichetto” e “paggetto”, a padre Giovanni e alla nuova teologia


Umberto Veronesi: "Dopo Auschwitz, il cancro è la prova che Dio non esiste". Il libro "Il mestiere di uomo" 

VERONESI



Dall’infanzia da “inappuntabile chierichetto” e “paggetto”, all’amicizia con padre Giovanni che gli fece capire che esiste anche una carità laica, il famoso oncologo ripercorre le tappe della sua meditazione sulla vita e sul dolore. 

Umberto Veronesi, oggi direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia, nel suo libro “Il mestiere di uomo” (Einaudi, in uscita domani) racconta come nel corso degli anni sia maturato il suo agnosticismo che non perde la fede nella vita. Repubblica ne pubblica alcuni estratti.
"Non saprei dire qual è stato il mio primo giorno senza Dio. Sicuramente dopo l'esperienza della guerra non misi mai più piede in una chiesa, ma il tramonto della fede era iniziato molto prima. Durante il liceo fui bocciato due volte, ero un discolo in senso letterale: non andavo bene a scuola. Di fatto sono sempre stato anticonformista, ribelle ai luoghi comuni e alle convenzioni accettate acriticamente, e questa mia natura mal si conciliava con l'integralismo della dottrina cattolica che era stata il fondamento della mia educazione di bambino".
A incrinare ulteriormente il rapporto di Veronesi con la fede fu la guerra:
A diciotto anni non volevo andare a combattere, ma finii in una retata e mi ritrovai con indosso un'uniforme che non aveva per me alcun valore e fui ben armato per uccidere altri ragazzi, in tutto e per tutto uguali a me salvo per il fatto che indossavano una divisa diversa.
Oltre alle stragi dei combattimenti, ho toccato con mano anche la follia del naziosmo e non ho potuto non chiedermi, come fece Hannah Arendt prima e Benbedetto VVI molti anni dopo: "Dov'era Dio ad Auschwitz?".
La scelta di fare il medico è profondamente legata in me alla ricerca dell’origine di quel male che il concetto di Dio non poteva spiegare. Da principio volevo fare lo psichiatra per capire in quale punto della mente nascesse la follia gratuita che poteva causare gli orrori di cui ero stato testimone. Avvicinandomi alla medicina, però, incappai in un male ancora più inspiegabile della guerra, il cancro".
Per Veronesi, così come per tutti i medici impegnati nella cura dei tumori, il dolore smette di essere qualcosa di intangibile e assume una forma, un contorno, un’identità. È a quel punto che
“diventa molto difficile idfentificarlo come una manifestazione del volere di Dio. Ho pensato spesso che il chirurgo, e soprattutto il chirurgo oncologo, abbia in effetti un rapporto speciale con il male. Il bisturi che affonda nel corpo di un uomo o di una donna lo ritiene lontano dalla metafisica del dolore. In sala operatoria, quando il paziente si addormenta, è a te che affida la sua vita. L’ultimo sguardo di paura o di fiducia è per te. E tu, chirurgo, non puoi pensare che un angelo custode guidi la tua mano quando incidi e inizi l’operazione, quando in pochi istanti devo decidere cosa fare, quando asportare, come fermare un’emorragia.”
Ed è allora che l’uomo scopre di essere uomo, si rende conto che non c’è nessuna entità sovrannaturale a benedire il suo operato, che
"ci sei solo tu in quei momenti, solo con la tua capacità, la tua concentrazione, la tua lucidità, la tua esperienza, i tuoi studi, il tuo amore (o anche la tua carità come la chiamava don Giovanni) per la persona malata. Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio. Come puoi credere nella Provvidenza o nell'amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi? Ci sono parole in qualche libro sacro del mondo, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori? Io credo di no, e preferisco il silenzio, o il sussurro del "non so".

http://www.huffingtonpost.it/2014/11/17/umberto-veronesi-il-mestiere-di-uomo_n_6169596.html?utm_hp_ref=italy 

2 commenti:

  1. poveraccio il prof. che non accetta Dio . Lui pensa che Dio deve essere fatto a sua immagine e somiglianza, quindi limitato come lui. Brutta bestia la superbia. jane

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  2. Della follia del veronesi emerge tutta "la miseria dell'uomo" il quale crede di essere autosufficiente e cavarsela da solo senz'aver bisogno del Creatore, ed ecco l'uomo che si fa dio.
    Cosa risponde il prof. davanti al dolore che Dio stesso dovette sopportare vedendo Suo Figlio Gesù Cristo ucciso da quegli uomini per i quali Egli si fece Uomo per riscattarli dal peccato.

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