Alla radice della crisi. Il Cardinale Carlo Maria Martini vuole “ristabilire” ciò che non è mai esistito: il diaconato femminile
ALLE RADICI DELLA CRISI. IL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI VUOLE “RISTABILIRE” CIÒ CHE NON È MAI ESISTITO: IL DIACONATO FEMMINILE
Grande è l’importanza della donna nella Chiesa! Personalmente ho sempre auspicato che si aprano vie concrete per ristabilire il diaconato femminile. Le donne già fanno moltissimo per il servizio al popolo cristiano e possono fare ancora di più se munite dei necessari carismi e poteri sacri.
Carlo Maria Martini
Il Corriere della Sera, 31 gennaio 2010
Il Corriere della Sera, 31 gennaio 2010
I pochi, anzi i pochissimi vescovi che dinanzi alla crisi odierna della Chiesa esprimono qualche parola, lo fanno sempre in modo vago e impersonale, forse perché credono che ciò sia buon esercizio dell’auriga virtù della prudenza? Spesso parlano dei massimi sistemi in modo confuso, non in termini metafisici ma quasi sempre socio-politici mascherati da Dottrina Sociale della Chiesa. Attaccano giustamente la cultura del gender ed i tentativi di distruzione del poco che resta della famiglia naturale, ma si guardano bene dall’andare all’origine di questa crisi immane, perché ciò comporterebbe fare nomi e cognomi, incluso talvolta il nome stesso dell’Augusto Pontefice, che esprimendosi “a caldo” od a “braccio” come dottore privato, sempre più spesso ci costringe a passare intere giornate dentro o fuori dai confessionali, per rispondere ad angosciosi quesiti di fedeli o di penitenti sempre più in crisi dinanzi a varie espressioni ambigue caratterizzare sovente proprio dal suo dire e non dire.
Con la vaghezza del dire e non dire, o del lasciare intendere tra le righe, non si risolve niente. Insomma, sarebbe come andare dal pugile Mike Tayson e dargli un buffetto sulla guancia, con questo risultato: o lui si mette a ridere divertito, oppure se si arrabbia ti manda diritto al Creatore con mezzo cazzotto. È per ciò presto detto: od a Tyson uno cerca di sferrare un colpo tale da lasciarlo a terra privo di sensi, o rischia di essere polverizzato, se davvero qualcuno pensa di poterlo trattare a leggeri schiaffetti.
Se questi vescovi da schiaffetto li prendi però in privato, scopri che il loro pubblico parlare apparentemente teologico ed ecclesiologico è in verità costruito sul politichese, perché la loro vera base speculativa non è la metafisica ma la sociologia politica mascherata da Dottrina Sociale della Chiesa, con tutti i principi spesso più o meno deleterei che ad essa si applicano, incluso appunto il dire e non dire, per lasciare intendere non si sa bene che cosa, ma soprattutto per la salvezza di chi …
Uno tra i vari esponenti di questo stile di pensiero e di espressione è un vescovo col quale ho un legame suggellato da grazia sacramentale eterna, trattandosi di colui che mi ha consacrato sacerdote, Luigi Negri [vedere il suo ultimo articolo su La Bussola Quotidiana, qui]. È quasi superfluo precisare la devozione da me nutrita verso questo vescovo, che dagli inizi del 2013 non è più il mio ordinario diocesano. Fu infatti nelle sue mani che promisi filiale obbedienza a lui ed a tutti i suoi successori; obbedienza oggi trasferita sul buon pastore di fedeli e di presbiteri che lo ha succeduto.
Molte sono le cose preziose da me imparate da Luigi Negri durante gli anni della mia formazione al sacerdozio, sul momento mi viene in mente una sua esortazione: «Quando non si ha nulla o più nulla da dire, è meglio tacere e pregare, anziché lanciarsi in parole e concetti vuoti e confusi, pur di dire qualche cosa a tutti i costi». Personalmente tenni in gran conto questo suo saggio insegnamento per il quale tutt’oggi gli sono molto grato.
L’attuale Arcivescovo di Ferrara è milanese di nascita, di famiglia e di cultura, un autentico ambrosiano al cento per cento, quindi cresciuto proprio in quella diocesi di cui è stato vescovo per oltre due decenni uno dei diversi elementi di punta ai quali la Chiesa deve proprio la devastante crisi odierna. Uno di quei pensatori al quale la Chiesa deve il grande golpe dei modernisti oggi al potere dentro la Casa di Dio e l’ingresso trionfale delle teologie luterane tramite il cavallo di Troia delle esegesi bibliche: Carlo Maria Martini. Di costui non vi parlerà però Luigi Negri, per il quale «non serve», dinanzi «a una crisi ampia» in cui versa l’attuale Chiesa, «un’analisi che tenda a stabilire le responsabilità». Quindi vi parlerò io del Cardinale Martini, proprio per andare in modo chiaro alle radici della crisi, senza alcun “prudenziale” dire e non dire avvolto da parole fumose, senza lasciare intendere e senza leggeri schiaffetti laddove vanno invece bordati cazzotti a tutta forza. E vi parlerò del Cardinale Martini e degli errori da lui seminati sulla base dei miei principi improntati sulla costante ricerca della verità e della vera prudenza, che rendono necessario anzitutto stabilire non solo le responsabilità, ma anche autori, mandanti, complici e fedeli esecutori, il tutto proprio per andare al cuore della crisi e trovare possibili soluzioni. Infatti, dinanzi a Mike Tyson, io desidero in qualche modo avere, se non la pelle, perlomeno l’onore sacerdotale salvo, tentando di tutelare l’una e l’altro. E se da Tyson devo proprio essere spedito al Creatore, desidero che ciò avvenga con onore: vale a dire per avere almeno tentato di sferrargli un cazzotto con tutte le mie forze, attraverso un linguaggio filosofico e teologico diretto, chiaro e preciso, non certo per averlo sfiorato con uno schiaffetto.
Se uno dei vescovi italiani mosso anzitutto da indubitabile fede,perché Luigi Negri è un uomo di vera fede e di cattolica dottrina; dinanzi alla tragedia in corso seguita a scegliere il dire e non dire anziché rischiare il tutto e per tutto per la verità, i cui pegni da pagare sono sempre e di rigore molto elevati, a quali preoccupanti livelli è ormai sprofondato l’episcopato italiano formato da vescovi che in privato si lamentano — e in quali toni durissimi che si lamentano! — ma che in pubblico tacciono per buon politichese clericale, riparati dietro al patetico dito del “bene” della Chiesa? Sul Vangelo sta scritto che il bene alla Chiesa si fa amputando gli arti infetti, non certo cospargendo sopra di essi acqua di rose, ma forse, la mia povera esegesi, benedicendo Dio non è aggiornata a “La parola del Cardinale Martini”…
Ariel S. Levi di Gualdo
A CONFUTAZIONE DI QUANTO DI ERRONEO AFFERMATO DAL
CARDINALE CARLO MARIA MARTINI CIRCA IL “RISTABILIRE”
IL DIACONATO FEMMINILE
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Il successo del Cardinale Carlo Maria Martini
IL SUCCESSO DEL CARDINALE
CARLO MARIA MARTINI
Il martinismo è ancora più insidiosamente pericoloso del rahnerismo, che ne è il fondamento teologico. Infatti, Rahner ha dei princìpi gnoseologici, logici e metafisici contrari al dogma cattolico, che Martini, assai meno dotato dal punto di vista speculativo, non ha esplicitamente assunto […]
Un bisogno urgente della Chiesa di oggi, a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, è ancora quello di un sua retta e pienaapplicazione, cosa che non esclude la necessità o l’opportunità di alcune modifiche o correzioni di alcune direttive pastorali, che soprattutto alla prova dei fatti, si sono rivelate meno prudenti o addirittura controproducenti.
Per quanto invece riguarda l’aspetto dottrinale o dogmatico del Concilio, il problema, ancora dopo tanto tempo, resta quello della retta interpretazione, a causa di un linguaggio non sempre chiaro, di alcune sue dottrine, soprattutto quelle nuove, che esplicitano e sviluppano i dati di fede tradizionali.
Il Magistero della Chiesa, in questi cinquant’anni, si è molto adoperato per spiegare il vero senso delle dottrine conciliari — basti pensare le encicliche del Beato Paolo VI o di San Giovanni Paolo II o ilCatechismo della Chiesa Cattolica —; ma nel contempo non ha operato abbastanza per correggere le cattive interpretazioni, soprattutto di marca modernista, che nel corso del tempo hanno preso sempre più piede procurandosi la patente di interpretazione migliore, più moderna e avanzata di quella proposta dagli stessi Pontefici, che essa è riuscita a far apparire a molti come superata e legata alla teologia del pre-concilio.
Purtroppo i Pontefici nel tentativo generoso di conservare il dialogo con i modernisti, non si sono sufficientemente difesi da queste accuse, sicchè è successo che essi stessi hanno in qualche modo permesso, forse per non provocare mali maggiori, che nel mondo cattolico si diffondesse e si affermasse una duplice visione della Chiesa e del cattolicesimo, quasi due correnti di pari legittimità e coesistenti nonostante i contrasti tra di esse: una corrente di maggioranza, o quanto meno assai potente ed influente a tutti i livelli della Chiesa, pastori e fedeli, con esponenti presenti nella stessa gerarchia e collegio cardinalizio, e soprattutto negli ambienti teologici e accademici, forte di potenti mezzi pubblicitari, espressione dell’interpretazione modernistica del Concilio, e una corrente di minoranza, fedele all’interpretazione dei Pontefici.
Questa corrente modernista sa nascondere bene le sue radici dirompenti e demolitrici e la sua doppiezza sotto le apparenze di un cattolicesimo moderno, colto, gradevole, moderato, accomodante, mitigato, tollerante, comprensivo, aperto, ecumenico, tranquillo ed operoso, nemico delle esagerazioni e dei fanatismi.
Un cattolicesimo signorile e garbato, barcamenante ed opportunista, astuto e manovratore, che calma le ire, attenua i contrasti, amante del pluralismo e della diversità, ammorbidisce le posizioni, evita le polemiche, le rigidezze e le puntigliosità dottrinali, conosce la buona educazione, media tra gli opposti, che tutti rispetta, tutti accetta, tutti comprende, tutti scusa, per tutti ha compassione, a tutti è aperto, tutti salva, di nessuno è nemico, di tutti è amico, almeno a parole.
Si tratta di una bella facciata, seducente e grandiosa, che però già ad uno sguardo attento mostra delle crepe e delle pezze, dietro alle quali non è impossibile scorgere il vuoto, il nichilismo e lo squallore. Un gigante dai piedi di argilla. E questo perchè manca un sincero amore per la verità e per i valori assoluti, manca l’onestà e la limpidezza intellettuale, mancano le basi e le certezze metafisiche, sostituite dal dubbio, dagli espedienti, dalle convenienze soggettive, dal relativismo e dal lassismo morale, dallo scetticismo, dall’accomodamento diplomatico, dall’erudizione scintillante, dalla banale bonomia, dalla finta pietà.
Quando lavoravo in Segreteria di Stato negli anni Ottanta mi parlavano del Cardinale Carlo Maria Martini come di un personaggio che pretendeva di porsi in alternativa al Papa, ed egli non si è mai smentito: fino a pochi mesi prima della morte, sul Corriere della Sera, osò affermare che la Chiesa di Ratzinger è rimasta indietro di due secoli [vedere qui]. Ancora sul medesimo quotidiano della massoneria, sempre in quel periodo, disse, con apparente contraddizione, che mai la Chiesa è andata bene come ai nostri giorni e citò Karl Rahner come esempio di grande maestro.
Come sappiamo, alla morte degli ultimi Papi, i grandi emissari dei poteri modernisti facevano regolarmente il nome di Martini, ma lo Spirito Santo, come era da sperare e da attendersi da parte dei buoni, è stato di diverso avviso. In altra occasione Martini disse che per salvarsi non occorre la Chiesa, ma basta lo Spirito Santo, contraddicendo in ciò il Concilio di Firenze del 1439-1442, il quale invece ha la famosa sentenzaExtra Ecclesiam, nulla salus, il che, naturalmente, non vuol dire che Dio non possa salvare con mezzi a Lui solo noti, come dice il Vaticano II, chi non per sua colpa non ha sentito la predicazione del Vangelo [rimando a questo nostro articolo, qui]. Ma ciò non vuol dire che non appartenga alla Chiesa. Le appartiene senza saperlo.
Famosa poi è la tesi del Cardinale Martini, secondo la quale «c’è in noi un ateo potenziale che grida e sussurra ogni giorno le sue difficoltà a credere» [vedere qui], sicchè la fede non è certezza assoluta ed indiscutibile, ma continuo dibattito ed incertezza mai risolta tra il sì e il no. Non è difficile immaginare quale condotta morale può scaturire da idee del genere. E difatti sono note le sue posizioni lassiste in etica sessuale e il favore che egli accorda al sacerdozio della donna, al falso profetismo di Enzo Bianchi, oltre al suo ecumenismo relativista e buonista, sulla linea di quello del Cardinale Walter Kasper. Inoltre, in molte occasioni, ho avuto modo di ricevere e di udire lamentele da preti e seminaristi formati alla scuola di Milano.
Non mettiamo in discussione la grande preparazione biblica di Martini; ma ci chiediamo a che serve tanta dottrina, se poi manca una fedeltà al Magistero della Chiesa, che dovrebbe essere esemplare in un Cardinale di Santa Romana Chiesa, senza che questo grave errore avvicini Martini al luteranesimo? Notevole è stata la sua presentazione del libro di Vito Mancuso sull’anima [vedere qui], dove il Cardinale si barcamena tra il sì e il no evitando di condannare come avrebbe dovuto con nettezza e sdegno, — ma a questo punto non poteva fare la presentazione —, gli orribili errori del falso teologo, cosa che certo ha accontentato le centinaia di migliaia di ammiratori di entrambi, ma non so quanto accontenti una netta coscienza di cattolico e di uomo ragionevole. Mi fermo qui e non vado oltre. Già questo saggio è significativo.
Il martinismo secondo me è ancora più insidiosamente pericoloso del rahnerismo, che ne è il fondamento teologico. Infatti, Rahner ha dei princìpi gnoseologici, logici e metafisici contrari al dogma cattolico, che Martini, assai meno dotato dal punto di vista speculativo, non ha esplicitamente assunto. Tuttavia Rahner possiede anche l’abilità di tradurre in termini accessibili e concetti semplificati ed addirittura popolari, assai seducenti, le sue astruse, complicate e contorte elucubrazioni pseudo trascendentali. Egli è molto abile nel relativizzare la concettualità del dogma con la sua “esperienza atematica preconcettuale” (Vorgriff) e la sua gnoseologia evoluzionista e modernista, ma poi sa usare con estrema abilità la più articolata e studiata concettualità per istillare nella mente degli sprovveduti i suoi errori. Si serve del concetto per distruggere il valore del concetto e per sostituire il concetto falso a quello vero.
Rahner, certo, non è un esegeta ma un teologo o si picca di essere teologo o è considerato tale da coloro che non sanno che cosa è la teologia; ed a tal proposito potremmo chiedere ad Antonio Livi che cosa ne pensa. Ora è vero che il teologo non prende in considerazione i singoli temi biblici per commentarli. A lui è necessario e sufficiente citare i passi biblici sui quali fondare le sue tesi teologiche.Ma queste citazioni non hanno bisogno di essere frequenti e sistematiche, come avviene nell’esegeta o nel biblista o anche nel teologo biblico. Il teologo in senso proprio e stretto, sopratutto quello sistematico o speculativo, ossia il vero teologo che non esprima semplicemente un pensare religioso o vagamente cristiano, costruisce il suo sapere mediante rigorosi ragionamenti e saldi princìpi filosofici e metafisici, sempre sottomesso alla dottrina della Chiesa.
Ora, Rahner, benchè esplicitamente sostenitore del principiosola Scriptura, come Lutero, e trascuri la Tradizione, rarissimamente cita passi della Scrittura, perchè sa bene che quasi sempre gli sarebbero contrari; pensiamo per esempio ai passi della Scrittura che trattano dell’importanza dei concetti dogmatici, del Magistero della Chiesa, della Tradizione, dell’assolutezza dei contenuti della legge morale, del libero arbitrio, della composizione dell’uomo di anima e corpo, del merito, del peccato e della grazia, del paradiso, del purgatorio e dell’inferno, della Parusia di Cristo alla fine del mondo, del valore del sacerdozio e del sacrificio della Messa, ecc..
Martini, partendo da Rahner, trattenuto ancora da un certo pudore o forse prudenza, elabora un cattolicesimo che, se non assume il panteismo rahneriano, tuttavia raccoglie il suo antropocentrismo buonistico filo-luterano, e, si noti bene, di un luteranesimo ancora più lontano dal cattolicesimo di quanto fosse lo stesso Lutero, giacchè il biblicismo martiniano è quello che Rahner esplicitamente desume da Bultmann, noto protestante liberale del secolo scorso, seguace di Heidegger come lo fu lo stesso Rahner.
Martini dunque attenua l’hegelismo rahneriano ed elabora un cattolicesimo vicino a Lutero, senza tuttavia separarsi pienamente dalle eresie di Lutero, nè da quelle di Rahner. Un cattolicesimo di compromesso che vuole essere cattolicesimo, ma senza staccarsi del tutto, per un malinteso, opportunistico e confusionistico ecumenismo, nè da Rahner, nè da Lutero. Si tratta di una falsa interpretazione dell’ecumenismo voluto dal Concilio; ma in ciò stanno le ragioni del successo del biblicismo martiniano.
Il problema posto dal martinismo è che esso, per la sua rispettabilità, il suo prestigio, la sua apparente moderazione e il suo successo internazionale, sempre in apparente armonia con la Santa Sede, si è affermato nel collegio cardinalizio costituendovi una potente corrente, che assai probabilmente appoggia quella kasperiana e degli altri cardinali filorahneriani o filomodernisti. Tuttavia è facile immaginare che all’interno del sacro collegio esista attualmente una situazione di forte disagio, data dal fatto che anche il martinismo, per quanto sia un rahnerismo mitigato e addolcito, non è del tutto libero dai princìpi corruttori e dissolventi del rahnerismo, strettamente congiunto con l’eresia luterana nei suoi ulteriori sviluppi hegeliani ed heideggeriani.
Ciò che dunque noi “ragazzi” dell’Isola di Patmosauspichiamo e per cui preghiamo è che la corrente migliore del collegio cardinalizio, che si è espressa nel recente sinodo contro la tendenza separatista, libera da tentazioni moderniste o conservatrici, voglia esser vicina al Santo Padre nel compito che con sempre maggiore urgenza gli si impone, grazie all’assistenza dello Spirito Santo e l’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli, di svolgere con chiarezza, decisione, saggezza ed energia la sua insostituibile funzione di principio e garante dell’unità della Chiesa, inducendo a penitenza i peccatori, abbassando i superbi, confortando i deboli, riconciliando tra di loro le fazioni avverse, nell’ armonia tra le correnti diverse nella reciprocità dei doni ricevuti, nella vittoria sulle forze sataniche, per la comune edificazione del regno di Dio e l’irraggiamento del Vangelo a tutto il mondo.
Fontanellato, 12 dicembre 2014
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