1. IL MARCIO NELLA “BANCA DEL PAPA” SEMBRA NON FINIRE MAI E PORTA DRITTO ALLE BAHAMAS - 2. SEQUESTRATI DUE CONTI, PER 16,8 MILIONI DI EURO, ALL’EX PRESIDENTE DELLO IOR, ANGELO CALOIA, E ALL’EX DIRETTORE GENERALE LELIO SCALETTI. I DUE AVREBBERO VENDUTO, PER CENTINAIA DI MILIONI, PRATICAMENTE TUTTO IL PATRIMONIO IMMOBILIARE DELL’ISTITUTO (29 APPARTAMENTI TRA ROMA E MILANO). ALCUNI DI QUESTI SONO STATI ACQUISTATI DA SOCIETÀ REGISTRATE ALLE BAHAMAS, E CONTROLLATE IN PARTE ANCHE DA CALOIA E SCALETTI - 3. I DUE, AL COMANDO DELLO IOR PER VENT’ANNI, SI SONO PAPPATI, QUASI 60 MILIONI DI EURO - 4. AVVISO AI NAVIGATI: CALOIA NON E’ UN POLITICUCCIO NE’ UNO SGHERRO DI CARMINATI MA UN PRINCIPE DELLA FINANZA CATTOLICA, VECCHIO DEMOCRISTIANO DALLE MILLE RELAZIONI. PROFESSORE ALLA "CATTOLICA", ESPONENTE DI QUELLA “BANDA DEGLI ONESTI” VICINA A GIOVANNI BAZOLI E PRESIDENTE DELLA VENERANDA FABBRICA DEL DUOMO DI MILANO
1 - «PECULATO IN AFFARI IMMOBILIARI» INDAGINE SUGLI EX VERTICI DELLO IOR
M.Antonietta Calabrò per il “Corriere della Sera”
Due conti sequestrati per 16,8 milioni di euro presso lo Ior, che per decenni l’ex presidente Angelo Caloia e l’ex direttore generale Lelio Scaletti hanno amministrato, dopo l’estromissione del vescovo Paul Marcinkus seguita al crac del Banco Ambrosiano.
Milioni che secondo il promotore di giustizia vaticano, Gian Piero Milano, potrebbero essere frutto di peculato dei due che nell’arco di sette anni (2001-2008) e sotto due Papi hanno venduto praticamente tutto il patrimonio immobiliare dell’Istituto per le opere di religione (allo Ior rimane in pratica un solo grande immobile in via della Conciliazione).
Per la precisione, 29 immobili tra Roma (la gran parte ) e Milano. Una compravendita del valore di centinaia di milioni di euro. L’ipotesi accusatoria si basa sulle indagini della società di revisione Promontory, sull’ispezione interna condotta all’inizio del 2014 dall’Autorità per l’informazione finanziaria vaticana (Aif) e su una denuncia all’autorità giudiziaria vaticana dei vertici attuali dello Ior: Caloia e Scaletti avrebbero, in concorso con l’avvocato Gabriele Liuzzo, lucrato una cifra che sfiora i 60 milioni di euro. Promontory (chiamata in Vaticano dall’ex presidente von Freyberg) ha portato alla luce anche tutti i meccanismi attraverso i quali le compravendite sono avvenute e che avrebbero permesso l’illecito arricchimento.
Si tratta di un complesso giro di società paravento, di scatole cinesi, e soprattutto offshore, cioè di società domiciliate in paradisi fiscali, come le isole Bahamas, con un’imponente movimentazione di denaro contante.
Così è stato possibile che un indagato attualmente abiti a Roma sul colle Aventino in un appartamento che lo Ior ha venduto a una società offshore , società le cui quote sono però controllate dal medesimo indagato, che paga l’affitto a se stesso per abitare nell’appartamento che di fatto ora è suo. Al tempo stesso però quell’«affitto» finisce sistematicamente all’estero, al riparo dal fisco italiano.
Il Vaticano chiederà assistenza giudiziaria all’Italia, ma la stessa magistratura italiana potrebbe ora aprire sue indagini per la possibilità che le società «acquirenti» abbiano costituito un vero e proprio sistema per il riciclaggio che faceva perno sullo Ior e al tempo stesso era ad esso parallelo.
Gli acquirenti degli immobili sono tutti cittadini italiani. Il «regno» di Caloia al Torrione Pio V è durato esattamente vent’anni, dal 1989 al 2009, quando per decisione dell’allora segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, venne sostituito da Ettore Gotti Tedeschi. Ci si può chiedere come mai Caloia, Scaletti e Liuzzo abbiano mantenuto fino a oggi quasi 17 milioni di euro presso la banca vaticana.
Una risposta a questa domanda va forse trovata nel fatto che il meccanismo messo in piedi si era bloccato poiché nel settembre del 2010, le segnalazioni dell’Uif della Banca d’Italia e le indagini della Procura di Roma portarono al blocco di tutti i conti dello Ior presso le banche italiane e alla creazione del primo nucleo delle nuove strutture antiriciclaggio vaticane.
«Siamo molto lieti che le autorità vaticane stiano agendo con risolutezza» ha commentato l’attuale presidente dello Ior Jean-Baptiste de Franssu.
2 - I PALAZZI COMPRATI ATTRAVERSO SOCIETÀ CON SEDE ALLE BAHAMAS
M.Antonietta Calabrò per il “Corriere della Sera”
Qualcuno ieri, dalle parti del Torrione di Niccolo V, sede dello Ior, ricordava una frase
che ogni tanto il ragionier Lelio Scaletti si lasciava sfuggire: «Se parlo io, crolla l’Italia». Oggi Scaletti ha 88 anni e dal crac dell’Ambrosiano di Roberto Calvi sono passati più di trent’anni, eppure il richiamo dei mari caldi delle Bahamas sembra essere stato irresistibile per i vertici dello Ior fino quasi ai giorni nostri. Sono infatti registrate a Nassau alcune società che hanno acquistato gli immobili dello Ior, oggetto della compravendita per cui gli ex vertici dell’Istituto sono sotto indagine vaticana.
che ogni tanto il ragionier Lelio Scaletti si lasciava sfuggire: «Se parlo io, crolla l’Italia». Oggi Scaletti ha 88 anni e dal crac dell’Ambrosiano di Roberto Calvi sono passati più di trent’anni, eppure il richiamo dei mari caldi delle Bahamas sembra essere stato irresistibile per i vertici dello Ior fino quasi ai giorni nostri. Sono infatti registrate a Nassau alcune società che hanno acquistato gli immobili dello Ior, oggetto della compravendita per cui gli ex vertici dell’Istituto sono sotto indagine vaticana.
Scatole cinesi, offshore , che si mettevano in pancia i palazzi dello Ior, società che sarebbero state controllate in parte anche da Caloia e Scaletti. L’indagine è partita dall’operazione di pulizia dei conti, cioè dall’operazione per chiudere quelli di persone che allo Ior il conto corrente ce l’avevano, pur non avendone diritto.
Ed ecco che dal setaccio «emerge» il cospicuo conto del novantunenne avvocato Gabriele Liuzzo, che è appunto un professionista che non dovrebbe avere nessun rapporto con la banca vaticana. Vengono notate movimentazioni contestuali alle operazioni dei due ex dirigenti Caloia e Scaletti che in quanto pensionati hanno invece tutto il diritto di avere il conto. Liuzzo in un’intervista telefonica con la Reuters ha detto che le accuse del promotore vaticano sono «spazzatura».
In realtà secondo Promontory (società di revisione che ha lavorato sui conti) gli immobili sono stati venduti a prezzi troppo bassi e le parcelle dei professionisti coinvolti erano eccezionalmente elevate. Ma quello che più ha allarmato è stato il sistema parallelo delle società offshore, una costellazione che acquistava e da cui andavano e tornavano sui conti dello Ior masse imponenti di denaro, decine di milioni di euro. Ancora una volta, dal Vaticano si arrivava a Nassau.
3 - LA TOLLERANZA ZERO DI PAPA FRANCESCO INGUAIA IL PRINCIPE DELLA FINANZA CATTOLICA
Alberto Statera per “la Repubblica”
Diavolo di un Papa ( absit iniuria verbis). Roma è sottosopra per lo scandalo della Mafia Capitale, e Bergoglio che fa? Dà il via libera e fa rendere nota, con procedura inedita, l’inchiesta del Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano sull’Istituto per le Opere di Religione e i suoi precedenti vertici amministrativi.
Tutt’altro che un caso fortuito, perché la banca della Santa Sede è coinvolta in tutti i più grandi scandali finanziari che hanno funestato l’Italia per decenni, da Tangentopoli alla scalata dei furbetti del quartierino, dalla Cricca delle grandi opere e della Protezione civile, fino a Calciopoli, dalla Carige alla Lux Vide di Ettore Bernabei.
Ma è anche uno dei terminali tradizionali usati dalla criminalità capitolina fin dai tempi della banda della Magliana e del suo capo Renatino De Pedis, il bandito ammazzato che fu sepolto come grande amico della Chiesa nella cripta di Sant’Apollinare. La leggenda metropolitana vuole che Renatino fosse figlio del vicario di Roma cardinale Ugo Poletti (non risulta abbia a che vedere col ministro in carica Giuliano, fotografato con la banda di grassatori capitolini). Ma i successori della malavita romana Gennaro Mokbel e Massimo Carminati sono tutt’altro che ignoti nel Torrione di Niccolò V.
Stavolta la giustizia vaticana parte da un caso semplice semplice di peculato. Ma, misurato il peso degli indagati, si sa da dove muove, ma non si sa dove arriverà. Angelo Caloia e Lelio Scaletti, rispettivamente ex presidente ed ex direttore generale dello Ior, insieme a un avvocato, sono accusati di aver venduto a prezzi d’affezione parte del ricchissimo patrimonio immobiliare della banca a società da loro controllate per rivenderlo poi a prezzi di mercato. Quisquilie rispetto alla storia recente di un Istituto, nato come Ad Pias Causas, tappezzato di scandali epocali, come la maxitangente Enimont dei primi anni Novanta, ma anche di cadaveri: da Roberto Calvi a Michele Sindona fino al povero Giorgio Ambrosoli.
Si dà il caso che Angelo Caloia non sia un politicuccio come l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, ma un principe della finanza cattolica e un vecchio democristiano dalle mille relazioni. Professore di Economia politica alla Cattolica di Milano, democristiano d’antan, è esponente di quella “banda degli onesti” vicina al banchiere Giovanni Bazoli e, onore sommo, è presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.
Allo Ior ha regnato per un ventennio, dal 1989 al 2009, e tutto si può dire della sua lunga opera, fuorché sia riuscito a liberare la banca dall’influenza luciferina lasciata in eredità dal suo predecessore, l’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, che ne aveva fatto la sentina di quasi tutte le schifezze finanziarie italiche all’insegna del motto: “Non si può dirigere la Chiesa con le Ave Marie”. Infatti preferì maneggiare per decenni con disinvoltura lo “sterco del diavolo”.
È difficile immaginare uno come Caloia, che presumiamo timorato di Dio più del suo predecessore arcivescovo bon vivant, invischiato con il darwinismo criminale della “Terra di mezzo” capitolina, fatta di omicidi, di “spezzaossa” e di sottopolitica debole e corrotta. Ma poi vai a vedere e lo scopri affaccendato in frequentazioni poco commendevoli se non proprio indecenti. Avete presente lo scandalo dell’Expo di Milano?
Bene, quel Gianstefano Frigerio col suo socio Sergio Cattozzo, come risulta dagli atti processuali, frequentavano l’esimio professore, che accettò di pranzare al milanese hotel Westin Palace, teatro degli affari di quella banda, presente anche un dirigente di Publitalia 80, la società di Berlusconi. Millanterie? No. Ma un pranzo naturalmente non fa un colpevole, anche se ormai pensar male è d’obbligo di fronte alle maleodoranti sorprese che il paese ci consegna giorno dopo giorno.
D’altra parte, c’è tra i giudici di Mani pulite chi ricorda che quando la Procura milanese gli chiese dettagli sulle tangenti passate per lo Ior, Caloia rispose: «Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale ». Deflette poi dal Caloia-Style, che dovrebbe essere quello di un grande banchiere per di più timorato di Dio, la storia col suo successore Ettore Gotti Tedeschi, che tentò di fare pulizia allo Ior.
Insomma, il professore un giorno va in televisione e lascia intendere più o meno che il suo successore è coinvolto nei casi più oscuri della recente storia criminal-finanziaria, a cominciare da quello del banchiere Gianmario Roveraro assassinato nel 2006. Quello gli fa causa e non accetta di ritirarla, come richiedono gli avvocati di Caloia.
Quanto alla storia dei palazzi venduti a prezzi d’affezione, la spesa immobiliare a due soldi in Vaticano era quasi un vezzo dei potenti. Molti durante l’epoca di Berlusconi e dei suoi infiltrati in Vaticano tra i Gentiluomini di Sua Santità (vedi Gianni Letta e Angelo Balducci) hanno acquistato da Propaganda Fide qualche bell’appartamento o addirittura un palazzo nel centro di Roma, come ad esempio, tra i tanti, l’ex ministro Pietro Lunardi.
Ma quando mai la magistratura vaticana si era mossa pubblicamente con questa determinazione, dopo decenni di rifiuto di ogni controllo esterno e di silenzio della magistratura interna?
Francesco, come è stato subito evidente, fa sul serio. Ben attento all’amministrazione, ha spazzato via quasi tutti gli uomini del cardinal Tarcisio Bertone, che tiene sotto tiro anche per la reggia che l’ex segretario di Stato si è fatto allestire in Vaticano e che ha inaugurato — narrano le cronache — con feste sardanapalesche. Per cui è difficile prevedere dove andrà a parare l’inchiesta su Caloia, ma si prevede lontano, molto lontano. E si sa: «è più facile che un cammello passi nella cruna dell’ago che un ricco entri nel regno dei cieli, come diceva qualche Vangelo.
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