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Papa Francesco (foto LaPresse)
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Gentile Papa Francesco. Sappiamo, come ha raccontato ampiamente martedì sul Foglio Mattia Ferraresi, che è al lavoro con i Suoi collaboratori per stendere una nuova Enciclica che avrà per oggetto il rapporto fra l’Uomo e la Natura. Tema complesso e di cui abbiamo avuto qualche anticipazione, credo, nel Suo recente video messaggio alla conferenza di lancio dell’Expo. Anticipazioni che, Le chiedo perdono, hanno suscitato in me alcune perplessità. Vi ho ritrovato molti luoghi comuni del “politicamente corretto”, ma. Ahimé. poco approfondimento.
Il tema non è facile se lo si vuole affrontare nel profondo. Se si vuole insomma evitare di ripetere semplicemente che “la Terra ci è stata data in custodia e dobbiamo conservarla per i nostri posteri”. Le chiedo ancora scusa, ma fosse così non vedremmo molte differenze fra la Dottrina della Chiesa e quella di Naomi Klein. Né risposte a domande che l’Umanità si fa da millenni. Siccome invece i termini da definire sono fra i più complessi e difficili e la Cattedra da cui Lei parla è quanto di più autorevole ci possa essere al mondo, vorrei umilmente permettermi di farLe qualche domanda, sperando di trovare nella Sua prossima enciclica qualche risposta. Lei menzionerà sicuramente il termine “Creato” per indicare nella Terra il risultato della Creazione divina. A quale Creato Lei si riferirà? L’universo, come si sa, ha una storia di 14 miliardi di anni e noi ne occupiamo una porzione infinitesimale. Per molti scienziati, anche solo per un mero calcolo delle probabilità, vista la presenza di miliardi di stelle e di pianeti, è difficile che non sia presente da qualche parte una qualche forma di vita intelligente. Nel Creato dobbiamo o no includere anche eventuali forme di vita presenti a qualche miliardo di anni luce da noi oppure no? O la natura si ferma al nostro piccolo e insignificante pianeta? E come si accorda tutto ciò con la narrazione biblica della creazione del mondo? Se poi veniamo al nostro limitato Creato, alla Terra, a quale momento della sua storia, la storia della Terra, Lei si riferirà quando dirà che dobbiamo custodire il Creato così come Dio ce lo ha dato? Al nucleo di materia ed energia primordiale che ha dato origine al big bang? Al pianeta completamente gelato di qualche milione di anni fa? A quello abitato dai dinosauri e da altre fiere feroci, fortunatamente spazzate via da un gigantesco meteorite? Mi chiedo in modo sincero: anche il meteorite fa parte del disegno intelligente di Dio? Non è lo stato attuale della terra il frutto di un’opera di miliardi di anni, anche di atti distruttivi, di giganteschi cambiamenti, di rivoluzioni climatiche, di eruzioni con la forza di centinaia di bombe atomiche, di terremoti devastanti, di inondazioni, di continenti alla deriva ? E non sarà così anche in futuro, magari non domani, ma in un futuro fatto come è giusto da milioni di anni e ben al di là della piccola forza che la specie umana esercita sul Pianeta? Dobbiamo quindi riconoscere che lo stato presente delle cose è frutto di un’evoluzione di miliardi di anni anche attraverso salti e cambiamenti catastrofici. Visione che cozza, mi pare, con quella di una sorta di Eden terreno, che ci sarebbe stato consegnato e che basterebbe custodire per goderne i frutti. Se invece rivolgiamo lo sguardo all’altro termine del problema, l’Uomo, vorrei riproporre la domanda: a quale uomo ci riferiamo? All’homo habilis, un nanerottolo alto un metro e poco più? A quello di Neaderthal, all’homo sapiens? Quale di queste creature può essere considerata il frutto dell’azione divina? Sono storie di un passato lontano, ma una religione dovrebbe, credo, essere per sempre, avere un’interpretazione universale dall’origine del mondo fino ai giorni nostri e, ci auguriamo, per i prossimi milioni di anni che vedranno la specie umana evolvere forse ancora più velocemente, anche grazie agli sviluppi della medicina e delle tecniche riproduttive. Lei ha poi sostenuto, nel recente messaggio all’Expo, che mentre Dio perdona sempre e l’uomo può perdonare, la natura non perdona gli atti di violenza provocati dall’uomo. Immagino Lei si riferisse alle ferree leggi naturali e a quelle dell’ecologia, a cui è sottoposta anche la specie umana. Ma anche in questi casi Lei sa che i danni maggiori alla specie umana sono venuti nel corso della storia da fenomeni naturali non provocati dall’azione umana. Eruzioni, terremoti, maremoti, tsunami, siccità, alluvioni. E dalle grandi epidemie che da sempre hanno falcidiato la popolazione umana. Anche questi fenomeni sono naturali. Dallo tsunami che ha colpito il Giappone al virus dell’ebola che potrebbe generare una pandemia dalle conseguenze drammatiche, per parlare di fatti recenti. Di chi è la responsabilità in questi casi, in cui l’attività umana non ha alcun rilievo? Questo Creato che ci è stato dato in dono si manifesta anche attraverso fenomeni che sembrerebbero , casomai, essere l’espressione di una possibile collera divina? E se fosse così come si accorda questa visione con quella da Lei esposta di una terra madre e mai matrigna? E’ diritto della specie umana cercare, in modo ragionevole, di sfuggire al destino a cui la Natura la condanna, agire per molti versi “contro/natura” cercare di allungare la propria vita, proteggersi dalle malattie, escogitare sistemi e tecnologie per difendersi dal freddo e dalle intemperie, per comunicare, per scambiare merci ed idee, strumenti per conoscere e sapere sempre di più? O invece, tutto questo, è conseguenza di un’arroganza prometeica che vorrebbe svelare i segreti della natura e quindi condannabile? Infine, come è possibile che una natura “buona” abbia generato una specie, la nostra, capace invece di cattiveria? In fondo siamo esseri completamente naturali e condannati come tutti gli esseri naturali a scomparire. Mentre invece, quel che è certo è che la Terra ci sopravviverà. Sempre che un meteorite di dimensioni ciclopiche non la devi dalla sua orbita.
Chicco Testa
Per completezza d’informazione, dirò che non sono tra quelli che fanno dipendere il kerigma della fede dal contenuto di un’enciclica, tanto più di quelle che parlano delle cose di quaggiù. E’ pur vero che una lettera su un tema transeunte come l’ecologia può rischiare di inciampare nei “luoghi comuni del politicamente corretto”. Forse Francesco s’inerpicherà sui difficili pendii di una dottrina della fede ecosostenibile, come ha indagato martedì il Foglio sulle tracce del prof. Sachs. In ogni caso, la sapienza divina li suddivide equamente, i luoghi comuni, ed è difficile il Papa precipiti proprio in quelli che spesso si rintracciano invece nel pensiero che si vuole moderno e a-dogmatico. Così, mette le mani avanti Chicco Testa, volesse il Papa parlare d’ambiente dovrebbe “evitare di ripetere semplicemente che ‘la terra ci è data in custodia’”. E per quale motivo, di grazia? Lo dice la Bibbia, e non l’ha scritta Leonardo Boff. Però nessuno nella chiesa pensa sia un’affermazione tecnica, nemmeno Boff, infatti non tutti fanno i giardinieri. Invece è un’idea per così dire culturale, di quelle che stanno al fondo, e che si può dibattere: chi è padrone, e di cosa? E’ preoccupato, Testa: “Lei menzionerà il termine Creato”, ma “a quale Creato si riferirà?”, arguendo che ci sono molte cose nell’universo che non s’accordano alla narrazione della Creazione. La quale narrazione, però, nessuno prende per scientifica. Vi si parla di qualcosa d’altro che dell’arrivo dei marziani con le orecchie verdi. E’ un modo sbrigativo, da Superenalotto, quello di Testa per dire: a noi non importa dell’Origine, dunque del Creato facciamo quel che vogliamo. Punto di vista legittimo, ma perché imputare (alla cieca) al Papa quel che non gli appartiene? Perché qui è il punto: il racconto biblico parla dell’origine, cioè dello scopo del Tutto, non dell’amministrazione del condominio. E la domanda sul senso del creato e il suo uso vale anche se i mondi fossero mille. Ancora, perché il Papa dovrebbe dire che “dobbiamo custodire il creato come c’è stato dato”, nel senso di lasciarlo così com’è? Questo sì è un luogo comune. Se lo dicesse, direbbe una cosa diversa dallo stesso Catechismo, per il quale invece compito dell’uomo è “cooperare alla creazione”. O per essere letterali: “Dio dà agli uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua provvidenza, affidando loro la responsabilità di ‘soggiogare’ la terra e di dominarla”. E ancora: “In tal modo Dio fa dono agli uomini di essere cause intelligenti e libere per completare l'opera della creazione, perfezionandone l’armonia, per il loro bene e per il bene del loro prossimo”. Se questa è la fede della chiesa, perché dovrebbe essere una “visione che cozza con quella sorta di Eden terreno che ci sarebbe stato consegnato”? C’è qualche punto della Scrittura che vieti l’invenzione dell’ombrello? Magari per qualche Amish del Massachussets è così, non per Tommaso d’Aquino. Forse a Chicco Testa, che pure conosce la materia, è scappata la mano. E in ogni caso, perché lasciargli dire quel che vuole, a Francesco, prima di fare il fracking preventivo con le parole che non ha ancora pronunciato?
Maurizio Crippa
© FOGLIO QUOTIDIANO
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