ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 7 febbraio 2015

Pontificare stanca?

Papa Urbano II meglio di Barack Obama che paragona l'Isis ai Crociati cristiani

Obama non è Urbano II, ahinoi. E nell'anno di grazia 2015, nel suo discorso alla "Giornata della Preghiera" di ieri l'altro, ha preferito fare la "quinta colonna" degli islamici dell'ISIS invece che seguire l'esempio del pontefice cristiano che circa mille anni fa aveva dovuto affrontare l'ISIS del suo tempo. " Non siamo meglio dell'ISIS", ha detto Barack Hussein, "la cristianità non è meglio dello Stato Islamico.
A meno che noi non smontiamo dal nostro cavallo più alto e pensiamo che tutto questo (il riferimento è alle decapitazioni, allo schiavizzare per fare stupri, alle crocifissioni e ai roghi di essere umani) sia una cosa unica per altre situazioni, ricordiamoci che durante le Crociate e l'Inquisizione la gente commetteva fatti terribili nel nome di Cristo". Il New York Times ha scritto oggi che è stato proprio il presidente, in persona, a chiedere ai suoi speechwriters di inserire l'attacco alla cristianità, come "provocazione".
In effetti, Obama ha davvero scandalizzato con queste parole, ma non solo 'America cristiana. Chi ha studiato la storia delle religioni e' inorridito nello scoprire d'avere un presidente tanto ignorante, o tanto spudorato da mentire sapendo di farlo. Ha scritto Raymond Ibrahim (studioso al David Horowitz Freedom Center, esperto di Medio Oriente, collaboratore di CNB News
e autore del libro 'Crucified Again: Exposing Islam's New War on Christians', "Ancora crocifissioni: ecco la nuova guerra dell'Islam ai Cristiani) che " la grande differenza tra la violenza e l'odio 'giustificati nel nome di Cristo' e la violenza e l'odio 'giustificati nel nome di Maometto' è che Cristo non l'ha mai giustificata, mentre Maometto l'ha fatto costantemente". Non è un punto retorico, spiega Ibrahim, "è la ragione vera per cui i musulmani stanno ancora commettendo atrocità selvagge. Ogni azione malvagia dell'ISIS - decapitare, crocifiggere, stuprare, schiavizzare o immolare esseri umani - ha precedenti nelle azioni di Maometto, il più 'perfetto e morale uomo' secondo il Corano (33:21 e 68:4)". La "degenerazione dell'Islam" da religione di pace all'ISIS, insomma, è una pia bugia. I fondamenti della religione alla sua origine, e l'esempio della vita di Maometto stesso, danno strumenti teorici e
giustificazioni alla barbarie di oggi per chi si richiama alla lettera del Corano.
Ecco cosa disse Papa Urbano II, mille anni fa, davanti ai volontari della prima crociata pronti a partire: "Dai confini di Gerusalemme e dalla città di Costantinopoli una storia terribile e' stata raccontata ed è stata portata alle nostre orecchie molto frequentemente. In sostanza, che una massa di soldati dal regno dei Persiani, musulmani turchi, hanno invaso le terre di quei cristiani e le hanno spopolate con le armi, i saccheggi e il fuoco; hanno portato via una parte della popolazione prigioniera come schiavi e una parte l'hanno distrutta con torture crudeli; hanno interamente distrutto le chiese di Dio o se ne sono impadronite per i riti della loro religione. E che cosa dovrei dire degli abominevoli stupri delle donne? Parlare di ciò fa più male che stare in silenzio... A chi spetta dunque il compito di aggiustare queste cose sbagliate e di recuperare questi territori per chi li occupava, se non a voi? Voi, su cui al di sopra di altre nazioni Dio ha conferito la gloria rimarchevole nelle armi, nel grande coraggio, nell'attività fisica e nella forza".
Anche a Obama sono giunte alle orecchie storie "terribili" dal Medio Oriente. Anzi, ha visto con i suoi occhi in tv la decapitazione di un suo concittadino, e ha saputo che i "soldati musulmani" hanno conquistato un terzo della Siria e un terzo dell'Iraq, sterminando villaggi di curdi, di cristiani e di altri considerati infedeli dai maomettani. E che cosa ha fatto? E' andato a giocare a golf, ha fatto dire alla sua consigliera per la sicurezza che non c'è da allarmarsi e che il mondo non corre rischi gravi, e ha paragonato l'ISIS (che, per carità, non sono islamici seguaci
di Allah e non permettetevi di dirlo) ai crociati "che hanno commesso atti terribili in nome di Cristo". Questo è Obama. Non resta che sperare che passino senza danni storici irreparabili i prossimi 20 mesi.
Glauco Maggi
twitter @glaucomaggi
http://www.liberoquotidiano.it/blog/11753900/Papa-Urbano-II-meglio-di-Barack.html

Sorpresa, ora i sauditi impongono agli Usa di mollare l’Isis

Inoltre, continua la Rand, la vittoria siriana non andrà a vantaggio dell’Iran finché Daesh (l’Isis, ndr) sarà presente in Iraq. L’istituto prevede che gli Stati che hanno fin qui alimentato gli jihadisti smetteranno di farlo. Essi, infatti, non possono sperare di sconfiggere la Siria in questo modo e ora temono che gli jihadisti si rivoltino contro di loro. Pertanto, ha concluso la Rand, non vi sarà alcuna soluzione negoziata con gli Stati sponsor, bensì una netta vittoria del “regime”, alla quale gli Stati Uniti dovrebbero essere associati. Si osserverà il cambiamento radicale della posizione del complesso militare-industriale. Un anno fa, la Rand preconizzava di bombardare la Siria come la Libia, e di condurvi un’azione limitata a terra con la creazione di aree protette amministrate dai “rivoluzionari”. Oggi, ammette implicitamente che non c’è mai stata una rivoluzione in Siria e, dopo un lungo momento di esitazione sul suo futuro, la maggioranza sunnita sostiene nuovamente la Repubblica laica.
L’atmosfera a Washington oggi assomiglia a quella all’inizio del 2006, quando l’esercito era impantanato in Afghanistan e in Iraq, mentre Donald Rumsfeld tentava di nascondere la sconfitta. All’epoca, il Congresso istituì la Commissione Baker-Hamilton. Questa, dopo otto mesi di lavoro, concluse che le forze Usa non sarebbero state in grado di stabilizzare il paese che occupavano senza l’aiuto dell’Iran e della Siria. Il quadro della situazione militare che disegnò era così spaventoso che gli statunitensi sanzionarono George W. Bush nelle elezioni di medio termine. Il presidente a quel punto sacrificò Rumsfeld e lo sostituì con un membro della Commissione, Robert Gates. Il nuovo segretario della Difesa concluse degli accordi sul campo con Teheran e Damasco, acquistò i principali gruppi della resistenza irachena (la carota) e aumentò il numero dei soldati lì schierati (il bastone) fino a stabilizzare la situazione.
In secondo luogo, in Arabia, il nuovo re Salman ha dapprima cercato di destituire tutti gli ex sostenitori del suo predecessore, arrivando perfino a congedare il principe Miteb e il segretario generale del palazzo due ore dopo la morte di re Abdullah. Poi è ritornato sulle sue decisioni dopo aver ricevuto le condoglianze del suo Signore statunitense. In ultima analisi, Miteb sarà l’unico sopravvissuto dell’era precedente, mentre il principe Bandar è stato licenziato. Ora, Bandar foraggiava Daesh con l’aiuto della Cia, al fine di fare pressione sul re Abdullah nell’interesse del clan dei Sudeiri. La sua cacciata, pretesa dal presidente Obama, segna probabilmente la fine del predominio saudita sul terrorismo internazionale. Questa volta – la quarta – dovrebbe essere quella buona: nel 2010, il principe era stato bandito per aver tentato di organizzare un colpo di Stato, ma era ritornato grazie alla guerra contro la Siria; nel 2012, era stato vittima di un attacco in rappresaglia per l’uccisione di membri del Consiglio di sicurezza nazionale siriano, ma era di nuovo al lavoro un anno dopo, debole e ossessivo; nel 2014, John Kerry ha preteso ancora una volta il suo licenziamento, ma è tornato nuovamente in scena grazie alla crisi egiziana; è stato appena sacrificato dal suo stesso clan, che non gli lascia alcuna prospettiva di ritorno né a breve né a medio termine.
In terzo luogo, l’attacco a Hezbollah da parte di Israele, cui è seguita la risposta di Hezbollah contro Israele, evidenzia paradossalmente la debolezza di Benjamin Netanyahu in pieno periodo elettorale. Il primo ministro uscente sperava che la resistenza libanese non fosse in grado di rispondere all’aggressione e che lui uscisse così coronato da questo confronto. Il suo errore di calcolo potrebbe costargli il posto, per la gioia della Casa Bianca che non nasconde più da molto tempo la propria esasperazione per il suo fanatismo. In base agli sviluppi in corso a Washington, a Riyadh e forse presto a Tel Aviv, è ragionevole concludere che, nei prossimi mesi, gli Stati Uniti concentreranno i loro sforzi per escludere Daesh dal Levante per proiettarlo, fuori della loro area di influenza, contro la Russia e la Cina.
Da parte sua, l’Arabia Saudita dovrebbe cercare sia di salvare la sua autorità presso i vicini Bahrein e Yemen, fornendo assistenza al gran perdente della guerra contro la Siria, il presidente Recep Tayyip Erdoğan, che il Stati Uniti hanno deciso di abbandonare. Questo sviluppo sarà più o meno lungo a seconda dei risultati elettorali a Tel Aviv. Mentre gli jihadisti sono diventati una minaccia per la stabilità di tutti gli stati nel Levante, compreso Israele, Netanyahu potrebbe continuare a mettere la sua aviazione e i suoi ospedali al loro servizio. Ma non si può immaginare che persisterà quando tutti gli altri Stati della regione li combatteranno. Al contrario, nel caso che il primo ministro perda le elezioni, il suo successore darà immediatamente una mano agli Stati Uniti contro gli jihadisti. Ancora una volta, Damasco, la più antica città abitata del mondo, sarà sopravvissuta ai barbari che volevano distruggerla.
(Thierry Meyssan, “Sconvolgimento degli interessi Usa nel Levante”, da “Megachip” del 1° febbraio 2015).
La situazione nel Levante rischia di evolversi rapidamente, in parte a causa della crisi di autorità a Washington e in parte a causa dell’ascesa del principe Salman al trono saudita. Questa evoluzione potrebbe essere facilitata da un’alternanza politica in Israele. In primo luogo, la crisi di autorità che paralizza gli Stati Uniti continua a mobilitare la classe dirigente. Dopo l’appello del presidente onorario del Council on Foreign Relations (Cfr) affinché il presidente Obama si circondi di personalità sperimentate di entrambe le parti, il “New York Times” ha dedicato un editoriale a un rapporto pubblicato nel mese di ottobre dalla Rand Corporation. Il principale think-tank dedicato alle questioni militari ha fatto una inversione ad U nel giro di un anno. A suo parere, la vittoria della Repubblica araba siriana è ormai «l’opzione più desiderabile» per gli Stati Uniti, mentre la sua caduta sarebbe «il peggiore dei risultati». I gruppi armati hanno perso ogni sostegno tra la popolazione urbana, le defezioni si sono fermate da più di un anno e l’esercito siriano continua la sua liberazione del paese.
Salman, nuovo sovrano sauditaInoltre, continua la Rand, la vittoria siriana non andrà a vantaggio dell’Iran finché Daesh (l’Isis, ndr) sarà presente in Iraq. L’istituto prevede che gli Stati che hanno fin qui alimentato gli jihadisti smetteranno di farlo. Essi, infatti, non possono sperare di sconfiggere la Siria in questo modo e ora temono che gli jihadisti si rivoltino contro di loro. Pertanto, ha concluso la Rand, non vi sarà alcuna soluzione negoziata con gli Stati sponsor, bensì una netta vittoria del “regime”, alla quale gli Stati Uniti dovrebbero essere associati. Si osserverà il cambiamento radicale della posizione del complesso militare-industriale. Un anno fa, la Rand preconizzava di bombardare la Siria come la Libia, e di condurvi un’azione limitata a terra con la creazione di aree protette amministrate dai “rivoluzionari”. Oggi, ammette implicitamente che non c’è mai stata una rivoluzione in Siria e, dopo un lungo momento di esitazione sul suo futuro, la maggioranza sunnita sostiene nuovamente la Repubblica laica.
Daesh-IsisL’atmosfera a Washington oggi assomiglia a quella all’inizio del 2006, quando l’esercito era impantanato in Afghanistan e in Iraq, mentre Donald Rumsfeld tentava di nascondere la sconfitta. All’epoca, il Congresso istituì la Commissione Baker-Hamilton. Questa, dopo otto mesi di lavoro, concluse che le forze Usa non sarebbero state in grado di stabilizzare il paese che occupavano senza l’aiuto dell’Iran e della Siria. Il quadro della situazione militare che disegnò era così spaventoso che gli statunitensi sanzionarono George W. Bush nelle elezioni di medio termine. Il presidente a quel punto sacrificò Rumsfeld e lo sostituì con un membro della Commissione, Robert Gates. Il nuovo segretario della Difesa concluse degli accordi sul campo con Teheran e Damasco, acquistò i principali gruppi della resistenza irachena (la carota) e aumentò il numero dei soldati lì schierati (il bastone) fino a stabilizzare la situazione.
In secondo luogo, in Arabia, il nuovo re Salman ha dapprima cercato di destituire tutti gli ex sostenitori del suo predecessore, arrivando perfino a congedare il principe Miteb e il segretario generale del palazzo due ore dopo la morte di re Abdullah. Poi è ritornato sulle sue decisioni dopo aver ricevuto le condoglianze del suo Signore statunitense. In ultima analisi, Miteb sarà l’unico sopravvissuto dell’era precedente, mentre il principe Bandar è stato licenziato. Ora, Bandar foraggiava Daesh con l’aiuto della Cia, al fine di fare pressione sul re Abdullah nell’interesse del clan dei Sudeiri. La sua cacciata, pretesa dal presidente Obama, segna probabilmente la fine del predominio saudita sul terrorismo internazionale. Questa volta – la quarta – dovrebbe essere quella buona: nel 2010, il principe era stato bandito per aver tentato di organizzare un colpo di Stato, ma era ritornato grazie alla guerra contro la Siria; nel 2012, era stato vittima di un attacco in rappresaglia per l’uccisione di membri del Consiglio di sicurezza nazionale siriano, ma era di nuovo al lavoro un anno dopo, debole e ossessivo; nel 2014, John Kerry ha preteso ancora una volta il suo licenziamento, ma è tornato nuovamente in scena grazie alla crisi egiziana; è stato appena sacrificato dal suo stesso clan, che non gli lascia alcuna prospettiva di ritorno né a breve né a medio termine.
In terzo luogo, l’attacco a Hezbollah da parte di Israele, cui è seguita la risposta di Hezbollah contro Israele, evidenzia paradossalmente la debolezza di Benjamin Netanyahu in pieno periodo elettorale. Il primo ministro uscente sperava che la resistenza libanese non fosse in grado di rispondere all’aggressione e che lui uscisse così coronato da questo confronto. Il suo errore di calcolo potrebbe costargli il posto, per la gioia della Casa Bianca che non nasconde più da molto tempo la propria esasperazione per il suo fanatismo. In base agli sviluppi in corso a Washington, a Riyadh e forse presto a Tel Aviv, è ragionevole concludere che, nei prossimi mesi, gli Stati Uniti concentreranno i loro sforzi per escludere Daesh dal Levante per proiettarlo, fuori della loro area di influenza, contro la Russia e la Cina.
NetanyahuDa parte sua, l’Arabia Saudita dovrebbe cercare sia di salvare la sua autorità presso i vicini Bahrein e Yemen, fornendo assistenza al gran perdente della guerra contro la Siria, il presidente Recep Tayyip Erdoğan, che il Stati Uniti hanno deciso di abbandonare. Questo sviluppo sarà più o meno lungo a seconda dei risultati elettorali a Tel Aviv. Mentre gli jihadisti sono diventati una minaccia per la stabilità di tutti gli stati nel Levante, compreso Israele, Netanyahu potrebbe continuare a mettere la sua aviazione e i suoi ospedali al loro servizio. Ma non si può immaginare che persisterà quando tutti gli altri Stati della regione li combatteranno. Al contrario, nel caso che il primo ministro perda le elezioni, il suo successore darà immediatamente una mano agli Stati Uniti contro gli jihadisti. Ancora una volta, Damasco, la più antica città abitata del mondo, sarà sopravvissuta ai barbari che volevano distruggerla.
(Thierry Meyssan, “Sconvolgimento degli interessi Usa nel Levante”, da “Megachip” del 1° febbraio 2015).

1 commento:

  1. "ricordiamoci che durante le Crociate e l'Inquisizione la gente commetteva fatti terribili nel nome di Cristo".

    Di una ignoranza pazzesca, come se il figuro fosse stato presente e sapesse come si son svolti i fatti, il figuro sta negando e mentendo, sta BESTEMMIANDO la storia e mi domando come una nazione che si crede democratica possa essere considerata tale, dopo che il loro "capo" dimostra di non conoscere l'abc della storia.

    Ecco per questa BESTEMMIA auguro altresì che vada all'inferno e sarà per l'eternità e finalmente sarà fatta Giustizia Divina.

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