Shades of truth – sfumature di verità: un contributo alla verità su Pio XII
(di Lupo Glori) Il 2 marzo in Vaticano, presso l’Istituto di Santa Maria Bambina, è stato presentato in anteprima mondialeShades of truth – Sfumature di verità, l’atteso film-inchiesta su Pio XII, scritto e diretto da Liana Marabini. Il film basato su testimonianze e centinaia di migliaia di documenti inediti di ebrei sopravvissuti all’Olocausto, grazie all’intervento di Papa Pacelli, fa luce sul reale operato del “pastor angelicus” durante i drammatici anni del nazismo.
Liana Marabini, intervistata dall’AGI, ha sottolineato l’enorme sforzo documentarista, nonché economico, svolto al servizio della verità storica sulla controversa e dibattuta figura di Pio XII: «Il lavoro è stato notevole. Per più di cinque anni ho studiato tutto quello che era possibile sull’argomento. La ricerca e’ stata enorme. E’ stata grande la difficoltà di far stare in un film di 90 minuti il contenuto di quasi centomila pagine di lettura e raccontare tutto in modo semplice ed accessibile. Ma ne valeva la pena. E’ un film indipendente, finanziato interamente da me e ne sono felice. Pio XII e’ una delle figure più incomprese del XX secolo. Questo film e’ da parte mia un atto di devozione verso un grande pontefice e un sacerdote che ammiro e che e’ un grande esempio morale per me».
La chiave narrativa utilizzata dalla regista è volutamente semplice ma efficace, in quanto, adottando un format televisivo ben collaudato, aiuta lo spettatore a entrare nella vicenda e a comprendere la complessa leggenda nera costruita negli anni attorno alla figura di Papa Pacelli. Protagonista del film è il giornalista italo-americano, di origine ebraica, David Milano, che, dopo un’accesa discussione con la sua futura moglie attorno alla figura di Pio XII, da lui considerato il “Papa di Hitler”, decide di intraprendere una seria ed approfondita inchiesta su Papa Pacelli, viaggiando tra Roma, Gerusalemme, Berlino e Lisbona.
Una lunga e sorprendente indagine che alla fine lo porterà a ricredersi, scoprendo che in realtà la preziosa e delicata attività diplomatica di Pio XII permise di salvare la vita a 800.000 ebrei, facendo di Papa Pacelli lo “Schindler del Vaticano”. Notevole il cast del film con la presenza di Christopher Lambert, Gedeon Burkhard, David Wall, Marie-Christine Barrault, Roberto Zibetti, Giancarlo Giannini e Remo Girone, oltre ad un cameo del vaticanista Andrea Tornielli (impersonato da un attore) che, pur senza avere visto il fil all’indomani delle critiche suscitate dalla sua anteprima, vista la malaparata, pare, secondo indiscrezioni, aver fatto un poco onorevole passo indietro, chiedendo il taglio della scena che lo vede protagonista.
In un intervista, apparsa su “Il Sole 24 ore”, la Marabini chiarisce come l’intenzione principale del film sia quella di fornire una chiave di lettura diversa dalla ideologica vulgata dominante: “Con il mio film, spero di fare cambiare idea a chi pensa male di questo grande Pontefice. Certo, un film ha una durata di soli 90 minuti, nei quali e’ difficile spiegare un vita vissuta in un contesto tanto drammatico, ma spero di esserci riuscita. Sono molto soddisfatta del risultato. (…) Sono convinta che sia sufficiente avere la pazienza e l’onestà intellettuale di leggere quanto già esiste per far cambiare idea ai detrattori più incalliti. Il film non ha la pretesa di fare scoop, ma di offrire una chiave di lettura, di aprire finestre su un mondo che era quello di Pacelli, di rendere accessibile, a grandi linee, l’ammirevole azione di questo grande Pontefice.”.
Sfumature di verità sarà presto distribuito e proiettato in tutto il mondo. Dopo l’anteprima del 2 marzo, data scelta non a caso, in quanto anniversario della nascita di Eugenio Pacelli (1876) e della sua elezione al soglio pontificio (1939), il film uscirà a maggio in 335 sale italiane e in 280 francesi, oltre che in Belgio, Germania, Usa, Argentina, Brasile, Australia, Spagna e Portogallo. A maggio sarà anche presentato fuori concorso a Cannes e a settembre negli Stati Uniti durante l’Incontro mondiale delle famiglie.
Il coraggioso lavoro di Liana Marabini, che già nel titolo chiarisce di non pretendere di raccontare, in soli 90 minuti cinematografici, tutta la complessa verità attorno a Pio XII, è stato oggetto di inaspettate e ingenerose critiche. Senza dubbio va riconosciuto al film l’indiscutibile merito di aver riacceso, in maniera seria ed onesta, il dibattito sul pontificato di Papa Pacelli. Per questo tutti coloro che hanno a cuore l’operato e la figura del “Pastor angelicus” dovrebbero essere grati alla regista Marabini per il suo prezioso contributo al servizio della verità. (Lupo Glori)
PIO XII SALVÒ GLI EBREI DAI NAZISTI. ESCE UN FILM-VERITÀ E «L'OSSERVATORE ROMANO» CHE FA, NICCHIA?...
di Luciano Garibaldi
Il 2 marzo è stato presentato a Roma, in anteprima mondiale, il film della regista Liliana Marabini Shades of Truth (Sfumature di verità), dedicato a quanto fece Papa Pio XII per contrastare la persecuzione antiebraica. Già ieri mattina, ilCorriere della Sera titolava: "Pio XII, uno Schindler in Vaticano. Il film che turba gli ebrei e gli storici". Il titolo di oggi è: "Caso Pio XII. L'Osservatore Romano boccia il film".
Dunque, il quotidiano della Chiesa nega che Pio XII abbia salvato migliaia di ebrei? Ed ecco quanto scrive l'Osservatore Romano: «Dal punto di vista storico, siamo ai minimi termini, anche se qua e là filtrano, ovviamente, spiragli di verità. Ma è nel tentativo, francamente maldestro, di dare forma drammaturgica al tutto, che l'autrice rende il prodotto complessivo ingenuo e di conseguenza poco credibile».
Avendo io scritto O la Croce o la Svastica. La vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il nazismo (Lindau, 2009, ndr), penso di poter interloquire. A chi mi chiese che cosa mi aveva spinto a scrivere O la Croce o la svastica, risposi a suo tempo che nel mio archivio di giornalista di lungo corso avevo del materiale, anche inedito, che non poteva più restare tra le carte polverose. Un esempio per tutti: le confidenze che mi fece nel 1983, un anno prima di morire, il generale Karl Wolff, comandante in capo delle SS in Italia durante l'ultima fase della guerra, l'ufficiale che aveva avuto da Hitler l'ordine di rapire Pio XII e rinchiuderlo in una fortezza del Liechtenstein. Oppure le interviste che realizzai a suo tempo in Germania incontrando i maggiori superstiti dell'attentato a Hitler del 20 luglio 1944 (l'Operazione Walkiria), allorché scoprii che la partecipazione degli ambienti cattolici alla congiura per uccidere il dittatore nazista era stata molto più intensa ed importante di quanto si potesse immaginare.
Tutto questo, collegato con le polemiche sull'atteggiamento di Papa Pacelli verso il nazismo (che, come si vede, non accennano a placarsi), mi pose nelle condizioni di fornire la mia testimonianza per mettere finalmente un punto sicuro sulla vicenda. E questo punto sicuro consiste nel fatto che la Chiesa cattolica fu la più eroica, la più determinata, la più intransigente comunità ad opporsi alle follie razziste e alla persecuzione antiebraica. Con il risultato di contribuire al salvataggio di non meno di un milione di ebrei in tutta Europa, e con un tragico conto da pagare al Terzo Reich, consistente in oltre 4mila religiosi immolatisi in nome della fede e della giustizia, e sterminati nei lager nazisti.
Ebbene sì: furono un milione gli Ebrei salvati dalla Chiesa cattolica in tutta Europa – di Luciano Garibaldi
di Luciano Garibaldi
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Il 2 marzo è stato presentato a Roma, in anteprima mondiale, il film della regista Liliana Marabini «Shades of Truth» («Sfumature di verità»), dedicato a quanto fece Papa Pio XII per contrastare la persecuzione antiebraica. Già lunedì mattina, il «Corriere della Sera» titolava: «Pio XII, uno Schindler in Vaticano. Il film che turba gli ebrei e gli storici». Il titolo del giorno seguente era: «Caso Pio XII. L’”Osservatore Romano” boccia il film». Dunque, il quotidiano della Chiesa nega che Pio XII abbia salvato migliaia di ebrei? Ed ecco quanto scrive l’«Osservatore Romano»: «Dal punto di vista storico, siamo ai minimi termini, anche se qua e là filtrano, ovviamente, spiragli di verità. Ma è nel tentativo, francamente maldestro, di dare forma drammaturgica al tutto, che l’autrice rende il prodotto complessivo ingenuo e di conseguenza poco credibile».
Avendo io scritto, per l’editore Lindau, il libro intitolato «O la Croce o la Svastica. La vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il nazismo» (anno 2009, 200 pagine), penso di poter interloquire. A chi mi chiese che cosa mi aveva spinto a scrivere «O la Croce o la svastica», risposi a suo tempo che nel mio archivio di giornalista di lungo corso avevo del materiale, anche inedito, che non poteva più restare tra le carte polverose. Un esempio per tutti: le confidenze che mi fece nel 1983, un anno prima di morire, il generale Karl Wolff, comandante in capo delle SS in Italia durante l’ultima fase della guerra, l’ufficiale che aveva avuto da Hitler l’ordine di rapire Pio XII e rinchiuderlo in una fortezza del Liechtenstein. Oppure le interviste che realizzai a suo tempo in Germania incontrando i maggiori superstiti dell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 (l’Operazione Walkiria), allorché scoprii che la partecipazione degli ambienti cattolici alla congiura per uccidere il dittatore nazista era stata molto più intensa ed importante di quanto si potesse immaginare.
Tutto questo, collegato con le polemiche sull’atteggiamento di Papa Pacelli verso il nazismo (che, come si vede, non accennano a placarsi), mi pose nelle condizioni di fornire la mia testimonianza per mettere finalmente un punto sicuro sulla vicenda. E questo punto sicuro consiste nel fatto che la Chiesa cattolica fu la più eroica, la più determinata, la più intransigente comunità ad opporsi alle follie razziste e alla persecuzione antiebraica. Con il risultato di contribuire al salvataggio di non meno di un milione di ebrei in tutta Europa, e con un tragico conto da pagare al Terzo Reich, e consistente in oltre 4000 religiosi immolatisi in nome della fede e della giustizia, e sterminati nei Lager nazisti.
Il primo religioso tedesco a finire in un Lager fu il gesuita Josef Spieker. In una predica a Colonia, nel 1934, aveva esclamato: «La Germania ha un solo Führer ed è Cristo!». E il primo ad essere eliminato dai nazisti fu monsignor Bernard Lichtenberg, arciprete della cattedrale di Berlino: aveva pregato assieme ad un gruppo di ebrei. Non fu che l’inizio di una sfida senza equivoci che si concluse con il sacrificio di quattromila sacerdoti e religiosi cattolici. Ho l’ambizione di aver raccontato la vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il Nazismo chiudendo la disputa sui presunti silenzi di Pio XII, il Papa che Reinhard Heydrich – il promotore della «soluzione finale del problema ebraico» – in un rapporto segreto definì «schierato a favore degli ebrei, nemico mortale della Germania e complice delle potenze occidentali». Nel libro ho raccontato anche i due enigmi che ancora avvolgono la vicenda di Claus Von Stauffenberg, l’ufficiale che il 20 luglio 1944 tentò di uccidere il Führer: se cioè sia vero che il colonnello, fervente cattolico, prima di collocare la bomba si confessò dal vescovo di Berlino, ne ottenne l’assoluzione e si comunicò; e se si possa affermare che il Vaticano fu preventivamente informato dell’Operazione Valchiria. Altri capitoli dedicai alle donne tedesche che si batterono per la fede e la carità contro l’antisemitismo nazista; ai non pochi ebrei, anche famosi, scesi in campo in difesa di Pio XII, un Papa ingiustamente diffamato; ed anche, per una informazione completa ed obiettiva, ai sacerdoti e monsignori che si schierarono a fianco di Hitler.
Del resto, le vere intenzioni di Hitler nei confronti del cattolicesimo si manifestarono subito.
1 febbraio 1933: Hitler va al potere e s’impegna a «proteggere fermamente il cristianesimo». Poco dopo, seguendo l’esempio di Mussolini, firma il concordato con la Santa Sede. Ma ben presto rivela le sue vere intenzioni. Una serie di soprusi e violenze ai danni della Chiesa cattolica tedesca spinge Pio XI a promulgare l’enciclica «Mit brennender Sorge». L’assassinio del presidente dell’Azione Cattolica di Berlino segna l’inizio di un’autentica persecuzione: soppressione delle scuole cattoliche, chiusura della stampa confessionale, arresto dei suoi direttori, ondata di processi-farsa contro il clero. In Austria, dopo l’Anschluss, si arriva al saccheggio e all’incendio delle scuole cattoliche e del palazzo arcivescovile. Negli stessi anni, una persecuzione ancora peggiore, caratterizzata da un atroce spargimento di sangue, colpisce il clero cattolico nella Spagna repubblicana, dove l’esercito si è ribellato al governo filocomunista spalleggiato dalla Russia sovietica, dando inizio alla guerra civile.
In Germania, fu Clemens von Galen, futuro Beato, vescovo di Muenster, ad assumere un ruolo fondamentale nello schierare la Chiesa cattolica tedesca contro la dittatura nazista. Accanto a lui, il vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, suo cugino primo. Furono essi a dare inizio ad una lotta senza quartiere, da parte delle organizzazioni cattoliche, contro Alfred Rosenberg e il suo «Mito del XX secolo», il razzismo. Il segretario di Stato vaticano, Eugenio Pacelli, già nunzio apostolico in Germania, inviò ben settanta note di protesta al governo di Hitler mentre i vescovi tedeschi, riuniti alla conferenza di Fulda, pronunciarono una condanna definitiva nei confronti del «neopaganesimo del sangue e della razza».
Del pari, parole inequivocabili di condanna del nazismo erano contenute nei due radiomessaggi pronunciati dal Pontefice in occasione del Natale del 1941 e del Natale 1942. Ma già nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con l’enciclica «Summi Pontificatus», Pio XII si era schierato apertamente in difesa degli ebrei. E quando era ancora segretario di Stato, aveva pubblicato alcuni articoli dedicati al nazismo su «L’Osservatore Romano», in uno dei quali aveva scritto che il partito di Hitler non è «socialismo nazionale», ma «terrorismo nazionale».
Questi, ed altre decine di elementi di prova della tenace azione svolta dalla Chiesa contro il nazismo non sono bastati a sgomberare il campo dai dubbi e dai sospetti. Così come non sono bastati i dieci libri che suor Margherita Marchione ha dedicato a raccogliere e catalogare le prove del soccorso prestato dal Papa agli ebrei. Il Congresso Mondiale Ebraico ha infatti chiesto alla Chiesa di bloccare la causa di beatificazione di Pio XII, e allo Yad Vashem non è ancora stata rimossa la scritta che lo diffama. Eppure è provato (si leggano i libri di Margherita Marchione) che un milione di ebrei si salvarono, in tutte le nazioni occupate dai tedeschi, grazie alle sue iniziative. A cominciare dai cinquemila nascosti nei conventi, nelle case religiose della capitale e a Castelgandolfo, durante la razzia nazista nei quartieri ebraici di Roma. Suor Margherita ha dimostrato, carte alla mano, che Papa Pacelli ha contribuito a salvare circa un milione di ebrei autorizzando certificati di battesimo falsi, ordinando a conventi e monasteri di dare ricetto ai perseguitati, rispondendo (con la collaborazione primaria delle Maestre Pie di Santa Lucia Filippini, di Roma) a ben 20 milioni di lettere speditegli da persone che gli chiedevano aiuto negli anni della guerra.
Tanti ebrei, anche famosi, si sono schierati in sua difesa: Albert Einstein, Golda Meir, Martin Gilbert, Michael Tagliacozzo, Gary Krupp, Elio Toaff, William Zuckermann. Manca l’«Osservatore Romano».
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fonte: Il Sussidiario
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Il 2 marzo è stato presentato a Roma, in anteprima mondiale, il film della regista Liliana Marabini «Shades of Truth» («Sfumature di verità»), dedicato a quanto fece Papa Pio XII per contrastare la persecuzione antiebraica. Già lunedì mattina, il «Corriere della Sera» titolava: «Pio XII, uno Schindler in Vaticano. Il film che turba gli ebrei e gli storici». Il titolo del giorno seguente era: «Caso Pio XII. L’”Osservatore Romano” boccia il film». Dunque, il quotidiano della Chiesa nega che Pio XII abbia salvato migliaia di ebrei? Ed ecco quanto scrive l’«Osservatore Romano»: «Dal punto di vista storico, siamo ai minimi termini, anche se qua e là filtrano, ovviamente, spiragli di verità. Ma è nel tentativo, francamente maldestro, di dare forma drammaturgica al tutto, che l’autrice rende il prodotto complessivo ingenuo e di conseguenza poco credibile».
Avendo io scritto, per l’editore Lindau, il libro intitolato «O la Croce o la Svastica. La vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il nazismo» (anno 2009, 200 pagine), penso di poter interloquire. A chi mi chiese che cosa mi aveva spinto a scrivere «O la Croce o la svastica», risposi a suo tempo che nel mio archivio di giornalista di lungo corso avevo del materiale, anche inedito, che non poteva più restare tra le carte polverose. Un esempio per tutti: le confidenze che mi fece nel 1983, un anno prima di morire, il generale Karl Wolff, comandante in capo delle SS in Italia durante l’ultima fase della guerra, l’ufficiale che aveva avuto da Hitler l’ordine di rapire Pio XII e rinchiuderlo in una fortezza del Liechtenstein. Oppure le interviste che realizzai a suo tempo in Germania incontrando i maggiori superstiti dell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 (l’Operazione Walkiria), allorché scoprii che la partecipazione degli ambienti cattolici alla congiura per uccidere il dittatore nazista era stata molto più intensa ed importante di quanto si potesse immaginare.
Tutto questo, collegato con le polemiche sull’atteggiamento di Papa Pacelli verso il nazismo (che, come si vede, non accennano a placarsi), mi pose nelle condizioni di fornire la mia testimonianza per mettere finalmente un punto sicuro sulla vicenda. E questo punto sicuro consiste nel fatto che la Chiesa cattolica fu la più eroica, la più determinata, la più intransigente comunità ad opporsi alle follie razziste e alla persecuzione antiebraica. Con il risultato di contribuire al salvataggio di non meno di un milione di ebrei in tutta Europa, e con un tragico conto da pagare al Terzo Reich, e consistente in oltre 4000 religiosi immolatisi in nome della fede e della giustizia, e sterminati nei Lager nazisti.
Il primo religioso tedesco a finire in un Lager fu il gesuita Josef Spieker. In una predica a Colonia, nel 1934, aveva esclamato: «La Germania ha un solo Führer ed è Cristo!». E il primo ad essere eliminato dai nazisti fu monsignor Bernard Lichtenberg, arciprete della cattedrale di Berlino: aveva pregato assieme ad un gruppo di ebrei. Non fu che l’inizio di una sfida senza equivoci che si concluse con il sacrificio di quattromila sacerdoti e religiosi cattolici. Ho l’ambizione di aver raccontato la vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il Nazismo chiudendo la disputa sui presunti silenzi di Pio XII, il Papa che Reinhard Heydrich – il promotore della «soluzione finale del problema ebraico» – in un rapporto segreto definì «schierato a favore degli ebrei, nemico mortale della Germania e complice delle potenze occidentali». Nel libro ho raccontato anche i due enigmi che ancora avvolgono la vicenda di Claus Von Stauffenberg, l’ufficiale che il 20 luglio 1944 tentò di uccidere il Führer: se cioè sia vero che il colonnello, fervente cattolico, prima di collocare la bomba si confessò dal vescovo di Berlino, ne ottenne l’assoluzione e si comunicò; e se si possa affermare che il Vaticano fu preventivamente informato dell’Operazione Valchiria. Altri capitoli dedicai alle donne tedesche che si batterono per la fede e la carità contro l’antisemitismo nazista; ai non pochi ebrei, anche famosi, scesi in campo in difesa di Pio XII, un Papa ingiustamente diffamato; ed anche, per una informazione completa ed obiettiva, ai sacerdoti e monsignori che si schierarono a fianco di Hitler.
Del resto, le vere intenzioni di Hitler nei confronti del cattolicesimo si manifestarono subito.
1 febbraio 1933: Hitler va al potere e s’impegna a «proteggere fermamente il cristianesimo». Poco dopo, seguendo l’esempio di Mussolini, firma il concordato con la Santa Sede. Ma ben presto rivela le sue vere intenzioni. Una serie di soprusi e violenze ai danni della Chiesa cattolica tedesca spinge Pio XI a promulgare l’enciclica «Mit brennender Sorge». L’assassinio del presidente dell’Azione Cattolica di Berlino segna l’inizio di un’autentica persecuzione: soppressione delle scuole cattoliche, chiusura della stampa confessionale, arresto dei suoi direttori, ondata di processi-farsa contro il clero. In Austria, dopo l’Anschluss, si arriva al saccheggio e all’incendio delle scuole cattoliche e del palazzo arcivescovile. Negli stessi anni, una persecuzione ancora peggiore, caratterizzata da un atroce spargimento di sangue, colpisce il clero cattolico nella Spagna repubblicana, dove l’esercito si è ribellato al governo filocomunista spalleggiato dalla Russia sovietica, dando inizio alla guerra civile.
In Germania, fu Clemens von Galen, futuro Beato, vescovo di Muenster, ad assumere un ruolo fondamentale nello schierare la Chiesa cattolica tedesca contro la dittatura nazista. Accanto a lui, il vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, suo cugino primo. Furono essi a dare inizio ad una lotta senza quartiere, da parte delle organizzazioni cattoliche, contro Alfred Rosenberg e il suo «Mito del XX secolo», il razzismo. Il segretario di Stato vaticano, Eugenio Pacelli, già nunzio apostolico in Germania, inviò ben settanta note di protesta al governo di Hitler mentre i vescovi tedeschi, riuniti alla conferenza di Fulda, pronunciarono una condanna definitiva nei confronti del «neopaganesimo del sangue e della razza».
Del pari, parole inequivocabili di condanna del nazismo erano contenute nei due radiomessaggi pronunciati dal Pontefice in occasione del Natale del 1941 e del Natale 1942. Ma già nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con l’enciclica «Summi Pontificatus», Pio XII si era schierato apertamente in difesa degli ebrei. E quando era ancora segretario di Stato, aveva pubblicato alcuni articoli dedicati al nazismo su «L’Osservatore Romano», in uno dei quali aveva scritto che il partito di Hitler non è «socialismo nazionale», ma «terrorismo nazionale».
Questi, ed altre decine di elementi di prova della tenace azione svolta dalla Chiesa contro il nazismo non sono bastati a sgomberare il campo dai dubbi e dai sospetti. Così come non sono bastati i dieci libri che suor Margherita Marchione ha dedicato a raccogliere e catalogare le prove del soccorso prestato dal Papa agli ebrei. Il Congresso Mondiale Ebraico ha infatti chiesto alla Chiesa di bloccare la causa di beatificazione di Pio XII, e allo Yad Vashem non è ancora stata rimossa la scritta che lo diffama. Eppure è provato (si leggano i libri di Margherita Marchione) che un milione di ebrei si salvarono, in tutte le nazioni occupate dai tedeschi, grazie alle sue iniziative. A cominciare dai cinquemila nascosti nei conventi, nelle case religiose della capitale e a Castelgandolfo, durante la razzia nazista nei quartieri ebraici di Roma. Suor Margherita ha dimostrato, carte alla mano, che Papa Pacelli ha contribuito a salvare circa un milione di ebrei autorizzando certificati di battesimo falsi, ordinando a conventi e monasteri di dare ricetto ai perseguitati, rispondendo (con la collaborazione primaria delle Maestre Pie di Santa Lucia Filippini, di Roma) a ben 20 milioni di lettere speditegli da persone che gli chiedevano aiuto negli anni della guerra.
Tanti ebrei, anche famosi, si sono schierati in sua difesa: Albert Einstein, Golda Meir, Martin Gilbert, Michael Tagliacozzo, Gary Krupp, Elio Toaff, William Zuckermann. Manca l’«Osservatore Romano».
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fonte: Il Sussidiario
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