ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 23 marzo 2015

La retorica dell'uomo solo al comando

I primi due anni di Francesco «Un Papa solo al comando»

di Sarina Biraghi Buonasera. Ovvero, cambiamento. La prima parola di papa Francesco rivolta ad uomini e donne di buona volontà, non fu soltanto un saluto quel 13 marzo di due anni fa, ma un...

Il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio con il nome di Francesco I
Buonasera. Ovvero, cambiamento. La prima parola di papa Francesco rivolta ad uomini e donne di buona volontà, non fu soltanto un saluto quel 13 marzo di due anni fa, ma un «segnale, positivo e immediatamente percepibile da tutti, anche dagli avversari». Tutti erano rimasti «sospesi» dal «buonanotte» con cui Benedetto XVI dopo aver deciso di non voler più essere pontefice sommo, aveva chiuso la sua finestra in Vaticano spalancando le porte di una Chiesa sprofondata in un buco nero tra Vatileaks, pedofilia e trame curiali.
Quel «buonasera» fu l’abbraccio del Papa venuto dalla fine del mondo al popolo della Chiesa che passò dal sentirsi abbandonato ad avvertire la tenerezza di un padre con i figli, autentico spirito del Vangelo. Parte dalla «discontinuità» Gian Franco Svidercoschi, giornalista (già vaticanista del nostro quotidiano) e scrittore, nel suo «Un Papa solo al comando» (Tau editrice, pag. 150 euro 12) per raccontare due anni intensi e straordinari, per qualcuno sconvolgenti, del primo papa sudamericano, primo gesuita, primo col nome Francesco. Un pontefice che fa dell’empatia la sua forza, quel «plus» che a questo giro di boa ci fa parlare e scrivere di «effetto Francesco». Bergoglio è un fenomeno mediatico con conseguenze anche contradditorie sul ritorno alla fede: da una parte il risveglio delle coscienze, dall’altra la Curia spiazzata dalla «narrazione teologica», dal «folklore latino-americano». Senza dimenticare le reazioni del mondo laico che ha cercato di usare a suo piacimento alcune parole di un Papa che parla come si veste e mangia: in modo semplice. Il Vangelo è sempre lo stesso, è cambiato il modo di annunciarlo... E non manca la staffilata di Svidercoschi per Scalfari e il suo «metodo» di trasformare in intervista una conversazione...Al centro, però, della rivoluzione di Francesco c’è il progetto di una nuova visione di Chiesa, come illustrata nella «Evangelii gaudium», che trova qualche resistenza allo stesso interno. A ciò si unisce il «C8» (consiglio di cardinali), la riforma dello Ior, il nuovo segretario di Stato, l’operazione pulizia in certi ambienti episcopali... Francesco ha il suo sogno di Chiesa: «una casa per molti, una madre per tutti i popoli che renda possibile la nascita di un mondo nuovo». Come Coppi, però, Bergoglio è «Un Papa solo al comando» perché nella sua fuga la Chiesa a fatica lo segue, pur essendo in movimento...
Sarina Biraghi



Perché Papa Francesco è l’ultimo vero rivoluzionario

23 - 03 - 2015Federico Guiglia
Perché Papa Francesco è l'ultimo vero rivoluzionario

Riflessioni a margine della visita di Bergoglio a Napoli
Questo commento è stato pubblicato ieri su L’Arena di Verona, il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi
Dopo le parole che ha pronunciato a Napoli, per il Papa si può usare una definizione forte senza il rischio d’essere fraintesi: Francesco può essere considerato l’ultimo e forse l’unico vero rivoluzionario. Vero, perché dice il vero con frasi semplici, chiare e affilate. “La corruzione spuzza”, ha esclamato con espressione addirittura gergale. Nessuna legge anti-corruzione, nemmeno quella che giace in Parlamento da due anni, potrebbe essere più efficace di questa condanna morale.
Ma il Papa si mostra anche un buon rivoluzionario o un rivoluzionario buono, se si preferisce, perché invoca e incarna il cambiamento con tale rigore e vigore che finisce per colpire le coscienze di tutti. Con la sua visita tra Scampia e Pompei, col suo pellegrinaggio tra malati e detenuti e tra credenti e non credenti, Francesco sta compiendo una rivoluzione morale che partiti e politici d’ogni colore faticano persino a immaginare.
La differenza tra lui e loro è facile anche da spiegare. Quando il Papa afferma “reagite con fermezza alla camorra” la gente capisce subito che il pontefice crede in quello che dice. Non è campagna elettorale, né ammonimento per farsi bello davanti alle piazze. Proprio col suo comportamento, in tutti i sensi francescano, il Papa dà dimostrazione di coerenza fra il dire e il fare.
I cittadini comprendono perfettamente che al vescovo di Roma fanno davvero ribrezzo sia la corruzione che la camorra. E perciò il suo messaggio è credibile, affidabile, encomiabile come se fosse il suggerimento di un rispettato e amato nonno che magari potrà anche apparire fuori dal tempo e un po’ naïf con le sue improvvisazioni e le sue battute, ma che merita di essere ascoltato per le sue tenere perle di saggezza.
Dopo due anni di pontificato la visita a Napoli conferma la diffusa sensazione che di quest’uomo “venuto quasi dalla fine del mondo” ci si può fidare. Anche quando all’ombra del Vesuvio dice pane al pane facendo delle considerazioni in fondo elementari, ma proprio per questo così apprezzate dagli italiani alla continua ricerca del semplice buonsenso. Quando Francesco attacca il malcostume e denuncia lo sfruttamento del lavoro non mente e indica una via di speranza anche alle periferie e ai dimenticati da tutti.
La sua è una lezione soprattutto per chi fa politica e che, a differenza del Papa, avrebbe pur il compito istituzionale di risolvere il dramma della disoccupazione e di sradicare ogni mafia dal Mezzogiorno d’Italia. E’ la lezione dell’esempio che vale più di cento comizi. Meditate, politici, meditate.
f.guiglia@tiscali.it

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.