Giubileo, Coccopalmerio: giustizia è atto di misericordia
Dio non può fare a meno di noi
"Papa Francesco parla spesso della misericordia per ricordarci che Dio ci ama e ci ama talmente che non può fare a meno di noi, non può perderci. Per questa ragione il Signore è sempre misericordioso con noi ed è pronto a perdonare tutti i nostri peccati: non può non capire la nostra condizione di povertà, miseria. Indire un Giubileo dedicato alla misericordia corrisponde perciò alla spiritualità più profonda del Papa". Con queste parole, il card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, commenta la decisione del Pontefice di indire l'Anno Santo straordinario dedicato alla misericordia che si aprirà il prossimo 8 dicembre.
La notizia è che Dio ci ama
"Oggi l'umanità ha bisogno di misericordia perché tutti noi abbiamo bisogno di sentirci amati, perché chi si sente amato si sente rivivere", spiega il porporato. "Quando poi ci sentiamo amati da Dio, da Gesù, dallo Spirito, questo rivivere diventa eccezionale. In un mondo in cui c'è povertà, abbandono, tristezza, la notizia che Dio ci ama - nonostante spesso noi non siamo amabili - ha un effetto dirompente".
Fare giustizia è un atto di amore
Come giurista, il card. Coccopalmerio, commenta anche la recente affermazione di Papa Francesco "non c’è giustizia senza misericordia". "Fare giustizia - spiega - è sostanzialmente un atto di amore. Donare la nostra presenza, il nostro servizio. Andare incontro ai nostri fratelli bisognosi è un vero atto di giustizia. Non si può distinguere adeguatamente tra giustizia e amore".
Misericordia non è giustificare i peccati
"Applicare la misericordia - spiega ancora Coccopalmerio - non significa sminuire i peccati, ma stabilire rapporti concreti con la persona che ha sbagliato prima ancora di giudicarne la condotta. Gesù, di fronte ai peccatori, per prima cosa capisce, accoglie, esorta a non peccare più e questo è lo stile che dobbiamo imitare". "Predicare la misericordia non significa dunque giustificare ciò che è negativo, ma accogliere amorevolmente una persona che ha bisogno della nostra comprensione, del perdono di Dio".
Un'applicazione sapiente della legge
Il cardinale giurista commenta anche la condanna dei giudici legalisti, rigidi e rigorosi, ribadita più volte da Papa Francesco. "La legge è tale se contiene una prestazione di amore: consiste nella statuizione di un dovere verso un'altra persona. Ma la legge non può considerare tutti i casi concreti e, a volte, bisogna perciò prescindere dalla norma, perché la persona che ho davanti ha necessità che questa non poteva prevedere. Allora il giudice è tenuto a una doverosità diversa da quella prevista dalla legge. Il vero giurista non è perciò colui che applica la legge sempre e in ogni caso per quello che prescrive, ma colui che sa che esistono casi anomali in cui la legge non vale. Casi in cui il giudice deve fare un salto fuori dalla legge e chiedersi qual è il suo dovere concreto di fronte a una persona. Dunque un'applicazione sapiente della legge".
(Fabio Colagrande)
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