ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 28 aprile 2015

"Quaestio quodlibetalis" ?

Contraccezione e aborto. Qual è il male maggiore

La prima nega la vita a chi potrebbe nascere. Il secondo la toglie a chi è già vivo. Botta e risposta tra due teologi, su una questione che resta aperta alla libera discussione

di Sandro Magister
ROMA, 28 aprile 2015 – La polemica è scoppiata a fine gennaio, dopo il viaggio di papa Francesco nelle Filippine.

Ad accenderla era stato il gesuita Joseph Fessio (nella foto). Che non è uno sconosciuto. Formatosi alla scuola teologica di Joseph Ratzinger – del cui circolo di discepoli, il "Ratzinger Schülerkreis", è membro di spicco –, ha fondato e dirige negli Stati Uniti, a San Francisco, la casa editrice Ignatius Press, tra le cui recenti pubblicazioni ha fatto rumore il libro "Remaining in the Truth of Christ", con gli interventi di cinque cardinali contro la comunione ai divorziati risposati.

E il bersaglio della sua polemica era un altro rinomato gesuita, il francese Pierre de Charentenay, già presidente del Centre Sèvres, l'istituto di studi superiori della Compagnia di Gesù a Parigi, già direttore dal 2004 al 2012 della rivista dei gesuiti di Francia "Études" e dall'anno scorso entrato a far parte del collegio degli scrittori de "La Civiltà Cattolica", la rivista de gesuiti di Roma stampata con il previo controllo delle autorità vaticane e diretta da un uomo vicinissimo all'attuale papa, padre Antonio Spadaro.


In un libro sulla Chiesa nelle Filippine pubblicato in concomitanza con la visita del papa, padre de Charentenay aveva criticato pesantemente i vescovi di quel paese, per la loro strenua opposizione alla legge sulla "salute riproduttiva", cioè su contraccezione e aborto, voluta e fatta approvare dal presidente di fede cattolica Benigno "Noynoy" Aquino.

Padre de Charentenay imputava ai vescovi filippini di essere "arretrati" e "chiusi" non solo rispetto ai lumi della modernità ma anche rispetto alle sollecitazioni di papa Francesco:

> I vescovi delle Filippine sotto schiaffo. Esaminati e bocciati


Alle tesi di padre de Charentenay, padre Fessio reagì con una lettera a www.chiesa, pubblicata con il suo consenso:

> "La Civiltà Cattolica" non ha sempre ragione. Parola di gesuita

Ebbene, tra gli "errori di ragione e di fatto" contestati da padre Fessio al confratello de Charentenay, ce n'è uno che ha colto di sorpresa non pochi lettori.

Mentre per padre de Charentenay l'aborto è sempre e comunque un male più grave della contraccezione e quindi è giusto – diceva – consentire il male minore se serve a ridurre il male maggiore, per padre Fessio le cose non stanno affatto così:

"Chiedo: è vero che l'aborto è un male peggiore della contraccezione, e anche 'decisamente più grave'? Non necessariamente".

E questo perché – proseguiva padre Fessio – "è un male maggiore privare qualcuno dell’esistenza rispetto a privare qualcuno della vita temporale".

Era prevedibile che questa tesi – né usuale né scontata – suscitasse reazioni. Che infatti ci sono state.

La più pacata e argomentata è giunta dal Canada, con due lettere a questo sito, a firma di Michel Fauteux, professore di filosofia e teologia, padre di 13 figli.

A entrambe le lettere, cominciando dalla seconda, padre Fessio ha risposto punto per punto, come in una brillante e avvincente "quaestio quodlibetalis" tra antichi teologi, riconoscendo che "la questione è una di quelle che non sono state decise definitivamente dalla Chiesa e quindi su cui ogni fedele può dissentire".

Ecco qui di seguito il carteggio tra i due. Impegnati in una disputa che promette di non finire qui.
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LA SECONDA LETTERA DI MICHEL FAUTEUX…


Salve Sandro,

Se ho compreso bene, secondo Giovanni Paolo II la contraccezione e l’aborto sono frutti dello stesso albero, ma l’aborto è un male più grave della contraccezione. Padre Fessio, al contrario, dice che l’aborto non è necessariamente un male più grave della contraccezione.

Giovanni Paolo II, “Evangelium Vitae”, 13: “Certo, contraccezione ed aborto, dal punto di vista morale, sono mali specificamente diversi: l'una contraddice all'integra verità dell'atto sessuale come espressione propria dell'amore coniugale, l'altro distrugge la vita di un essere umano; la prima si oppone alla virtù della castità matrimoniale, il secondo si oppone alla virtù della giustizia e viola direttamente il precetto divino ‘non uccidere'. Ma pur con questa diversa natura e peso morale, essi sono molto spesso in intima relazione, come frutti di una medesima pianta”.

Michel Fauteux
Québec, Canada


… E IL COMMENTO DI P. JOSEPH FESSIO S.J.


Caro Michel,

"Last-in, first-out". Ultima ad entrare, prima ad uscire. Comincio da questa tua seconda lettera prima di rispondere alla precedente.

Distinguo: Quando la contraccezione è vista nel senso che “contraddice all'integra verità dell'atto sessuale come espressione propria dell'amore coniugale”, è un male minore dell’aborto. Ma quando è vista come un ostacolo alla volontà di Dio che un bambino sia concepito, è un male maggiore.

È più difficile valutare un peccato di omissione che un peccato di attuazione. Ma se “in alcuni casi è volontà di Dio che [gli sposi] siano aperti a una nuova vita” ed essi impediscono un concepimento che altrimenti avrebbe avuto luogo, questo è certamente un ostacolo alla volontà di Dio in una materia grave. E come possiamo meglio capire la gravità di un rifiuto della volontà di Dio? Pensiamo alla crocifissione e morte di Gesù. Gesù è il Verbo e la volontà sostanziale del Padre. La crocifissione è il supremo “No” alla Volontà di Dio. Quindi non è soltanto la devozione ma la teologia che afferma questa equazione: crocifiggere Cristo vuol dire rifiutare la volontà di Dio; rifiutare la volontà di Dio vuol dire crocifiggere Cristo.

E quant’è grave questo particolare atto di omissione? È tanto grave quanto l’abisso tra essere e non-essere. Dove Dio ha voluto che ci sia un’anima immortale, c’è un vuoto.

Poi andrò alla lettera precedente e risponderò alle altre obiezioni.

P. Joseph Fessio, S.J.
San Francisco, U.S.A.

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LA PRIMA LETTERA DI MICHEL FAUTEUX COMMENTATA PUNTO PER PUNTO DA P. JOSEPH FESSIO S.J.


Buongiorno Sandro,

Ecco alcune riflessioni sulla lettera di Joseph Fessio pubblicata sul suo sito il 29 gennaio 2015.

È perlomeno bizzarro sostenere che la contraccezione sia un male morale più grave dell’aborto diretto.
 
(JF: Non penso che “bizzarro” sia una categoria pertinente qui).

La contraccezione, in quanto contraccezione, è sempre un male morale oggettivo. Per questo motivo Paolo VI dichiarava, in "Humanæ vitæ", che è da escludere (n. 14). Ma non si deve ritenere, come fa Joseph Fessio, che sia un male morale più grave dell’aborto diretto, col pretesto che impedisce la procreazione di una nuova vita per l'eternità, mentre l'aborto diretto si limita ad accorciare tale vita. 
 
(JF: Va bene. Questa è la tua tesi. Ma non ho detto che la contraccezione è sempre più grave di per sé. Ho detto che l’aborto “non necessariamente” è più grave della contraccezione in alcuni casi).

L'omissione della procreazione (non la contraccezione che è sempre un male morale) può talvolta essere buona, nei casi in cui è dettata dalla paternità responsabile. L'omissione della procreazione non è sempre un male morale.
 
(JF: E non ho mai detto che lo è).
 
Ad esempio, una coppia che ha già 12 figli e che potrebbe averne un altro in modo responsabile non è obbligata in giustizia ad avere un tredicesimo bambino. Se questa coppia mette al mondo un altro figlio, sarà per una forma di generosità eroica. In tale caso, il fatto di omettere di avere un figlio non sarebbe un male morale e sicuramente non un male morale più grave dell'aborto diretto, col pretesto che questa omissione impedirebbe l'esistenza di un essere umano per l'eternità.
 
(JF: Sono pienamente d’accordo. E non ho scritto niente che dica altrimenti).

L'omissione della procreazione tramite la contraccezione deve essere esclusa, secondo Paolo VI, ma questo non significa che l'omissione stessa della procreazione sia un male morale, come abbiamo ora mostrato. Anzi, può essere un male morale anche il fatto di non omettere la procreazione, nel caso, ad esempio, in cui generare una nuova vita sarebbe irresponsabile. Omettere di generare una nuova vita può essere molto lodevole moralmente, anche se la contraccezione deve essere esclusa come modo per raggiungere tale fine.
 
(JF: Ancora una volta, sono pienamente d’accordo. I tuoi commenti non sono “a margine” della mia lettera. Sono completamente fuori dalla pagina).

Ma può esserci una omissione ingiusta di procreare?

(JF: Qui di nuovo si pone una domanda molto diversa da quella che ho posto io. Non ho presentato il mio esempio in termini di “ingiustizia”. Non ci può essere una questione di ingiustizia riguardo a una persona che non esiste. Tuttavia si può considerare ogni peccato, sia di attuazione che di omissione, come un atto di ingiustizia verso Dio).

Certo che sì. Tale omissione non è sempre ingiusta, ma può succedere che lo sia. Persone sposate in grado di avere figli, che hanno rapporti sessuali e che non hanno alcun motivo serio per non procreare, commetterebbero un’ingiustizia se omettessero di procreare.

(JF: Un atto di ingiustizia riguardo a chi? A Dio, suppongo).

Ovviamente l'aborto diretto è un male più grave dell'omissione ingiusta di dare la vita.

(JF: Questa è una affermazione, non una argomentazione. Può sembrare “evidente” ad alcuni. Ma non è una "evidence", una prova).

Se fosse conseguente, Joseph Fessio direbbe: "Ma l'aborto diretto è meno grave perché, in tal caso, ci si limita ad accorciare la vita mentre l'omissione di procreare impedisce un’esistenza ed è meglio esistere per meno tempo che  non esistere affatto".

(JF: Sono stato e resto coerente e ho detto questo, ma solo come una possibilità in circostanze ben precise. Non ho mai asserito che ogni atto di contraccezione sia un male più grave dell’aborto).

Questa obiezione non deve farci dubitare di una cosa evidente, cioè che l'aborto diretto è un male morale più grave dell'omissione ingiusta di dare la vita.

(JF: L’argomentazione non sta nel ripetere che la mia posizione è “evidente”. Può essere evidente a te. Questo non vuol dire che sia evidente a tutti).

Anzitutto, non ci si può semplicemente basare sul fatto che l'esistenza sia migliore della non-esistenza per concludere che l'aborto è un male morale meno grave dell'omissione ingiusta di procreare.

(JF: Hai ragione. E non l’ho mai sostenuto).

Non è possibile passare da un giudizio "ontologico" a un giudizio morale. Il giudizio morale riguarda atti umani.

(JF: In questo contesto, sono d’accordo. Non ci conviene entrare qui nella discussione se il “dover essere” possa derivare dall'“essere”).

L'aborto diretto è un atto umano (è di questi che giudica la morale) con il quale una persona pone fine ingiustamente a una vita umana innocente. Tale persona compie un atto ingiusto gravissimo nei confronti dell’essere umano al quale toglie un bene estremamente importante, uno dei beni temporali più importanti e, comunque, quello più fondamentale quaggiù. Si può anche aggiungere che, con l'aborto diretto, si pone fine a una vita umana debolissima e innocente che dovrebbe avvalersi della difesa e di un sostegno particolare da parte degli esseri umani adulti.

(JF: Ancora una volta concordo. Comunque non penso che l’aggiunta di “ingiustamente” realmente aggiunga qualcosa. L’asserzione sarebbe ugualmente vera senza di essa).

Inoltre, chi commette un aborto diretto si arroga un diritto che appartiene solo a Dio. Infatti, è Dio è l’unico "proprietario" della vita umana. È una ingiustizia gravissima nei confronti di Dio arrogarsi in tal modo il diritto di vita e morte di su altri esseri umani innocenti. Agire così significa volere farsi Dio.

(JF: Concordo).

L'omissione ingiusta di procreare è, oggettivamente, un grande male.

(JF: Concordo. Ma faccio notare di nuovo che la parola “ingiusta” è troppo ampia in questo contesto. Quella da me descritta era una forma specifica di ingiustizia contro Dio: i casi in cui è volontà di Dio che gli sposi siano aperti a una nuova vita e in cui, senza la contraccezione, un bambino sarebbe concepito).

In questo caso, è un ingiustizia verso Dio. Impegnate nel matrimonio, le persone sposate che sono in grado di avere figli, che hanno rapporti sessuali e che non hanno alcun motivo serio per non procreare, vivono il matrimonio senza accettare l'obbligo che vi è correlato, quello di dare figli a Dio. È una grave ingiustizia verso Dio.

(JF: Concordo).

Ma, nel caso dell'omissione ingiusta di procreare, non si commette nessuna ingiustizia nei confronti di un essere umano. Infatti, il bambino che poteva essere procreato non esiste. Non può quindi essere un soggetto di diritto e subire un'ingiustizia.

(JF: Concordo anche qui. E ciò non ha mai fatto parte della mia argomentazione).

Quindi, se paragoniamo questi due comportamenti (aborto diretto e omissione ingiusta di procreare), vediamo che entrambi sono  mali morali gravi; ma l'aborto diretto è più grave in quanto, oltre all’ingiustizia contro Dio, è commessa un’ingiustizia estremamente grave contro un essere umano al quale si toglie la vita, arrogandosi i diritti che solo Dio ha su questa vita.

(JF: Ed è qui che non sono d’accordo. Questa asserzione implica il calcolo morale secondo cui uno degli atti sia ingiusto solo contro Dio e l’altro sia ingiusto contro Dio e un’altra persona, e quindi costituisca un male più grave. Ma allora altrettanto facilmente potrei proporre un calcolo morale diverso: l’aborto ostacola la volontà di Dio che un bambino vivente continui la sua vita temporale, mentre la contraccezione ostacola la volontà di Dio che il bambino sia concepito e poi che il bambino concepito viva una vita temporale, ed è quindi un male più grave. In altre parole: io penso che ostacolare la volontà di Dio che un bambino sia concepito – e quindi esista – sia un’offesa più grave contro Dio che ostacolare la sua volontà che un bambino esistente – che vivrà per sempre in cielo – abbia una vita più lunga sulla terra).

Si potrebbe tuttavia obiettare che se ci fosse ingiustizia solo contro Dio, nel caso dell'omissione ingiusta di procreare, tale ingiustizia sia molto più grande dell'ingiustizia commessa contro Dio e contro un’essere umano nel caso dell’aborto.

(JF: Oops! Avrei dovuto rileggere tutta la tua lettera prima di cominciare a rispondere!).

Questa obiezione deriverebbe probabilmente, ancora una volta, da una confusione tra il giudizio ontologico e il giudizio morale di cui abbiamo parlato prima.

(JF: No. Non è da lì che proviene, anche se non penso che i giudizi morali siano così isolati dai giudizi ontologici come tu sembri credere, Michel).

Nel caso dell'aborto diretto, l'ingiustizia commessa contro Dio consiste nell’arrogarsi un diritto che appartiene soltanto a Dio. Agire così significa volere farsi Dio.

(JF: Non capisco bene il ragionamento, qui. Ricordo che tu prima hai detto che l’aborto è anche un’atto di ingiustizia contro il bambino, il che implicherebbe che anche il bambino abbia un diritto).

Nel caso dell'omissione ingiusta di procreare, c’è anche l’ingiustizia commessa contro Dio che consiste nel fatto che una coppia non rispetta il proprio contratto di matrimonio verso Dio, non dandogli i figli che essa si era impegnata a dargli sposandosi.

(JF: Questo è solo uno degli aspetti del male: non onorare il contratto. Ma è troppo generico. Ci sono molti modi in cui gli sposi possono mancare di onorare il contratto. Sto parlando di un fallimento specifico che avrebbe portato a uno specifico risultato: “un essere umano con un’anima immortale, voluto da Dio e destinato alla felicità eterna”).

Ma questa rottura del contratto non comporta arrogarsi un diritto che appartiene solo a Dio. Semplicemente non si adempie a ciò che ci si era impegnati a fare verso Dio, ma non ci si fa Dio arrogandosi un potere propriamente divino.

(JF: Ed è qui che, a mio parere, il concetto di “giustizia” non tiene. Tu parli dei “diritti” di Dio. Io parlo della “volontà” di Dio. Probabilmente esiste un modo di tradurre il mio linguaggio della “volontà” nel tuo linguaggio dei “diritti”. Se Dio dona l’esistenza agli sposi, eleva sacramentalmente il loro amore, sostiene nell’esistenza loro e tutto quello che hanno e sono, e vuole che loro “siano fecondi e moltiplichino”, e loro rifiutano, ciò va considerato come un'ingiustizia decisamente grave contro Dio. Non sono sicuro se coinvolga un “diritto che appartiene soltanto a Dio”. Ma la mia argomentazione non poggia su questo).

Nel caso dell'aborto diretto, invece, ci si arroga un potere propriamente divino, il potere di vita e di morte su esseri umani innocenti. Ci si fa Dio arrogandosi questo potere.

(JF: Questo è effettivamente un atto grave: fare se stessi come Dio. Ma forse alcune omissioni possono essere più gravi di alcune attuazioni).

Già dal punto di vista dell'ingiustizia commessa verso Dio si può pensare che l'ingiustizia commessa contro Dio sia più grande nel caso dell'aborto diretto che nell'omissione ingiusta di procreare.

(JF: E “si può pensare” diversamente. Come faccio io).

Ma anche se si mettessero queste ingiustizie contro Dio allo stesso livello, poiché una grave ingiustizia è commessa contro un essere umano nel caso dell'aborto diretto mentre non ce n’è nessuna nel caso dell'omissione ingiusta di procreare, l'ingiustizia, in fin dei conti, è più grande nel caso dell'aborto diretto che nel caso dell'omissione ingiusta di procreare. 

(JF: Non accetto il calcolo morale. La matematica non c'entra. E in ogni caso, il nocciolo della mia argomentazione è che non metto gli atti di ingiustizia contro Dio allo stesso livello. Ma, Michel, vorrei concludere su una nota positiva. Sono grato per la tua lettera e per il fatto che sei un difensore dell’insegnamento della Chiesa e, cosa più importante, il padre di una famiglia numerosa. Credo che la questione di cui stiamo discutendo non è stata decisa in forma definitiva dalla Chiesa, e quindi i fedeli cattolici possono essere di pareri diversi. Ho deciso di trattenermi dallo scrivere o parlare in pubblico di questo tema perché [1] non ho certezze e potrei essere in errore; ma sopratutto perché [2] probabilmente creerei molta ansia in qualche coppia cattolica. E anche se fossi sicuro di avere ragione, sarei comunque riluttante a farlo).

Michel Fauteux
Professore di filosofia e di teologia, padre di 13 bambini
Québec, Canada

P. Joseph Fessio, S.J.
Professore di teologia, nessun bambino
San Francisco, U.S.A.
(I miei antenati francesi Govreau sono arrivati in Québec nel 1704)

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Intanto, mentre questa disputa andava in rete, essa già si è arricchita di nuovi botta e risposta, come si può vedere in questo ulteriore scambio epistolare tra i due, riprodotto nelle lingue originali francese e inglese:

> Il seguito della disputa tra Joseph Fessio e Michel Fauteux

√http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351039


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