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venerdì 29 maggio 2015

L’orazione pre-sinodale

per “liberare la teologia dalla legge naturale”

Le tesi del teologo Eberhard Schockenhoff

Il professor Eberhard Schockenhoff
Roma. La lista dei partecipanti alla riunione a porte chiuse ospitata lunedì scorso dall’Università Gregoriana per discutere dei temi caldi del Sinodo prossimo venturo e di cui abbiamo dato conto su queste pagine mercoledì, è pubblica. Era assente il rettore François-Xavier Dumortier S.I., che al Sinodo fu relatore di uno dei circoli minori più determinati a passare nel tritacarte la relatio post disceptationem.
Un solo cardinale presente, il rampante Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, capo dell’episcopato tedesco e coordinatore del Consiglio vaticano per l’economia. Insieme a lui, uno stuolo di vescovi suoi connazionali, svizzeri e francesi; teologi, studiosi, giornalisti accuratamente selezionati. Quelli in presunto dissenso rispetto alla linea ufficiale del meeting – e cioè trovare il modo per dare una svecchiata all’insegnamento cattolico in fatto di morale sessuale e familiare – non sono neppure stati messi al corrente dell’iniziativa, benché titolari di diocesi presenti nei tre paesi organizzatori, come ha riportato l’agenzia Kath.net. Qualcuno tra gli invitati ha  invece declinato perché in altre faccende affacendato e così s’è perso le dotte dissertazioni sul “venire insieme” e le elucubrazioni riguardanti la vita che s’allunga e la necessità di rivedere il concetto di fedeltà.

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Tra gli oratori di maggior prestigio figurava padre Eberhard Schockenhoff, professore di Teologia morale a Friburgo, esperto di etica, già assistente di Walter Kasper all’Università di Tubinga. Il vaticanista Edward Pentin, sul National Catholic Register, l’ha definito una delle menti di riferimento delle gerarchie ecclesiatiche di Germania su tutto ciò che attiene alla morale cattolica. Non a caso, da un anno e mezzo è una sorta di consigliere della conferenza episcopale nel cammino di preparazione sinodale. Lunedì, al consesso dedicato alla riflessione sulla “vocazione e missione della famiglia in seno alla chiesa nel mondo di oggi”, Schockenhoff ha preso la parola subito dopo la Kaffepause, verso le 11 antimeridiane.
Le sue tesi sono assai note, dalla critica dell’impianto su cui è imbastita l’Humanae Vitae di Paolo VI (in particolare per quanto concerne la regolazione delle nascite), all’appoggio di un atteggiamento meno rigorista e severo nei confronti di quanti, tra le file del clero, hanno orientamenti omosessuali. Una necessità dovuta alla constatazione – scriveva il teologo – che “i fedeli stanno diventando sempre più distanti dalla moralità sessuale della chiesa, che appare irrealistica e loro ostile”. Posizioni condivise dal cardinale Marx, che nella omelia di Pentecoste di domenica scorsa aveva esortato la chiesa ad aprirsi agli omosessuali, perché l’importante “non è ciò che ci divide, bensì quanto ci unisce”.

Ciò che propone Schockenhoff è una rivoluzione di quel che si è sempre insegnato in duemila anni di storia, se è vero che in passato ha sostenuto la necessità di liberare la teologia morale “dalla legge naturale”, affermando altresì che la coscienza dovrebbe essere basata “sull’esperienza di vita del fedele”. Una ricetta utile per far fronte alla crisi in cui versa la chiesa tedesca, recentemente descritta in un lungo saggio su First Things dall’intellettuale cattolico americano George Weigel. Quanto al tema più controverso del Sinodo scorso, che ha spaccato il plenum riunito nell’Aula nuova, il teologo sosteneva già nel 2011, ne “La chiesa e i divorziati risposati. Questioni aperte” (ripubblicato da Queriniana qualche mese fa), che la questione dell’indissolubilità del matrimonio non viene chiamata in causa ammettendo i divorziati risposati alla comunione. Nel volume, Schockenhoff ha scritto che sarebbe doveroso offrire un triplice aiuto ai credenti incappati in un fallimento matrimoniale: accelerare il procedimento di nullità, ammettere a condizioni accessibili ai sacramenti, tollerare un secondo matrimonio civile come via d’uscita responsabile dal vincolo cieco prodotto dalla rottura del primo matrimonio. “La severa prassi osservata fino a oggi tende a condannare e a scoraggiare” e “oscura la pretesa del Vangelo di essere un messaggio di misericordia e di servizio alla vita”. Ne “La coscienza. Istruzioni per l’uso”, sottolineava come ormai “le istanze morali tradizionali hanno perso la loro antica influenza sulla nostra vita” e che l’unico rimedio è mettere al centro l’uso della coscienza nella prassi della propria vita.
di Matteo Matzuzzi | 29 Maggio 2015

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