20 giugno a Roma. C’era una volta il Family Day
… è chiarissimo che quello che viene sbandierato come un grande movimento popolare e spontaneo, in realtà è condotto al guinzaglio da un concordato preventivo tra forze di governo della Chiesa e dello Stato. Un concordato che nei termini illustrati, oltre che preventivo, non può non essere pure fallimentare.
di Patrizia Fermani e Elisabetta Frezza
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Quelli che, con tanto entusiasmo, avevano pensato di partecipare a un nuovo Family Day, potranno raccontare ai nipoti di essersi ritrovati un giorno, come Dante, in una selva oscura, “chè la diritta via era smarrita”.
Lo smarrimento della diritta via e il ripiego su una viuzza di riserva sono quelli, ormai noti, della grande manifestazione indetta per il 20 giugno a Roma, con lo scopo di contrastare il corso parlamentare del disegno di legge Cirinnà. Per bocca dei suoi prestigiosi organizzatori – che hanno presentato l’iniziativa in una conferenza stampa a Roma l’8 giugno – al tema iniziale è stato sostituito quello della opposizione al gender nelle scuole. Con un cambiamento in corsa di ragione sociale che vale la pena osservare da vicino.
Sino a una diecina di giorni fa, infatti, il ddl Cirinnà andava assolutamente fermato perché avrebbe introdotto “un vero e proprio matrimonio gay con tanto di adozioni mascherate e apertura al riconoscimento dell’utero in affitto, del mercato internazionale di figli”; col risultato che “l’intero diritto di famiglia italiano sarà stravolto, a maggior danno del diritto dei bambini di crescere col loro papà e la loro mamma, e di non essere trattati come prodotti commerciali”.
Un programma in apparenza di tutto rispetto.
In realtà, come già abbiamo avuto modo di spiegare diffusamente (CLICCA QUI), ad esso veniva affiancato dagli illustri ideologi del Sì alla Famiglia (Introvigne, Mantovano) un progetto alternativo, sottoforma di testo unico, per la sistemazione delle coppie omosessuali eventualmente deluse dal fallimento parlamentare del piano originario. Patacca che è stata prima rifilata agli “incolpevoli” Pagano e Sacconi per essere da loro presentata in ambedue i rami del Parlamento quale nuovo cattolicissimo disegno di legge idoneo a dare veste giuridica alle convivenze omosessuali; poi resa pure oggetto di una lettera indirizzata a tutti i deputati e i senatori e fatta sottoscrivere da 58 “intellettuali” di chiara fama quali sostenitori dichiarati della manifestazione. Il testo unico è così divenuto la base giuridica a schizofrenico sostegno dell’iniziativa di piazza San Giovanni.
Come si vede, la preoccupazione dominante nell’Italia del 2015, per gli intellettuali e i politici di qualunque colore, cultura e fede religiosa, è quella di felicemente accasare le coppie omosessuali. Il fatto è che bisogna fare i conti con la nuova casta degli “intoccabili”, nel senso rappresentato da Brian De Palma in una sua pellicola memorabile. E proprio questa intoccabilità non poteva non decretare la condanna a morte del nuovo Family Day.
Opporsi alla Cirinnà vuole dire infatti denunciare il più ampio disegno eversivo messo in opera da lustri su scala internazionale ai danni della conservazione della vita sociale, e frenare l’avanzata di un potere tentacolare che sembra non trovare ostacoli significativi nella sua marcia distruttiva. Significa impegnarsi a difendere le nuove generazioni da un attacco senza precedenti sferrato contro di loro nel vuoto educativo generalizzato.
Infatti, la Cirinnà non è un fascicolo parlamentare. È la proiezione di un potere paradossale e nefasto acquistato proditoriamente dai movimenti omosessualisti e incarnato negli individui che vantano come segno virtuoso di distinzione le proprie particolari tendenze sessuali. È il carro armato allestito per dare la spallata definitiva alla famiglia, guidato dalle truppe scelte che hanno l’omosessualità come distintivo. Quindi, essere contro la Cirinnà vuole dire per forza di cose combattere un nemico ben individuato, un esercito di persone che vestono tutte la stessa divisa e sventolano tutte la stessa bandiera da issare sul tetto delle case italiane. E se qualcuno magari non si è arruolato e se ne sta in disparte, questo non toglie nulla al fatto che c’è una guerra in corso e che le guerre comportano una contrapposizione delle forze in campo.
In ogni caso, l’omosessualità non è una virtù che giustifichi collusioni con il nemico. Se lo fosse, non ci sarebbe motivo di manifestare per difendere i bambini dal gender, perchè un altro fatto puntualmente dimenticato è che il gender non è cosa estranea al progetto omosessualista, bensì una sua precisa arma strategica: se il sesso è una variabile indipendente, frutto di libera scelta – come vuole questa cosiddetta teoria – la scelta omosessuale è una espressione rispettabile di libertà, come quella di una professione o di un capo di abbigliamento. Ma non si può combattere questa menzogna grossolana senza combattere chi l’ha elaborata a fini di conquista.
Ora, l’omosessualità è il nuovo valore universale imposto da Bruxelles e da New York ai paesi a sovranità limitata. Gli ordini superiori sono inderogabili.
E in effetti qualcuno a Roma, di qua o di là dal Tevere, si deve essere accorto che una manifestazione contro la Cirinnà finiva per mettere in discussione la sostanza virtuosa dell’omosessualità ormai unanimemente riconosciuta, violando quelle direttive. Gli incauti promotori sono stati quindi richiamati perentoriamente all’ordine: questa manifestazione non s’ha da fare. Quantomeno, visto che la miccia ormai è accesa e spegnerla non si può più, ne va (politicamente) corretto il tiro.
È così che Massimo Gandolfini, il portavoce unico ufficiale del comitato organizzatore – comitato che, per inciso, ha mutato pure esso il nome: il fu “Da mamma e papà” è stato ribattezzato “Difendiamo i nostri figli” – esibendosi in una stupefacente virata di centottanta gradi, espunge categoricamente dal programma l’opposizione alla Cirinnà (insieme a quella alla Scalfarotto e alla Fedeli, testi connessi per materia) e assicura che la mobilitazione a Piazza San Giovanni “non ha niente a che fare con il Family Day del 2007” e non è né contro il disegno di legge Cirinnà, né contro gli omosessuali, né “contro qualcuno”, ovvero – come ben osserva il professor Roberto de Mattei (clicca QUI e QUI) – «è una manifestazione contro nessuno».
Del resto, quello di non essere contro nessuno è il pensiero dominante che ossessiona il nuovo esercito del cattolicesimo postconciliare. Sullo sfondo della pace universale, ottenuta con la non belligeranza, tutto viene livellato: scompaiono i criteri di valutazione e quindi ogni differenza tra il bene e il male, in vista del raggiungimento della pace eterna.
E pensare che è stato Cristo stesso, quella volta, a consacrare la lotta contro il male, dicendo con discreta chiarezza «chi non è con me, è contro di me» in una pagina del Vangelo sconosciuta ai nuovi fedeli come ai loro pastori riformati.
Di fatto, dunque, nell’arco di un così breve lasso di tempo, una manifestazione pubblica, indetta in tutta fretta al preciso scopo di contrastare una altrettanto precisa iniziativa legislativa, ha cambiato nome e ha cambiato obiettivo. E la gente chiamata in forze a mobilitarsi per riempire la piazza si trova ora a spendersi per una causa cangiante, in processo di progressiva evaporazione estiva; quantomeno, sicuramente decisa altrove e sopra la propria testa.
Perché è chiarissimo che quello che viene sbandierato come un grande movimento popolare e spontaneo, in realtà è condotto al guinzaglio da un concordato preventivo tra forze di governo della Chiesa e dello Stato. Un concordato che nei termini illustrati, oltre che preventivo, non può non essere pure fallimentare.
Certo che di smarrire la diritta via è capitato a tanti, anche nelle favole antiche. Per imprudenza come a Cappuccetto Rosso, per essere stato tratto in inganno da genitori impietosi come Pollicino. Ma gli speranzosi manifestanti sono ora costretti a ritornare docilmente nel bosco dal quale avevano pensato con troppa audacia di poter uscire. Ricacciativi a forza da Renzi e Galantino.
– di Patrizia Fermani e Elisabetta Frezza
“Difendiamo i nostri figli” presenta la manifestazione del 20 giugno a Roma
Posted By redazione On 10 giugno 2015 @ 17:23 In 1394,Gender | Comments Disabled
(di Emmanuele Barbieri) Lunedì 8 giugno si è svolta a Roma, presso l’Hotel Nazionale di piazza Montecitorio, la conferenza stampa di presentazione della mobilitazione nazionale in difesa della famiglia, indetta nella capitale, dall’appena costituito Comitato di liberi cittadini “Difendiamo i nostri figli”. La manifestazione si svolgerà il prossimo 20 giugno con appuntamento alle 15.30 in piazza San Giovanni.
«Riaffermare il diritto di mamma e papà a educare i figli e fermare la ‘colonizzazione ideologica’ della teoria gender nelle scuole»: questo il titolo del comunicato ufficiale, che ha centrato la manifestazione unicamente attorno al tema del gender, stralciando inspiegabilmente ogni riferimento a quello che in un primo momento era sembrata la motivazione principale e pressante a scendere in piazza: fermare il ddl Cirinnà. L’urgenza di agire su questo piano è confermata dal fatto che l’esame degli emendamenti al disegno di legge che prende il nome dalla senatrice del Partito Democratico, Laura Cirinnà, è ripreso in seconda commissione al Senato, proprio il 9 giugno, all’indomani della conferenza stampa.
La parlamentare, illustrando i contenuti della sua proposta di legge, ha dichiarato: «Non sarà il matrimonio ma portiamo a casa Unioni Civili complete (n.d.r: comprese quelle omosessuali). Conto di portare entro la metà di luglio il provvedimento in discussione in aula per approvarlo prima dell’estate e portarlo blindato alla Camera dei deputati in modo che ci sia l’approvazione definitiva nel mese di settembre».
Al tavolo dei relatori, il portavoce dell’evento Massimo Gandolfini, affiancato da una rappresentanza di esponenti del Comitato, tra cui Jacopo Coghe, Maria Rachele Ruiu, Mario Adinolfi, Simone Pillon, Giusy D’Amico e Costanza Miriano, ha respinto categoricamente l’etichetta di un nuovo “Family Day”, auspicando, per l’iniziativa del 20 giugno, «una grande realtà di popolo». La giornata, ha precisato a tale proposito il prof. Gandolfini, «non nasce dal Family day con il quale non ha nulla a che fare: intende dare voce e cittadinanza attiva alla gente che non sta nei palazzi. (…) Vorremmo dare più coraggio ai parlamentari perché si allertino su tematiche di grande sensibilità come queste, mentre abbiamo la sensazione che non conoscano il sentire della gente».
Interrogato sulla natura del neonato Comitato, il suo portavoce, dopo aver precisato che alcuni dei componenti si erano seduti per la prima volta attorno allo stesso tavolo, ha specificato il suo provvisorio carattere di “scopo” per «rispondere rapidamente a un’emergenza», con il proposito di mettere in atto nel futuro una «presenza più strutturata». Per quanto riguarda le realtà aderenti alla mobilitazione, Massimo Gandolfini ha sottolineato il carattere del tutto variegato, aconfessionale e interreligioso dell’evento, confermando l’adesione sia del Cammino neocatecumenale che di rappresentanze evangeliche, del mondo islamico, ebraico, fino alla comunità indiana dei Sikh. Gandolfini ha quindi ribadito il carattere “popolare” della manifestazione, precisando che non sarà pubblicato nessun elenco delle sigle aderenti: «Non abbiamo e non vogliamo un elenco di associazioni; non abbiamo raccolto firme, non vogliamo un’adesione di liste ma di persone; alle associazioni, cattoliche, cristiane, di altre fedi e “laiche”, abbiamo chiesto di mandarci famiglie».
Il parterre ‒ ha aggiunto ‒ sarà, il più possibile, rappresentativo delle tante e differenti sigle partecipanti e, anche se ancora non è stata definita una scaletta, sul palco ci sarà spazio per tutti. A molti dei presenti è sembrato peraltro che la presenza di voci tanto diverse e distanti tra loro, non solo in piazza, ma sul palco, rischi di creare ulteriore confusione sulla natura del messaggio finale della manifestazione.
Ai dubbi, espressi dall’ex presidente del “Movimento per la Vita”, Carlo Casini, riguardo la strettissima tempistica adottata per l’organizzazione dell’evento, il prof. Gandolfini ha risposto, affermando che tempi straordinari necessitano di misure altrettanto straordinarie. Tuttavia, l’aver depennato dal comunicato stampa qualsiasi riferimento al disegno di legge sulle unioni civili in discussione in Parlamento, è sembrato contraddire tale giustificazione, suscitando parecchie perplessità tra il pubblico presente.
Una scelta che, in un colpo solo, ha significato perdere di vista il nemico numero dello scontro in atto e privare del carattere di “emergenza” la mobilitazione nazionale, con tutti i rischi connessi. In particolare, rispondendo ad una domanda della deputata di “Area Popolare”, Paola Binetti, riguardo il ddl Cirinnà, il portavoce ha specificato come quest’ultimo sia effettivamente passato in secondo piano rispetto alla tematica del gender: «Il tema del ddl – ha detto Gandolfini – ci preoccupa, ma non è il tema della manifestazione». La decisione di far sparire ogni riferimento al ddl sulle unioni civili, così come l’aver dirottato la manifestazione unicamente sull’ideologia del gender, senza per questo menzionare il disegno di legge che vuole introdurre l’educazione gender nelle scuole, a firma della vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, sembra indicare che il Comitato sia stato costretto a fare una marcia indietro per motivi, non dichiarati, di opportunità politica.
L’adunata del 20 giugno, nata come una veemente protesta politica di piazza contro il governo Renzi e le sue leggi che stanno distruggendo la famiglia, così come è stata presentata, appare svuotata di ogni contenuto politico e fortemente indebolita per il fatto di avere, in questo modo, distolto l’attenzione dal primo responsabile di tale “colonizzazione ideologica”.
Gandolfini ha tenuto inoltre a sottolineare in maniera netta il carattere puramente “propositivo” e (ideologicamente) “pacifico”, della manifestazione, specificando che essa non è contro nessuno e in particolare modo non è contro gli omosessuali: «il tema degli omosessuali non ha niente a che fare con il nostro Comitato. (…) La nostra manifestazione è di tipo propositivo, dice la bellezza della famiglia, non è contro nessuno, quindi non è contro gli omosessuali».
Quindi sì alla famiglia naturale fondata su mamma e papà, ma senza alcun riferimento critico all’omosessualità, tacendo il suo carattere contro natura e il suo intrinseco disordine morale. Anche tale punto ha suscitato qualche perplessità in sala, in quanto, è apparso alquanto strano convocare un’imponente manifestazione di piazza contro l’ideologia del gender senza denunciare apertamente il male della omosessualità. Per contro, il giorno seguente la conferenza stampa, il 9 giugno, il Parlamento europeo di Strasburgo per la prima volta in maniera esplicita ha parlato di famiglie gay, approvando a larga maggioranza un rapporto sull’uguaglianza di genere in Europa nel quale, si legge: «prende atto dell’evolversi della definizione di famiglia».
Una decisione che è stata accolta con ovvio entusiasmo da Franco Grillini, presidente di Gaynet Italia, il quale ha commentato così la notizia: «Come movimento lgbt andiamo dicendo da sempre che quella omosessuale è una famiglia come tutte le altre, con le stesse dinamiche e con gli stessi problemi. Ora a riconoscerlo solennemente è proprio l’Ue, che chiede anche che le norme in quell’ambito tengano in considerazione fenomeni come le famiglie monoparentali e l’omogenitorialita».
Per Grillini «sotto il profilo culturale la svolta è enorme e fa piazza pulita del delirante “complotto gender” di cui parla a vanvera il Vaticano». Da parte sua, la senatrice Laura Cantini della direzione Pd, prima firmataria insieme al collega Marcucci, del disegno di legge Cirinnà ha assicurato tempi brevi per l’introduzione delle unioni civili, affermando: «Anche dal Parlamento Europeo arriva un significativo via libera verso l’uguaglianza di genere e le famiglie gay. Terremo fede al rapporto votato oggi a Strasburgo, approvando nei tempi previsti, ovvero prima delle ferie estive, la legge sulle unioni civili, attualmente in discussione in Senato».
Il Comitato “Difendiamo i nostri figli”, però, attraverso il suo portavoce Gandolfini, ha scelto di dare un profilo soft e “buonista” all’evento del 20 giugno, depurandolo di ogni concreto riferimento politico, dal ddl Cirinnà, al ddl Fedeli, fino al ddl Scalfarotto sull’omofobia.
Pur augurandoci che il Comitato riesca il prossimo 20 giugno a riempire piazza San Giovanni, giudichiamo destinata al fallimento una strategia dello struzzo che va allo scontro senza armi e, soprattutto, senza individuare il nemico, mettendo da parte il nocciolo della questione: l’esistenza di una legge naturale a cui l’omosessualità e la sua legalizzazione si oppongono frontalmente. (Emmanuele Barbieri)
«Riaffermare il diritto di mamma e papà a educare i figli e fermare la ‘colonizzazione ideologica’ della teoria gender nelle scuole»: questo il titolo del comunicato ufficiale, che ha centrato la manifestazione unicamente attorno al tema del gender, stralciando inspiegabilmente ogni riferimento a quello che in un primo momento era sembrata la motivazione principale e pressante a scendere in piazza: fermare il ddl Cirinnà. L’urgenza di agire su questo piano è confermata dal fatto che l’esame degli emendamenti al disegno di legge che prende il nome dalla senatrice del Partito Democratico, Laura Cirinnà, è ripreso in seconda commissione al Senato, proprio il 9 giugno, all’indomani della conferenza stampa.
La parlamentare, illustrando i contenuti della sua proposta di legge, ha dichiarato: «Non sarà il matrimonio ma portiamo a casa Unioni Civili complete (n.d.r: comprese quelle omosessuali). Conto di portare entro la metà di luglio il provvedimento in discussione in aula per approvarlo prima dell’estate e portarlo blindato alla Camera dei deputati in modo che ci sia l’approvazione definitiva nel mese di settembre».
Al tavolo dei relatori, il portavoce dell’evento Massimo Gandolfini, affiancato da una rappresentanza di esponenti del Comitato, tra cui Jacopo Coghe, Maria Rachele Ruiu, Mario Adinolfi, Simone Pillon, Giusy D’Amico e Costanza Miriano, ha respinto categoricamente l’etichetta di un nuovo “Family Day”, auspicando, per l’iniziativa del 20 giugno, «una grande realtà di popolo». La giornata, ha precisato a tale proposito il prof. Gandolfini, «non nasce dal Family day con il quale non ha nulla a che fare: intende dare voce e cittadinanza attiva alla gente che non sta nei palazzi. (…) Vorremmo dare più coraggio ai parlamentari perché si allertino su tematiche di grande sensibilità come queste, mentre abbiamo la sensazione che non conoscano il sentire della gente».
Interrogato sulla natura del neonato Comitato, il suo portavoce, dopo aver precisato che alcuni dei componenti si erano seduti per la prima volta attorno allo stesso tavolo, ha specificato il suo provvisorio carattere di “scopo” per «rispondere rapidamente a un’emergenza», con il proposito di mettere in atto nel futuro una «presenza più strutturata». Per quanto riguarda le realtà aderenti alla mobilitazione, Massimo Gandolfini ha sottolineato il carattere del tutto variegato, aconfessionale e interreligioso dell’evento, confermando l’adesione sia del Cammino neocatecumenale che di rappresentanze evangeliche, del mondo islamico, ebraico, fino alla comunità indiana dei Sikh. Gandolfini ha quindi ribadito il carattere “popolare” della manifestazione, precisando che non sarà pubblicato nessun elenco delle sigle aderenti: «Non abbiamo e non vogliamo un elenco di associazioni; non abbiamo raccolto firme, non vogliamo un’adesione di liste ma di persone; alle associazioni, cattoliche, cristiane, di altre fedi e “laiche”, abbiamo chiesto di mandarci famiglie».
Il parterre ‒ ha aggiunto ‒ sarà, il più possibile, rappresentativo delle tante e differenti sigle partecipanti e, anche se ancora non è stata definita una scaletta, sul palco ci sarà spazio per tutti. A molti dei presenti è sembrato peraltro che la presenza di voci tanto diverse e distanti tra loro, non solo in piazza, ma sul palco, rischi di creare ulteriore confusione sulla natura del messaggio finale della manifestazione.
Ai dubbi, espressi dall’ex presidente del “Movimento per la Vita”, Carlo Casini, riguardo la strettissima tempistica adottata per l’organizzazione dell’evento, il prof. Gandolfini ha risposto, affermando che tempi straordinari necessitano di misure altrettanto straordinarie. Tuttavia, l’aver depennato dal comunicato stampa qualsiasi riferimento al disegno di legge sulle unioni civili in discussione in Parlamento, è sembrato contraddire tale giustificazione, suscitando parecchie perplessità tra il pubblico presente.
Una scelta che, in un colpo solo, ha significato perdere di vista il nemico numero dello scontro in atto e privare del carattere di “emergenza” la mobilitazione nazionale, con tutti i rischi connessi. In particolare, rispondendo ad una domanda della deputata di “Area Popolare”, Paola Binetti, riguardo il ddl Cirinnà, il portavoce ha specificato come quest’ultimo sia effettivamente passato in secondo piano rispetto alla tematica del gender: «Il tema del ddl – ha detto Gandolfini – ci preoccupa, ma non è il tema della manifestazione». La decisione di far sparire ogni riferimento al ddl sulle unioni civili, così come l’aver dirottato la manifestazione unicamente sull’ideologia del gender, senza per questo menzionare il disegno di legge che vuole introdurre l’educazione gender nelle scuole, a firma della vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, sembra indicare che il Comitato sia stato costretto a fare una marcia indietro per motivi, non dichiarati, di opportunità politica.
L’adunata del 20 giugno, nata come una veemente protesta politica di piazza contro il governo Renzi e le sue leggi che stanno distruggendo la famiglia, così come è stata presentata, appare svuotata di ogni contenuto politico e fortemente indebolita per il fatto di avere, in questo modo, distolto l’attenzione dal primo responsabile di tale “colonizzazione ideologica”.
Gandolfini ha tenuto inoltre a sottolineare in maniera netta il carattere puramente “propositivo” e (ideologicamente) “pacifico”, della manifestazione, specificando che essa non è contro nessuno e in particolare modo non è contro gli omosessuali: «il tema degli omosessuali non ha niente a che fare con il nostro Comitato. (…) La nostra manifestazione è di tipo propositivo, dice la bellezza della famiglia, non è contro nessuno, quindi non è contro gli omosessuali».
Quindi sì alla famiglia naturale fondata su mamma e papà, ma senza alcun riferimento critico all’omosessualità, tacendo il suo carattere contro natura e il suo intrinseco disordine morale. Anche tale punto ha suscitato qualche perplessità in sala, in quanto, è apparso alquanto strano convocare un’imponente manifestazione di piazza contro l’ideologia del gender senza denunciare apertamente il male della omosessualità. Per contro, il giorno seguente la conferenza stampa, il 9 giugno, il Parlamento europeo di Strasburgo per la prima volta in maniera esplicita ha parlato di famiglie gay, approvando a larga maggioranza un rapporto sull’uguaglianza di genere in Europa nel quale, si legge: «prende atto dell’evolversi della definizione di famiglia».
Una decisione che è stata accolta con ovvio entusiasmo da Franco Grillini, presidente di Gaynet Italia, il quale ha commentato così la notizia: «Come movimento lgbt andiamo dicendo da sempre che quella omosessuale è una famiglia come tutte le altre, con le stesse dinamiche e con gli stessi problemi. Ora a riconoscerlo solennemente è proprio l’Ue, che chiede anche che le norme in quell’ambito tengano in considerazione fenomeni come le famiglie monoparentali e l’omogenitorialita».
Per Grillini «sotto il profilo culturale la svolta è enorme e fa piazza pulita del delirante “complotto gender” di cui parla a vanvera il Vaticano». Da parte sua, la senatrice Laura Cantini della direzione Pd, prima firmataria insieme al collega Marcucci, del disegno di legge Cirinnà ha assicurato tempi brevi per l’introduzione delle unioni civili, affermando: «Anche dal Parlamento Europeo arriva un significativo via libera verso l’uguaglianza di genere e le famiglie gay. Terremo fede al rapporto votato oggi a Strasburgo, approvando nei tempi previsti, ovvero prima delle ferie estive, la legge sulle unioni civili, attualmente in discussione in Senato».
Il Comitato “Difendiamo i nostri figli”, però, attraverso il suo portavoce Gandolfini, ha scelto di dare un profilo soft e “buonista” all’evento del 20 giugno, depurandolo di ogni concreto riferimento politico, dal ddl Cirinnà, al ddl Fedeli, fino al ddl Scalfarotto sull’omofobia.
Pur augurandoci che il Comitato riesca il prossimo 20 giugno a riempire piazza San Giovanni, giudichiamo destinata al fallimento una strategia dello struzzo che va allo scontro senza armi e, soprattutto, senza individuare il nemico, mettendo da parte il nocciolo della questione: l’esistenza di una legge naturale a cui l’omosessualità e la sua legalizzazione si oppongono frontalmente. (Emmanuele Barbieri)
Article printed from CR – Agenzia di informazione settimanale: http://www.corrispondenzaromana.it
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IL PARLAMENTO EUROPEO IMPONE LE FAMIGLIE OMOSEX. E FRANCO GRILLINI ATTACCA IL VATICANO
Nuovo attacco dell'Unione europea alla famiglia tradizionale. Ieri il Parlamento europeo ha parlato, per la prima volta in maniera così esplicita, di "famiglie gay".
E lo ha fatto approvando a larga maggioranza un rapporto sull'uguaglianza di genere in Europa. "Il parlamento prende atto dell’evolversi della definizione di famiglia - si legge nel testo - il parlamento raccomanda che le norme in quell’ambito (compresi i risvolti in ambito lavorativo come i congedi) tengano in considerazione fenomeni come le famiglie monoparentali e l’omogenitorialità".
All'ordine del giorno non c'è l'invasione di clandestini che ogni giorno sbarcano sulle coste italiane. Non c'è nemmeno la crisi economica che falcia ancora le gambe a milioni di persone. Né tantomeno la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, che aumenta a vista d'occhio. All'Europarlamento ci si occupa di "famiglie monoparentali e l’omogenitorialità". È il viatico per imporre i matrimoni gay anche nei paesi dove non sono legali. Tanto che, non appena è arriva il via libera al rapporto sull'uguaglianza di genere, le associazioni omosessuali sono scese in campo per chiedere al governo Renzi di legiferare in questo senso. "Quella omosessuale è una famiglia come tutte le altre, con le stesse dinamiche e con gli stessi problemi", spiega Franco Grillini, presidente di Gaynet Italia, ritenendo che la mossa di Strasburgo "fa piazza pulita del delirante 'complotto gender' di cui parla a vanvera il Vaticano". "Dopo decenni di inazione - fa eco l presidente di Equality Italia, Aurelio Mancuso - almeno la legge in discussione al Senato sulle unioni civili possa essere un primo passo in questa direzione".
E lo ha fatto approvando a larga maggioranza un rapporto sull'uguaglianza di genere in Europa. "Il parlamento prende atto dell’evolversi della definizione di famiglia - si legge nel testo - il parlamento raccomanda che le norme in quell’ambito (compresi i risvolti in ambito lavorativo come i congedi) tengano in considerazione fenomeni come le famiglie monoparentali e l’omogenitorialità".
All'ordine del giorno non c'è l'invasione di clandestini che ogni giorno sbarcano sulle coste italiane. Non c'è nemmeno la crisi economica che falcia ancora le gambe a milioni di persone. Né tantomeno la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, che aumenta a vista d'occhio. All'Europarlamento ci si occupa di "famiglie monoparentali e l’omogenitorialità". È il viatico per imporre i matrimoni gay anche nei paesi dove non sono legali. Tanto che, non appena è arriva il via libera al rapporto sull'uguaglianza di genere, le associazioni omosessuali sono scese in campo per chiedere al governo Renzi di legiferare in questo senso. "Quella omosessuale è una famiglia come tutte le altre, con le stesse dinamiche e con gli stessi problemi", spiega Franco Grillini, presidente di Gaynet Italia, ritenendo che la mossa di Strasburgo "fa piazza pulita del delirante 'complotto gender' di cui parla a vanvera il Vaticano". "Dopo decenni di inazione - fa eco l presidente di Equality Italia, Aurelio Mancuso - almeno la legge in discussione al Senato sulle unioni civili possa essere un primo passo in questa direzione".
Nulla di nuovo dal parlamento europeo: solo gli invertiti sono degni di attenzione
di Paolo Deotto
Stupirci? E perché? A ben guardare, non è successo nulla di straordinario. Il parlamento europeo, quella strana adunanza di 750 persone che in passato ci ha già deliziato con le delibere più strampalate e inutili, non da oggi ha imboccato la via dell’omosessualismo, dando il suo contributo alla distruzione sistematica della civiltà, divenuta ormai l’obbiettivo esplicito della gran parte degli organi di governo, nazionali e internazionali.
Ieri il parlamento europeo ha approvato a maggioranza (341 sì, 281 no, 81 astenuti) un rapporto “sull’uguaglianza di genere in Europa”, il che, tradotto in linguaggio normale, vuol dire: “dobbiamo fare di tutto per difendere e diffondere le perversioni”.
“Due genitori dello stesso sesso formano una ‘famiglia’ che ha gli stessi diritti delle famiglie composte da una donna e da un uomo. Stesso discorso per quelle in cui c’è una mamma o un papà single”, ci informa l’ANSA, che aggiunge “Stavolta la plenaria ha in programma l’esame di un report circa le strategie 2015/20 sulla parità di genere nell’Ue, un documento non vincolante ma di indirizzo politico per le istituzioni Ue e i Paesi membri. A favore si sono espressi il gruppo socialista e democratico, i liberali, i grillini e gli eurodeputati della sinistra unitaria. Contrari i popolari, i conservatori inglesi e i leghisti. Tra i no anche due eurodeputati del Pd, Luigi Morgano e Damiano Zoffoli. Nel testo si legge che il Parlamento “prende atto dell’evolversi della definizione di famiglia”. Quindi “raccomanda che le norme in quell’ambito (compresi i risvolti in ambito lavorativo come congedi ecc.) tengano in considerazione fenomeni come le famiglie monoparentali e l’omogenitorialità“.
Sul Giornale leggiamo che “All’ordine del giorno non c’è l’invasione di clandestini che ogni giorno sbarcano sulle coste italiane. Non c’è nemmeno la crisi economica che falcia ancora le gambe a milioni di persone. Né tantomeno la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, che aumenta a vista d’occhio. All’Europarlamento ci si occupa di “famiglie monoparentali e l’omogenitorialità”. È il viatico per imporre i matrimoni gay anche nei paesi dove non sono legali. Tanto che, non appena è arrivato il via libera al rapporto sull’uguaglianza di genere, le associazioni omosessuali sono scese in campo per chiedere al governo Renzi di legiferare in questo senso”.
Non è davvero il caso di riportare gli abituali starnazzamenti gioiosi dei pervertiti nazionali, che naturalmente ora incitano l’Italia ad accelerare il cammino verso questi luminosi traguardi. La libertà di suicidio è ormai un diritto acquisito nelle moderne democrazie. Si accomodino.
In tutto quanto sta accadendo c’è una logica, perversa ma innegabile: si portano alla rovina intere popolazioni stabilendo il dominio della finanza scellerata, alla quale è stato graziosamente donato, da politici felloni, il diritto sovrano degli Stati di emettere moneta. Si impongono vincoli di bilancio assurdi, che favoriscono la disoccupazione e la recessione. A questo punto, intere popolazioni che sono sempre più oppresse da problemi economici di sopravvivenza, ben poco riescono interessarsi di altro. A chi fatica per mantenere la famiglia, cosa interessa sapere se gli invertiti potranno sposarsi? Se ne frega, ha problemi immediati e pressanti che lo assorbono. Si è creato lo spazio per realizzare l’omosessualizzazione dei popoli, ossia la loro distruzione, provvedendo anche a una campagna ossessiva e intimidatoria sui “diritti” degli omosessuali. Un sistema che diventa sempre più oppressivo e poliziesco tappa e tapperà la bocca ai pochi che ancora non hanno perso il lume della ragione.
Anche molti politici che amano definirsi “cattolici” sono europeisti convinti; frasi tanto sceme quanto “ad effetto”, come “ci serve più Europa” le abbiamo sentite anche da “illustri” esponenti del mondo cattolico, o almeno autodefinitosi tale.
Cosa deve ancora accadere perché ci si renda conto che questa “Europa” è una trappola satanica, dalla quale ci si può salvare solo uscendone al più presto? Il vero problema non è la situazione economica, che pur è disastrosa; il vero problema è quello di salvarsi da un sistema demoniaco che ormai non nasconde più i propri intenti distruttivi della civiltà. Uscire dall’Europa avrà un pesante costo? Certamente. Restarci però avrà un costo enormemente più alto.
Siamo nella stessa situazione di un malato di tumore che continua a rinviare l’intervento chirurgico che potrà salvarlo. A fronte del piccolo e momentaneo beneficio di rimandare il disagio e i rischi dell’intervento chirurgico, quel malato sceglie di morire, perché intanto il tumore si sviluppa e lo consuma dall’interno.
Quel malato, o è folle o è scemo.
Frezza e c. Vivono per imbracciare la penna come un'arma e scaricarla sugli altri, che non sono mai bravi come loro, cattolici come loro, puri come loro.Peccato che gli altri ci mettano pubblicamente la faccia, rischiando il posto di lavoro, mentre loro scrivono su un blog letto da 4 gatti, tignosi per giunta, senza nulla rischiare per paura di perdere la farisaica purezza. Con la scarsa simpatia e le perplessità pesanti che nutro su Francesco, approvo quando critica questi cattolici doganieri e ricordo una frase di Marshall secondo cui la caritá senza la dottrina é solo un po' più pericolosa della dottrina senza la carità
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